COMO


Periodo Preistorico-Preromano

DALL’ 8000 AL 2000 a.C.

Gli stanziamenti umani più remoti furono nei dintorni di Varese: sull’Isolino del lago e, assai più cospicui tanto da aver dato il nome ad una cultura, alla Lagozza presso Gallarate.
Le caratteristiche della Lagozza sono utensili in pietra levigata ed una ceramica primitiva a bocca quadrata.

Gli oggetti denunciano la pratica dell’agricoltura e dell’allevamento. Tracce simili sono presenti nelle torbiere di Bosisio Parini. Anche la torbiera di Albate potrebbe essere stata il centro di insediamenti simili, ma i reperti sono troppo scarsi per averne la certezza.

I resti di palafitte neolitiche sono stati individuati anche nel lago di Montorfano. 
Assai più recenti (2500 A.C. circa) sono i reperti del Buco della Sabbia, una grotta del Monte Cornizzolo nei pressi di Civate, con una vera e propria necropoli con frecce di selce, oggetti d’oro ed ornamenti in rame.

INTORNO AL 2000 A.C.

Si espande la colonizzazione dell’area del Lario.
Resti di palafitte sono presenti nell’Isolino dei Cipressi del lago di Pusiano, al Pescherino fra Malgrate e Lecco, al lavello di Calolzio sull’Adda, sul lago di Segrino.
Si tratta comunque di culture assai primitive, specialmente se confrontate con quelle dominanti nella stessa epoca in Egitto e in Asia Minore.
Occorre attendere la seconda metà del secondo millennio a.c. e l’arrivo dei popoli appartenenti al ceppo indoeuropeo, originrio della pianura del Volga (i Celti) per un vero salto di qualità.

TRA LA FINE DEL XIII SECOLO E AGLI INIZI DEL XII A.C.

Fondazione di Como.
L’ipotesi più verosimile è che avvenga ad opera della popolazioni liguri che nel neolitico abitavano nell’odierna lombardia.
Verso la fine del II millennio cercano spazio per nuovi insediamenti.
Oggi ne conosciamo certamente uno, quello presso il borgo di Golasecca, lungo il Ticino a sud del lago Maggiore. Hanno subito l’influenza dei Celti.In particolare ne hanno appreso un’usanza funebre, la cremazione.
I resti dei corpi inceneriti vengono raccolti in urne di terracotta o metallo, deposte poi in tombe scavate nel terreno.
Strettamente legati alla “civiltà di Golasecca” sono i Liguri che verso il 1000 a.c. si stabiliscono sui colli attorno a Como, dando vita ad una civiltà a sua volta originale, quella della camorta.
Como viene fondata sulle pendici sud-occidentali del Monte Croce, tra gli attuali abitanti di Breccia, Prestino, Leno e San Fermo.
Tito Livio chiamò il centro principale Comun Oppidum.
Gli abitanti seppelliscono i defunti a valle, appunto alla Cà Morta.
Alcune borgate attrezzate a difesa, definite castella da Tito Livio, sorgono sulle alture vicine: Moncucco, Cardano, Vico, Vergosa, Trecallo, Civiglio, e altre, per un totale di 28.
Necropoli vuol dire cimitero, città dei morti.
E la necropoli della Cà Morta è appunto il cimitero degli antichissimi abitanti di Como con Cà Morta si intende una zona molto vasta, situata tra Rebbio, Breccia e Grandate, che deve ill suo nome ad una costruzione rustica, ora abbattuta, che sorgeva lungo il tracciato della Statale dei Giovi.
Ma non è da escludere che fosse vero il contrario, e che cioè la costruzione dovesse il suo nome alla località in cui sorgeva.
Cà Morta significa “Casa dei morti”.
I terreni della Cà Morta servivano un tempo per l’estrazione di ghiaia e sabbia, ed è durante i lavori di scavo che i primi reperti vennero alla luce (1842).
Gli antichi comaschi scavavano nel terreno una fossa circolare o poligonale, la rivestivano di pietre e vi collocavano l’urna cineraria, in terracotta o bronzo, con i resti del defunto e gli ornamenti che questi aveva addosso durante la deposizione sul rogo.
Nella buca (o “pozzetto”) venivano collocati anche alcuni oggetti utilizzati durante il rito funebre.
Quindi la tomba era chiusa con un lastrone di pietra. 
Pochissime le armi ritrovate, a testimonianza del carattere per lo più pacifico delle popolazioni.
I reperti risalgono ad un epoca compresa fra l’XI ed il V secolo a.c. la presenza dei vari oggetti di importazione, soprattutto vasellame, dimostra l’intenso rapporto commerciale con gli Etruschi e, in misura minore, con Veneti e Celti.

