FUGA IN UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

Autrice: Dany

Pairing: nessuno    Censura: PT

Note: i personaggi sono di proprietà della Rowling (d’obbligo sottolinearlo per il copyright) ed il titolo è l’orribile unione di due titoli famosi, vi prego di non farci caso perché sono alle mie prime ff e non sono mai stata brava con i titoli.

 

I PARTE

La notte era splendida, si sarebbe potuta dire perfetta: il cielo era punteggiato di stelle sfavillanti, una trapunta di diamanti, la Via Lattea una scia luminosa e l’aria era mite, i grilli frinivano nascosti nell’erba buia e di tanto in tanto si sentiva il richiamo solitario di un uccello notturno, un gufo selvatico, una civetta.

Camminando lentamente lungo il pendio, Piton sentì che c’era qualcosa di profondamente sbagliato nel tramare e provare odio in una notte come quella oppure, guardando la situazione da un’altra angolazione, appariva ingenuo e pietoso ammirare l’apparente tranquillità di quella notte, mentre in un qualche luogo, del tutto indifferente alla magia dei profumi notturni, c’era chi stava programmando morte e distruzione.

Con un nodo allo stomaco ed un vago senso di malore generale, Piton ringraziò la copertura che gli donava il cappuccio nero, i buchi per gli occhi due abissi bui in cui era impossibile leggere lo sguardo, perché altrimenti non sarebbe riuscito a nascondere la ripugnanza ed il disgusto.

Ringraziava anche il fatto che, a quanto sembrava il Signore Oscuro non aveva ancora imparato a leggere il pensiero altrimenti lui sarebbe stato perduto.

 

La luce delle torce si riversò sul prato oltre gli alberi, maestosi giganti immobili, e lui si ritrovò nel cerchio luminoso, accanto ad altri fantasmi incappucciati senza nome.

In realtà aveva riconosciuto alcuni di loro, dalla voce pur attutita e dal portamento, visto che i loro figli frequentavano Hogwarts, alcuni come Lucius Malfoy, Tiger, Goyle e qualcun altro e questo lo preoccupava: non era certo un mistero che il Signore Oscuro considerasse Albus Silente il suo nemico più valido e dunque il primo da sconfiggere, voleva la scuola di Hogwarts per riportarla all’antica purezza, senza mezzisangue ed inoltre voleva la testa di Harry Potter.

Visti questi presupposti non era difficile prevedere che uno dei suoi obiettivi, quando i preparativi fossero stati ultimati, sarebbe stata la scuola ed in quel caso quei piccoli mostri, figli di Mangiamorte, avrebbero potuto costituire un problema.

Aveva cercato di parlarne con Silente, ma il preside non sembrava nutrire gli stessi timori e gli aveva risposto con il suo solito enigmatico sorriso che tanto lo irritava: era la sua casa ad avere il pericolo tra le sue file!

 

I mormorii che aleggiavano nell’aria si smorzarono quando Voldemort apparve dal buio di fronte al semicerchio di accoliti e avanzò solennemente, sfiorando appena il terreno, un Mangiamorte che poteva essere Malfoy al suo fianco.

Giunto in mezzo a loro, il viso scarno e cadaverico illuminato sinistramente dalla luce delle torce, gli occhi fiammeggianti di una luce rossastra e malevola, sorrise, un ghigno che avrebbe potuto fulminare un babbano, e alzò le braccia per richiamare un’attenzione già totale.

- Amici, compagni, sudditi fedeli! – iniziò con la sua voce gelida, guardandoli ad uno ad uno.

- Il vostro compagno – e così dicendo indicò l’incappucciato accanto a lui – ci porta una notizia a lungo attesa: uno dei miei nemici, Harry Potter, sta per cadere nelle nostre mani!

Piton spalancò gli occhi sorpreso: la casa dove Potter era cresciuto e passava le vacanze estive, quella dei suoi zii, era protetta dall’incantesimo Fidelius ed il Custode Segreto era Albus Silente.

Come avrebbe potuto Voldemort trovarlo?

Ascoltò attentamente.

- Come sapete – riprese il Signore Oscuro, dopo una pausa ad effetto – noi non sappiamo dove trovare Potter fuori da Hogwarts, i miei poteri non sono forti abbastanza per trovare il moccioso senza tracce, ma con un piccolo aiuto…

Piton sentì i battiti del cuore accelerare.

- Sapendo il punto esatto dove si trova la casa, sono in grado di individuarla. Questa stessa notte il vostro compagno entrerà nella scuola babbana che Harry Potter ha frequentato prima di Hogwarts e scoprirà l’indirizzo. Su di una mappa individueremo il punto esatto ed allora i miei poteri saranno sufficienti per vincere l’illusione e la distorsione!

Piton si sentì gelare.

Senza volere i suoi pensieri riandarono a tanti anni prima, quando James e Lily erano morti.

Allora Voldemort non aveva espresso le sue intenzioni: i Mangiamorte sapevano solo che lui era sulle tracce dei due maghi e Piton aveva riferito questo a Silente.

Sapeva che era Sirius il Guardiano Segreto ed era tranquillo: quei tre erano così amici … poi era successo tutto il resto e adesso che aveva visto Peter Minus accanto al Signore Oscuro, aveva dovuto accettare il fatto che Sirius era innocente, almeno di quello.

