HATRIA
Atri
è una delle città più antiche d'Abruzzo.
Si vuole che le sue origini, circondate di leggende, risalgano alle migrazioni
dalla Dalmazia, collocabili attorno al X sec. a.C., degli Illiri che,
attraversato l'Adriatico, si stabilirono anche sulle opposte sponde del Piceno,
spingendosi pure nelle valli interne e integrandosi con le meno evolute
popolazioni indigene. Tale impronta illirico-sicula si evincerebbe anche dal
nome della città, la cui forma più antica, Hatria, sarebbe caratterizzata
dalla stessa radice di Hatranus o Hadranus, divinità sicula in seguito
raffigurata insieme al cane, animale ad essa sacro, sulle monete cittadine
coniate, secondo molti studiosi, anteriormente ai primi contatti con Roma. Atri
si contende con Adria veneta l'onore di aver dato il nome al mare Adriatico.
Il
territorio su cui era sorta Atri fu sottoposto successivamente alle migrazioni
delle genti umbro-sabelliche, a loro volta soppiantate dai Piceni.
La presenza di questi ultimi è ampiamente documentata dalla scoperta e dallo
scavo, nei primi anni del novecento, delle due necropoli di Pretara e del Colle
della Giustizia, situate a circa due chilometri dall'odierno centro abitato, i
cui corredi funerari possono farsi risalire al VII secolo a.C.. Sul territorio
di Atri esercitarono una grande influenza artistico-commerciale gli Etruschi,
circostanza testimoniata dal gran numero di suppellettili ed oggetti rinvenuti.
Uno specchio a rilievo raffigurante Ercole in lotta con la dea etrusca Mlacuch,
una collana, un anello e due orecchini, tutti aurei e di fattura etrusca, sono
conservati al British Museum di Londra che li acquisì nel 1777 dalla collezione
Hamilton. Molto probabilmente gli Etruschi penetrarono nel Piceno meridionale
seguendo quello che sarà in seguito il tracciato della Via Salaria oppure, in
maniera più diretta, percorrendo la vallata del Vomano lungo la stessa
direttrice dell'avanzata romana e della Via Cecilia. Atri subì anche
l'influenza greca, costituendo il suo porto uno degli approdi e dei centri di
scambio della via commerciale marittima dell'Adriatico che, dalla Puglia, aveva
come terminale il delta padano. Strabone e Tolomeo posizionavano il porto alla
foce del fiume Matrinus che, facendo riferimento alla idrografia attuale, è
stato variamente identificato con il Vomano, con il Saline, con il Piomba. Di
recente, tuttavia, si propende per la localizzazione del porto nel tratto di
mare antistante la Torre di Cerrano, che sorge nell'attuale territorio del
Comune di Pineto, dove sono stati rinvenuti grandi blocchi di pietra d'Istria
con pianta ad elle rovesciata, interpretati come strutture portuali. La città,
divenuta forte caposaldo della zona meridionale del Piceno, entrò a fare parte,
con Ascoli ed Ancona, della Confederazione Picena, sottoposta a Nord alla
pressione dei Galli.
Ben presto, però, si staccò dalla Confederazione e si alleò strettamente con
Roma, la quale cercava caposaldi e sbocchi sull'Adriatico; nel 289 a.C. Hatria
divenne colonia latina alla quale Roma permise, tra l'altro, di continuare a
battere moneta. L'Ager Hatrianus si estendeva a Nord fino al fiume Vomano, a Sud
fino al fiume Saline, mentre il confine occidentale coincideva con le pendici
del Gran Sasso. Partecipò al fianco di Roma alla lotta contro i pirati che
infestavano l'Adriatico, alla guerra illirica ed alla guerre puniche. Molto
probabilmente Annibale, dopo aver saccheggiato tutto il Piceno, si accampò con
le sue truppe nel ricco e fertile Ager Hatrianus per ritemprare i suoi soldati e
curare i suoi animali. Atri rimase fedele a Roma, inviando soldati e vettovaglie
anche quando la vittoria cartaginese sembrava vicina e per questo insieme a
Signa, Norba, Saticola, Fregelle, Lucera, Venosa, Brindisi, Fermo, Rimini,
Ponza, Pesto, Cosa, Benevento, Isernia, Spoleto, Piacenza e Cremona, fu inserita
in un decreto del Senato romano che rendeva pubblici i nomi delle città cui
Roma doveva la sua salvezza. Durante la Guerra Sociale Atri si schierò a fianco
di Roma, anche perchè godeva del diritto di voto nei Comizi essendo iscritta
nella tribù Mecia. Nel periodo imperiale la città continuò ad essere un
centro importante dell'Italia centrale. Fu luogo di origine della famiglia
dell'imperatore Adriano, il quale la riteneva sua seconda patria in quanto vi
ricoprì la carica di quinquennale a vita e di curator muneris pubblici. Nel
Basso Medioevo patì un lungo periodo di decadenza e di abbandono testimoniato,
tra le altre cose, dalla mancata comprensione tra le sedi episcopali erette
nella zona, contrariamente alle vicine Teramo e Penne nelle quali le comunità
cristiane si organizzarono forse già dal V secolo.
