Secondo Tito Livio, gli Etruschi realizzarono una confederazione di dodici città nella pianura padana. All'interno di questa confederazione Felsina (questo era il nome di Bologna all'epoca degli Etruschi), era considerata la città più importante, tanto che già gli Antichi le riconoscevano il ruolo di "capitale" dell'Etruria padana. Attraverso la documentazione archeologica è possibile ricostruire in modo preciso e circostanziato tutte le principali fasi della città in epoca etrusca. A partire dal IX Secolo a. C., a Bologna, come pure in tutte le principali città storiche dell'Etruria tirrenica, compare e si afferma la cultura "villanoviana" (da Villanova di Castenaso, Bologna, dove sono stati effettuati i primi ritrovamenti archeologici, sotto l'impulso di Giovanni Gozzadini). Da quella data si assiste ad un significativo sviluppo demografico.
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Agli inizi dell'VIII Secolo a.C., un rapido popolamento nell'area a sud dell'attuale città determinò la nascita del villaggio di Villa Cassarini-Villa Bosi, che sembra così essersi trasformato in nucleo egemone dell'intero sistema, mentre gli altri villaggi si svuotarono e si esaurirono rapidamente a favore di quest'ultimo. Il villaggio di Villa Cassarini, dislocato sulle prime propaggini collinari e non nel cuore della pianura, occupava, anche dal punto di vista topografico, una posizione strategicamente rilevante, dalla quale si poteva controllare sia la valle del Savena sia quella del Reno. |
A settentrione il limite dell'abitato è individuabile grazie alla posizione delle sepolture, tutte situate per lo più all'esterno di esso. Corrispondeva grosso modo a via Riva di Reno, via Falegnami e via Augusto Righi. Verso sud l'abitato si spingeva sicuramente fino alle prime propaggini collinari, non oltre Villa Cassarini (attuale Facoltà di Ingegneria) a sud della quale la ripida propaggine collinare era sfavorevole all'insediamento. All'interno di tale area non sono state rinvenute sepolture, disposte invece attorno all'abitato.
Il tessuto insediativo era costituito da abitazioni singole o al massimo da piccoli gruppi di abitazioni, disposte in modo sparso. Attorno a queste piccole cellule insediative erano previsti ampi spazi liberi per l'agricoltura e per le attività ad essa collegate, come la trasformazione e la lavorazione dei prodotti. Accanto alle abitazioni sono ben documentate anche alcune strutture produttive, con particolare riguardo alla metallurgia del bronzo. A partire dalla metà del VI Secolo si registra una radicale trasformazione dell'assetto politico ed economico degli Etruschi nella valle del Po, con conseguente modifica della struttura proto-urbana e dell'organizzazione territoriale di Felsina, anche a seguito di importanti mutamenti nel quadro storico internazionale. Una riattivata conflittualità fra Etruschi, Greci e Cartaginesi, che nell'alto Tirreno non si limitò alla concorrenza commerciale, ma sfociò in alcuni scontri navali, fece perdere progressivamente agli Etruschi il loro incontrastato dominio su quel mare. Ed è in questo quadro storico che va collocata la definitiva trasformazione in senso urbano di Felsina, con un processo attraverso il quale il centro proto-urbano venne "rifondato" come città. Si tratta di una trasformazione molto importante, che però non trova ancora adeguate conferme nella documentazione archeologica. Le testimonianze relative all'abitato sono poche, al punto tale da pregiudicarne una precisa identificazione, ma ciò dipende dal fatto che la maggior parte di esse sono andate distrutte per la continuità abitativa dell'insediamento fino ai nostri giorni. La civiltà etrusca di Bologna presenta uno sviluppo coerente dal IX alla metà del IV secolo a.C. che possiamo suddividere nelle seguenti fasi, corrispondenti a diversi momenti culturali: fase villanoviana, fase orientalizzante, fase tipo Certosa.
