VOLTERRA

     

Le Necropoli

 

Le necropoli ellenistiche si trovano al di fuori di questa cinta muraria ed erano concentrate lungo le maggiori direttrici viarie; a Volterra esistevano tre aree di sepoltura principali: di Badia a Ovest, del Portone a Nord e di Ulimeto a Nord Est, ma altre aree più piccole e sepolture isolate sono localizzabili un po' tutt' intorno alla città. Quasi tutte queste necropoli sono state frequentate anche in prima del periodo ellenistico; in particolare il margine più orientale della necropoli di Badia ha restituito numerose tombe a pozzo villanoviane, che costituiscono il maggior nucleo di materiale di questo periodo. Sempre in epoca villanoviana venne utilizzata l'area sepolcrale delle Ripaie, che continuò anche durante il periodo orientalizzante, ma che dal V sec. a. C. in poi venne gradualmente abbandonata. Alcune tombe sono state individuate anche all' interno del perimetro circoscritto dalla cinta muraria ellenistica: vicino alla chiesa di S. Giusto, dove pare esistesse una necropoli del V sec. a. C. e nei pressi dell'Istituto Statale d' Arte, dove sono state rinvenute alcune tombe villanoviane. Al termine di via Rossetti troviamo la sommità delle mura etrusche. Scendiamo fino ad arrivare a un sentiero che le costeggia dal basso; questo sentiero ci porterebbe fino alle Balze seguendo il percorso delle mura, ma è sconsigliabile percorrerlo tutto senza un accompagnatore del luogo. Le mura  sono state fortemente restaurate dal medioevo ad oggi; possiamo vedervi tutte le tecniche costruttive che si sono succedute nel corso del tempo, ma rimangono ancora ampi tratti della cinta originale nei quali possiamo notare la tecnica costruttiva della cinta, che è realizzata foderando il fianco della collina.

Lungo il costone della collina su cui è stata costruita la chiesa di S. Giusto sono state recentemente restaurate due interessanti tombe etrusche. Esse sono accessibili al pubblico tramite altrettante scalinate. La prima tomba, quella di sinistra, è composta da una stanza centrale sulla quale si aprono quattro camere. All'interno di queste camere si possono osservare i banchi scavati nella pietra sui quali erano deposte le urne contenenti le ceneri dei defunti e i corredi funerari. I banchi erano modellati a somiglianza dei letti che venivano usati comunemente in vita. L'ingresso, che oggi è costituito da una scalinata, era in origine formato da una semplice rampa inclinata ricavata nella roccia. Un ingresso formato da una rampa lo possiamo tuttora notare, invece, nella tomba accanto, che è composta da una sola stanza quadrata di modeste dimensioni. La prima tomba, molto più elaborata, dovette appartenere a una famiglia facoltosa che si poteva permettere una sepoltura raffinata; mentre la seconda, invece, era pertinente a una famiglia più povera, che tuttavia doveva essere legata da qualche tipo di vincolo clientelare alla prima, vincolo dimostrato dalla vicinanza delle due tombe all'interno di una medesima zona sepolcrale, come troviamo anche nelle necropoli di altre città etrusche. Queste sono le uniche due tombe superstiti di quella che doveva essere una piccola necropoli costruita lungo le falde della collina su cui oggi sorge la chiesa di S. Giusto e fanno parte (pur presentando alcune differenze) della stessa tipologia sepolcrale, quella delle tombe a camera, atte stata a Volterra a partire dall'età classica (V sec. a. C.). Si tratta di veri e propri sepolcri familiari, muniti solitamente di forma rettangolare con più camere, o di forma circolare con pilastro centrale di sostegno; la natura della roccia, un tipo di arenaria molto diffuso nella zona, non consentiva la possibilità di eseguire pitture parietali. Talvolta, nelle tombe più antiche, alla sepoltura si accompagnava una stele rettangolare in pietra, recante la rappresentazione del defunto e, in alcuni casi, un' iscrizione.

Non sappiamo a quando risalgono queste due tombe, poiche sono state trovate vuote, ma sono sicuramente precedenti al IV sec. a. C. in quanto, con la costruzione della nuova cerchia di mura, questa zona sepolcrale dovette essere abbandonata, altrimenti sarebbe entrata in contrasto con la legge sacra che vietava le sepolture all'interno della zona abitativa. Nell'antichità era infatti severamente proibito seppellire all'interno del perimetro urbano delimitato dalla linea del pomerium, che separava la città dalla campagna. Generalmente questa linea coincideva con il tracciato delle mura. Il termine vomerium è latino, ma questa pratica è comune a tutte le popolazioni italiche e la conosciamo dal testo riportato nella Legge delle XII tavole emanata a Roma. Finita la visita a queste tombe andiamo verso il centro del Borgo e seguiamo la strada che ricalca quello che in antico dovette essere il decumano della città e che ha sostenuto da allora fino a oggi il ruolo di principale arteria viaria urbana.