Fino
al XIII secolo si hanno scarse notizie della città la quale, sotto i
Longobardi, faceva parte del Ducato di Spoleto e nel XII secolo era feudo
principale dei Conti d'Apruzio.
In occasione delle lotte tra gli Svevi ed il Papato Atri, per prima tra le città
del Regno, si schierò dalla parte guelfa. Per la fedeltà e disponibilità
della città al servizio della Chiesa, nel 1251 papa Innocenzo IV accordò ad
Atri il diploma di istituzione della Diocesi e di autonomia comunale, con
territorio corrispondente a quello dell'antico agro coloniale romano.
Al libero Comune fu riconosciuto il diritto di emanare statuti e di confermare
quelli anteriori, oltre al riconoscimento della facoltà di avere un porto; i
cittadini non potevano essere giudicati al di fuori del Comune, godevano di
libertà e di immunità personali ed erano affrancati da doveri feudali. L'anno
successivo la Diocesi di Atri fu unita "ad invicem" a quella di Penne.
L'atriano
Francesco Ronci fu tra i seguaci più ardenti di Pietro da Morrone, eletto al
Soglio Pontificio nel 1284 con il nome di Celestino V, divenendo per questo
primo abate generale dell'ordine dei Celestini.
Intanto nel 1305 fu completata la costruzione della maestosa Cattedrale.
Nel 1352 il Parlamento Municipale, ad imitazione di Firenze, città guelfa per
eccellenza, proclamò protettrice della città S. Reparata. Nuovi statuti
ispirati agli ordinamenti fiorentini furono approvati nel pubblico generale
parlamento del 1362.
La città di Atri, nel 1395, fu venduta per 35.000 ducati al Conte di S.
Flaviano Antonio Acquaviva, con il quale iniziò il ducato di questa famiglia
che si distinse in Italia nel periodo del Rinascimento e che durerà fino al
1760, anno in cui la città tornò sotto il dominio diretto del Regno di Napoli.
La famiglia Acquaviva, imparentata con gli Aragonesi, ebbe diciannove duchi.
Andrea
Matteo Acquaviva nel 1521 cinse d'assedio Teramo che aveva acquistato dal
demanio, ma essa gli resistette; la questione fu risolta nel 1530 da Carlo V che
restituì a Teramo la libertà.
Un altro celebre Acquaviva fu il Cardinale Giulio il quale ebbe come "camarero"
Michele Cervantes, l'autore del Don Chisciotte.
La Compagnia di Gesù ebbe un rilancio mondiale a seguito dell'opera di Claudio
Acquaviva (1543-1615) il quale ricoprì la carica di Generale dei Gesuiti per
ben trentacinque anni dal 1576 alla morte. Suo nipote Rodolfo, anch'egli
Gesuita, figlio del Duca Gian Gerolamo I e fratello del Cardinale Giulio e di
Ottavio Acquaviva distintosi nella battaglia di Lepanto al seguito delle armate
veneziane, morì martire nel 1583 in India.
Appartenne
a questa illustre famiglia anche il Cardinale Troiano, cui Giambattista Vico
dedicò La Scienza nuova nell'edizione del 1744.
Gli Acquaviva si estinsero con la morte nel 1757 della duchessa Isabella; Atri
tornò sotto il dominio diretto del Regno di Napoli, seguendone le sorti fino al
momento in cui entrò a fare parte del Regno d'Italia.
Nell''800 Atri diede i natali ad illustri personaggi, tra i quali spicca il
matematico e filosofo Ariodante Mambelli, ardente mazziniano e maestro dell'atriano
Pietro Baiocchi, unico abruzzese che partecipò all'impresa dei Mille, caduto
eroicamente a Palermo nel 1860.
Degni di essere ricordati sono anche Gabriello Cherubini e suo nipote Rodolfo,
il primo storico ed il secondo filologo, l'umanista Stefano Ferrante e Aurelio
Grue, quest'ultimo insignito della medaglia d'oro al valor militare per essere
eroicamente caduto ad Adua nel 1896.
La
conoscenza che attualmente si ha della storia di Atri si deve principalmente
all'opera di Luigi Sorricchio (1865-1916), autore di una ponderosa storia di
Atri (Hatria-Atri), ricca di notizie tratte dai documenti della sua biblioteca
privata, in gran parte raccolti dall'antenato Nicola, e dal distrutto Archivio
Storico di Napoli.
Per quanto riguarda la prima metà del nostro secolo si deve segnalare la figura
del Canonico Luigi Illuminati, professore di letteratura latina all'Università
di Messina ed insigne poeta in lingua latina.
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