La
prima "tanella" citata, cui si accede attraverso un bel viale di
cipressi, si trova vicino all'incrocio delle Cinque Vie, lungo la strada che
usciva da porta Sant'Agostino. Essa deve il suo nome alla confusione, come si è
visto già ricorrente nell'antichità, tra i nomi di Cortona e Crotone, dove si
diceva avesse avuto dimora il filosofo e statista Pitagora. Almeno dal XVI
secolo, comunque, la tradizione popolare identificava questo edificio sepolcrale
come l'antica "residenza" di Pitagora. Curiosamente Giorgio Vasari,
che la visitò nel 1566, la definisce "sepolcro di Archimede". La
costruzione, databile al II secolo a.C., poggia su un basamento circolare (con
un perimetro di 23 metri e un diametro di 8) come l'alzato dell'intera tomba.
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Il tamburo racchiudeva una camera sepolcrale rettangolare (2,75 x 2,05 metri), coperta con volta a botte, con sei nicchie alle pareti per urne cinerarie, i cui frammenti si sono rinvenuti durante gli scavi ottocenteschi. |
In
particolare il coperchio di una di queste urne riportava l'iscrizione: 'Vel
Cusu Crespe padre di Lart(e) figlio della Petrui'. Dunque, oltre
all'indicazione del nome della plausibile gens titolare del sepolcro, cioè
i Cusu, che la tavola di Cortona ci consente di annoverare tra le più cospicue
della città tra il m e il II secolo a.C., sappiamo che il personaggio citato
risulta essere figlio di una Petrui, ossia, con ogni verosimiglianza, di una
appartenente alla famiglia (in origine non cortonese) di quel Petru Sceva,
controparte (proprio con i Cusu) dell'importante atto giuridico registrato sulla
tabula stessa. L'alleanza-accordo di tipo economico tra le due famiglie
sembra così aver favorito, nelle generazioni immediatamente successive,
l'instaurazione di legami di parentela. Nella camera tombale si entrava
attraverso un brevissimo corridoio o anticamera (di metri 0,97 x 1,63) e una
soglia di pietra ad architrave monolitico, con resti di fori per i cardini della
porta. La volta a botte non è costruita con la solita tecnica a cunei atte
stata a Perugia e a Chiusi, ma con due blocchi semicircolari sui lati brevi e
con cinque monoliti postivi trasversalmente sopra. Nel 1808 la Tanella di
Pitagora subì gravi danneggiamenti (veri e propri atti di vandalismo) ad opera
di alcuni soldati francesi, nel loro passaggio verso Roma, e, nonostante i
successivi restauri, di questo soffitto a volta si conserva oggi solo una parte.
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