Ma adesso era la volta di Harry.

Cosa doveva fare?

Non aveva tempo per avvertire Silente. Poteva seguire Malfoy, scoprire dove abitava Potter, arrivare prima degli altri, provare a trovarlo e, in caso di successo, portarlo alla scuola, al sicuro (relativo).

Ma Voldemort si sarebbe accorto della sua assenza e quando poi non avrebbe più trovato il ragazzino avrebbe fatto due più due e lui avrebbe perso la sua copertura! E a Silente serviva una fonte d’informazione.

Ma se non agiva … non poteva lasciare uccidere Potter, e Silente non l’avrebbe mai perdonato se avesse semplicemente evitato di agire, ma una volta che il ragazzo fosse stato preso, Piton non avrebbe più potuto far niente, con tutti i Mangiamorte e Voldemort intorno… d’altra parte era anche possibile che pur sapendo dove abitava il moccioso, non sarebbe riuscito a trovarlo e allora cosa avrebbe fatto? Non poteva mettersi ad urlare il suo nome in piena notte, per una strada babbana!

 

Lucius si stava allontanando dal gruppo e Piton non aveva più tempo: freneticamente cercò di ricordare l’incantesimo oscuro di persecuzione, per seguire le persone a distanza, e quindi pronunciò a fior di labbra le parole, sperando di ricordarle bene, e focalizzando l’attenzione su Malfoy.

-         Traxia!

Solo ai suoi occhi la sagoma di Malfoy tremolò lucente per un attimo, poi tutto tornò normale e Piton pregò tutte le divinità che conosceva affinché nessuno si fosse accorto di ciò che aveva fatto.

Malfoy scomparve nel bosco e Severus cominciò ad indietreggiare lentamente, allontanandosi dal cerchio di luce.

 

- Piton! – la voce di Voldemort lo fece sobbalzare e tornare immediatamente sotto la luce delle torce.

- Mio signore, sono qui! – s’inchinò profondamente.

- Vedo! – la voce dell’arcimago era sospettosa o era la sua paura a farla sembrare tale? – Hai informazioni per me da Hogwarts?

Piton cercò di prendere fiato.

- Non c’è nessuna novità, mio signore… Silente non ha nessun piano preciso… aspetta le vostre mosse…

Voldemort assentì soddisfatto, poi si volse verso altri Mangiamorte e Piton, il cuore che batteva disperato, cominciò a scivolare di nuovo fra le ombre.

Raggiunti i primi alberi alle sue spalle, si volse e s’immerse velocemente nella foresta, fin dove non giungeva più la luce, poi attivò la seconda parte dell’incantesimo di persecuzione, che gli avrebbe permesso di smaterializzarsi e rimaterializzarsi dove si era rimaterializzato Malfoy.

- Segugio traxia!

 

Due luci sfolgoranti abbagliarono Piton venendogli addosso: il mago si gettò istintivamente di lato, mentre un rombo assordante lo investiva e lo spostamento d’aria gli scompigliava i capelli e gli abiti.

Rotolando su se stesso Piton alzò gli occhi spaventato: si era materializzato su di una strada babbana e per poco non era stato investito da un gigantesco “autoarticolato”, se si ricordava bene come i babbani chiamavano quei mostri a motore.

Ripresosi di poco, sperando che i suoi nervi reggessero, si guardò attorno disorientato: perché diavolo Malfoy si era rimaterializzato su una strada? E dove era adesso?

Il paesaggio era buio, a parte la strada illuminata da lampioni e le luci velate di case private.

Piton ruotò su se stesso: che aspetto aveva una scuola babbana? Per la prima volta in vita sua rimpianse di non aver scelto Babbanologia quand’era studente ad Hogwarts: dire che aveva una conoscenza scarsa del mondo dei babbani era decisamente un eufemismo…

Un po’ in disparte c’era un grande e squallido edificio basso, con un cortile spoglio davanti, ed appariva diverso dalle case di quel quartiere: Piton decise, dovendo comunque muoversi di andare a vedere in quella direzione.

 

Il cancello davanti al cortile era accostato. Piton si infilò silenzioso e furtivo nella stretta apertura, occhi aperti attraversò rapidamente il cortile e raggiunse il portone, anche quello accostato: a meno che i babbani non fossero soliti lasciare aperte le porte di notte, se era fortunato aveva trovato la scuola.

Entrato cauto cercò una traccia dell’altro mago: avanzò lentamente al buio, sfiorando una parete alla sua destra, senza avere il coraggio di accendere una luce per vedere la direzione.

Il silenzio era totale e Piton sentiva il proprio cuore battere veloce ed il respiro che gli raschiava la gola risuonare troppo forte nel buio.

Avanzò ancora di qualche passo, poi la coda dell’occhio colse un lievissimo bagliore in alto, alla sua sinistra.

Staccandosi dalla sicurezza del muro a destra, avanzò silenziosamente, brancolando nell’oscurità con le braccia tese.

La mano incontrò la balaustra di una scala e lui prese a salire, seguendo i contorni degli scalini con il piede.

