LA SUPPLENTE

AUTRICE: Barbara

Pairing: Piton/Lilith

 

 

 

14 febbraio 19**: quando un celebre maghetto viveva ancora con i suoi zii, ignorando di essere il bambino sopravvissuto...

 

 

 

Hogwarts in  inverno è uno spettacolo unico, che tutti dovrebbero poter vedere almeno una volta nella vita.

Quell'inverno poi sembrava che la natura ce l'avesse messa tutta per offrire agli studenti della scuola di magia e stregoneria più rinomata del mondo magico lo spettacolo più bello di tutti.

Una spessa coltre di neve copriva ogni cosa, e nell'aria tersa fluttuavano minuscoli aghi di ghiaccio, simili a microscopici diamanti.

La temperatura era bassissima, ma questo non aveva impedito ad un branco di ragazzini ipereccitati di riversarsi nel parco per partecipare ad una delle più memorabili battaglie di palle di neve della storia.

Altri invece avevano optato per passatempi più tranquilli, come costruire pupazzi di neve o semplicemente approfittare della giornata di sole per passeggiare chiaccherando.

 

Anche Lilith Green stava camminando in compagnia di Janice Saltpepper, la sua migliore amica.

Le due ragazze non passavano certo inosservate: entrambe erano diciassettenni (frequentavano il settimo e ultimo anno di corso) e bellissime, ma non avrebbero potuto essere più diverse tra loro nemmeno se lo avessero voluto:

Lilith era alta e sottile, mentre Janice era piccola e con curve esplosive. I capelli di Lilith erano lunghi e setosi, neri con riflessi bluastri. Quelli di Janice invece erano  crespi e raccolti in elaborate treccine color grano. Il viso di Lilith, dai freddi occhi verde giada, il naso sottile e la bocca tumida  poco incline al sorriso, ispirava  un senso di pericolo e di mistero. I lineamenti di Janice al contrario emanavano calore e malizia, grazie ai suoi grandi e vivaci occhi neri, al nasino all'insù e alla bocca generosa sempre sorridente. La pelle di Lilith ,infine, era bianca come l'avorio, quella di Janice nera come l'ebano.

Si erano conosciute sul treno che le portava per la prima volta ad Hogwarts e si erano piaciute subito. Avevano sperato di finire nella stessa casa, ma il cappello parlante aveva mandato Lilith a serpeverde e Janice a tassorosso, dividendo le loro strade.

Le due ragazzine non si erano comunque arrese e avevano coltivato la loro amicizia.

A Janice Lilith piaceva per il suo sottile senso dell'umorismo, per la sua intelligenza e per il suo sviluppatissimo senso dell'onore, alquanto insolito in un serpeverde.

In Janice Lilith apprezzava la dolcezza, la simpatia e l'intraprendenza, dote di cui non molti tassorosso potevano fare sfoggio.

Erano passati più di sei anni dal loro primo incontro: Janice giocava come portiere nella squadra di quidditch dei tassorosso, mentre Lilith era una delle migliori studentesse della scuola, ma i numerosi impegni non avevano impedito alle due di diventare amiche inseparabili.

 

Quel giorno non c'erano lezioni, così Lilith aveva accompagnato Janice nel luogo che la sua amica preferiva ad ogni altro ad Hogwarts e dintorni: la serra.

Era stata una giornata terribile ed entrambe avevano bisogno di dedicarsi ad una attività distensiva:  un po' di sano giardinaggio era quello che ci voleva.

Dopo due ore interminabili passate tra vasi, terra e concimi vari (uno più disgustoso dell'altro), Lilith era riuscita a schiodare l'amica ricordandole che “doveva fare quella certa cosa”.

Aveva toccato il tasto giusto perché Janice aveva frettolosamente riordinato gli attrezzi e si era precipitata all'uscita senza neanche lavarsi le mani.

-Muoviti Lilith! Sono già le quattro e mezza!- gridava, voltandosi per incitare l'amica che tentava faticosamente di tenerle dietro.

- Arrivo! - ansimò Lilith, che provava l'improvviso bisogno di strangolare quella pazzoide che prima l'aveva trascinata alla serra , e poi osava dare a LEI la colpa del ritardo.

All'improvviso sentì un urlo seguito da un'imprecazione poco elegante.

Si mise a correre e più avanti, dietro ad un gruppo di alberi, trovò una Janice decisamente inviperita che cercava faticosamente di rialzarsi.

- Razza di scemi!!! - urlava - Alla loro età continuano a fare gli stupidi con le palle di neve senza neanche guardare dove tirano! Sono peggio dei bambini dell'asilo.

Lilith aiutò l'amica a tirarsi su lanciandole un sorriso ironico- Non c'è poi questa gran differenza tra i bambini dell'asilo e quegli gnomi del primo anno – disse.

-Ma non sono del primo anno! - la corresse Janice.- Guarda, è quel Bill Weasley con la sua banda di grifondoro al seguito.

Lilith si girò nella direzione indicatale e vide Bill Weasley, caposcuola e sogno segreto di tutti gli esseri di sesso femminile che si trovavano all'interno dei confini di Hogwarts, che correva nella loro direzione.

Bill era alto, bello e intelligente, con folti capelli di un rosso dorato e occhi color del cielo, occhi che in quel momento fissavano insistentemente una certa serpeverde.

-Mmmh! La cosa si fa interessante...- sussurrò Janice.

-Che vuoi dire?

-Io? Niente!

Nel frattempo Bill aveva coperto la distanza che li separava.

- Ciao Janice. Scusa per la palla di neve. Non ti sei fatta male, vero? - implorò Bill sfoderando il suo sorriso più affascinante.