A partire dal IX secolo a.C. si sviluppa in Toscana, nel Lazio a nord del Tevere e in Emilia la cultura villanoviana, oggi riconosciuta come la più antica fase della civiltà etrusca. Il termine villanoviano deriva dalla località di Villanova, a pochi chilometri da Bologna, dove, nel 1853, avvennero i primi rinvenimenti attribuiti a questa fase. La documentazione archeologica di Bologna rivela che le prime manifestazioni della cultura villanoviana a nord dell'Appennino risalgono all'inizio del IX secolo a. C.. Il popolamento, che si manifestò quasi improvvisamente, fu determinato almeno in parte da un iniziale trasferimento dall'Etruria tirrenica di gruppi etruschi interessati alle fertili terre della Pianura Padana. I due grandi centri di cultura villanoviana sono Bologna e Verucchio. Bologna si pose al controllo di un vasto territorio disseminato di piccoli insediamenti rurali collegati al capoluogo e assunse un'importante funzione mediatrice fra l'area tirrenica e l'Italia settentrionale. La cultura villanoviana a Bologna è documentata attraverso due categorie di materiali: molto scarsi quelli provenienti dall'abitato, imponenti per quantità e qualità quelli dai sepolcreti, mentre una testimonianza eccezionale dell'attività metallurgica del centro villanoviano è rappresentata dal Ripostiglio di San Francesco.
Se scarse e frammentarie sono le testimonianze dell'abitato, i sepolcreti offrono, invece, la possibilità di cogliere gli aspetti particolari e i modi di sviluppo della società, attraverso l'analisi di migliaia di corredi che accompagnavano i defunti. I sepolcreti si trovavano all'esterno degli abitati, disposti quasi a ventaglio: i più estesi erano situati nella zona orientale, fuori Porta San Vitale (sepolcreti di San Vitale e Savena) e occidentale, fuori Porta S. Isaia. Essi sono generalmente indicati con il nome del proprietario del fondo agricolo nel quale si rinvennero: Benacci , Benacci-Caprara, De Luca, Nanni, Guglielmini, Romagnoli, Melenzani e Cortesi; Stradello della Certosa, Arnoaldi e Aureli. Un altro sepolcreto di estendeva a sud nell'area dell'Arsenale Militare.
I materiali archeologici relativi all'abitato
sono piuttosto scarsi poiché la continuità abitativa caratteristica di Bologna
ha contribuito a cancellare gran parte delle tracce precedenti; a ciò si
aggiunga che i materiali utilizzati per la costruzione delle capanne della fase
villanoviana, cioè il legno e l'argilla, sono di natura estremamente
deperibile. Bologna di fase villanoviana era probabilmente costituita da più
villaggi di capanne, non molto distanti tra loro, che occupavano un'area di
circa 300 ettari, ubicata nella zona dell'attuale centro storico, soprattutto
Via del Pratello, Piazza S. Francesco, Via d'Azeglio e Piazza San Domenico.
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Pianta
di capanna |
Ricostruzione
del suo probabile |
La capanna villanoviana era generalmente a pianta circolare o ellittica, con tetto spiovente, con pareti in legno e argilla, su cui si aprivano finestre, simile all'immagine riportata sulla stele funeraria rinvenuta nelle necropoli di San Vitale. Delle circa 500 capanne, scavate alla fine del secolo scorso, possediamo un accurato rilievo dei pavimenti con le buche dei pali che sostenevano l'alzato. Da questa area provengono una modesta quantità di materiali in terracotta, osso e bronzo: vasellame comune, alari, attrezzi da lavoro, fibule, resti faunistici.
Ricostruzione
del villaggio villanoviano (R. Merlo)
Sepolcreti villanoviani del territorio bolognese
Si riporta un elenco dei sepolcreti di età villanoviana presenti sul territorio bolognese.
San
Vitale: via
Libia |
Via
Savena: via Rimesse |
Benacci:
nella parte occidentale di Bologna, fuori porta S. Isaia, a sud di Via
A. Costa |
Benacci
Caprara: via A. Costa |
De
Luca: via A. Costa |
Nanni
Guglielmini: via A. Costa |
Romagnoli:
via A. Costa |
Melenzani
Ruggieri: via A. Costa |
Cortesi:
via A. Costa |
Stradello
della Certosa: via della Crocetta |
Aureli
Balli: via A. Costa |
Arsenale
Militare: viale Panzacchi |
Arnoaldi:
via A. Costa |
Certosa:
fuori Porta Sant'Isaia |
Giardini
Margherita |
Dalla fine dell' VIII secolo a. C. la civiltà villanoviana subisce l'influenza della cultura orientalizzante, nata nell'Etruria tirrenica (corrispondente attualmente alla Toscana e a parte del Lazio) dal contatto con il commercio greco che diffonde in tutto il Mediterraneo anche oggetti di produzione orientale. La produzione ceramica, metallurgica e scultorea testimoniata dai corredi denota un cambiamento sociale, rappresentato dalla formazione di una classe aristocratica forte e attiva. La fase orientalizzante non è ampiamente documentata nel museo poiché le aree occupate dalle necropoli di questa fase, che non sono state oggetto nel secolo scorso di scavi archeologici, attualmente sono difficilmente esplorabili.