Di fronte alla scalinata, al primo piano, c’era una porta con vetri smerigliati che scomponevano una debole luce.

Piton si avvicinò in punta di piedi e spiò dalla fessura tra le due ante: Malfoy, alla luce della sua bacchetta, stava consultando uno schedario.

Immediatamente Piton si ritrasse e si addossò al muro accanto alla porta: l’unica cosa da fare era aspettare che Malfoy uscisse e poi consultare lo stesso schedario.

 

Vestito completamente di nero, il cappuccio calato sul viso, Piton era totalmente invisibile a chiunque e Malfoy uscì in fretta, ansioso di rivelare a Voldemort l’informazione attesa.

Aspettò che il suono dei passi dell’altro scomparisse del tutto e poi entrò nella stanza; attese ancora qualche attimo, ma ora doveva fare in fretta, il tempo era prezioso.

- Lumos!

La bacchetta si accese e gli mostrò lo schedario che Malfoy aveva aperto: seguì le stesse mosse, aprì il cassetto alla P e trovò la cartella di Harry Potter.

 

HARRY POTTER: PRESSO MR E MRS DURSLEY

                                PRIVET DRIVE  N.4

                                LITTLE WHINGING

                                SURREY

 

 

 

II PARTE

Il lampione all’angolo di Privet Drive ronzava e la luce ondeggiava incerta, vicina a fulminarsi: si spense un attimo e quando si riaccese c’era un’ombra scura sul marciapiedi, comparsa dal nulla.

Piton lesse la targa con il nome della strada, Privet Drive, e tirò un piccolo sospiro stanco: almeno la città e la strada le aveva trovate e già quello, il passo più facile, gli aveva dato difficoltà.

Concentrò la vista sulla casa accanto a lui: n.2.

Passò alla successiva: n.6.

Guardò fra le due case: lui vedeva solo la siepe che separava i due giardini, ma sapeva che in realtà c’era un’intera casa fra le due.

Piton guardò ancora le due case mordendosi le labbra: la casa di Potter era lì in mezzo, lo sapeva, ci doveva essere un modo per trovarla!

Scavalcò il muretto di quella che sembrava la casa numero 6, a sinistra aveva la siepe che separava la casa numero 2, quindi, in realtà, quello che toccava doveva essere il lato della siepe che dava sul giardino della casa numero 4… o no?

Cominciò ad avanzare sfiorando con la mano sinistra la siepe, arrivò tra le due case, girò a destra, toccò la casa e la seguì con la mano girandoci intorno e arrivando davanti alla porta: n.6!

Tornò indietro, toccò la siepe dove l’aveva lasciata, con un incantesimo di levitazione superò la siepe continuando a sfiorarla. Toccato il prato dall’altro lato lasciò la siepe ed avanzò perpendicolarmente fino a toccare il muro dell’altra casa, la seguì con la mano girandoci intorno e arrivando davanti alla porta: n.2!!

In qualche modo che la sua mente non aveva registrato, aveva superato la casa n.4….ma doveva trovare quella casa!

Tornò sulla strada.

- POTTER!

HARRY POTTER!! – urlò, sperando che gli altri babbani, svegliati dalle grida, non chiamassero la loro polizia per un matto vestito strano che stava sbraitando in strada.

- POTTER!!

Qualche luce si accese e Piton, rassegnato, cercò di ricordare l’incantesimo per cancellare la memoria, quando si sentì chiamare.

- Professor Piton?

Si girò, all’inizio vide la testa di Potter galleggiare in alto, tra le due case, e poi di colpo le due case si allontanarono tra loro e comparve una casa in mezzo, ad una finestra della quale c’era Potter in pigiama che lo guardava perplesso.

Piton si sentì la testa girare, ma non poteva aspettare.

- Scendi subito!! Immediatamente!!

Adesso che aveva trovato il ragazzo sentiva il tempo scorrere, sapendo che era questione di minuti, se non di secondi, prima dell’arrivo di Voldemort.

Scavalcò il cancelletto e corse verso la porta.

Era appena arrivato al gradino d’ingresso quando la porta si spalancò, aperta da un uomo grosso, in pantofole e pigiama, che lo squadrava con aria feroce.

Dietro faceva capolino Potter preoccupato.

Fermandosi, il mago cercò di riacquistare un contegno.

- Buonasera! Sono il professor Severus Piton, da Hogwarts e…- la porta fu sbattuta con violenza.

Piton guardò un attimo stupito la porta chiusa, mentre dall’altra parte Harry guardava orripilato ciò che suo zio aveva appena fatto.

Se conosceva Piton appena un po’… per sicurezza si rannicchiò dietro la balaustra della scala, mentre suo zio si girava a guardarlo furente.

-                    È normale che da voi i professori…

Harry non sentì la fine della frase, coperta dal fragore della porta che letteralmente esplose in mille schegge. E fra leggere volute di fumo, dove era stata la porta c’era Piton, gli occhi sfavillanti di rabbia, il corpo teso dalla furia.

- Nessuno! – la sua voce era un sibilo. – Nessuno si è mai permesso di sbattermi la porta in faccia!

Avanzò minaccioso verso il signor Dursley, che ora indietreggiava terrorizzato.

- E non sarà un idiota babbano a cominciare!

