PYRGI

 

       Pyrgi (questo il nome latino della città, di cui è nota anche la versione greca Pyrgoi) fu uno dei porti di Caere, probabilmente il principale. A Sud dell'abitato antico si sviluppò un importantissimo santuario, quello di Ilizia-Leucotea, noto dalle fonti letterarie perché saccheggiato nel 384 a.C. da Dionigi di Siracusa; il complesso fu scoperto nel 1957 ed è stato indagato per oltre quaranta anni dalla cattedra di Etruscologia dell'Università di Roma.

Pianta del santuario di Leucothea-Ilizia a Pyrgi

 

Il santuario arrivò ad occupare una superficie di circa 6 ettari, e si articolò nel tempo in una complessa serie di edifici. Era delimitato da un muro di temenos (il confine sacro), sul cui lato Nord si apriva, con un grande propileo a blocchi, la maestosa via (oltre 10 m di larghezza) di collegamento con Caere, lunga 13 km, e realizzata probabilmente nella prima metà del VI sec. a.C.

 

 

Ricostruzione del santuario di Leucothea-Ilizia a Pyrgi

 

 L'area sacra fu collegata almeno dall'inizio del VI sec. con le funzioni commerciali ed emporiche dell'insediamento, di discreta estensione. Alla fine del VI sec. a.C., il re di Caere Thefarie Velinas avvia un grandioso programma edilizio, finalizzato a conferire al complesso una notevole monumentalità.

I recenti scavi nella zona del santuario hanno portato alla luce resti di importanza notevole, come le famose lamine d'oro, di cui parleremo nell’apposito paragrafo.

            Il porto era collegato alla città di Caere tramite una strada lunga circa tredici chilometri e larga dieci metri. Divenuta colonia marittima probabilmente nel III sec. a.C., Pyrgi mantenne la funzione portuale nonostante le turbolente condizioni politiche dell’Etruria ed il funesto dilagare della malaria negli anni tra il 190 e il 170 a.C; tale funzione era anche collegata all’attività delle numerose ville marittime trasformatesi in impianti per le colture ittiche. Sappiamo che il sito era ancora attivo ai tempi dell’ Imperatore Traiano, ma ormai come approdo per barche di piccola cubatura, e molto probabilmente anche in età adrianea.

 

Area  Sacra


Pianta dell'area sacra del santuario di PyrgiL'area sacra, estesa per almeno 6000 metri quadrati, si trova in aperta pianura, tra l'abitato antico e la spiaggia, delimitata da un Temenos (recinto sacro), del quale sono stati portati alla luce i lati di sud-est e nord-est; quest'ultimo presentava la porta d'ingresso principale al santuario. Il rinvenimento di alcune antefisse a testa femminile di stile ionico, la presenza di un edificio di culto, purtroppo non ancora identificato, ed una frequentazione a partire almeno dalla metà del VI sec a.C., attestano che il santuario conobbe il momento di maggior splendore nel 510 a.C., anno che vide l'avvio di massicci interventi edilizi, tesi a trasformare un'area depressa nel più imponente e prestigioso santuario dell'Etruria Meridionale.

Inoltre, il sito di cui gli antichi ci hanno tramandato solo il nome nella versione greca Pyrgoi ("le torri") fu uno dei tre porti dell’etrusca Caere (attuale Cerveteri). Il posto era rinomato il tutto il mondo mediterraneo per la presenza del santuario dedicato alla divinità femminile Leucotea-Ilizia, l’etrusca Uni, depredato da Dionisio di Siracusa nel 384 a.C. Gli scavi hanno rivelato la presenza di almeno due templi provvisti di una ricca decorazione architettonica denominati  Tempio A,  Tempio B, un'area sacra C, famosa per le lamine d'oro, nonché di un edificio rettangolare, suddiviso in cellette, addossato al muro di recinzione del santuario, con un propileo di accesso aperto sulla via Caere-Pyrgi, la strada monumentale in terra battuta, larga oltre 10 m, che già nel VI sec. a.C. collegava il porto di Pyrgi all'antica Caere.

Dopo il saccheggio di Dionigi nel 384 a.C., evento descritto dalle fonti che riferiscono sia sulla divinità onorata nel santuario sia sul patrimonio offerto alla dea, sappiamo che il santuario intorno al sec. IV-III a.C. ebbe una rinnovata fioritura alla quale pose fine il conflitto tra Roma e Caere - dopo una prima intesa commerciale - che portò alla confisca romana del territorio e alla fondazione del castrum militare della colonia marittima di Pyrgi.

Smantellati entrambi i templi, il culto sopravvisse, pur con diverse caratteristiche, con offerte e celebrazioni sulla terrazza antistante il Tempio A.

A recenti esplorazioni, condotte a partire dal 1984, si deve l'identificazione di una seconda area santuariale inseribile in un orizzonte cronologico del IV-II sec.a.C. Sui resti di epoca romana fu edificata la fortezza del Castellum di Sancte Severae, in epoca medievale.

