LE MURA MERIDIONALI

 

Dopo pochi metri, sulla destra, lungo il muro di cinta di una proprietà privata, si riconoscono tre filari di blocchi di tufo giallo locale messi in opera con tecnica isodoma, in alcuni punti frammisti a laterizi e marmi. Un altro significativo tratto di fortificazioni lo si può scorgere poco più avanti, alla prima curva, al di là del cancello che immette in una proprietà privata. Allineato al precedente, anche questo muro è messo in opera con tecnica isodoma.
La facciavista dei blocchi è lavorata con una cornice ribassata liscia; il loro centro aggettante reca le tracce di lavorazione a gradina. Ben conservati sono il filare sporgente di fondazione (posto direttamente su uno strato di terreno vergine con pomici) e almeno tre filari dell'elevato. Di altri due superiori si intravede solo qualche elemento tra la vegetazione. A ovest sembra che gli ultimi blocchi in sito siano d'angolo e abbiano due facce a vista. Si potrebbe allora ipotizzare che qui si aprisse una delle porte della cinta meridionale a cui forse giungeva la strada che da Miseno e da Puteoli conduceva a Cuma. Nell'Ottocento una porta era ancora visibile all'altezza della Croce di Cuma, dove recenti scavi hanno individuato altri resti di fortificazione greca.
Il tipo di tecnica utilizzato e il materiale ceramico rinvenuto (vernice nera attica e locale) consentono di datare le mura al VI sec. a.C.
La realizzazione di una tale opera difensiva ben s'inquadra nel periodo di maggior vitalità della Cuma arcaica quello della tirannide di Aristodemo: oltre ad avviare la bonifica della zona paludosa a settentrione, il tiranno avrebbe anche promosso la realizzazione della cinta muraria della città nell'ambito di un programma politico volto a ridisegnare l'assetto degli spazi urbani ed extra urbani.
Di fronte sono i resti di un edificio in opera vittata (I sec a.C.-I d.C.), forse un'abitazione; sul lato settentrionale di questo sono visibili parziali rifacimenti, in scapoli di tufo e cubilia. Proseguendo per ca. 200 metri, si incontra sulla sinistra una angusta stradina. A un primo tratto asfaltato, segue la pavimentazione a basoli di una via romana (m. 25 ca.), fino a un piccolo spiazzo. Sulla destra, una strada oggi ingombra e non percorribile, conduceva all'imbocco della Grotta di Cocceio, che si apre nel fianco di Monte Grillo.
Sulla sinistra, in fondo a un viale privato, è una masseria moderna che ingloba una grande cisterna romana in opera reticolata del I sec. d.C., oggi parzialmente riempita da crolli e materiale di scarico. A pianta rettangolare, la cisterna è rivestita di cocciopesto e conserva parte della volta a crociera sostenuta da semipilastri disposti sui lati lunghi.
Superata la curva, si incontra un altro tratto viario romano ad andamento SE-NO di almeno m. 20, relativo all'asse stradale che, partendo dalla via Vecchia Licola a nord delle Terme Centrali, collegava la città bassa con l'Arco Felice e con la grotta di Cocceio. Sulla destra, tra la vegetazione che lo ricopre, s'intravede parte di un ambiente in opera reticolata.

Tornati sulla Provinciale, si raggiunge, dopo 400 metri, l'Arco Felice.

 

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