Se avesse avuto tempo avrebbe trasformato quello stupido grassone babbano in un rospo… e magari lo avrebbe utilizzato nella prima lezione di Pozioni, ma, sfortunatamente dal suo punto di vista e fortunatamente per il signor Dursley, il tempo era l’ultima cosa che aveva, per cui avanzò oltre l’idiota ed afferrò Harry per un braccio, tirandolo in piedi.

- Dove hai la bacchetta e tutto il resto?

Potter avrebbe voluto chiedere che cosa stava succedendo, perché il professor Piton in casa dei suoi zii in piena notte, durante l’Estate, era l’ultima delle sue fantasie, ma il tono urgente e la luce …spaventata?… negli occhi di Piton lo indussero a rimandare le domande.

- È di sopra! – disse, mentre già il professore lo spingeva su per le scale.

Oltrepassarono la signora Dursley in vestaglia che fece un balzo indietro, accanto al figlio in pigiama e tremante (Piton lo guardò pensando che non aveva mai visto un essere umano così grasso).

Entrarono nella cameretta di Potter e Piton si chiuse alle spalle la porta: non era decisamente in grado di affrontare babbani petulanti e isterici che avrebbero fatto mille domande, e lanciò uno sguardo ai libri sparsi sul pavimento.

- Stavo studiando… - cercò di giustificarsi Harry, interpretando lo sguardo del professore.

- Preparati! Metti tutto dentro il baule e fa in fretta! – ruggì il professore avvicinandosi alla finestra e spiando da dietro la tenda.

 

Il cuore mancò un colpo e improvvisamente un macigno gli piombò addosso: in strada, adesso al buio per un improvviso blackout dei lampioni, si muovevano ombre nere.

Piton restò pietrificato dal terrore: erano lì e non avrebbero impiegato molto ad individuare la casa. Se loro due fossero usciti, da qualsiasi lato, avrebbero risparmiato a Voldemort la fatica di trovarli.

Si girò di scatto guardando, senza vederlo realmente, Potter che chiudeva il baule.

L’unica speranza era smaterializzarsi e rimaterializzarsi vicino alla scuola, ma viaggiare con un “ospite” richiedeva una quantità di energia spropositata, la distanza era troppa e se ci fosse riuscito non avrebbe più avuto neanche l’energia sufficiente per togliere gli incantesimi che impedivano l’accesso ad Hogwarts. Voldemort avrebbe intuito cosa era successo e li avrebbe raggiunti.

Potter aveva messo la gabbia con Edvige sul baule e guardava sempre più spaventato il professore: la carnagione di Piton era sempre stata pallida, ma adesso era cadaverica ed era assoluto terrore quello che gli si leggeva negli occhi.

- Voldemort? – desiderò con tutte le sue forze che Piton negasse, ma il professore rabbrividì e fece un cenno di assenso.

Il ragazzo era spaventato, ma stranamente era una paura ovattata: infondo era solo strano che il Signore Oscuro non fosse arrivato prima a cercarlo.

 

La voce di Potter era comunque riuscita scuotere il mago dal torpore dovuto alla disperazione: inspirando profondamente diede un colpo di bacchetta ai bagagli e questi rimpicciolirono.

- Mettili in tasca.

Non c’era altra scelta e non era arrivato fino lì per poi arrendersi: tanto valeva rischiare il tutto per tutto, l’alternativa era assai peggio.

Avvicinatosi ad Harry pensò al posto più sicuro e vicino alla scuola che conoscesse. In realtà non c’era molta scelta.

Circondò il ragazzo con le braccia in uno stretto abbraccio, chiuse gli occhi e iniziò a pronunciare le parole dell’incantesimo, concentrato sulla meta da raggiungere.

Harry, il viso rivolto alla finestra, urlò, Piton udì il rumore dei vetri che s’infrangevano e qualcosa che lo colpiva alla schiena, mentre l’incantesimo di materializzazione, ormai completo, si attivava.

Il dolore esplose immediato, il colpo gli fece perdere l’equilibrio, ma nel frattempo la casa dei Dursley era scomparsa e Piton cadde addosso al ragazzo su di un pavimento buio e polveroso, perdendo i sensi.

 

Rimasero entrambi a terra, in un buio silenzioso, per qualche minuto, poi Harry si riprese.

Cercò di muoversi, ma il corpo inerte del professore lo bloccava a terra. Allungando una mano cercò a tentoni il collo di Piton e la vena giugulare: il cuore batteva ancora.

Il ragazzo aveva visto un’ombra nera dagli occhi rosso fuoco apparire dietro la finestra, puntare la bacchetta e sparare un qualche incantesimo infuocato: evidentemente Voldemort li voleva entrambi vivi, altrimenti un’Avada Kevada avrebbe messo fine a tutto.

Ma poi cosa era successo?

L’aria fredda, piena di spifferi, ed il pavimento scheggiato gli dicevano che non si trovava più nella sua camera, in Privet Drive.

Ma allora che posto era quello?

Un sussulto ed un leggero spostarsi del corpo che gli pesava addosso, dissero ad Harry che Piton si stava riprendendo.

 

Piton, in effetti, aveva ripreso i sensi, ma avrebbe preferito non farlo: il dolore esplose dal punto in cui era stato colpito, per poi diffondersi in tutto il corpo.