- No, figurati. - lo rassicurò Janice - Ci vuole ben altro per abbattere una come me. Ora però scusami, ma ho una fretta terribile. Ciao! - e senza degnare Lilith di uno sguardo si voltò e scappò via.

- Janice! - esclamò Lilith, che stava cominciando a pensare che forse avrebbe dovuto realmente strangolare quella stupida.

Poi, voltandosi verso Bill, disse - Scusa Bill, devo andare...

-No! Aspetta! - la fermò Bill - Volevo parlarti, se possibile.

- Con me? - chiese Lilith, che in sei anni aveva scambiato con il rosso caposcuola pochissime parole, e solo nelle ore di Pozioni e Cura delle Creature Magiche, cioè le materie che grifondoro e serpeverde avevano in comune.

Per Lilith Bill era solo un ragazzo come gli altri, forse più carino della media, ma niente di più. In realtà il suo cuore apparteneva ad un altra persona.

-D'accordo allora – concesse -  però sbrigati perché ho da fare.

Bill fu colpito da quelle parole, e soprattutto dal tono brusco con cui erano state pronunciate, ma era pur sempre un grifondoro, per cui si fece coraggio e domandò:

-Hai ricevuto la mia lettera? - e intanto scrutava il volto di Lilith per coglierne ogni emozione, anche minima.

-Lettera? Quale lettera?- chiese Lilith, che già mentre parlava  si era data una risposta grazie ad un rapido e logicissimo ragionamento (oggi è   San Valentino, Bill mi ha spedito una lettera: Bill mi ha spedito una lettera d'amore), e stava cercando di decidere se la cosa le facesse piacere o meno.

- La lettera che avresti ricevuto stamattina se avessi usato un gufo della scuola piuttosto che quella specie di gallina spelacchiata. - rispose Bill con uno sguardo omicida pensando a come avrebbe potuto punire Lisa, il suo gufo, che evidentemente aveva trovato di meglio da fare piuttosto che compiere il suo dovere.

- Hai usato una gallina? Certo che voi grifondoro siete davvero strani! - scherzò Lilith, con un repentino quanto apparentemente inspiegabile cambiamento nel suo atteggiamento.

In realtà la ragazza ci aveva pensato su e aveva deciso che, poiché non aveva alcuna possibilità di conquistare la persona che amava, tanto valeva concedere a Bill Weasley una possibilità.

Bill, che inizialmente aveva perso ogni speranza, si accorse del cambiamento e si ringalluzzì tutto.

- Cosa vuoi che ti dica - celiò - solo i migliori diventano grifondoro!

Lilith lo guardò male, ma sotto sotto rideva.

-Ti sbagli, i migliori sono i serpeverde! - dichiarò - Infatti la Coppa delle Case è stata nostra per quattro anni di fila, e lo sarà anche quest'anno, vedrai!

- Spero proprio di no, anche se potrei perfino tifare serpeverde nel prossimo incontro di quidditch, se tu fossi lì con me a farmi compagnia - mormorò Bill, il viso pericolosamente vicino a quello di Lilith, che con un movimento fluido si allontanò. Una cosa era mostrarsi socievole, un'altra era permettere al primo venuto di baciarla.

- Non così in fretta, Weasley - disse, con una voce pericolosamente calma. La bocca della giovane non era più sorridente ora.

- Facciamo così: ti concedo un appuntamento, e se farai il bravo forse te ne concederò un altro, d'accordo? Ti farò sapere io il giorno e l'ora. Ora scusami, ma devo proprio scappare.

E senza dare a Bill il tempo di controbattere si voltò e corse verso il maniero.

 

Dopo aver varcato il portone Lilith si diresse velocemente verso la biblioteca, dove lei e Janice erano solite darsi appuntamento.

La trovò nella sezione dedicata alla “Storia Babbana”, seduta ad uno degli enormi tavoli adibiti alla consultazione dei testi, mentre fingeva di trovare interessante un libro intitolato “I babbani e la fede: cronaca di un malinteso”.

Il più silenziosamente possibile scostò una sedia, si accomodò e bisbigliò:

- Pronta?

Al suono di quella voce inattesa Janice sussultò, rivelando in quale stato si trovassero i suoi nervi. Non si era accorta dell'arrivo di Lilith, tutta presa com'era dal pensiero che ormai mancavano pochissimi minuti all'evento che avrebbe deciso il corso del resto della sua vita.

- Ciao! Sei già qui? Come è andata con Bill?- sussurrò con un sorriso a 32 denti che non ingannò Lilith nemmeno per un secondo: era evidente che l'amica era sull'orlo di una crisi isterica.

- Dopo ti racconto – rispose Lilith. Al momento Bill era l'ultimo dei suoi pensieri, piuttosto era preoccupatissima per Janice - Tu come stai?

La ragazza lo stava fissando con i suoi occhioni spalancati: aveva deciso di smettere di fingere che fosse tutto a posto, e ora la guardava implorante.

- Lilith, aiutami! - mugolò, nascondendo il volto nell'incavo del collo della fiera serpeverde.

- L'unico modo in cui posso aiutarti è quello di mettere fine alle tue sofferenze una volta per tutte! - sibilò Lilith – come ti è venuto in mente di spedire a Piton una lettera d'amore! Con tanto di firma poi!

- Ma io lo amo! - proruppe Janice, con un tono di voce sufficientemente alto da attirare l'attenzione di Madama Pince, la bibliotecaria, che ora le stava fissando in malo modo.

- Andiamo a parlare da un'altra parte – suggerì Lilith prendendo Janice per un gomito e spingendola verso l'uscita.

Mentre si dirigevano verso la Sala Grande Lilith ripensò agli eventi che avevano portato al crearsi di quella assurda situazione.

