BUDDHISMO  ZEN

 

L’insegnamento del Buddha ci è pervenuto riflesso e frammentato in varie scuole.
Nonostante l’apparente diversificazione delle scuole e dei metodi di insegnamento, i principi basilari sono comuni.

La prima è detta Scuola Meridionale ( Theravada) o Hinayana, e fa riferimento ai testi Pali. Tuttora prospera nel Sud-est asiatico rappresenta l’unica sopravvissuta di un ampio ventaglio di scuole scomparse.

La seconda è detta Scuola Settentrionale e fa riferimento a testi in sanscrito.

Lo Zen appartiene alla Scuola Settentrionale.
Il termine Zen deriva, attraverso una traslitterazione del cinese Chan e dal sanscrito Dhyana (Meditazione). Storicamente la scuola della meditazione nasce in Cina dove fiorisce sotto la dinastia T’ang. All’inizio del secolo XIII approda in Giappone, dove attualmente è diversificata nelle scuole Zen: Rinzai e Soto. Dopo la sua nascita in Cina, la scuola Zen svilupperà linee specifiche che si proponevano ognuna come la continuazione dello stile di vari grandi maestri, considerati in seguito i fondatori delle varie tradizioni.

La patria storica dello Zen è dunque la Cina; qui le complessità del Buddhismo indiano vennero rimodellate sul modo di vita cinese, pragmatico e concreto, assumendo col tempo forme in armonia con la cultura locale e assimilando come sempre nel Buddhismo la cultura ospitante.


ETICA

Pare giustificato affermare che lo Zen rappresenta un ritorno dai profondi ma intricati sistemi filosofici e psicologici della Scuola Settentrionale ,
agli insegnamenti originari del Buddha.
La tradizione vuole che lo Zen sia stato introdotto in Cina dal monaco indiano Bodhidharma, primo patriarca cinese. In realtà fiorì e produsse i suoi tratti distintivi solo durante la generazione successiva al sesto patriarca Eno.
Sin dal suo apparire, sia per la sua predisposizione pratica, la scuola generò i propri maestri in luoghi remoti, dove la sopravvivenza era possibile soltanto con la coltivazione della terra; sistema di vita sconosciuto al Sangha (comunità di monaci) indiano.
Il lavoro divenne uno dei fattori fondamentali della pratica; cita un famoso maestro. Ancora oggi nei monasteri zen in Europa ed in Italia la pratica di samu (lavoro) è una componente basilare per la crescita spirituale dei praticanti.

La vita dello Zen è basata essenzialmente sui sedici precetti Buddhisti del Bodhisattva.

Bodhisattva è colui che rinuncia al Nirvana sino a quando anche l’ultimo degli esseri non abbia realizzato l’Illuminazione.

Questi principi dello Zen sono stati sviluppati in risposta ad una situazione culturale e ad un’epoca che è quella in cui lo zen ha iniziato a manifestarsi. Poiché la condizione umana e quindi la situazione socio culturale, è in continuo mutamento, è naturale che pur mantenendosi inalterato il contenuto e carattere originario dei precetti, la loro esplicitazione possa assumere forme e manifestazioni differenti, per aiutare meglio il praticante zen.
Possiamo trovare traccia di questi cambiamenti ad esempio nella formulazione dei Precetti dell’"Ordine dell’Interessere" del Maestro Tich Nat Han, come anche nella formulazione data dal "San Francisco Zen Center" fondato da Suzuki.

PRECETTI

I 16 Precetti del Bodhisattva
I sedici Precetti Buddhisti costituiscono una parte così tipica della pratica Zen, che vengono tradizionalmente chiamati " Il sangue delle vene" degli antichi lignaggi.
Quando si ricevono i 16 voti di Bodhisattva, si riceve un documento che attesta questo lignaggio di "sangue " degli antichi Maestri.
Per generazioni e generazioni "il sangue" dello Zen è passato ininterrottamente da Maestro a Discepolo, sino a noi oggi.

 

I TRE RIFUGI

Sanbokai

Rappresentano le fondamenta e l’orientamento della vita del Bodhisattva.

I Tre Rifugi o Tre Tesori "San Bo" sono : Il Buddha, Il Dharma, Il Sangha.

-Noi prendiamo rifugio nel Buddha: facciamo voto di vivere nell’Illuminazione, cioè prendiamo atto della natura illuminata che è già in ogni essere: a noi viverla!