DAL X AL VII A.C.

La civiltà comacina si sviluppa sostanzialmente in pace e indipendenza.
Verso la fine del VI secolo gli Etruschi arrivano nella Valle Padana, spingendosi oltre il Po’ e stabilendosi a Mantova e a Melpum, forse l’odierna Melzo.
Non raggiungono il territorio Lariano, ma intrecciano intensi scambi commerciali con i Comacini, all’apice della loro attività.
Incomincia a diffondersi un alfabeto di chiara provenienza Etrusca.

VI-V SECOLO a.C. 

La prima calata dei Galli, popolazione celtica stabilitasi nell’attuale Francia, avviene nel 520 a.C., la seconda attorno al 400 a.C.
Lo storico Polibio la situa tra il 390 ed il 387.
Il territorio lariano rimane pressoché indenne da questa seconda difesa.
I Galli vincono gli Etruschi al Ticino, occupando l’Italia del nord fino all’Adige, passano il Po’ stanziandosi in Emilia e nelle Marche (Senigallia).
Gallia Cisalpina viene denominato tutto il nord Italia, escluso il Veneto.
Nel 390 i Galli si scontrano con i Romani una prima volta a Clausium (Chiusi).
Il 18 luglio 387 lui sconfiggono sul fiume Allia.
Roma viene conquistata e devastata dai Galli guidati da Brenno, che cingono d’assedio il Campidoglio e si ritirano solo dopo il pagamento di un pesante riscatto.
Autorevoli studiosi si dicono convinti che molto del carattere e dell’impronta celtica possa essere rimasto negli abitanti del lario. 
Dei Celti ci parlano antichi come Polibio, Posidonio, Strabone e Diodoro Siculo.
Qui essi conservavano pure i teschi dei parenti: un’usanza questa che, trasportata nei cimiteri, era in vita sul Lario fino al secolo scorso.

 


 

Periodo Romano-Cristiano

 202 A.C.

Battaglia di Zama.
I Romani annientano l’esercito Cartaginese.
Cartagie è costretta a chiede la pace.

196 A.C. 

Nell’Italia settentrionale i Galli Insubri e Boi non si sono rassegnati al ritorno della supremazia Romana.
Insieme a bande irregolari Cartaginesi affrontano più volte i Romani, avendo sempre la peggio.
Vane dal punto di vista militare sono l’occupazione di Piacenza e l’assedio di Cremona.
Lo scontro decisivo avviene nel 196 a.c. proprio nei pressi dell’antica Como.
Il console Marco Claudio Marcello sconfigge gli Insubri e i loro alleati Comensi, uccidendo ben 40.000 nemici.
Sono 28 i centri limitrofi (castella), dipendenti dalla città fortificata di Como (Comun Oppidum), che si arrendono ai Romani.
Con un successivo scontro con Insubri e Boi (191) si chiude per sempre la lotta tra Romani e Galli.
Quali rapporti ci furono effettivamente tra Galli e Comensi in questa fase storica? Una frase di Tito Livio, “Comensibus ad arma excitis” (chiamati alle armi i Comensi), lascia intendere una sorta di sottomissione dei Comensi, di origine ligure e solo in un secondo tempo celtizzati.
Se Livio ha ragione, verrebbe confermato questo assetto del territorio lariano: una parte orientale sotto il controllo diretto dei Galli Insubri, organizzati in tante tribù frammentarie senza un oppidum, un centro fortificato, una “capitale” evidente, com’è testimoniato dai ritrovamenti di Acquate ed Olate, senza però nessuna traccia di insediamenti stabili di rilievo (Lecco ancora non esiste); e una parte occidentale, con Comun oppidum e i suoi castella che, pur sottomessa militarmente ai Galli e in stretto contatto culturale con loro, mantiene le sue peculiarità.
Secondo autorevoli studiosi le differenze di carattere tra genti orientali ed occidentali del lario, ossia tra Lecchesi e Comaschi, risalirebbero proprio a queste loro origini: un sottofondo di mentalità ibero-ligure per i secondi, una maggiore vicinanza con lo spirito celtico per i primi.

