CASTENASO

    

L’importanza di questo piccolo centro della pianura bolognese sta nel fatto che è da qui che è nata la cultura villanoviana. Centro della pianura bolognese, Castenaso è situato sulle rive del torrente Idice, o meglio sulla via San Vitale che collega Bologna alla Romagna e alla bassa pianura ravennate. È la terra del medio corso dell’Idice, un tempo impetuosissimo, che divideva gli accampamenti di due eserciti avversari: i Galli e i Romani; al comando di questi ultimi era il console P.C. Scipione Nasica, da cui Castenaso deriva il proprio nome: originariamente era Castrum Nasicae, ossia accampamento di Nasica, che divenne poi Castelnaso e infine Castenaso. Romano è pure il nome della frazione Fiesso (da in flexu, con riferimento alla curva formata dal corso d’acqua in questo punto).

Già nell’Età del bronzo sorsero nella zona insediamenti umani, testimoniati da parecchi ritrovamenti, e venne tracciata una strada che conduceva al mare, la via Salaria, ovvero del sale: si tratta dell’attuale via San Vitale.

Vi sono stati rinvenuti dei fondi di capanna, esempi dell’antichissima urbanistica sviluppatasi presso una civiltà autoctona (scoperta nella seconda metà dell’Ottocento dal conte bolognese Giovanni Gozzadini, storico ed archeologo) risalente all'Età del ferro, fiorita fra il IX e il VII secolo a.C. tra la Pianura Padana, il Tirreno e la valle del Tevere. Questa cultura, caratterizzata da un’urna cineraria in bronzo o fittile detta "biconica", è chiamata Villanoviana dal nome della frazione di Villanova, nella quale vennero alla luce questi reperti, tra cui una necropoli con 179 tombe a cremazione.

Nell’alto Medioevo la zona era coperta da estesi boschi, le terre erano incolte e palustri: le prime bonifiche, iniziate in epoca longobarda, si intensificarono a partirg dal X secolo. Abbazie e monasteri, che in questi luoghi avevano vaste proprietà, diedero un notevole impulso all’opera di bonifica delle terre, cedendole in donazione o in enfiteusi con la, clausola che sarebbero state "migliorate". Nelle grandi proprietà esistevano terreni coltivati ma disabitati perché i contadini risiedevano nei borghi; e solo dal ’200 che cominciano ad essere documentati piccoli e rari insediamenti.

 

Insediamenti villanoviani

 

Gli scavi a Villanova – raccontano Daniele Vitali e Cristiana Morigi Govi nel primo capitolo del bel volume Castenaso. La storia, i luoghi, le immagini (a cura di Giancarlo Roversi, edito dalla Cassa Rurale e Artigiana di Castenaso e dalle Edizioni Luigi Parma, Bologna 1984) – misero in luce circa 193 sepolture, di cui 179 a incinerazione e 14 a inumazione. Dall’analisi degli oggetti si poterono riconoscere sia le mode, la loro nascita e il tramonto, sia le tombe femminili (con fusaiole, rocchetti, fibule ad arco rivestite di perle vitree e d’osso, conocchie e tintinnabuli), sia le tombe maschili (con rasoi, poi con coltelli a lama ondulala), sia le gerarchie sociali (i morsi di cavallo testimoniano l’esistenza di una classe dominante di possessori di cavalli), sia la particolare economia, basata sull’agricoltura e l’allevamento, ma priva di attività metallurgiche (come dimostra la scarsila dei bronzi), a differenza di quanto accade nel vicino capoluogo di Bologna, dove i ritrovamenti testimoniano di una più ricca e variegata gamma di attività produttive. Si può così immaginare, in piccoli centri come Villanova, la presenza di una famiglia estesa, all’interno della quale la distribuzione gerarchica si applica in maniera diversa che nel centro più importante. Del resto, l’assenza di stele e segnacoli relativi alle tombe fa pensare all’intenzione di proporsi come gruppo, più che come una serie bene individuata di singole persone.

 

II sepolcreto di Villanova, in ogni caso, doveva corrispondere ad un abitato probabilmente a capanne, ma non se ne hanno le prove. Esso ebbe, comunque, una durata di oltre due secoli, dal IX-inizi VIII alla fine del VII-inizi VI secolo a.C. Questi piccoli centri erano situati in prossimità dei fiumi Idice e Savena o torrenti minori, distanti l’uno dall’altro dai 5 ai 7 chilometri.

Essi gravitavano intorno al capoluogo bolognese, dove si producevano molti degli oggetti poi diffusi nel territorio, mantenendo stretti legami commerciali sia col mondo etrusco a sud dell’Appennino, sia col mondo transalpino dell’Europa centrale. Intorno alla prima metà del VI secolo a.C. pare interrompersi l’uso di simili sepolcreti. A Bologna cominciano, infatti, ad apparire nuovi tipi di tombe con diversi corredi, tra i quali è il vasellame importato dall’Attica (ceramica a figure nere). Essi accompagnano una massiccia immigrazione di popolazioni dell’Italia Centrale, gli Etruschi e gli Umbri. In tal modo si conclude il periodo villanoviano e inizia, qui, il periodo etrusco propriamente detto. La Villa Gozzadini a Villanova di Castenaso oggi si trova in uno stato di grave degrado, pur conservando al proprio interno pregevoli decorazioni e tempere del XVIII secolo. Tutti i materiali raccolti nelle due campagne di scavo ottocentesche intorno alla villa si trovano ora nel Museo Civico Archeologico di Bologna, inseriti in un grande quadro oggettuale, frutto dei successivi scavi.

 

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