 

Due giorni prima, al termine della cena, una Janice particolarmente emozionata le si era avvicinata e le aveva dato appuntamento alla torre di astronomia a mezzanotte. L'invito aveva incuriosito molto Lilith, che non riusciva a capire il perché di tanti misteri. Ad ogni modo a mezzanotte in punto era entrata nella torre, e subito dopo era stata raggiunta da Janice che, eccitatissima, le aveva svelato il suo segreto più grande: si era innamorata di Piton, il loro professore di Pozioni, e aveva deciso di dichiararsi scrivendogli una lettera per San Valentino!

La notizia aveva sconvolto Lilith, per varie ragioni:

La prima era che anche lei amava Piton. Lo amava ormai da molto tempo,  ma aveva sufficiente amor proprio da non rivelarlo a nessuno, certa com'era di non avere nessuna speranza.

La seconda era che conosceva abbastanza Piton da sapere che avrebbe accolto una dichiarazione d'amore nello stesso modo in cui avrebbe accolto un insulto, e desiderava evitare alla sua migliore amica una simile esperienza.

Aveva quindi cercato di distogliere Janice dal suo intento, ma inutilmente: la lettera era stata scritta, firmata e spedita all'alba del giorno di San Valentino.

Era quindi iniziata per le due amiche una snervante attesa, attesa che non era durata a lungo poiché, mentre uscivano dalla Sala Grande subito dopo colazione, erano state intercettate da un Piton particolarmente scorbutico che con poche, secche parole aveva ordinato a Janice di presentarsi alle cinque nel suo ufficio, mentre il suo sguardo bruciante vagava nervosamente da lei a Lilith.

L'incontro aveva sconvolto la povera tassorosso, che per tutta la giornata aveva sofferto di improvvisi sbalzi d'umore: un attimo prima si diceva sicura del fatto che forse sarebbe sopravvissuta, subito dopo invece affermava che Piton l'avrebbe sicuramente uccisa, e che tanto valeva farla finita da sola.

L'ora dell'appuntamento era ormai giunta, e Lilith non era riuscita ad inventarsi nulla in grado di salvare l'amica. Se solo Janice non avesse firmato quella stupida lettera! In quel caso Piton non avrebbe mai sospettato di lei e quella situazione non si sarebbe mai creata! Ma lo aveva fatto e ora doveva affrontare le conseguenze del suo gesto.

 

- Sono quasi le cinque - dichiarò Lilith con tono lugubre - E' meglio che tu vada.

-Tu però mi accompagni, vero?- squittì Janice, che ormai non aveva più alcun controllo sulle proprie corde vocali.

-Sì, ti accompagno!- sbottò Lilith esasperata: voleva molto bene a Janice, ma a volte le riusciva difficile sopportarla.

Le due fanciulle si diressero  verso i sotterranei, dove si trovava l'ufficio di Piton.

Giunte davanti all'ingresso del suo studio si separarono e Lilith sorrise in modo rassicurante all'amica.

Janice, sebbene nervosamente, le sorrise a sua volta, poi  inspirò a  fondo per darsi coraggio e,  finalmente, bussò.

Una voce profonda urlò: - Avanti! - dopodiché Janice entrò e Lilith incrociò le dita pregando di poter rivedere la sua amica tutta intera.

La ragazza non seppe mai con esattezza che cosa accadde, ma se ne fece un' idea allorché, pochi minuti dopo, vide una Janice singhiozzante precipitarsi fuori dalla stanza e udì Piton esclamare qualcosa che suonava all'incirca come “stupida gallina starnazzante”.

Fu in quel momento che Lilith perse l'uso della ragione.

Era come se il suo cervello avesse staccato la spina, e il suo corpo agisse spinto solo da una rabbia incontrollabile.

Senza valutare le possibili conseguenze del suo gesto irruppe nell'ufficio di Piton e sbattè violentemente la porta alle sue spalle, causando la rottura di almeno una mezza dozzina di provette.

Poi, senza lasciare al professore di Pozioni il tempo di reagire, lo apostrofò con un:

-Razza di verme schifoso! Come hai osato definire la mia amica “gallina starnazzante”!

Piton, che era seduto dietro alla sua scrivania intento nella correzione di alcuni compiti in classe, balzò sulla sedia nell'udire il fracasso improvviso provocato dall'ingresso di Lilith.

Gli bastarono comunque pochi attimi per superare la sorpresa e inquadrare la situazione: davanti a lui c'era la sua pupilla, Lilith Green, la migliore studentessa del settimo anno, in preda a quella che evidentemente era una crisi isterica.

Per il suo stesso bene doveva farla rinsavire al più presto, perciò  con una voce pericolosamente bassa, quasi ipnotica, disse:

- Se fossi in lei, signorina Green, me ne starei zitto, farei le mie più umili scuse e me ne andrei al più presto possibile, prima di peggiorare le cose.

-Se IO fossi in lei invece me ne andrei di corsa da un bravo psicologo, perché solo in un manicomio potrebbero curarla dalla sua maleducazione! - sibilò Lilith, che evidentemente aveva deciso di ignorare l'avvertimento. Subito dopo aver parlato però si accorse di avere esagerato. Nessun professore avrebbe tollerato un simile atteggiamento da parte di un allievo, ma Piton non era un professore qualsiasi: lui non si sarebbe limitato a punirla, lui l'avrebbe uccisa!

Ed infatti proprio in quel momento Piton, che evidentemente riteneva di aver sopportato fin troppi insulti,  si alzò, la squadrò con uno sguardo omicida e, con lo stesso tono di voce di un giudice che emette una sentenza capitale, dichiarò:

- Signorina Green, potrei toglierle almeno 100 punti per la sua impudenza, ma non lo farò, perché in questo modo nuocerei alla Casa che dirigo. Credo che dovrò trovare un altro modo per punirla. Vediamo, cosa potrei fare? Ah, ecco! Come responsabile della Casa dei serpeverde rivendico il diritto, ma soprattutto il piacere, di espellerla. Vada pure a preparare le valigie - e il bastardo la congedò così, con la stessa faccia soddisfatta di uno che ha appena vinto alla lotteria.