Arriviamo così alle Balze, il verticale taglio naturale che, nella roccia, è andato praticandosi a causa di una grande frana che da secoli minaccia la parte ovest di Volterra. Questo fenomeno ha coinvolto la maggior parte dell'abitato extraurbano che si trovava in questa zona e che era sorto intorno all' antica chiesa di S. Giusto, costruita alla fine del VII sec. d. C.; sul sito occupato da questa chiesa e dall' abitato si trovava una delle principali necropoli etrusche cittadine.

Gli scarsi lembi di essa che ono sopravvissuti hanno fatto ipotizzare che questa fosse l' area sepolcrale più importante della città. Questa zona era utilizzata come luogo di sepoltura già fino dal periodo villanoviano (X-IX sec. .C.); in tale periodo le sepolture sono sia di inumati (dentro tombe a fossa), sia di cremati (in tombe pozzetto). Nel secondo caso i resti combusti del defunto erano posti in ossuari di terracotta e seppelliti insieme al corredo funebre in un pozzetto scavato nel terreno e spesso foderato con lastre di pietra. Nei ressi della Badia, il grande monastero costruito sul limite della frana, è stata trovata l' area sepolcrale iù antica e più grande di Volterra (IX- VIII sec. a. C.), i cui materiali sono conservati presso il museo ruarnacci e presso il Museo Archeologico di Firenze.

Non sono state trovate invece sepolture del periodo orientalizzante, probabilmente già franate, he sono invece più abbondanti in una necropoli rinvenuta durante i lavori per la costruzione del lodemo stadio comunale sulle pendici Sud della collina, ma di cui alcune tombe sono state costruite al museo Guarnacci. In questo periodo si hanno alcuni esempi di piccole tombe a camera con copertura a tumulo. Le mura etrusche erano ancora in piedi fino al secolo scorso e in questa zona, a poca distanza dall'ultima casa del borgo, si trovava pure una porta che è però franata. Questa porta, chiamata di S. Marco era, secondo gli studiosi volterrani del Settecento che hanno potuto esaminarla, di costruzione etrusca. L'unico tratto di mura ancora oggi visibile è l'estremità Nord Ovest, quello che circonda il piano detto della Guerruccia; queste mura sono oggi fra le più famose di Volterra, ma soprattutto perche si trovano a poca distanza dalle Balze, e certamente non per particolari caratteristiche di conservazione.

 L'antica necropoli, detta del Portone o dei Marmini, s'estendeva a partire da questo punto; era costituita in massima parte da tombe di età ellenistica, con qualche tomba più arcaica, ma continuò a essere frequentata anche in età romana. Gli scavi cominciarono ai primi del Settecento e portarono alla luce centinaia di tombe il cui materiale rifornì il collezionismo antiquario dell'epoca. Da allora gli oggetti trovati nella necropoli hanno viaggiato moltissimo e ne possiamo ammirare esemplari in musei di tutto il mondo. Attraversiamo la porta e dopo circa 300 metri troviamo le prime tombe. Le tombe, in origine, erano disposte lungo le vie di comunicazione; in questo caso la strada non corrisponde a quella antica che era più a Est. Le sepolture che vediamo oggi lungo la via moderna sono quelle che in origine si trovavano ai margini della necropoli; questo fatto, e la pessima conservazione, ci danno un' impressione di povertà che non corrisponde alla realtà, visto che alcuni dei corredi funerari provenienti da questa si rivelarono fra i più ricchi della città. Gli ipogei sono costituiti da una o più camere scavate nell' arenaria di varie forme e dimensioni: circolari, quadrate, ellittiche; generalmente sono formate da una sola camera a cui si accedeva tramite un corridoio in leggera pendenza (chiamato dròmos). Gli ipogei erano spesso segnalate da un tumulo sormontato da cippi a forma di cipolla, di pigna o di obelisco.

Si sono conservati numerosi esemplari di questi cippi che in epoche successive venivano molto spesso riutilizzati per altri scopi; significativa appare la presenza, all' interno del battistero di Volterra, di un cippo in marmo utilizzato come acquasantiera. n tumulo poteva anche essere sostituito da un monumento funerario costituito da una costruzione in pietra più o meno complessa.

 Le ceneri dei defunti erano racchiuse in urne in pietra o in vasi cinerari. A Volterra si diffonde, a partire dal IV sec. a. C., la tendenza ad utilizzare vasi decorati con figure rosse di imitazione greca che erano prodotti sul posto. Questo tipo di vasi, chiamati kelèbai, erano lavorati probabilmente da artigiani locali che avevano contatti con artisti greci ed erano esportati sia nel territorio controllato un nobile.  

 

 

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