TOPOGRAFIA URBANA
In età storica l'area urbana di Cuma occupava la conca compresa tra il Monte di Cuma, su cui sorgeva l'acropoli, la collina che lo prolunga a sud, e le pendici occidentali di Monte Grillo. Il suburbio settentrionale, che nell'antichità viene utilizzato ininterrottamente come area di necropoli, si estendeva verso l'attuale piana di Licola, zona allora paludosa, la cui depressione centrale era occupata da un lago, drenato e bonificato solo agli inizi di questo secolo. A sud, lo sviluppo extra-urbano interessò la zona rivolta verso il lago Fusaro, concentrandosi essenzialmente lungo le pendici delle colline Sciarrera e Scalandrone. I più antichi insediamenti interessarono il Monte di Cuma, il promontorio che oggi interrompe il profilo piatto e sabbioso della costa, mentre in età antica era a picco sul mare. I fianchi scoscesi, che lo rendono isolato, sono interrotti solo a sud, dove una bassa collina lo collega alle formazioni retrostanti, determinandone l'unico comodo accesso naturale. La sommità di questo promontorio, formato da numerose terrazze, ha un profilo più dolce, con ampi spazi utilizzabili.
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<<Vestigi dell'Antica città di Cuma>>. Incisione in G.B. Albrizzi, Lo stato presente di tutti i paesi e popoli del mondo naturale politico e morale... (Venezia, 1741), vol. XXIII. Pozzuoli Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo. |
Sin dagli inizi
del primo millennio il promontorio è stato frequentato e certamente tra il IX e
l'VIII sec. a.C. (prima età del ferro) fu sede di un abitato indigeno della
cosiddetta <<cultura delle tombe a fossa>>, la cui necropoli è
stata in parte ritrovata al di sotto della città bassa di età greco-romana.
Con la fondazione della colonia greca di Kyme il promontorio assume il
ruolo di acropoli, cioè di roccaforte e di luogo sacro per eccellenza della polis.
Di tale periodo (ultimo quarto dell'VIII-VII sec. a.C.) rimangono in realtà
pochissime attestazioni, soprattutto ceramica, e nessuna traccia monumentale.
E' tuttavia con la piena età arcaica che l'acropoli assume la sua forma
monumentale. Attorno alla fine del VI sec. a.C. sono infatti datate le prime
sistemazioni monumentali dei due santuari conosciuti, quello sulla terrazza
inferiore (dedicato ad Apollo) e quello sulla terrazza superiore (cosiddetto di
Giove).
Oltre ai pochi resti di strutture a tecnica isodoma riferibili a tale periodo,
numerose terrecotte architettoniche confermano la costruzione dei templi.
Questa, con la contemporanea cinta di mura dell'acropoli, probabilmente estesa
all'intera città, risale verosimilmente agli ambiziosi progetti politici di
Aristodemo. Il tiranno, nell'ambito delle sue misure filo-popolari, volle anche
potenziare il tessuto agricolo della ciità; a questo scopo avviò opere di
drenaggio e bonifica nella piana di Licola, a nord dell'area delle necropoli. A
tali opere vanno forse riferite le strutture a blocchi squadrati rinvenute ai
piedi della collina di Monte Ruscello nel 1980: si tratta probabilmente dei
resti di un canale per il deflusso delle acque. Nell'area della città bassa si
hanno tracce estremamente esigue di insediamento urbano per il periodo greco (VIII-V
sec. a.C.), anche se sappiamo che nei secoli Vl e V a.C., la zona fu inserita
all'interno del perimetro delle mura, di cui Cuma proprio allora venne dotata.
Il perimetro urbano raggiunge già allora la sua massima estensione,
corrispondendo a quello conosciuto per le età successive, come è indicato
archeologicamente da alcuni tratti di fortificazioni tuttora esistenti o
individuati nel corso di precedenti scavi; ciò non significa che tutta l'area
in esso compresa fosse urbanizzata, poiché per le città arcaiche l'estensione
delle mura era dettata in primo luogo da esigenze strategiche e difensive.
Le mura cingevano, a ovest, l'acropoli e la collina meridionale, e a est, l'area
del Monte Grillo. Le difese meridionali seguivano una linea che, unendo le
propaggini della collina meridionale e del Monte Grillo, passava per la Croce di
Cuma. A nord le fortificazioni separavano la città bassa dalla zona paludosa
della piana di Licola, ancora lungo una linea che univa l'acropoli e Monte
Grillo.
Cuma. Veduta dell'Acropoli dalla costa. | Cuma. Mura di fortificazione. |
Lo sviluppo
urbano della città bassa, destinata a divenire il fulcro della vita cittadina,
inizia in età sannitica (IV-III sec. a.C.). In questo periodo sono sicuramente
edificati il tempio su alto podio che sarà poi il Capitolium (III sec.)
e altri edifici, non a carattere sacro, come ad esempio le cosiddette Terme
Centrali (fine III- inizi II sec.).
Attenzione non minore fu dedicata all'acropoli: a quest'epoca risalgono i
basamenti oggi visibili dei due templi e il potenziamento delle difese del Monte
di Cuma, reso necessario dai tumultuosi eventi che nel IV sec. si verificarono
in Campania. Le possenti strutture sannitiche, che allargano e rinforzano le
mura greche, sono attestate un po' ovunque lungo il perimetro dell'acropoli.
Esse fanno parte di un progetto complessivo di adeguamento delle fortificazioni
alle esigenze difensive presentate dalla difficile convivenza, in Campania, di
Sanniti e Romani. Secondo le più recenti interpretazioni, il traforo del
cosiddetto antro della Sibilla rientrò in questo programma di opere e rivestì
una fondamentale funzione di sorveglianza e protezione della zona del porto.