Lilith inizialmente pensò di aver capito male, poi si rese conto della catastrofe che si era abbattuta su di lei. Era stata espulsa, e proprio dall'uomo di cui si era creduta innamorata fino a neanche un'ora prima! La sua mente era attraversata da una ridda di pensieri:

-Come ho fatto ad essere così stupida?... Che cosa, in nome di Merlino, ho trovato in questa sottospecie di Troll che si lava i capelli con l'olio e tratta la gente come spazzatura?... Che cosa mi ha attratto verso questo spaventapasseri allampanato?... E perché ora mi sta fissando?... E mi sta parlando!... Che cosa vuole ancora da me questa sanguisuga?... Oddio, mi sento svenire!

In effetti anche Piton si era accorto del malessere della ragazza, e la stava appunto invitando ad uscire dal suo ufficio prima di accasciarsi al suolo, ingombrando così il passaggio.

Lilith lo sentì, e il significato di quelle parole si fece strada nella sua mente ottenebrata.

- Quell'uomo la stava prendendo in giro!... Come osava?

In un sussulto d'orgoglio Lilith decise che Piton non se la sarebbe cavata così facilmente. Ergendosi in tutta la sua statura lanciò al suo ormai ex-professore uno sguardo di sfida e promise:

- Questa me la pagherà, ha capito? Non so quando o come ma me la pagherà!

Evidentemente però, Piton non la considerò una gran minaccia, perché sorridendo lugubremente si avvicinò alla porta, la aprì, e con un elegante inchino invitò Lilith ad andarsene, cosa che Lilith fece nel modo più dignitoso possibile. 

 

 

15 agosto 19**: sette anni dopo...

 

 

 

Voldemort era stato sconfitto, i suoi figli erano tutti sani e salvi ( beh, a parte Percy che in quel momento era ricoverato a San Mungo a causa del morso di un vampiro), e finalmente quella sera, dopo molti mesi, avrebbe cucinato per la sua famiglia riunita al gran completo: che cosa si poteva desiderare di più?

 

Era questo ciò che pensava la signora Molly Weasley mentre, in una calda serata estiva, preparava la cena con pochi e sapienti tocchi della sua bacchetta magica. Quei gesti semplici facevano sembrare gli avvenimenti degli ultimi due anni una specie di incubo.

Erano stati anni veramente difficili.

Voldemort era tornato, e con lui erano tornati gli incubi di quattordici anni prima: i mangiamorte, le strane sparizioni, le morti improvvise, i sospetti...

Tutto era cominciato in sordina, con la notizia di strani movimenti tra le Creature Malvagie, che già in passato si erano alleate col Signore Oscuro.

Poi il Ministro della magia Cornelius Caramell, che inizialmente aveva minimizzato la gravità della situazione, era stato ritrovato morto stecchito nel suo ufficio, vittima dell'Avada Kedavra.

La notizia aveva gettato il Ministero e tutto il mondo magico nel caos, lasciando ad uomini come Lucius Malfoy il campo libero per la conquista del potere.

Senza più ostacoli il Male aveva potuto crescere ed espandersi, e a nulla erano valsi gli sforzi di Albus Silente e dei pochi maghi a lui fedeli, che avevano dovuto asserragliarsi ad Hogwarts per organizzare una difficilissima resistenza.

Sembrava che tutto fosse perduto: era solo questione di tempo prima che Voldemort, non più costretto a nascondersi, riuscisse a penetrare le difese del castello e si vendicasse una volta per tutte dei suoi nemici.

Ma qualcosa di inaspettato aveva sconvolto i suoi piani: un traditore si era infiltrato tra i suoi seguaci e aveva seminato la morte nelle sue fila.

Subito dopo lo scudo che proteggeva Hogwarts si era dissolto, permettendo ad un'orda di maghi “buoni” di riversarsi sull'accampamento del Signore Oscuro e dare inizio ad una colossale battaglia.

Voldemort era furioso. Nonostante i suoi poteri non era riuscito a prevedere la trappola in cui poi era caduto, e soprattutto non aveva avuto la minima idea del fatto che Silente avesse raccolto intorno a sé così tanti sostenitori.

Oltre alla sua solita cricca infatti (Potter e compagni, più gli auror), Silente aveva l'appoggio dei giganti e degli elfi, per non parlare poi di un intero battaglione composto da tutti quei maghi che, rifiutando di arrendersi al Male, avevano deciso di rischiare in prima persona la loro vita per impedire il suo sopravvento.

La Battaglia Finale non era durata molto, ma era stata sanguinosissima, e si era conclusa solo dopo la morte del Signore Oscuro per mano dello stesso Harry Potter, che per la prima volta aveva mostrato in pieno quanto fossero vasti i suoi poteri. Le Creature Malvagie, tra cui i Dissennatori, vedendo che il loro leader era stato sconfitto si erano ritirate: il Male era stato domato finalmente! Lentamente, e faticosamente, tutto tornava come prima. Le famiglie piangevano i loro morti e maledicevano il nome del Signore Oscuro, ma si impegnavano anche nella ricostruzione di ciò che la sua malvagità aveva distrutto.

