VEDISMO

 

STORIA

Prima dell'arrivo, avvenuto fra il 2000 e il 1500 a.C., degli Indo-Europei nella valle dell'Indo, l'India fu occupata da tre gruppi di popoli:
-  i Munda , la cui lingua appartiene al gruppo austroasiatico; la loro vita religiosa è di tipo primitivo;
-  i Dravida , che si diffondono in tutta la penisola indiana prima del terzo millennio a.C. (discendenti attuali: gli abitanti del Dekkan). I culti dravidici hanno lasciato tracce sui culti posteriori: le venerazioni di idoli femminili e il culto del Linga (emblema fallico);
- infine segnaliamo che sono state scoperte, dal 1924, nel bacino dell'Indo, a Mohanjo-daro e Harappa, tracce di splendide civiltà che si ricollegano a quelle della Mesopotamia (John Marshall, E. Mackay).

Gli Indo-Europei penetrano nella penisola indiana da nord-ovest; ci interessano due rami indo-europei: gli Indo-Iraniani che popoleranno la Persia, e gli Indo-Ariani (Ario) , che si stabiliscono in India e si sovrappongono alle civiltà preesistenti. Essi portano con sé un sottofondo religioso comune che darà in Persia l'Avesta e in India il Veda.

 

LA RELIGIONE VEDICA

La religione vedica è quella degli invasori ariani, modificata dalle influenze autoctone. Le credenze animistiche e l'adorazione delle forze naturali vi predominano; la mitologia è un riflesso dell'organizzazione sociale primitiva (primato dei guerrieri). Noi conosciamo questa religione attraverso quattro raccolte di testi rituali, i Veda (Veda = «sapere»), redatti fra il 2000 e il 1000 a.C.

Quando la classe dei sacerdoti diventa più potente, il culto si complica e la mitologia si trasforma; nel IX secolo appaiono dei commentari sui riti e sulle formule vediche, sul sacrificio e sui rapporti con il Principio assoluto (brahman): sono i Brahmana (Interpretazione sul brahman).
La tendenza filosofica fiorisce dal VI secolo negli Upanishad o «avvicinamenti» che contengono degli sviluppi filosofici e simbolici estremamente profondi. Parallelamente a queste dottrine si definiscono due movimenti religiosi molto differenti dal brahmanesimo: il buddismo e il giainismo.

Dal III secolo a.C., si opera una sintesi fra il pensiero religioso (vedico e brahmanico) e il pensiero filosofico (i due grandi sistemi di filosofia indù a quest'epoca sono il Vedanta e il Sankya ). Da questo amalgama nasce una religione eterogenea dai mille aspetti, un vero tesoro metafisico ove le credenze più grossolane si uniscono ai pensieri più astratti, che invadono tutti i campi: sociale, letterario, artistico, ecc. e alla quale A.Barth ha dato il nome di induismo

 

CARATTERISTICHE GENERALI

«Tutti gli dei, uniti di cuore e di spirito, camminano con un solo volere nella dritta via». (Rig-Veda, 6/IX)
Questa frase del Rig deve metterci in guardia contro la tendenza, ereditata dalla mitologia greca, a gerarchizzare dei e demoni della religione vedica. Non vi è veramente alcuna possibile classificazione rigorosa, ed essa non compare mai nei testi.
Un dio vedico, un deva, non è un essere astratto; è un personaggio attivo, vivente, all'occorrenza, fra gli uomini che egli favorisce o che combatte, secondo la qualità dei sacrifici che gli sono offerti; un deva non è dunque necessariamente buono o cattivo. É la stessa cosa per gli asura (demoni): sono esseri neutri, benefici o malefici secondo i casi. Bisogna notare che presso gli Indo-Iraniani i due termini sono stati mutati: in Persia, un dio è un ahura (sanscrito asura) e i deva sono i demoni; bisogna vedere in questo una conseguenza dell'ambivalenza (doppio valore) delle divinità indo-europee.
D'altra parte sarebbe un errore far derivare gli dei vedici dall'animismo primitivo che consiste nel popolare tutto di divinità. C'è inoltre, nel pantheon del Rig-Veda, un'eco della società ariana ai suoi inizi; in particolare di Indra, divinità principale della religione vedica, un dio guerriero patrono della classe dei kshatriya, cioè della nobiltà militare. Vedremo del resto che il passaggio dalla religione vedica al brahmanesimo corrisponde ad una sostituzione dell'autorità dei sacerdoti a quella dei guerrieri.


DIVINITA' DEL VEDISMO

Le divinità vediche sono, nella quasi totalità, rappresentazioni di fenomeni naturali che avevano profondamente impressionato lo spirito del popolo.