Nella nuova fase culturale, che si è convenuto chiamare di tipo Certosa, dal nome del sepolcreto bolognese più importante, o felsinea, dal nome di Felsina con cui i Latini indicavano Bologna, la città assume un ruolo di rilevante importanza e si manifesta, sul piano archeologico, profondamente mutata. A partire dalla metà del VI secolo a. C., si verifica nella pianura padana una profonda trasformazione dell'assetto politico ed economico che si concretizza nella fondazione dei centri urbani di Marzabotto, Bologna, Spina e Mantova, intorno ai quali si impernia una fitta rete di scambi commerciali fra Etruria tirrenica, Grecia ed Europa transalpina. Questo mutamento di prospettiva economica determina il passaggio dallo sfruttamento agricolo del territorio, ad un sistema distributivo e commerciale; ogni centro urbano ha un proprio ruolo, determinato dalla sua posizione geografica. La ricchissima documentazione archeologica relativa alla Bologna di fase tipo Certosa proviene dall' abitato e dai sepolcreti. La documentazione offerta dai sepolcreti bolognesi della fase di tipo Certosa è la più completa di tutte le città dell'Etruria padana.
Scavi della Certosa |
La ricerca archeologica ha portato alla scoperta di oltre 1000 tombe, i cui corredi sono testimonianze fondamentali per la ricostruzione degli aspetti sociali: si avverte la presenza di una società diffusamente ricca, impegnata in commerci a largo raggio, come documentano le molte centinaia di vasi attici e il vasellame di bronzo, e con famiglie di rango elevato che ricoprivano importanti cariche politiche. |
Le stele di arenaria, che erano poste a segnacolo delle tombe più importanti, di sicura produzione locale, con le loro decorazioni figurate e le iscrizioni, offrono uno straordinario patrimonio per la conoscenza di Felsina.
Abitato della fase tipo Certosa
Le testimonianze dell'abitato di Felsina sono inconsistenti sul piano archeologico poiché il livello archeologico è quello maggiormente disturbato dalle successive occupazioni galliche e romane. L'impianto della città felsinea è sicuramente analogo a quello dell'occupazione precedente: probabilmente l'area era di minore ampiezza. Le ricerche archeologiche hanno evidenziato alcuni muretti a secco e rinvenimenti di tegole, riferibili alle case, certamente simili a quelle della vicina città di Marzabotto; le abitazioni, ora più solide e complesse, generalmente a pianta quadrangolare, erano distribuite nell'attuale centro storico. Particolarmente importante è stata la scoperta del santuario nella zona di Villa Cassarini (Facoltà di Ingegneria, fuori Porta Saragozza), che si configura come il luogo sacro della città, con funzione di acropoli.
A Bologna, nella zona dell'ex Villa Cassarini, situata fuori Porta Saragozza, e attualmente occupata dalla Facoltà di Ingegneria, fu individuato un importante santuario etrusco frequentato fra la fine del VI e gli inizi del IV sec. a.C., periodo che corrisponde a quello in cui si sviluppò la città di Felsina. Gli scavi hanno messo in luce resti di edifici con muri a secco di ciottoli e lastre di arenaria, e alcuni cippi in pietra calcarea usati in precedenza come basi di ex-voto in bronzo. La presenza di elementi come coppi e tegole sta ad indicare che gli Etruschi di Felsina utilizzavano questo sistema di copertura per gli edifici.
Bronzetto
di Eracle
Cippo di Villa Cassarini
Dal santuario provengono una trentina di bronzetti che rappresentano generalmente figure maschili e femminili in atto di offerta e di devozione. Del tutto eccezionale è la presenza di due figure di divinità, Eracle e Apollo, le uniche di tutta l'area padana. Nonostante la povertà delle strutture rinvenute, il santuario si configura come vera e propria acropoli, in posizione centrale rispetto ai luoghi di sepoltura e in posizione elevata rispetto all'area dell'abitato.
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