-Noi prendiamo rifugio nel Dharma. Dharma indica sia l’Assoluto, che l’insegnamento, cioè il divenire dell’Assoluto. Fare voto di rifugio nel Dharma, significa seguire le regole stesse dell’Universo e i suoi insegnamenti, che nel Buddismo si manifestano attraverso le indicazioni degli antichi Maestri e dei Sutra del Buddha stesso.
-Noi prendiamo rifugio nel Sangha. Riconosciamo il ruolo interattivo di tutti gli uomini e la loro manifestazione come Buddha: esseri illuminati.
Solo quando riconosco tutti gli esseri come Sangha del Buddha, posso interagire con la loro vera essenza, non con la manifestazione egoica che li rappresenta.

 

I TRE PRECETTI UNIVERSALI

SANJUJOKAI

Non fare il male
Fare il bene
Aiutare tutto gli esseri.

Tre indicazioni essenziali Universali, della coscienza di ogni uomo.

Non fare il male: è prendere consapevolezza del proprio vivere spesso egoico e prevaricatore, è una continua attenzione alla nostra vita e al rispetto della vita dell’Universo.
Astenersi dal nuocere a se stessi e agli altri, agli animali, alle piante, al pianeta intero.
Fare il bene: è la conseguenza diretta dell’astenersi dal fare il male, ma è molto di più. Spesso non basta non fare, ma è importante l’azione che si compie e come si agisce nella vita.
Aiutare gli altri: è l’unione del sé con il tutto. E’ scoprire che sino a quando tutti gli esseri non saranno risvegliati, nessuno lo sarà, e nello stesso tempo, quando un essere "diviene" un Buddha, l’intero Universo è un Buddha.

 

I DIECI PRECETTI ESSENZIALI

Il Maestro Buddhista Shantideva nel suo Bodhicayavatara dice: "Non sono i voti del Bodhisattva a riempire la mia esistenza, ma è il mio vivere che riempie di vita i voti stessi".

1) Entrare nella Via di non uccidere coltivando e incoraggiando la vita.

2) Entrare nella Via di non prendere ciò che non è dato coltivando e incoraggiando la generosità.

3) Entrare nella Via di non abusare dell’amore e del sesso coltivando e incoraggiando una onesta relazione tra tutti gli esseri.

4) Entrare nella Via di non parlare falsamente a proprio vantaggio coltivando e incoraggiando la giusta conoscenza.

5) Entrare nella Via di non intossicarsi e di non intossicare gli altri coltivando e incoraggiando la chiarezza

6) Entrare nella Via di non giudicare gli altri coltivando e incoraggiando il mutuo rispetto per tutti gli esseri e l’Universo.

7) Entrare nella Via di non elevare me stesso abusando degli altri coltivando e incoraggiando me (se ) stesso e gli altri a vivere in accordo con la propria Natura Risvegliata.

8) Entrare nella Via di non mettere scompiglio nel Sangha coltivando e incoraggiando una relazione reciproca di aiuto tra tutti.

9) Entrare nella Via di non indulgere all’ira coltivando e incoraggiando una relazione di amore e comprensione.

10) Entrare nella Via di non abusare dei Tre tesori coltivando e incoraggiando la Via del Bodhisattva per tutti gli esseri.

 

STORIE  ZEN

Nan-in, un Maestro Giapponese dell'era Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il te. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il te, poi non riuscì più a contenersi. "E' ricolma. Non ce n'entra più!". "Come questa tazza" disse Nan-in "tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo zen, se prima non vuoti la tua tazza?".


Gli insegnanti di Zen abituano i loro giovani allievi a esprimersi. Due templi Zen avevano ciascuno un bambino che era il prediletto tra tutti. Ogni mattina uno di questi bambini, andando a comprare le verdure, incontrava l'altro per la strada.
"Dove vai?" Domandò il primo. "Vado dove vanni i miei piedi" rispose l'altro. Questa risposta lasciò confuso il primo bambino, che andò a chiedere aiuto al suo maestro. "Quando domattina incontrerai quel bambino" gli disse l'insegnante "fagli la stessa domanda. Lui ti darà la stessa risposta, e allora tu domandagli: "Fa' conto di non avere i piedi: dove vai, in quel caso?". Questo lo sistemerà. La mattina dopo i bambini si incontrarono di nuovo. "Dove vai?" domandò il primo bambino. "Vado dove soffia il vento" rispose l'altro. Anche stavolta il piccolo rimase sconcertato, e andò a raccontare al maestro la propria sconfitta. "E tu domandagli dove va se non c'è vento" gli consigliò il maestro. Il giorno dopo i ragazzi si incontrarono per la terza volta. "Dove vai?" domandò il primo bambino. "Vado al mercato a comprare le verdure" rispose l'altro.