Indra. Nel Veda primitivo, Indra è il Dio invocato più frequentemente (250 inni sono dedicati a lui) e che ispira il maggior numero di leggende; per questo inizieremo da lui, benché sia un dio guerriero (Kshatryas), cioè di una casta inferiore alle divinità sovrane, Varuna e Mitra, che assumeranno importanza soltanto in epoca posteriore (dopo che la classe dei brahmani avrà avuto il sopravvento sulla classe dei guerrieri nella società indiana).
É il dio indiano che assomiglia di più ad un uomo. É l'unico ad avere una nascita (egli esce dal fianco di sua madre); si ritiene abbia ucciso suo padre al quale ha derubato il soma, la bevanda sacra degli dei. La sua arma è il vajra (il fulmine) con il quale egli compie le imprese più grandi. Coraggioso, potente, Indra è il dio dei guerrieri: ma ha i difetti degli uomini: si inebria di soma, è geloso della potenza degli altri e molte sono le sue scappatelle amorose. La sua dimora - quando non parte per qualche spedizione - è situata sul monte Meru, nell'Himalaya (il centro della Terra, dicono i testi).
Egli ha numerosi soprannomi: Indra il fulminante (Vajri), il Grande Indra (Mahendra), il potente (Sakra), l'uccisore di Vritra (Vritrahan). Egli è lo sposo di Indrani e il padre di Citragupta; la sua cavalcatura è l'elefante Airavata.
Indra uccide il drago Vritra, che bloccava le acque della montagna; questa impresa ha reso feconda la terra e, se si considera l'importanza dei monsoni per la vita agricola indiana, si può capire quanto sia stata esaltata questa prodezza. In seguito, questa liberazione delle acque adombrerà il nome di Indra, poiché il drago è presentato come l'incarnazione di un bramino: il dio guerriero porterà dunque il peso del peccato di aver ucciso un sacerdote.
Indra è anche il liberatore delle vacche prigioniere del demone Vala, il conquistatore dell'Aurora e del Sole; egli trionfa sui demoni Arbuda, Visvarupa, Namuci, ecc., ed aiuterà più tardi Visnu al momento della burrificazione del mare di latte.

Varuna è meno onorato di Indra negli inni vedici; eppure questo dio, che non è più un uomo, è il dio sovrano del pantheon indiano primitivo; le leggende ne fanno, con Mitra, al quale è quasi sempre associato, uno dei figli della dea Aditi, il cui nome significa «esempio di legami» e che si interpreta spesso come una rappresentazione concreta dell'infinito (o più esattamente dell'indefinito).

Mitra. Sempre accostato a Varuna, è il dio del Giorno (Varuna con i suoi occhi-stelle regna sul cielo notturno). Nel Veda è dedicato a lui un solo inno, ma egli non deve essere considerato un dio secondario, anzi, Mitra è l'ordinatore delle regole fissate da Varuna: egli vigila sul rispetto della parola data. É associato al Sole e corrisponde, senza possibile ambiguità, al Mitra iraniano; ma il suo ruolo è meno importante in India che in Persia.

Agni. Il più importante degli dei terrestri è Agni.

 

ALTRE DIVINITA'

Dei cosmici

- Aditi, lo spazio-celeste, la «Madre-senza-padre», è una specie di dea madre abbastanza vaga; viene identificata a volte con la Vacca sacra. I suoi figli sono gli Aditia.
- Il binomio Cielo-Terra è rappresentato da Dyaush Pita (il «Luminoso») e Prithivi (la «Vasta»); questo binomio è spesso invocato dal Rig-Veda, ma rimane di secondaria importanza nel pantheon.
- Gli Aditia sono 7 di numero (ve ne saranno 12 in un'epoca più tardiva). I primi due sono Varuna e Mitra; gli altri espletano un ruolo secondario. L'ottavo figlio di Aditi è Surya (altro nome: Savitar, «Il Promotore»), cioè il sole; egli percorre il cielo con il suo carro.
- Ushas è l'amante, la fidanzata o la figlia del Surya di cui essa prepara la via. É anche fidanzata a Kandra (la Luna, che è di sesso maschile nella religione vedica).
A Ushas sono dedicati venti inni meravigliosi, pieni di impeto lirico, privi di quegli accenni sacrificali che appesantiscono spesso la poesia vedica. Ushas è l'Aurora, la figlia del cielo e sorella della notte; veste splendidamente; viaggia ogni mattino su di un carro trainato da due cavalli rossi e da due vacche rosee ed è sempre inseguita invano dal sole (surya). Portatrice della prima luce del giorno, Ushas risveglia gli uomini, incitandoli alla bontà, alla giustizia e al proficuo lavoro; gli uomini, a loro volta, la implorano perchè conceda loro un buon cibo, prole, bestiame, ricchezza e lunga vita.