II SECOLO A.C.

I Romani stringono con i popoli sconfitti dell’Italia settentrionale, tra cui i comensi, un trattato d’amicizia (Foedus, vincolo federativo).
Tra le genti italiche inizia un fitto e proficuo scambio commerciale e culturale.
L’area delle Alpi centrali non è considerata di grande importanza strategica dai Romani, così in questa prima fase non avvengono massicci insediamenti di coloni.
Il processo di Romanizzazione avviene gradualmente e i Comensi possono continuare a sviluppare la propria cultura, sia pure con apporti italici e Romani e sotto la protezione di Roma.

90-89 A.C. CIRCA

I bellicosi Reti, stanziati nella Rezia, a nord del Lario, compiono una violenta incursione devastando Como e disperdendone gli abitanti. In base al trattato d’amicizia, i Romani intervengono a favore di Como, ripopolandola.
Si pone comunque con forza il problema della sicurezza per l’intera area.

89 A.C.

Nello stesso periodo, l’Italia è interessata dalla cosiddetta “guerra sociale”.
Italici e Latini premono per ottenere la cittadinanza Romana con i privilegi che tale condizione comporta.
La guerra sociale termina nell’89, con la concessione della cittadinanza agli Italici (Lex Plautia Papiria).
Si regolamenta così anche la posizione giuridica delle popolazioni della pianura Padana, a cui viene concesso il diritto latino.
Como stessa diventa in questa fase colonia Romana, anche se non si sa se avvengano già ora stanziamenti di coloni immigrati.

77 A.C.

I primi coloni Romani della cui venuta siamo certi arrivano a Como attorno al 77 a.C. 
Li manda quasi sicuramente Lucio Cornelio Scipione.
Dove si stanziano? E’ presumibile che, abituati ad un certo tenore di vita, difficilmente si possano adattare a vivere a fianco delle popolazioni preesitenti, sulle pendici dei colli.
Potrebbero dunque scegliere il fondovalle, dando vita ad un nuovo centro abitato e iniziando la bonifica delle zone paludose. 
Il luogo del loro insediamento, in tal caso, potrebbe essere individuato in Coloniola (l’attuale quartiere di Sant’Agostino) o in Vico, nomi che alludono entrambi ad un’origine latina.
In questi anni, frattanto, Roma passa attraverso le tre guerre contro Mitridate re del Ponto, la dittatura di Silla, la rivolta degli schiavi guidata da Spartaco (73-71), l’avvento di Pompeo e Crasso, la congiura di Catilina (63-62), fino al triumvirato di Pompeo, Crasso e Cesare (60).

59 A.C. 

Giulio Cesare ottiene per cinque anni le province della Gallia Narbonese (l’attuale Dalmazia) e della Gallia Narbonese (l’attuale Francia Meridionale) come proconsole. La politica romana a questo punto cambia. Si guarda a nord con mire espansionistiche e il territorio lariano acquista un grande valore strategico. Cesare conduce a Como 5.000 coloni e all’interno della convalle ormai in gran parte bonificata, vicino alla riva del Lario, fonda un centro urbano che avrà il nome di Comun Novum. Tra i nuovi coloni ce ne sono anche circa 500 di origine greca, provenienti forse da qualche insediamento siciliano. Forse per ingraziarseli e ottenere appoggi politici, Cesare estende anche a loro,che pure non ne avrebbero diritto, la cittadinanza romana. Alcuni storici hanno attribuito a questo nucleo greco l’introduzione sul Lario della vite e dell’ulivo. È tuttavia probabile che anche i Galli conoscessero queste colture, avendo avuto contatti con gli Etruschi e con i Greci che nel VII secolo a.c. avevano fondato Marsiglia. In questi anni Como funge soprattutto da base militare d’appoggio alle campagne d’oltralpe. È circondata da ogni lato da solide mura, collegate ad un sistema di torri di segnalazione e di avvistamento distribuite sul territorio circostante. All’interno delle mura l’impianto urbanistico è quello classico romano, con il reticolo di strade che si incrociano ad angolo retto. Un impianto che lascerà un segno indelebile nel centro storico, e che in parte è riconoscibile ancor oggi.

