NUBIANI
Lungo l’alta valle del Nilo, in un territorio corrispondente al moderno
Sudan e alle propaggini meridionali dell’Egitto, si estendeva un tempo la
Nubia, sede di un’antica civiltà che costituì una sorta di anello di
congiunzione tra le genti del bacino mediterraneo e quelle dell’Africa Nera.
Fin dalla prima metà del secolo scorso questa terra, desertica ma ricchissima
di risorse minerarie, ha attratto studiosi e avventurieri di tutto il mondo, che
andavano alla ricerca di tesori e preziosi reperti nelle maestose tombe
costruite dagli antichi nubiani. Tra i primi "esploratori" vi fu anche
un medico italiano, Giuseppe Ferlini, il quale negli anni Trenta
dell’Ottocento, al seguito dell’esercito egiziano, giunse a Meroe, la
capitale del regno nubiano sviluppatosi tra il VI secolo a.C. e il IV d.C.:
dando credito alle leggende locali che favoleggiavano di enormi tesori ammassati
all’interno delle numerose piramidi sparse nel territorio della città (e
dette localmente "Tarabil"), iniziò a demolire sistematicamente
questi monumenti funerari. Dopo qualche tempo, la delusione per non aver trovato
i tesori sperati e la crescente ostilità da parte della popolazione indigena lo
indussero a rinunciare all’impresa e a fare ritorno in Italia. Da allora, per
fortuna, lo spirito dell’indagine archeologica è profondamente mutato, ma è
rimasto intatto l’interesse degli studiosi del nostro Paese per l’antica
civiltà della Nubia.
I drammatici mutamenti geografici determinati dalla costruzione della grande
diga di Assuan, inaugurata nel 1971, hanno favorito la riscoperta della Nubia
come area di notevole interesse storico-archeologico da parte di studiosi e
appassionati di tutto il mondo. Infatti la cosiddetta Bassa Nubia, compresa nel
territorio meridionale del moderno Stato egiziano, è stata completamente
"inghiottita" dalle acque del lago Nasser, il bacino artificiale
creatosi in seguito alla realizzazione della diga. Grazie ai contributi
finanziari offerti dai governi di vari Paesi, i principali complessi
architettonici sono stati messi in salvo attraverso una delicata opera di
smontaggio e ricostruzione che ha consentito di spostare i monumenti in luoghi
al sicuro dalle inondazioni. Il più celebre di questi interventi è
senz’altro quello che ha permesso il salvataggio dei due templi di Abu
Simbel,
costruiti nel XIII secolo a.C. in onore del faraone Ramesse II e della sua sposa
Nefertari.
templi di Abu Simbel - Ramesse e Nefertari -
Oggi le ricerche archeologiche nel territorio dell’intera Nubia continuano a
fornire risultati di estremo interesse poiché, oltre ad arricchire il
patrimonio di reperti, contribuiscono a chiarire sempre di più il ruolo della
civiltà nubiana nel panorama dell’antico continente africano e i suoi
rapporti con le culture contemporanee. Due sono le novità principali messe in
luce dalle scoperte più recenti: da un lato la constatazione di una notevole
vicinanza culturale tra le popolazioni del Centro Africa e quelle del
Mediterraneo dominato dall’impero romano, dall’altro la definitiva conferma
dell’impossibilità di attribuire alla Nubia semplicemente il ruolo di
periferia dell’Egitto faraonico, secondo un’interpretazione diffusa fino a
qualche tempo fa e favorita, ovviamente, dalla lettura delle antiche fonti
egiziane.
D’altra parte anche le più recenti scoperte confermano che i rapporti tra la
Nubia e il regno dei faraoni furono sempre piuttosto intensi, oltre che spesso
caratterizzati da scontri e conflitti militari. Nel territorio dell’attuale
Sudan i sovrani egiziani trovavano l’oro, i minerali preziosi e i legni
pregiati per abbellire i templi e le dimore, nonché grandi quantità di schiavi
e di soldati mercenari: la regione fu quindi oggetto di uno sfruttamento
indiscriminato fin dai tempi più antichi.
Dopo vari secoli di razzie e scontri per affermare il loro dominio sul
territorio, a partire dal XV secolo a.C. gli egizi riuscirono a occupare
stabilmente la parte settentrionale della regione (ossia la Bassa Nubia),
avviando anche un vasto programma edilizio nella città principale,
Napata.
Ma
nell’VIII secolo a.C. i ruoli si invertirono e i nubiani riuscirono
addirittura a conquistare l’Egitto, insediando sul trono un loro sovrano: è
l’epoca della XXV dinastia, quella dei cosiddetti "faraoni neri".
Tale dominio fu piuttosto breve e cessò nel VI secolo in seguito a uno
sfortunato scontro con gli Assiri, ma il regno nubiano continuò a vivere e a
prosperare per diversi secoli intorno alla nuova capitale, Meroe. Situata più a
sud rispetto a Napata, questa città fu il centro di una fiorente civiltà che
ebbe importanti contatti con i regni ellenistici e con l’impero romano e che
vide il suo declino soltanto nel IV secolo d.C., quando dovette soccombere al
regno etiopico di Axum.
Appartengono proprio al periodo del regno di Meroe i sontuosi monumenti funerari
che nel secolo scorso sollecitarono la fantasia dei viaggiatori europei: grandi
piramidi in blocchi di pietra che fungevano da sovrastrutture per le tombe vere
e proprie, costituite da ambienti ipogei. Ma l’antico splendore della civiltà
meroitica è testimoniato anche dai resti di altri edifici, di carattere sia
pubblico sia privato, molti dei quali sono emersi durante gli scavi degli ultimi
anni: palazzi e residenze regali, templi e santuari, nonché, addirittura, un
centro di raccolta e di addestramento per gli elefanti, caratterizzato dalla
presenza di enormi cisterne per l’acqua. Tutte testimonianze per le quali ora
si pongono soprattutto problemi di conservazione, giacché si tratta di
monumenti estremamente fragili (realizzati in gran parte in arenaria) e quindi
particolarmente soggetti al degrado provocato da agenti esterni. Riaffermata
quindi l’importanza dei siti, si tratta ora di non perdere ciò che anni di
scavo hanno riportato alla luce.
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