La testa gli doleva in modo insopportabile e la mente annebbiata impiegò qualche attimo a realizzare dove si trovava (o sperava di trovarsi) e perché.

Un senso profondo di nausea ed il dolore alle ossa, come se si fossero rotte in mille pezzi, erano indizi del Versus, l’incantesimo peggiore dopo la Cruciatus, come se la perdita totale delle energie non fosse abbastanza.

Lentamente si rese conto di essere disteso a terra su qualcosa, qualcosa che si muoveva: aprì gli occhi e indovinò Potter, bloccato sotto di lui.

Con uno sforzo ruotò di lato e restò supino, gli occhi di nuovo chiusi, sperando che almeno la nausea si attenuasse.

Potter si alzò. Qualche timido raggio di luna entrava attraverso le assi che bloccavano una finestra e dava qualche pallido contorno alla stanza, con un letto sgangherato al centro: la Stamberga Strillante.

- Professor Piton?

- Hn?

- Siamo nella Stamberga Strillante?

- Hn!

- Possiamo arrivare alla scuola, al sicuro!

- No.

Piton non se la sentiva di parlare, non se la sentiva neanche di pensare, voleva solo chiudere gli occhi e dormire, allontanando preoccupazioni e dolori, ma era probabile che il pericolo fosse tutt’altro che lontano.

- Perché no? – Potter non riusciva più a trattenersi e Piton sbuffò irritato.

- … All’inizio dell’Estate… sono stati istallati incantesimi difensivi… Coprono anche questo ingresso… non ho energia sufficiente per aprirli… non ho neanche energia per farci luce…

- Posso provare io?

L’idea di dare la sua bacchetta al moccioso non lo entusiasmava assolutamente, ma Piton non aveva la forza di stare a discutere e così allungò la bacchetta al ragazzo.

- Lumos! – Potter pronunciò l’incantesimo per far illuminare la punta della bacchetta, uno degli incantesimi più facili, ma non accadde nulla.

Tra la bacchetta ed il suo proprietario c’era una specie di affinità che rendeva vano o difficoltoso l’uso della bacchetta da parte di chiunque altro. E tra la bacchetta di un mago serpeverde e un allievo-mago grifondoro sembrava esserci il massimo dell’incompatibilità.

- Lumos!! – ripeté Potter scuotendo la bacchetta. La punta emise un debole bagliore e poi si spense.

- Lascia stare. – mormorò debolmente Piton, ancora disteso a terra in preda a dolori di vario genere. – Conosciamo abbastanza questo luogo… e non è il caso di far vedere a qualcuno che siamo qui…

Potter si lasciò scivolare accanto al letto e cacciò fuori dalla tasca del pigiama il suo piccolo baule e la piccola gabbia con una minuscola Edvige, che, a giudicare dalle penne arruffate, non sembrava gradire la situazione.

Piton osservò la piccola gabbia, poi si sforzò di mettersi seduto, appoggiando la schiena alla sponda del letto, mentre fitte dolorose lo rimproveravano.

- I gufi possono passare.. – iniziò a ragionare ad alta voce. – Se lasciamo andare la tua civetta giù per il passaggio, così piccola potrebbe evitare i rami del Platano Picchiatore… però rischierebbe di essere mangiata da un gufo a caccia… Però se riuscisse ad arrivare da Silente, poi potrebbe guidarlo qui!

Potter strinse protettivamente la gabbia.

- Ma è grande quanto uno scarafaggio!… scusami per l’accostamento Edvige! Non posso provare a ringrandirla?

Piton chiuse gli occhi.

- Se vuoi rischiare di ammazzarla… La mia bacchetta non funziona bene con te: se vuoi provare, cerca di reingrandire il baule, così puoi usare la tua di bacchetta.

Potter assentì e poggiò il baule per terra, poi restò a guardarlo.

- Che incantesimo devo usare?

Piton gli lanciò un’occhiata in tralice.

- Hai finito il quarto anno e non sai che incantesimo usare? – sbuffò stizzito. – Che diavolo vi insegna Vitious? Usa l’incantesimo che mette fine agli altri: le parole sono «Finite Incantatem»!

Potter, vergognoso, ricordò che Piton aveva usato quell’incantesimo durante la sera del duello con Allock…beh, erano passati due anni, non poteva ricordare tutto!

Fece come gli era stato detto, ma non successe niente.

- Finite Incantatem! – ripeté più forte e il baule crebbe di un centimetro.

- Finite Incantatem! Finite Incantatem! Finite Incantatem!

Adesso il suo baule era grande come un carillon: di questo passo avrebbe impiegato tutta la notte.

Piton guardava nella sua direzione con una smorfia di disgusto sulla bocca.

- Adesso è abbastanza grande: perché non lo apri, prendi la tua bacchetta e la usi? Funzionano anche se sono rimpicciolite, sai!

Potter spalancò gli occhi: perché non ci aveva pensato?

Aprì con due dita il baule e prese tra il pollice e l’indice la sua bacchetta, grande quanto uno stuzzicadenti, restituendo a Piton la sua.