58-51 a.C. 

Giulio Cesare conquista la Gallia. Storici medievali affermano che Cesare arruolò soldati per le sue legioni nella zona di Lecco. Assai probabile è che Cesare si approvvigionasse di vettovaglie per le sue spedizioni nella ricca Brianza.

49 a.C. 

Inizia una fase di turbolenza nella vita di Roma. A Como la cittadinanza viene prima tolta e infine restituita al gruppo di coloni di origine greca. Nel 49 a.c. finalmente tutta la popolazione gode definitivamente della cittadinanza. E Como da colonia diventa municipio.
Concluse le campagne di Gallia, Como non è più solo piazzaforte militare, ma anche piazza di mercato. Si trova poi al centro di un importante sistema viario. La strada principale è quella che da Milano e attraverso Como coduce allo Spluga e di qui alla Rezia (da cui il nome di strada Regina) e alla Germania. Un’altra strada importante partiva da Como e attraverso orientale veneto, fino all’area danubiana. In questa fase si sviluppa anche il traffico sul lago, affidato ad un’apposita corporazione professionale.
Gli avvenimenti successivi sono tra i più noti della storia romana. Nel 49 scoppia la guerra civile tra Cesare e Pompeo è sconfitto a Farsalo, fugge in Egitto e qui muore assassinato.
Ma occorrono altre battaglie contro i pompeiani (Zela, 47, contro Farnace;Tapso, 46) e contro gli stessi figli di Pompeo (Munda, 45) prima della completa vittoria. Nel 45 a.C. Cesare è dittatore a vita e “imperator”. Ma il 15 marzo 44 viene assassinato da un gruppo di senatori congiurati capeggiati da Cassio e Bruto.
Segue la lotta di Antonio e Ottaviano, pronipote di Cesare, contro i congiurati, e il secondo triumvirato (43,Antonio, Lepido e Ottaviano), la battaglia di Filippi (42, in due fasi) con la sconfitta di Bruto e Cassio ad opera di Antonio l’Oriente, a Lepido l’Africa, a Ottaviano l’Occidente (40). Nel 36 Antonio sposa Cleopatra . il suo progetto di creare un regno ellenistico-oriente viene svelato in pubblico da Ottaviano. Nel 31 la flotta egiziana è sconfitta ad Azio e il 3 ottobre del 30 cade Alessandria. Cleopatra ed Antonio si suicidano.
Nel 27 viene restaurata la Repubblica, ma Ottaviano va via via assommando sempre più poteri, dal titolo di Augusto fino a quello diPontefice Massimo (12). Augusto muore a 76 anni il 19 agosto del 14. Gli succede Tiberio. (Tutte le date devono intendersi avanti Cristo).

16 a.C. 