Erano passati ormai due mesi da quel giorno fatidico, e le cose erano pressoché tornate alla normalità. In ottobre ci sarebbero state le elezioni per la nomina del nuovo Ministro della magia (e a quel pensiero la signora Weasley non poté reprimere un moto d'orgoglio,  perché suo marito Arthur era uno dei candidati in corsa per quella carica ed era dato come vincente sicuro), e di lì a quindici giorni Hogwarts avrebbe probabilmente ripreso le lezioni, interrotte per due anni.

 

La signora Weasley diede un ultimo tocco alla tavola imbandita e annuì soddisfatta:

- Perfetto! - esclamò, poi si volse verso suo figlio Charles, che proprio in quel momento stava entrando in cucina con l'aria di uno che muore di fame, e chiese:

- Dove sono gli altri? Li hai avvisati che è pronto in tavola?

- Sì, li ho avvisati, ma credo che per stasera dovrai accontentarti di un téte à téte con il tuo secondogenito, mammina cara. - rispose Charlie con un sorriso scanzonato posando un bacio affettuoso sui capelli della madre, rossi come i suoi.

La signora Weasley ricambiò con una carezza gentile sulla robusta spalla del suo “piccolino”, poi domandò:

- Cos'è questa storia del téte à téte? Dove sono tutti quanti?

Charlie, che si era seduto e aveva già iniziato a mangiare, deglutì frettolosamente il boccone che stava masticando e, guardando interrogativamente la madre, chiese:

- Ma come, non ti hanno avvertito? Ho sentito papà poco fa e ha detto che avrebbe tardato un po'. I gemelli sono ancora al negozio, credo che ci sia stata un'altra esplosione o qualcosa del genere, e Ron e Ginny hanno mandato Leo per avvisare che torneranno con la passaporta di domattina.

Evidentemente la signora Weasley non era stata messa al corrente di tutti questi cambiamenti di programma, e la sua espressione furiosa indicava con che spirito avesse preso la notizia.

- Non ne sapevo nulla! - dichiarò infatti appena si fu ripresa sufficientemente dallo shock – Passo il pomeriggio a cucinare e nessuno si degna di farmi sapere che non sarà a casa per cena! Posso capire tuo padre, e anche i gemelli, in fondo si tratta pur sempre di lavoro, ma Ron e Ginny! Non gli sono bastate due settimane di vacanze al mare? Dovevano per forza rimanere lì un'altra notte? Eppure lo sanno che se fosse stato per me non sarebbero neanche partiti! Figurarsi, due ragazzini di sedici e diciassette anni che se ne vanno via da soli per quindici giorni, con i loro fidanzatini poi! Non riesco ancora a credere che Arthur mi abbia convinta a dare loro il permesso! Non che pensi che debba succedere chissà cosa, Harry e Hermione sono dei ragazzi a posto, mi fido di loro, a dir la verità è proprio dei miei figli che non mi fido...- e intanto, mentre parlava, la signora Weasley aveva sparecchiato metà della tavola e riposto nella credenza il cibo avanzato agitando freneticamente la sua bacchetta magica - ...comunque appena tornano mi sentiranno! Questa non la passeranno liscia!

Charlie annuì rispettosamente in risposta allo sguardo irato che la madre gli aveva lanciato.

Decisamente quel giorno era meglio evitare di contraddire la signora Weasley, che nel frattempo si era accorta della mancanza di un altro membro della famiglia.

- Dov'è Bill? Forse la mia cucina non è degna del suo fine palato?

Charlie rabbrividì: quando sua madre cominciava ad essere sarcastica voleva dire che qualcuno si sarebbe fatto molto, molto male. In quel momento il povero ragazzo avrebbe preferito trovarsi di fronte ad un branco di draghi inferociti piuttosto sottostare a quell'interrogatorio.

-  Ecco, l-lui aveva un appuntamento...

-  Un “COSA” ????

- Un appuntamento - bisbigliò Charlie, giurando mentalmente di uccidere i suoi fratelli che l'avevano messo in quella situazione – con una ragazza che ha conosciuto ai tempi della scuola. L'ha incontrata di nuovo due mesi fa, durante la battaglia finale, e le ha chiesto di uscire ...

- E doveva uscire proprio stasera? Non poteva aspettare un altro giorno? E chi sarebbe questa? La conosco forse? - domandò con tono incalzante la signora Weasley.

- Non c-credo. Lavorava al Ministero prima, all'ufficio Regolamentazione e Controllo degli Artefatti Magici, sezione Sieri e Pozioni. Non so che cosa faccia ora...

- State parlando del Ministero? Non preoccupatevi, presto tutto tornerà alla normalità! - era stato il signor Weasley a parlare. Alto e dinoccolato, con pochi e radi capelli rossi e occhiali spessi come fondi di bottiglia, Arthur Weasley sembrava tutto fuorché quel che realmente era: uno degli uomini più influenti e rispettati del Mondo Magico, secondo solo ad Albus Silente e al famoso Harry Potter.

- Oh! Bentornato caro! Com'è andata oggi al lavoro?

- Benissimo! - rispose l'uomo, chinandosi a baciare le labbra che sua moglie gli offriva – Peter Minus è stato avvistato: sono sicuro che a breve verrà catturato! E l'annuncio della riapertura di Hogwarts è stato dato ufficialmente!

- Bene, sono proprio contenta...- sussurrò la signora Weasley, che però non sembrava poi così contenta, cosa che non sfuggì agli occhi attenti del marito.

- Molly cara, è successo qualcosa?- chiese, guardando interrogativamente prima sua moglie, che sembrava furente, poi suo figlio Charlie, che aveva tutta l'aria di aver passato un brutto quarto d'ora.

- Te lo dirò dopo - promise minacciosamente la signora Weasley - Piuttosto, conosci una certa...come hai detto che si chiama Charles?

- Non l'ho detto - rispose Charlie, poi aggiunse nervosamente - Forse dovresti parlare di questa storia direttamente con Bill...