Divinità secondarie

- Gli Asvin sono gli dei gemelli della Luce che viaggiano in un carro dorato, tirato da cavalli e uccelli. Sono i messaggeri di Ushas, la dea dell'Aurora, ed operano nel cielo di Indra, delle guarigioni meravigliose. Gli Asvin sono i più giovani tra gli dei e pure i più antichi. Il loro carro percorre in un solo giorno tutto l'universo; compassionevoli verso i deboli e gli oppressi, agli Asvin vengono attribuite eccezionali imprese miracolose: ciechi ritornati a vedere, paralitici risanati, mogli sterili allietate da figli ecc. ecc. Ben cinquanta inni sono a loro dedicati e, insieme a Indra, sono gli dei più cantati dalla letteratura vedica.
- I Gandharva : musicanti dissoluti, attirati soprattutto dai piaceri sessuali che ricercano perfino con le mortali. Le loro corrispondenti femminili sono delle ninfe: le Aspara, cortigiane divine.
- Kama è il Cupido vedico; egli è armato di un arco e di frecce che sono fiori di loto, di giglio, di gelsomino, ecc. Cavalca un pappagallo. La sua sposa è Rati, dea della voluttà.

Semidei


Secondo i Veda, il primo uomo si chiama Manu; dall'offerta di latte e di burro che egli fece a Visnu, nacque una donna, Ida, che si tasformò successivamente in giovenca, in capra, ecc. Manu, trasformandosi di volta in volta in toro, in capro, ecc., fece nascere, dai suoi vari rapporti, le bestie della creazione. Il primo uomo che morì fu Yama, che diventò il re e il giudice dell'Inferno; a seconda delle sue azioni sulla terra, l'anima è autorizzata a salire verso il soggiorno dei Pitri («Padri»), o al contrario è invitata agli Inferi ove essa si purifica prima della sua reincarnazione.

 

DESTINO UMANO

Non vi è, nei Veda, alcuna allusione precisa al tema della reincarnazione. Il seguace della religione vedica ricerca sulla terra un vita felice e lunga, ma nulla di più.
Una tendenza al «monotesimo» si manifesta nell'idea del Rita, cioè di un ordine universale, di una forza astratta attraverso la natura, sulla quale si basa la teoria del sacrificio.
- La realizzazione del Rita esige che il multiplo sia unificato; questo compito, che consiste in una enorme sintesi, è di Prajapati, dio supremo, padre di tutte le cose.
Ma questo dio - dal ruolo poco sviluppato - non è puramente vedico: egli compare soltanto nel Brahmana, cioè nell'epoca post-vedica.
Il sacrificio.
Conosciamo il culto vedico soltanto attraverso testi posteriori ai Veda (i Brahmana, Sutra); esso si basa essenzialmente sul sacrificio, che è un mezzo per l'uomo di entrare in contatto col mondo divino che egli onora o che egli implora.
Il sacrificio comprende degli inni e delle preghiere che accompagnano un'offerta al dio, di cui si celebra il culto; questa offerta consiste in prodotti di coltivazione, in alimenti vari (in particolare il latte cagliato) o anche in frammenti di animali. Essa è gettata nel fuoco dagli officianti, assistiti dal laico che è il beneficiario del sacrificio (il fuoco sacro acceso sull'altare porta agli dei i regali che ha bruciato).
Vi sono numerose cerimonie sacrificali, a date fisse o secondo le iniziative dei fedeli. Il sacrificio più solenne comprende l'offerta al dio adorato del soma, bevanda sacra a base di erbe inebrianti, chiamata più volgarmente «erba di luna» (nome erudito: Asclepias acida). Nella religione vedica primitiva, questa bevanda era una divinità portata sulla terra da un'aquila-falco. Molti riti sono stati conservati dall'induismo (riti di ospitalità, «Grande osservanza» del solstizio d'inverno, ecc.).

 

EVOLUZIONE FILOSOFICA

Nei Brahmana e negli Upanishad cambia il punto di partenza; anche la società è cambiata. L'importanza dei bramini, dei sacerdoti, è aumentata; la casta militare è stata dominata dalla casta sacerdotale e, mentre la religione popolare seguiva il proprio corso, si sviluppava una riflessione metafisica che doveva essere la base di tutte le filosofie induiste posteriori.
Si assiste per prima cosa ad un inventario delle forze della creazione. La Grandezza, il Nutrimento, la Verità, l'Energia della luce, la Bellezza, ecc., una quantità impressionante di nomi astratti invade il vocabolario religioso.
Vediamo un termine importante: il karman o «attività»; si tratta in questo caso non soltanto dell'azione materiale stessa, ma delle intenzioni e dei pensieri che la dinamizzano, cioè di ciò che determina la personalità attiva di un individuo.
Questo inventario è un goffo tentativo di spiegare le condizioni dell'esistenza umana; nei Brahmana, il mito ha ancora il sopravvento sulla spiegazione astratta, ma negli Upanishad tutto cambia: Jnana (la Conoscenza) sostituisce Yajna (il Sacrificio); la meditazione ha il sopravvento sulla pietà.

 

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