- Finite Incantatem! – E finalmente il baule tornò delle sue dimensioni, mentre la bacchetta s’ingrandiva tra le sue mani.

Harry si inginocchiò, riaprì il baule ed esaminò che fosse tutto a posto e che non mancasse nulla.

Stava per usare lo stesso incantesimo sulla civetta, quando Piton lo fermò con un gesto e gli fece segno di restare in silenzio: gli era parso di sentire un rumore.

Passò qualche secondo e poi si sentirono due persone che parlavano a bassa voce.

- Pensi che possano essere nascosti qui dentro? Questa è la Stamberga Strillante! – disse una voce.

- Non mi dire che hai paura! Questo è l’unico posto che non abbiamo controllato. – replicò l’altra voce.

Piton si sentì gelare: erano lì e lui non aveva energia. Aveva a disposizione solo il pestifero Potter che, per quanto fortunato, non poteva resistere a lungo a due Mangiamorte intenzionati a catturarli, probabilmente vivi o morti!

La luce dell’alba rendeva più chiara la stanza.

Gettò un’occhiata al ragazzino che appariva pietrificato dalla paura, davanti al suo baule aperto.

Erano perduti!

La sua vita non era stata un granché però le era affezionato e morire così!

Poi pensò che morire così sarebbe stato auspicabile, in confronto a ciò che gli avrebbe fatto Voldemort quando gli avesse messo le mani addosso.

Rabbrividendo chiuse gli occhi, mentre dal piano di sotto giungevano i rumori dei due che stavano staccando le assi dalla porta per poter entrare.

Riaprendo gli occhi cominciò a pensare in che modo poteva suicidarsi subito, con quello che aveva a disposizione, quando un lieve bagliore attirò la sua attenzione: il mantello dell’invisibilità di Potter giaceva scomposto nel baule.

Piton sussultò ed ignorando il dolore si gettò verso il baule mentre la porta di sotto si apriva.

Prese il mantello, mentre gli occhi di Potter si rianimavano: decisamente, proprio nei momenti del bisogno, quel ragazzino non pensava mai a niente!

Chiuse silenziosamente il baule, mentre i passi risuonavano per le scale scricchiolanti, fece sedere Harry sul baule, gli si sedette accanto – una vicinanza alquanto ripugnante, ma non era il momento di fare gli schizzinosi – e coprì loro due e il baule con il mantello.

Il lembo del mantello si era appena posato a coprire la punta dei loro piedi, quando due figure ammantate di nero entrarono nella stanza illuminandola con le bacchette accese.

- Uff, non sono neanche qui! – sbuffò il mago a cui apparteneva la prima voce, mentre si accucciava a guardare sotto il letto. – Dove pensi che siano?

L’altro mago avanzò verso di loro guardandosi attorno.

- Non lo so! Ma viaggiare con un ospite è tremendamente difficile, troppo per un mago qualsiasi come Piton, e richiede una quantità di energia enorme, e poi la distanza dal Surrey a qui… inoltre Voldemort lo ha ferito! Secondo me sono sparsi a pezzi a pochi chilometri dalla casa!

Si fermò a 5 centimetri da Piton e Harry.

I due nascosti trattennero il fiato: un altro passo e gli sarebbe finito addosso.

Il Mangiamorte si girò e le pieghe del suo mantello sollevarono il leggero tessuto del mantello dell’invisibilità, scoprendo e rendendo visibile un angolo del baule: freneticamente Potter tirò la stoffa che ricadde al su posto appena in tempo, visto che il primo mago si era girato verso di loro.

Il Mangiamorte guardò attentamente il punto che si era scoperto, come se avesse intravisto qualcosa – e due preghiere ferventi furono pronunciate silenziosamente – poi si girò anche lui andando verso la porta.

- La verità è che potrebbero essere ovunque ma, ammesso che siano ancora interi, Piton non si potrà muovere molto, colpito da un Versus: cercheranno un nascondiglio dove sono atterrati.

I due maghi cominciarono a scendere le scale.

- Se non li troviamo Voldemort non sarà contento…e se partissimo per il Siam?

 

In condizioni normali Piton si sarebbe infuriato per essere stato definito un “mago qualsiasi”, ma vista la situazione era un bene che “loro” la pensassero così.

Quando anche gli ultimi bisbigli in giardino furono scomparsi, si slacciò il mantello e faticosamente si spostò sul letto, lasciandosi andare sul materasso bitorzoluto e guardando un angolo masticato e ridotto a brandelli: Lupin aveva buoni denti!

Poi chiuse gli occhi: la tensione e l’adrenalina avevano fatto attenuare i dolori, che adesso tornavano prepotentemente a straziargli il corpo.

- Professor Piton? – La voce di Harry s’intromise.

- Hn?

- Adesso che ho la bacchetta potrei provare io a disinstallare gli incantesimi che bloccano il passaggio…

Piton aprì gli occhi e gli lanciò un’occhiata bieca.