- Suvvia – esclamò la signora Weasley - sembra quasi che stiate nascondendo qualcosa! - poi, in risposta alla muta domanda che aveva letto negli occhi di suo marito, spiegò:

- Bill ha un appuntamento stasera, con una ragazza che lavorava all'Ufficio Regolamentazione Artefatti Magici, sezione Sieri e Pozioni. Forse tu la conosci, caro?

- C'era solo una ragazza in quell'ufficio – rispose il marito - Deve trattarsi di Lilith Green. Bill ha davvero buon gusto, gran bella ragazza davvero! C-Cioè volevo dire brava! - aggiunse frettolosamente, rendendosi conto dello sguardo furente della moglie. Poi si volse verso Charlie e disse:

- Figliolo, che ne dici di una partita a scacchi? E' da tanto che non giochiamo insieme!

- Davvero un'ottima idea papà! Vado subito a preparare la scacchiera! - esclamò Charlie, approfittando al volo dell'opportunità di fuggire che suo padre gli aveva offerto.

- Ma... e la cena? - chiese la signora Weasley, troppo stupita per protestare.

- Magari dopo, ora non ho fame...- rispose il marito, mentre si alzava e sfuggiva all'ira della sua consorte.  

 

Ignaro della brutta accoglienza che avrebbe ricevuto una volta tornato alla Tana, Bill Weasley stava vivendo uno dei momenti più brutti della sua vita.

Si trovava a Diagon Alley, seduto ad uno dei tavolini all'aperto della Gelateria Florian e bevendo un caffè mentre Janice Saltpepper gli spiegava per quale ragione la sua amica Lilith non si era presentata all'appuntamento.

- E' stata una causa di forza maggiore – diceva – una simile occasione non si presenta tutti i giorni. La lettera è arrivata stamattina: Silente dice che siccome Piton è ancora impossibilitato a riprendere l'insegnamento c'è bisogno di un sostituto, e che Lilith gli è sembrata la candidata più adatta. Non è magnifico?

- Davvero stupendo – grugnì Bill – ma perché non mi ha avvisato di persona?

- Ci ha provato, ma tu eri irreperibile! E dopo era ormai troppo tardi, probabilmente  eri già uscito, così ha mandato me.

- E' tutto chiaro, tranne una cosa: perché è partita stasera? Poteva uscire con me, e poi  smaterializzarsi domattina, per esempio.

- No, purtroppo. Hogwarts risente ancora degli influssi magici della grande Battaglia, non hanno ancora finito di purificare la zona, e la materializzazione è assolutamente sconsigliata. Lilith doveva per forza prendere il treno di oggi se voleva arrivare in tempo per la riunione del Consiglio dei docenti che si terrà domattina – spiegò Janice, poi, notando la delusione nello sguardo di Bill, aggiunse:

- Mi dispiace, so quanto ci tenessi.

- Non importa, ormai è fatta – Bill non era tipo da struggersi per una ragazza, soprattutto quando aveva la fortuna di trovarsi con una altrettanto bella – Piuttosto, avevo prenotato da Chez Ma Tante: che ne dici di farmi compagnia?

- Con vero piacere! - rispose Janice, ringraziando il destino che aveva messo fuori gioco Piton, permettendole così di rimediare un invito a cena in uno dei ristoranti più lussuosi del mondo magico da parte di un ragazzo carinissimo.

 

 

Il treno stava rallentando, Hogwarts doveva essere vicina ormai. Lilith cercò di capire dove si trovassero esattamente, ma era troppo buio per dirlo con esattezza. Allora si alzò dal sedile su cui era stata seduta per ore e si stiracchiò come un gatto. Poi, con l'aiuto della sua fedele bacchetta, estrasse il suo baule dall'alloggiamento in cui l'aveva incastrato, e facendolo levitare si diresse verso l'uscita.

Ben presto il treno si fermò, e Lilith si affrettò ad aprire e a scendere gli scalini. Quando però si girò per tirare giù il suo baule si accorse che questo si era incastrato nuovamente, questa volta nello sportello. Stava cercando di spostarlo da lì quando una voce profonda alle sue spalle la fece sussultare:

- Posso esserle d'aiuto?

La ragazza si voltò e si ritrovò a fissare gli occhi più azzurri che avesse mai visto. Appartenevano ad un uomo molto bello, di età imprecisata, dai folti capelli neri lunghi fino alle spalle, che in quel momento le stava sorridendo, e aveva davvero un bel sorriso.

Lilith non poté resistere e rispose sorridendo a sua volta.

Osservando lo sconosciuto che prendeva il suo baule, disse:

- Le sono davvero grata.

- Si figuri, dovere. Sono Sirius Black, per servirla.

- Sirius Black! - esclamò Lilith -  Questo nome non mi è nuovo...

- Beh, in effetti sono piuttosto famoso – spiegò -  ma non mi è mai piaciuto vantarmi, soprattutto non con una giovane donna affascinante come lei. Posso conoscere il suo nome, o leggiadra creatura? - chiese Sirius, mentre un lampo malizioso brillava nei suoi occhi, dimostrando che neanche lui prendeva sul serio ciò che aveva appena detto.

Lilith represse un sorrisetto divertito, poi si presentò:

- Lilith Green, piacere.

- Ehm....Sirius, mi dispiace disturbarti, ma Gazza ci sta aspettando e non mi sembra molto allegro.

A parlare era stato un uomo dall'aspetto piacevole e rassicurante come la sua voce, che, mentre loro parlavano, si era avvicinato silenziosamente.

- Ah! Sì, Remus, arrivo subito, ma prima permettimi di presentarti questa splendida ragazza. Remus,  questa è Lilith Green. Lilith, le presento il mio ottimo amico e compagno di mille avventure, Remus Lupin.