Il tessuto urbano di Cuma si allargò durante tutto il periodo repubblicano
nella città bassa e nelle zone suburbane; l'aspetto con cui la città antica si
presenta al visitatore moderno risale ai massicci interventi di fine I sec
a.C.-I sec. d.C., quando Cuma ebbe un ruolo determinante nelle tormentate
vicende che accompagnarono il trapasso dalla Repubblica all'Impero: qui, nel
periodo delle guerre civili, ebbe la sua base Ottaviano, il futuro imperatore
Augusto.
Importanti lavori erano stati eseguiti circa cinquant'anni prima, in età
sillana (intorno all'80 a.C.): allora furono elevati, nel foro, i portici in
tufo grigio, fu costruita l'aula absidata all'estremità del foro stesso (in
essa va forse riconosciuto il Comitium, dove si svolgevano le assemblee
popolari), e, infine, fu edificato l'anfiteatro. Al 38-36 a.C. risalgono la
Grotta di Cocceio e la Crypta Romana: la prima, forando Monte Grillo,
metteva in comunicazione il Portus Iulius (il porto militare voluto da
Agrippa nel complesso Averno- Lucrino) con la città bassa; la seconda,
attraversando in traforo l'acropoli, lo collegava direttamente al porto di Cuma.
Le due gallerie costituirono un nuovo asse viario est-ovest, che intersecava la
più antica direttrice nord-sud costituita dall'attuale via Vecchia Licola. Essa
ricalca la via romana Cumis Capuam che risale certamente all'età
repubblicana. Questa strada era anche l'asse principale della viabilità urbana,
il decumanus maximus della città, di cui sono stati rinvenuti anche
quattro cardines.
Nelle opere a carattere militare di età tardo-repubblicana rientra anche il
potenziamento delle fortificazioni del lato occidentale dell'acropoli. In questo
periodo, dalla prima metà del I sec. a.C. e per tutto il I sec. d.C., si ebbe
anche un notevole sviluppo delle opere pubbliche a destinazione civile.
Sull'acropoli, la bassa terrazza di nord-est riceve ancora in età repubblicana,
una sistemazione monumentale di cui restano tracce imponenti, mentre i due
santuari sono oggetto di radicali ristrutturazioni in età augustea, in
particolare il tempio di Apollo, la cui nuova sistemazione mostra una volontà
di inserimento scenografico dell'acropoli in rapporto alla città bassa. D'altro
canto, il basolato della cosiddetta via Sacra, tra i due templi, sembra
rispettare più antichi tracciati.
Alla fine del I sec. d.C., al culmine di questa intensissima attività
urbanistica, Cuma riceve ulteriori benefici dall'apertura della via Domitiana
(95 d.C.) che, staccandosi dall'Appia all'altezza di Sinuessa, proseguiva
verso Puteoli; essa si immetteva nella città bassa passando accanto all'area
forense e ne usciva attraverso il taglio operato nel banco tufaceo del Monte
Grillo, monumentalizzato dalla costruzione dell'Arco Felice. I primi due secoli
dell'Impero segnano la massima estensione del tessuto urbano e suburbano di Cuma:
estesi quartieri residenziali occupavano le pendici orientali della collina a
sud dell'acropoli e l'area di Monte Grillo, mentre al di là della linea delle
mura, nel suburbio meridionale, sorsero numerose ville; le attività produttive
si concentravano nell'area del porto e nella fascia costiera settentrionale.
Nello stesso periodo, però, la funzione commerciale di Cuma è assorbita da
Puteoli, come mostra il progressivo abbandono e insabbiamento del suo porto. In
età tardo-imperiale (V-VI sec. d.C.) l'acropoli pare di nuovo assumere un ruolo
difensivo centrale, come indica la fortificazione, con uso di numerosi pezzi di
riutilizzo, della bassa terrazza a nord-est del monte.
Certamente già da quest'epoca i templi sull'acropoli hanno subito una profonda
trasformazione divenendo chiese cristiane. Esse continuano ad esistere nel
successivo periodo altomedioevale, a dispetto dei molti e profondi rivolgimenti
politici che la città vive, soprattutto a seguito delle guerre greco-gotiche (Vl
sec. d.C.). La ricerca archeologica da una parte ha individuato, sull'acropoli,
numerosi resti di abitazioni altomedievali; dall'altra ha identificato, nei
pressi dell'anfiteatro, un'importante produzione di ceramica a bande larghe dei
secc. V-VII; tutto ciò sembra indicare la presenza di un abitato medioevale
sull'acropoli, addensato sui terrazzi del lato orientale compresi tra le due
chiese maggiori, le quali dovevano quindi svolgere anche funzioni parrocchiali.
Al ritorno dell'insediamento urbano sull'acropoli corrispondono il progressivo
abbandono e la ruralizzazione della città bassa, di cui è eloquente
testimonianza la trasformazione delle terme del foro, già ridotte a un rudere,
in casa colonica.
Agli inizi del X secolo (915 d.C.) la città è devastata dai Saraceni e da
questo periodo l'acropoli vive un'esistenza stentata come covo di pirati, sino
alla definitiva distruzione operata dall'armata napoletana di Goffredo di
Montefuscolo nel 1207. Alle distruzioni belliche si aggiunse l'impaludamento che
rese malsano e impraticabile il territorio, accrescendone però il fascino agli
occhi degli umanisti.
L'abbandono di Cuma si interrompe solo a partire dal XVII secolo, quando
cominciano a insediarsi nell'area diverse masserie che spesso riutilizzano i
ruderi antichi; le più recenti bonifiche hanno restituito il territorio
all'attività umana, plasmando il paesaggio come oggi lo conosciamo.
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