- Sei un oceano di presunzione, Potter! Pensi di riuscire a togliere incantesimi che maghi decisamente più grandi e potenti di te hanno faticato ad installare! Finiresti fulminato prima di capire cosa è successo: non ti ho salvato per farti morire mentre giochi col fuoco! Non basta conoscere le parole: bisogna possedere il potere per controllarle e neanche uno studente del settimo anno le possiede, figuriamoci uno scorpiattolo che non sa neanche annullare un incantesimo di rimpicciolimento! Io stesso non lo posso fare se non sono al pieno delle mie forze… torniamo alla tua civetta: se la ingrandisci potrebbe non riuscire a passare oltre il Platano Picchiatore, perciò mandala così.

- Ma lei ha detto che così potrebbe finire mangiata! – protestò Potter.

- Beh, dobbiamo scegliere se preferiamo rischiare che venga spappolata da un ramo del Platano o mangiata da un gufo! È tua: decidi tu!

Harry lo guardò risentito: logicamente Piton aveva ragione, dovevano mandarla, in un modo o in un altro, ma avrebbe anche potuto presentare la situazione più delicatamente e ad Harry non piaceva mettere in pericolo la vita di Edvige.

La civetta, però, voleva avere voce in capitolo: con il becco aprì lo sportello della gabbia e volò sulla bacchetta di Harry, dove tubò decisa, beccando sul legno.

Potter la guardò.

- Sembra che lei preferisca affrontare il Platano…

- Bene! – sbuffò Piton. – Con questo la questione è risolta: ingrandiscila e portala nel passaggio!

 

Il tempo scorreva lento: il giorno stava arrivando e raggi di luce sempre più intensa filtravano attraverso le assi delle finestre.

Piton era riuscito ad addormentarsi ad anche Potter sonnecchiava, seduto per terra ed appoggiato con la testa sull’anta laterale del letto.

Entrambi sobbalzarono sentendo il rumore di diversi stivali che salivano la scala.

Piton si ritrovò completamente paralizzato: nel sonno i muscoli feriti si erano induriti, la testa girava vorticosamente e neanche Voldemort in persona sarebbe riuscito a farlo alzare con le sue gambe.

Potter, invece, scattò in piedi, la bacchetta puntata, deciso a vendere cara la pelle.

Ma nell’apertura della porta apparvero un preoccupato Silente ed un agitato Hagrid.

Quando vide Harry, il gigante quasi buttò a terra Silente per andarlo subito ad abbracciare, ululando di gioia.

Silente più composto, ripreso l’equilibrio e lanciato un sorriso ad Harry, si avvicinò a Piton.

- Severus! Sei ferito? – chiese, sedendosi sulla sponda del letto.

- Sì – rispose semplicemente Piton, chiudendo gli occhi sollevato – Versus!

Silente fece scorrere le mani sul corpo del professore.

- Una bella botta, vero? Ma nulla che Madama Chips e la tua determinazione non riusciranno a rimettere a posto.

- Hn!

Silente fece comparire una barella e, caricato Piton, si avviarono verso la scuola, attraverso il passaggio sotterraneo.

Durante la strada il preside spiegò loro: erano circa le tre di notte, quando il signor Weasley era arrivato alla scuola improvvisamente, con la notizia che la casa dei Dursley era stata attaccata dai Mangiamorte.

Potter guardò il preside.

- I miei parenti?

Silente gli mise una mano sulla spalla.

- Non ti preoccupare, stanno bene: hanno detto a Voldemort tutto quello che sapevano e lui, per fortuna, ha deciso di lasciarli stare. Sono solo spaventati!

- Oh, ma non ero preoccupato! – replicò Potter, evitando di aggiungere che sarebbe stato più soddisfatto se ne fossero usciti un po’ malconci oltre che spaventati… nulla di grave… magari un po’ di Cruciatus, giusto per dargli una spolverata…

Comunque i Dursley avevano ripetuto al signor Weasley che un professore orrendo, di cui non ricordavano il nome – Piton brontolò – aveva distrutto la porta d’ingresso qualche minuto prima, aveva preso Potter e si erano chiusi entrambe nella camera del ragazzo.

Silente aveva immaginato cosa fosse successo ed era tremendamente ansioso non sapendo dove fossero, quando Edvige era piombata nel suo studio con le piume arruffate.

- Sta bene? – adesso Potter era preoccupato, ma Silente lo rassicurò.

-Sta benissimo, solo un po’ arruffata. Credo che il Platano Picchiatore, invece, abbia qualche ramo scheggiato! – sorrise.

 

Il giorno dopo l’intera famiglia Weasley venne ad Hogwarts, a fargli visita.

- Non sai quanto eravamo preoccupati per te! – gli disse la signora Weasley abbracciandolo. – Quando Arthur ci ha raccontato cosa era successo! Oh, deve essere stato terribile!

Harry raccontò loro la parte che conosceva e quando giunse alla parte della sua fuga con Piton dalla casa degli zii, il signor Weasley spalancò gli occhi impallidendo leggermente.

- Una materializzazione con un ospite per una simile distanza?!

Sembrava stupefatto e ammirato. Harry e Ron lo guardarono incuriositi.

- È difficile? – chiese Harry, ricordando le parole del Mangiamorte nella Stamberga.

- Difficile? – ripeté il signor Weasley con voce rauca. – Tu non puoi capire quanto! È quasi impossibile! Io non potrei farlo e come me buona parte dei maghi che conosco: richiede una quantità di energia… ed era anche ferito, hai detto? – scosse la testa incredulo.