- Molto lieta.

- Posso chiederle dove deve andare? Magari potremmo darle un passaggio. Io e Remus siamo diretti ad Hogwarts.

Lilith fremette di piacere: si era appunto chiesta come avrebbe fatto ad arrivare al castello (in passato ci era arrivata con le carrozze magiche, ma anche quelle erano state messe fuori gioco dagli influssi magici nell'aria) e l'offerta di quel Sirius era la risposta alle sue preghiere. Perciò si affrettò ad accettare, poi aggiunse:

- Sono qui per lavoro. Sarò la sostituta dell'insegnante di Pozioni, il professor Piton.

- La sostituta di Piton! Hai sentito Remus? E tu che dicevi che gettare monete nei pozzi non serve a far avverare i desideri! Voglio dire, se questo non è un sogno che si avvera, non so come altro definirlo! Arrivare qui e trovare una dea – e qui Sirius sorrise ammiccante alla ragazza – invece che quel rompiscatole nasuto!

Lilith non poté fare a meno di scoppiare a ridere, e continuò a farlo fino a quando furono saliti su un carro con attaccati dei buoi guidato da Gazza (che non sembrava molto contento del compito che gli era stato affidato), perché Sirius continuava a parlare di Piton descrivendolo con termini certo poco lusinghieri, ma anche molto divertenti.

Quando si fu ricomposta a sufficienza per parlare, Lilith si rivolse ai due maghi e chiese:

- Anche voi siete qui per lavoro?

Fu Lupin a rispondere per entrambi:

- Sì. Anche noi siamo professori. Io insegnerò Difesa contro le Arti Oscure, mentre Sirius prenderà il posto lasciato vacante dalla Professoressa McGranitt, che purtroppo ha perso la vita nello scontro con Voldemort.

L'accenno all'orribile fine che era toccata alla professoressa di Trasfigurazione intristì i tre occupanti del carro, che da quel momento in poi non parlarono più fino al loro arrivo ad Hogwarts.

Giunti al castello, Gazza li condusse alle loro stanze e riferì loro il messaggio del preside Albus Silente: li aspettava per l'indomani alle otto nella Sala Grande.

Non appena fu rimasta sola Lilith si affrettò a coricarsi per approfittare di ogni minuto di sonno possibile: era molto stanca, e l'indomani l'aspettava una giornata piena.

 

Il mattino dopo Lilith si svegliò molto presto. Il sole non era ancora sorto, e le torri di Hogwarts erano immerse nella foschia.

Mancava un bel po' di tempo alle otto, così Lilith decise di approfittarne per disfare il baule e riporre i suoi oggetti personali. Avrebbe potuto lasciare che fossero gli elfi domestici ad occuparsene, ma non le era mai piaciuta l'idea di mani estranee che toccavano le sue cose, fossero pure le mani di un elfo servizievole.

Mentre lavorava, Lilith lasciò la sua mente libera di vagare.

Stava pensando che il suo destino sembrava indissolubilmente legato a quel castello, perché per quanto si allontanasse da Hogwarts finiva sempre per tornarci.

Ricordava ancora la disperazione che aveva provato sette anni prima quando era salita sul treno che l'avrebbe portata via da Janice, dai suoi compagni serpeverde, dalla biblioteca buia che odorava di pergamene.

Lasciare Hogwarts era stato difficilissimo, soprattutto perché avrebbe dovuto terminare gli studi in un paese straniero, lontana dalla sua famiglia, con l'ulteriore ostacolo di dover imparare in fretta una lingua sconosciuta.

Il professor Silente infatti non aveva potuto fare nulla per lei, se non scriverle una lettera di raccomandazione da consegnare al preside di Durmstrang.

“Le espulsioni stabilite dai responsabili delle quattro case” aveva detto “ non possono essere revocate da nessuno, nemmeno da me, se non dalla stessa persona che le ha decise. E poiché il professor Piton ritiene di non avere nessun motivo per cambiare idea... Mi dispiace signorina Green, ma temo che dovrà lasciare Hogwarts al più presto.”

Lilith era quindi partita alla volta di Durmstrang dove, dopo quattro terribili mesi passati a studiare giorno e notte, era riuscita ad ottenere dei G.U.F.O.  superlativi.

Quei risultati strabilianti le furono molto utili, perché le consentirono di venire assunta quasi subito come assistente di laboratorio presso la FAR-MA-GICS, una ditta olandese che dominava il mercato nel campo della produzione delle pozioni curative.

Lilith ne era stata entusiasta, perché aveva sempre sognato di lavorare nel settore pozionistico, e se per farlo doveva vivere in Olanda, lontana dalle persone a lei care, tanto peggio.

Purtroppo però, dopo tre anni di impegno e fatiche, era stata licenziata:  la FAR-MA-GICS, travolta da uno scandalo finanziario, aveva dovuto operare dei tagli al personale, e naturalmente i primi ad essere colpiti erano stati i neo-assunti come lei.

Lilith era così tornata in patria, dove poco dopo ebbe la fortuna di vedere accolta la sua domanda di assunzione presentata al Ministero. Lilith avrebbe lavorato nell'ufficio Regolamentazione e Controllo degli Artefatti Magici, sezione Sieri e Pozioni. Forse non era il suo lavoro ideale, ma ci si avvicinava molto.

Con l'avvento di Voldemort però, tutto era finito. Quando ormai era diventato evidente che il Signore Oscuro era tornato più forte che mai, Lilith decise che avrebbe versato il suo sangue pur di impedirlo.