Dopo una serie di vicissitudini, alla fine del XV secolo d.C., il castello entrò a far parte dell’Ospedale di Santo Spirito, fino ai primi anni del 1980, quando divenne proprietà del Comune di Santa Marinella.

Nel 1956, i signori Barbanelli e Cordelli scoprirono numerosi fittili in terracotta, di cui alcuni figurati, in un terreno adiacente la spiaggia, a sud-est del comprensorio del Castelli. I resti furono portati alla luce durante la realizzazione di lavori agricoli. Durante successivi sopralluoghi da parte della Sovrintendenza per l’Etruria Meridionale, emersero nello specchio acqueo antistante le mura del Castrum romano, blocchi di tufo appartenenti a strutture murarie sui quali si trovavano stratificazioni in terracotta.

 

Il Tempio A

 

Il Tempio A fu eretto circa nel 460 a.C., adiacente al già esistente B, con analogo orientamento ma molto più maestoso. Presentava una pianta con tre celle parallele disposte sul fondo e precedute da un colonnato compreso tra i prolungamenti delle pareti laterali, secondo uno schema tipico degli edifici Pianta del Tempio A del santuario di Pyrgi, da G. Colonnasacri etruschi. Le colonne erano realizzate in tufo intonacato ed i capitelli erano in peperino. Entrambi i lati corti erano decorati da un frontone aperto con altorilievi, dei quali il più sontuoso ed eccezionale fu senz'altro quello posteriore, sia per la composizione della scena che per la tecnica di lavorazione e montaggio delle lastre sulle testate del columen e dei mutuli (rispettivamente travi principale e laterali longitudinali del tetto). Gli episodi raffigurati sono riferibili alla saga dei Sette contro Tebe, scelta che rivela da parte dei committenti una profonda conoscenza del mito greco e un'intensa religiosità. Analoga cura fu riposta nell'esecuzione dell'apparato decorativo della facciata del tempio A, del quale ci sono pervenute solo quattro figure, quale sostituzione del solo altorilievo del columen, datate circa 325 a.C. a dimostrazione che nell'operazione dello smontaggio dei due templi non tutto fu conservato all'interno dei due pozzi disposti davanti la facciata.

Modellino del Tempio A, conservato presso il 
Museo di Villa Giulia

Il modellino ricostruito del Tempio A si trova nel Museo di Villa Giulia a Roma.

 

Il Tempio B

 

Pianta del Tempio B da G. ColonnaIl tempio denominato B, il primo realizzato, risale alla fine del sec. VI a. C.; è di tipo greco con un'unica lunga cella circondata da quattro colonne sul lato frontale e sei sui lati laterali.

Modellino del Tempio B, conservato presso l'Istituto di Etruscologia dell'Università di Roma

Il portico posteriore, tra cella e colonnato, è notevolmente più stretto lateralmente rispetto alla larghezza del prospetto.

Il tetto, coperto da tegole piane e coppi semicilindrici secondo il sistema detto "siciliano", presentava una ricca decorazione policroma, attestata dai numerosi rinvenimenti nonché due frontoni aperti ornati da altorilievi con soggetti per lo più inerenti al mito di Eracle.

 

Area C e le lamine d’oro

 

L'area sacra denominata C costituiva in origine un piccolo santuario indipendente, dotato di un altare cilindrico di tufo grigio, di un pozzo e di un secondo altare in peperino. A ridosso di quest'ultimo fu costruito un recinto per accogliere le lamine d'oro inscritte, trovate durante i recenti scavi. Sempre connesso ad Astarte/Uni doveva essere un edificio, parallelo al lato lungo del temenos, del quale rimangono venti celle destinate alle sacerdotesse della dea che Servio ricorda, citando Lucilio, essere le famose "scorta Pyrgensia", cioè le "prostitute di Pyrgi".

Dall’area C del Santuario di Pyrgi provengono le tre famose lamine auree iscritte (ora conservate al Museo di Villa Giulia). Le lamine formavano un trittico, costituito da una coppia "bilingue", in etrusco e in fenicio, e da una terza in etrusco. Al momento della scoperta, avvenuta l'8 luglio del 1964, le lamine giacevano, avvolte in un pacchetto, in una specie di ripostiglio posto sotto il pavimento di una piazza; tale piazza è stata ottenuta con materiali di spoglio del demolito tempio B.  La coppia "bilingue" (la corrispondenza riguarda il contenuto, non la forma linguistica) commemora la dedica ad una dea chiamata Astarte in fenicio e Uni in etrusco di un luogo di culto sacro (tmia in etrusco) e di una statua della dea. Autore della dedica, per riconoscenza verso la dea, è Thefarie Velianas, re su Caere, nel terzo anno del suo regno.

 

Etrusco                                        Punico

 

La lamina con l’iscrizione più breve ricorda invece la nascita del culto specificandone il rituale. La presenza della stessa iscrizione riportata su due lamine nelle due lingue testimonia gli stretti legami esistiti tra Caere e Cartagine negli ultimi anni del VI sec a.C.

   

 

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