Il grande santo buddhista Nagarjuna andava in giro tutto nudo, con solo il perizoma e, paradossalmente, una ciotola dorata per raccogliere l'elemosina, dono del re che era suo discepolo. Una sera stava per mettersi a dormire, fra le rovine di un antico monastero, quando si accorse che un ladro lo stava spiando da dietro una colonna. "Tieni, prendila", disse Nagarjuna, porgendogli la ciotola. "Così non mi verrai a disturbare quando sarò addormentato". Il ladro arraffò la ciotola e fuggì via, per ritornare però il mattino seguente con la ciotola e una richiesta: "Quando ieri sera mi hai regalato questa ciotola con tanta generosità, mi hai fatto sentire molto povero. Insegnami come fai a procurarti la ricchezza che ti permette di avere questo sereno distacco dalle cose".


Ikkyu, il maestro di Zen, era molto intelligente anche da bambino. Il suo insegnante aveva una preziosa tazza da tè, un oggetto antico e raro. Sfortunatamente Ikkyu ruppe questa tazza e ne fu molto imbarazzato. Sentendo i passi dell'insegnante, nascose i cocci della tazza dietro la schiena. Quando comparve il maestro, Ikkyu gli domandò: "Perché le gente deve morire?" "Questo è naturale" spiegò il vecchio. "Ogni cosa deve morire e deve vivere per il tempo che le è destinato." Ikkyu, mostrando la tazza rotta, disse: "Per la tua tazza era venuto il tempo di morire".


Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere l'illuminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò l'altro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: "Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".


Ti sei svegliato prima dell'alba, ma il tuo nemico non l'hai trovato. Quando il sole era basso hai attraversato tutta la pianura, ma il tuo nemico non l'hai trovato. Mentre il sole era alto nel cielo hai cercato tra le piante di tutta la foresta, 
ma il tuo nemico non l'hai trovato. Il sole era rosso nel cielo mentre tu cercavi sulla cima di tutte le colline, ma il tuo nemico non l'hai trovato. Ora sei stanco e ti riposi sulla riva di un ruscello, guardi nell'acqua ed ecco il tuo nemico: l'hai trovato.


Un uomo perse il suo anello più prezioso; cercò ovunque per ritrovarlo, ma nonostante la sua fatica non ci riuscì. Si sedette su una pietra, disperato, cercando inutilmente di sopprimere la sua disperazione. Come al solito il suo cane gli si avvicinò cercando le carezze del padrone. Il vicino di casa lo salutò come ogni sera. Gli amici gli fecero vedere i pesci che avevano pescato e gliene regalarono alcuni. La moglie e i figli lo accolsero con affetto al suo arrivo a casa esattamente come accadeva sempre. La giornata si concluse nella pace familiare. Purtroppo il tormento per la perdita dell'anello perseguitava ancora l'uomo, il quale però pensò: "nessuno si è accorto che ho perso l'anello, tutti si sono comportati con me come sempre, perché proprio io devo comportarmi in modo diverso con me stesso?". Fu così che si addormentò sereno. 


Il maestro Tanzan era in viaggio con il suo allievo Ekido lungo una strada fangosa. Ad un certo punto incontrarono una bella ragazza in kimono e sciarpa di seta, che non poteva attraversare quella melma, senza rovinare il suo bel vestito.
Senza problemi, Tanzan la prese in braccio e la trasportò sull'altro lato della strada. Ekido rimase pensieroso per tutto il giorno. Alla sera, non resistendo più, chiese apertamente al maestro: "Noi monaci non avviciniamo le donne, è pericoloso. Perché l'hai fatto?" Tanzan rispose: "Io quella ragazza l'ho lasciata laggiù. Tu la stai ancora portando con te"


Non cercare di seguire le orme dei saggi. Cerca ciò che essi cercavano.

 

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