CORFINIUM

L’antica Corfinium si trova nella conca di Sulmona nei pressi dell'Aterno, a 345 metri d'altezza in posizione strategica sulla Via Valeria, prosecuzione della Tiburtina, percorso che collegava Roma con Ostia Aterni (Pescara) ovvero il Tirreno con l'Adriatico.
L'attuale Corfinio, ha un aspetto medievale e sorge su uno sperone roccioso sull’attuale strada statale che nel tracciato ricalca quella secolare; anche l'abitato più antico si trova dov'era la vecchia capitale. Si entra nel centro storico lungo la Via Italiea e si giunge in Piazza Corfinio, ove le case disposte in curva seguono la linea della cavea dell'antico teatro romano. Qualche centinaio di metri prima di giungere a Corfinio, per chi proviene da Roma, accanto ai resti murari si erge la basilica Valvense, o di San Pelino, sorta sul luogo d’un cimitero paleocristiano dov'era sepolto Pelino, vescovo di Brindisi, martirizzato a Corfinium attorno all’anno 350. La prima chiesa fu eretta nel V secolo; devastata tra il IX e il X secolo dai Saraceni e dagli Ungari, nel 1120 il vescovo Gualtiero la fece rifare in stile romanico e successivamente subì ulteriori trasformazioni, specie all'interno. Conserva uno splendido ambone commissionato dal vescovo Oderisio sul finire del 1170, importanti affreschi del XIV secolo e, nelle mura, parte delle circa 250 lapidi con iscrizioni che ci sono giunte dall'antichità.

Forse non tutti sanno che Corfinium, già capitale dei Peligni, fu la prima capitale d'Italia.
Quando la Roma precristiana iniziò la sua ascesa, assoggettando gran parte dei popoli della penisola, si limitava a concedere a taluni la cittadinanza latina, o, secondo criteri legati al censo, quella romana; ma questa prerogativa era legata più ai singoli che alle popolazioni nel loro insieme. Roma pensava così di mantenere il controllo in base al principio del "divide et impera". Ma le legittime aspirazioni dei popoli del centro-sud che spesso al suo fianco avevano combattuto nelle campagne di conquista, fecero sì che, nel 90 a. C., confederandosi, si ribellarono e istituirono un primo nucleo di Stato italiano eleggendo come capitale Corfinium, cui fu dato il nome di Italica, e coniando proprie monete.
Come capitale ebbe però circa un anno di vita, perché la Lex Iulia, concedendo la cittadinanza romana alla maggior parte dei popoli confederati, sciolse la confederazione trasformando Corfinium in municipio romano.

Rovine di Corfinium

Già nel II secolo a.C. si dibatteva su quale status giuridico assicurare agli Italici. In proposito la "Lex Licinia Mucia de civibus redigendis” del 95 a.C., aveva mantenuto i criteri restrittivi di una precedente legge. 4 anni dopo però, il tribuno Livio Druso, vincendo le tante opposizioni, riuscì a far ottenere agli italiani il diritto di cittadinanza. Purtroppo, assassinato Druso, il tribuno Quinto Varo, cittadino romano, ma nativo di Sucrone in Iberia, fece abrogare la legge, scatenando il malcontento delle popolazioni colpite. Il pretore romano Servilio fu inviato ad Ascoli per inquisire secondo le nuove norme; qui si espresse in termini tanto minacciosi che fu massacrato assieme al seguito ed ai Romani residenti in città.
Gli Italici si riunirono in un’assemblea per discutere su come reagire alle prepotenze di Roma. Vi parteciparono Marsi, Peligni, Marrucini, Vestini, Piceni, Sanniti, delegati dalla Lucania e dall'Apulia.

I Vestini di Pinna, odierna Penne, la maggioranza degli Irpini, Nola e Nocera in Campania, le città greche di Napoli e Reggio parteggiarono per Roma. Erano popoli e città che già avevano ottenuto un trattamento di favore da Roma, come del resto Umbri ed Etruschi, che non intervennero all'assemblea dei rivoltosi. Tuttavia gli Italici fecero un ultimo tentativo di conciliazione, chiedendo nuovamente a Roma la cittadinanza. Di fronte all'ennesima risposta negativa, decisero di proclamare il nuovo Stato, con capitale Corfinium e creando una struttura politica simile a quella di Roma. Furono eletti due consoli, il marso Pompedio Silone ed il sannita Papio Mutilo, dodici pretori, nonché un Senato di 500 membri, e si coniarono monete con il nome del nuovo stato.
La guerra divampò, con fasi alterne, specie in Abruzzo e Campania; molti gli scontri, migliaia i caduti da ambo le parti. Verso la fine del 90, il console Lucio Cesare fece votare in Senato la "Lex Iulia de civitate", che concedeva la piena cittadinanza alle comunità latine ed italiane rimaste fedeli. All'inizio dell'anno 89 la nuova "Lex Plautia Papiria", proposta dai tribuni Plusio Silvano e Papirio Carbone, allargò i nuovi benefici a tutti i latini e gli Italici. Le riforme impiegarono molto tempo ad attuarsi pienamente.
Gli scontri militari continuarono, trasformandosi nella cosiddetta guerra sociale e nel conflitto tra Caio Mario e Cornelio Silla, che capeggiavano opposte fazione nell'ambito del potere romano. Corfinio si trovò coinvolta nelle lotta fin quando, nel 49 a.C., presidiata da truppe fedeli a Pompeo, fu conquistata.

 

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