- Non immaginavo che Piton fosse così potente… - concluse con tono riverenziale – Evidentemente in questi anni non ha mai usato i suoi pieni poteri!

Scosse ancora la testa e poi permise ad Harry di finire il racconto.

Potter avrebbe preferito andare a stare con la famiglia Weasley, ma la madre di Ron scosse la testa mestamente.

- Mi dispiace Harry, se fosse per noi potresti venire anche adesso, l’avevo già proposto a Silente, ma lui ritiene che sarai più al sicuro qui e con Tu-Sai-Chi è meglio non commettere imprudenze.

Così Harry rimase ad Hogwarts.

 

Passarono altri due giorni, durante i quali Piton poté riposare tranquillamente, recuperando le forze e riparando i danni causati dal Versus, aiutato dalle medicine di Madama Chips.

Non lo avrebbe mai ammesso, soprattutto con Silente, ma essere stato scoperto da Voldemort lo aveva liberato dall’obbligo di fare la spia. Sapeva che era stato necessario e quando Silente gli aveva chiesto se era disposto a farlo lui aveva detto di sì, ma aveva mentito: avrebbe dato qualunque cosa per non farlo, era spaventato e disgustato all’idea di ritrovarsi faccia a faccia con il Signore Oscuro, ma il suo senso del dovere lo aveva obbligato ad accettare.

Adesso era libero: era entrato nella lista dei maghi da eliminare di Voldemort, è vero, ma ad Hogwarts avrebbe avuto Silente accanto e questo lo rassicurava.

 

Si stava crogiolando nel letto, senza pensieri, quando il preside entrò nell’infermeria e si sedette su una sedia accanto al letto.

- Come ti senti, Severus?

Piton sospirò soddisfatto.

- Adesso bene, la mia infermiera dice che posso tornare nei miei alloggi.

Gli occhi di Silente scintillarono dietro gli occhiali a mezzaluna.

- Che ne dici di andare a dormire per qualche giorno nella torre del Grifondoro?

- Eh?!! – Piton pensò di aver scoperto che anche il suo udito era stato danneggiato.

- Beh, preferirei che Potter non dormisse da solo! È l’unico ospite della scuola e si sentirà solo di sera. Voldemort che ha cercato di catturarlo, tutto solo nella torre deserta: avrà gli incubi…

- E dovrei andarci io?! – Piton guardava Silente incredulo: purtroppo il suo udito funzionava benissimo. – Può dormire con lei…

- Oh, no! Io russo come un contrabbasso!

- Può dormire con Hagrid!

- Ehm, è appena andato via per un nuovo incontro con i giganti.

- Ci sarà rimasto qualcuno ad Hogwarts!

- C’è la McGranitt, ma Potter ha 15 anni: non sta bene che dormi con un’insegnante donna e Gazza è andato a trovare i suoi parenti.

Piton cominciò a sentirsi preso in trappola.

- E Vitious?

- È partito per una vacanza di studio in Transilvania.

- Sirius?! Lupin?!

- Lo sai che ancora non si sono fatti sentire! Non possono muoversi liberamente. Insomma, Severus, ci sei solo tu!

Piton, che per l’orrore era balzato a sedere sul letto, si buttò indietro, sui cuscini, tremendamente deluso: era stato cos’ bene in quei tre, miseri, giorni! Non poteva durare? Lanciò un’occhiata in tralice al preside sorridente, detestandolo con tutte le sue forze.

- Non mi può obbligare!!

Silente lo guardò sornione.

- È solo per la notte! Preferisci che venga lui a dormire in camera tua?

Piton pensò a Potter che curiosava tra i suoi libri e le sue cose.

- No!!… Ma si ricordi che per questo sarà in debito con me…

 

Quella sera Piton andò a dormire nel dormitorio del Grifondoro, usando il letto di Ron Weasley: Harry doveva veramente avere paura di dormire da solo, o forse era dolorosamente consapevole di dovergli la vita, visto che non fece storie.

Distendendosi nel letto, Piton si chiese cosa sarebbe successo se, quasi cinque anni prima, ignorando il suo stupido sentirsi in debito verso James, non fosse intervenuto durante quella partita di Quidditch e avesse lasciato che Potter cadesse dalla scopa.

Nessun pestifero trio in giro di notte – solo il duo Weasley – nessun furto dalla sua dispensa, Sirius non sarebbe venuto ad Hogwarts – o sì? – lui non sarebbe passato per instabile agli occhi di Caramell e sia il suo stomaco che i suoi nervi sarebbero stati in condizioni migliori e Cedric Diggory sarebbe ancora vivo!

Perché era intervenuto?

Sospirando, lasciò che la risposta arrivasse:

perché non odiava Harry al punto di volerlo morto, come era stato per James. E se fosse morto, forse adesso Voldemort avrebbe vinto e sarebbero morti tutti loro…

Potter! Doveva solo resistere altri tre anni e lui sarebbe andato via con Sirius e, con un po’ di fortuna, non li avrebbe più visti per il resto della sua vita!

 

E se Potter avesse deciso di fare l’insegnate ad Hogwarts?!!

Con questa orribile prospettiva cercò di addormentarsi. Augurando a Potter sogni di piombo!

Fine