Numerose sono le spedizioni militare d’oltralpe, condotte specialmente da Tiberio e Druso, figliastri di Ottaviano Augusto: Alto Danubio, Germania, Pannonia (Mitteleuropa). La Rezia, immediatamente a nord del territorio del Lario, diventa provincia romana nel 15 a.C. L’anno prima sono condotte operazioni militari nell’arco alpino centrale contro i Vennoneti, i Leponzi e i loro alleati.
Da questo momento l’area comasca gode di maggiore sicurezza. Come prima conseguenza, Como conosce una fase di forte sviluppo economico, culturale e amministrativo. La sua giurisdizione si estende oltre il Lario, raggiungendo la Val Bregaglia e la Valtellina.
In città viene costruito il Foro. Difficile dire oggi quale possa essere stata la sua ubicazione. Forse si trovava nell’area del complesso di S.Eufemia-S.Fedele. Forse più a nord, in prossimità del lago. Ci sono il teatro, la basilica, le terme (nell’area di Palazzo Giovio e via Diaz) e numerosi templi. Cresce anche la popolazione, che nel II secolo arriverà a contare fino a 17.000 abitanti. Sorgono anche le residenze dei ricchi, tutte intorno alla città, con numerose ville. In questo contesto sociale ed urbano si collocano le due figure più note della Como romana, Caio Plinio Secondo detto il Vecchio (23 o 24 d.c. – 79 d.c.) e suo nipote, Caio Plinio Cecilio Secondo detto il Giovane (61 o 62 d.c. – 113 d.c.). (D’ora in poi tutte le date debbono intendersi dopo Cristo).

I-IV secolo

Sooto Traiano (98-117) l’Impero Romano raggiunge la sua massima estensione, ma nel secolo successivo si accentuano sempre più, al suo interno, le spinte centrifughe. L’unità del mercato economico appare sempre più fragile e il divario tra un Oriente ricco e produttivo e un Occidente in gran parte povero e parassitario. Né varrà a salvare la situazione la riforma costituzionale voluta da Diocleziano (284-305), che instaura la cosiddetta Tetrarchia (293), la sostanziale divisione dell’Impero in quattro grandi aree. Con questa riforma si tenda di decentrare l’amministrazione statale. Nel 295 l’Impero è suddiviso in 12 circoscrizioni e in 101 province. Uno dei tetrarchi, Massimiano, sposta la capitale della sua zona d’influenza, Italia e Africa, da Roma a Milano.
Como assume dunque maggiore importanza, in quanto tappa fondamentale nei collegamenti tra la nuova capitale e i domini del nord. È di questo periodo la costruzione dell’imponente Porta Praetoria, sul lato sud delle mura cesariane.
Ma in questi secoli comincia anche la diffusione del Cristianesimo. Dalla Giudea, comunità cristiane si creano nei principali centri del Mediterraneo, non senza episodi di martirio: Giacomo Maggiore (44), Giacomo cugino di Gesù Cristo (62), Stefano, Paolo (decapitato sulla strada di Ostia) e Pietro (crocifisso agli Orti Vaticani) entrambi nel 64. Da Antiochia il cristianesimo si diffonde verso la Siria ed Edessa, da Efeso verso l’Asia Minore e la Gallia, da Alessandria verso il Sud e il Sud est dell’Impero, da Roma all’Italia e all'Africa, da Costantinopoli verso Goti e Slavi dei Balcani.
Inevitabile, il conflitto con l'impero. Il Cristianesimo propone valori morali in netto contrasto con i principi della forza, della potenza e della ricchezza, dominanti nell'Impero. Non riconosce poi il carattere confessionale dello Stato imperiale, in cui l'imperatore è assimilato a un dio e vita civile e vita religiosa coincidono. Le principali persecuzioni, tese a stroncacela diffusione della nuova religione, avvengono dapprima sotto Nerone (64), Domiziano (81-96) e Traiano (98-117). Poi, in modo più sistematico e vasto, con Decio (249-251) e Valeriano (257-258), fino all'editto di tolleranza di Gallieno (260), che inaugura un periodo di pace di 40 anni. L'ultima grande persecuzione avverrà sotto Diocleziano (303 - 311).

303-311

E questo il periodo dei protomartiri comensi. Fuggiti da Milano, i santi Carpoforo, Essanto, Cassio, Severo, Secondo e Licinio vengono catturati sulla falda del Colle Baradello, perché cristiani confessi. Qui sono anche trucidati e sepolti. Al loro gruppo appartiene anche san Fedele, che sfugge all'arresto rifugiandosi sulla sommità del lago. Qui verrà scoperto e subito decapitato. Sarà il primo vescovo della città, san Felice, a recuperare i corpi dei protomartiri e a collocarli nella prima chiesa cristiana comasca, l'attuale San Carpoforo, da lui ricavata da un tempio dedicato a Mercurio.

