TULLIA

 

Tullia, figlia del sesto re di Roma, era una vera etrusca. Per sangue, perché nipote di Tanaquilla e di Tarquinio Prisco; per diritto, perché sposò il più superbo dei Tarquinii; per temperamento, perché ambiziosa e determinata. Era così sfrenatamente assetata di potere che viene ricordata come uno dei personaggi più torvi e crudeli della complessa saga che determinò, nel bene e nel male, la vita di Roma ai tempi della monarchia. In una cupa atmosfera di complotti di palazzo, uccise il suo primo marito che riteneva inadeguato a soddisfare le sue ambizioni. Poi eliminò sua sorella che aveva sposato il nobile Tarquinio, detto il Superbo, un giovane di grande fascino, di eccezionale intelligenza e di illimitata spregiudicatezza. Con Tarquinio e per Tarquinio, di cui diventò consorte e complice, Tullia continuò ad ordire sempre nuove congiure, rivolgendosi infine contro il proprio padre, Servio Tullio, il re colpevole di aver emanato una Costituzione che limitava la signoria unica ed assoluta tanto cara alle nobili famiglie etrusche trasferite a Roma. Aveva imposto anche ai patrizi i tributi da pagare secondo il censo, perché riteneva “conveniente e vantaggioso per la comunità che chi possieda molto, dia molto, chi poco, dia poco”.

Per questo la Factio Tarquinia, cioè la fazione degli aristocratici tarquiniesi che vedevano imbrigliata la loro egemonia su Roma, ribolliva e Tullia, impaziente di prendere il potere, ne inaspriva gli animi con furiosa perseveranza.
Finalmente il regicidio si compì, nel Vicolo Ciprio, dove Tarquinio il Superbo sferrò spietatamente l’attacco da cui il vecchio Servio Tullio non uscì vivo.
Tullia, fremente, non poté attendere chiusa nel suo palazzo l’esito della congiura, perciò, scansato l’auriga, si recò sul luogo del massacro guidando personalmente il suo veloce carro etrusco. Con questo, come invasata, calpestò più e più volte, il corpo del padre. Poi, grondante di sangue paterno, prima ancora che qualcun altro parlasse, gridò che Roma ora aveva un altro re. Finalmente un grande re, suo marito Tarquinio. Lucio Tarquinio, detto il Superbo, fu davvero grande: sotto di lui Roma divenne una potenza militare imbattibile e schiere di commercianti, ingegneri, idraulici, agronomi e di artisti, interi collegi di musici e danzatori scesero dall’Etruria e vi portarono arte, progresso e benessere.

La stella di Tarquinia che, madre di Roma, irradiava civiltà raffinatezza e bellezza, non brillò mai così fulgida come in quel magico tempo.
Ma presto il regno si trasformò in aperta tirannide: il Superbo, che già disprezzava la plebe, riempì la città di spie e di provocatori per perseguitare chiunque si opponesse al suo arbitrio, non solo i romani ma anche i nobili etruschi che gli avevano dato il potere, persino alcuni Tarquinii suoi familiari. Proprio da questi fu cacciato per sempre da Roma. Nella vicenda che portò alla repentina caduta della monarchia etrusca che sembrava incrollabile, giganteggiò ancora una volta una donna. Si chiamava Lucrezia.

 

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