Si era quindi unita ad un nucleo operativo della resistenza e aveva iniziato a vivere in clandestinità. Quando Bill l'aveva incontrata ad Hogwarts nel bel mezzo dei preparativi della grande battaglia ne era rimasto assolutamente sorpreso: non avrebbe mai immaginato di trovarla lì. Poi la situazione era precipitata: la Battaglia, la morte del Signore Oscuro, le settimane passate lavorando come infermiera volontaria nell'ospedale da campo. Tutti quegli avvenimenti erano accaduti talmente in fretta che a volte le pareva di averli solo sognati.

E poi, il giorno prima, era arrivata la lettera che aveva risolto i suoi problemi almeno per qualche mese.

Il pensiero del nuovo lavoro la riscosse dalle sue fantasticherie. Erano le sette e trenta ormai, e se voleva arrivare in orario doveva sbrigarsi. 

 

Lilith entrò nella Sala Grande alle otto in punto. Indossava una veste di velluto verde scuro, colore che richiamava quello dei suoi occhi, e aveva acconciato i lunghi capelli neri in una semplice treccia che le ricadeva sulle spalle. Con passo svelto si diresse verso il tavolo degli insegnanti, dove i suoi colleghi stavano consumando la colazione.

- Buongiorno Signorina Green! Prego, venga a sedersi qui con noi. La colazione di oggi è veramente ottima, dovrò complimentarmi con gli elfi.

Era stato Albus Silente a parlare. Il preside di Hogwarts era il mago più potente di tutti, ma questo non gli impediva di essere un vecchietto adorabile, gentile e saggio.

Lilith sorrise a tutti i commensali, poi si sedette accanto alla professoressa Sprite, che salutò con gioia: non la vedeva da sette anni.

Quando tutti ebbero finito di mangiare Silente si alzò in piedi e comunicò loro il programma della giornata.

Alle nove ci sarebbe stata la riunione del Consiglio dei docenti, dopodiché tutti gli insegnanti sarebbero stati liberi di ritirarsi per preparare le lezioni

- A questo proposito – precisò – I professori Black e Green troveranno nei loro uffici i programmi utilizzati dai loro predecessori. Spero vi siano utili. Inoltre, vi comunico che le cariche di Capi delle Case di grifondoro e serpeverde saranno assunte dai medesimi.

- Ma preside – protestò Lilith – non credo di poter assumere un ruolo così impegnativo. Dopotutto sono appena arrivata!

- Oh, non si preoccupi! - la rassicurò Silente – Sarà solo per pochi mesi, finché Piton non si sarà ristabilito.

L'anziano mago continuò poi il suo discorso dando un benvenuto a tutti quanti e ricordando loro che c'era ancora molto da fare prima di poter accogliere degnamente gli studenti. Dopotutto, Hogwarts era stato il teatro di una battaglia.

Infine Silente concluse ricordando chi non era più lì con loro: persone come Minerva McGranitt e Rubeus Hagrid avrebbero sempre occupato un posto importante nel loro cuore.

Con quelle toccanti parole il discorso di Silente ebbe fine, e tutti si alzarono da tavola, disperdendosi in diverse direzioni.

Evidentemente però Silente doveva comunicare ancora qualcosa a Lilith, perché le si avvicinò e disse:

- Signorina Green, penso che dovrà concordare con il professor Piton il suo programma di studio. Dopotutto sarà lui a succederle nell'insegnamento, anche se ancora non si sa di preciso quando questo avverrà.

- Ci avevo pensato anch'io – replicò Lilith – Oggi darò un'occhiata al materiale, poi andrò da lui.

Silente annuì soddisfatto:

- Molto bene, lo troverà in infermeria.

 

La ragazza mantenne la parola data. Dopo poche ore infatti si diresse verso l'infermeria come aveva promesso. Il grande momento era giunto: tra pochi istanti avrebbe rivisto Severus Piton. In genere Lilith Green non era tipo da farsi dei problemi quando doveva affrontare una situazione critica. Il suo motto era: “fallo e basta”. Ma quella non era una semplice situazione critica. Dopo sette anni avrebbe rivisto l'uomo che per primo aveva suscitato in lei l'odio e l'amore.

Facendosi coraggio Lilith bussò alla porta dell'infermeria ed entrò.

Madama Chips, che l'aspettava, la condusse verso un letto nascosto da lunghe tende mentre spiegava:

- Di solito a quest'ora dorme, ma lo svegli pure se necessario: dopotutto dorme già abbastanza, anche troppo per i miei gusti.

Lilith non potè reprimere un moto di curiosità e chiese:

- Che cosa gli è successo di preciso?

- Non lo sa? - Madama Chips sembrava veramente sorpresa – Pensavo che lo sapessero tutti nel mondo  magico. In fondo è stato anche grazie al prezioso aiuto di Severus se siamo riusciti a sconfiggere Lei-Sa-Chi.

- No, non so nulla – rispose Lilith sulla difensiva.

- Però sa che qualcuno si era introdotto tra i mangiamorte e li ha uccisi permettendo la nostra riscossa?

- Sì, ma non sapevo chi... - improvvisamente il viso di Lilith si illuminò di comprensione – Non mi dica che era...

- Sì, proprio lui! - confermò la donna – il nostro Severus è un uomo estremamente coraggioso. Ha rischiato in prima persona la propria vita, e l'ha quasi persa in modo orribile, ma ci ha salvati tutti!

- Avete finito di parlare di me in terza persona, come se non ci fossi?

Lilith sussultò: la voce proveniva da dietro le tende. Evidentemente Piton non stava dormendo affatto. Eppure c'era qualcosa di strano. La voce del Piton che ricordava era profonda, autoritaria, ipnotica. Quella che aveva appena sentito invece era stridula, lamentosa e debole.

Madama Chips intanto stava scostando le tende, rivelando ai suoi occhi uno spettacolo terrificante....