313

Nel 312 Costantino, figlio di Costanzo, sconfigge a Ponte Milvio (Roma) Massenzio, figlio di Massimiano. Quando dodici anni più tardi sconfigge Licinio, Roma torna ad avere con lui un unico sovrano. Nel frattempo (313) ha emanato l'Editto di Milano, con cui viene concessa ai cristiani piena libertà di culto, vengono loro restituite le proprietà ecclesiastiche ed è abolito il culto pagano di Stato. L'11 maggio 330 Bisanzio cambia il suo nome in Costantinopoli e diventa di fatto la capitale cristiana dell'Impero, la “seconda Roma”, in voluto contrasto con Roma pagana. Costantino muore nel 337, ricevendo il battesimo sul letto di morte. Gli succede un figlio, Costanzo II.

354

Alla fase immediatamente successiva alla morte di Costantino, appartiene un. episodio che interessa direttamente Como. Un nipote di Costanzo II, Flavio Claudio Giuliano, viene esiliato dallo zio, che non esiterà ad eliminare quasi tutti i parenti pur di conservare il potere, prima in Cappadocia e poi, nel 354, a Como. È un periodo difficile per il Cristianesimo. Costanzo II impone alla Chiesa l'eresia ariana (da Ario, prete di Alessandria, secondo il quale Cristo è creato, e quindi non eterno, e separato dal Padre. Il Concilio di Nicca indetto da Costantino nel 325 aveva condannato l'Arianesimo proclamando l'identità tra Cristo e il Padre). Il nipote Giuliano, che dopo l'esilio comasco è riuscito a diventare imperatore (361), favorisce la ripresa dei culti pagani, e per questo sarà detto “l'Apostata”. Giuliano muore nel 363 combattendo contro i Persiani.
Non c'è dubbio che un motivo della diffusione del Cristianesimo debba essere ricercato nell'ascendente e nella grande credibilità che alcuni suoi autorevoli esponenti godevano presso la popolazione. Tra questi in Lombardia va ricordato il vescovo di Milano, Ambrogio (340 circa-397). Milano è tra l'altro sede imperiale. Va fatta risalire proprio all'iniziativa di sant'Ambrogio la prima embrionale presenza cristiana a Como, che pure doveva essere terreno non fertilissimo se è vero che è una delle ultime città dell'Italia Settentrionale a divenire diocesi autonoma con il vescovo Felice (386, che secondo la tradizione pone la sua residenza presso la chiesa di San Carpfloro). Suoi successori saranno i vescovi Provino (che costruirà la chiesa dei santi Gervaso e Protaso, distrutta il secolo scorso) e Amanzio, che porrà la sede vescovile presso la basilica dedicata ai santi Pietro e Paolo, nell'area dove oggi sorge Sant'Abbondio.
Gli storiografì comaschi molto hanno discusso sulla data dell'ordinazione di san Felice, e quindi sulla prima presenza organizzata della Chiesa a Como. Il Giovio la colloca “verso il 380”", il Ballarini nel 379. Altri, tra cui il filologo germanico Ihm, notando l'assenza di Felice al Concilio di Aquileia del 381 e la sua presenza invece a quello di Milano del 390, la collocano tra queste due date. Oggi noi sappiamo con certezza due cose: come era prescritto per tutti i vescovi di allora, l'ordinazione avvenne di domenica; e come apprendiamo da una lettera di Ambrogio a Felice, la data fu un 1° novembre. Nel periodo compreso tra Aquileia e Milano, l'unica domenica 1° novembre cade nel 386. E questa è quindi la data più probabile dell'ordinazione del primo vescovo di Como.
Si ritiene che l'evangelizzazione non procedette secondo schemi preordinati e sistematici. Molto era lasciato all'iniziativa dei singoli credenti e al fervore popolare. Lo stesso sant'Ambrogio si lamentava della mancanza di diaconi a cui . affidare la missione. E a lungo la chiesa della città rimase l'unico fonte battesimale a cui condurre i neofiti. È certo che le prime forti comunità si formarono in città, e da qui la fede cristiana si diffuse alla campagna.

 

 

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