ASCESA AL POTERE DI DIOCLEZIANO

Dal 275 al 285 d.C. si succedeno tutta una serie di imperatori che vengono eliminati violentemente uno dopo l'altro. Questo fu sempre dovuto al fatto che le sovversioni non venivano dai barbari o dai partici che Roma combatteva ma dagli stessi militari, all'interno di quell'esercito che era romano solo formalmente, perchè dentro c'era di tutto; da Aureliano in poi l'esercito dell'impero oltre che essere  guidato da un gruppo di imperatori di origine illirica, anche gli stessi soldati erano di tutte le razze; all'inizio erano prigionieri aggregati alle legioni, e costituivano reparti ausiliari, ma aumentando di numero, di fatto ormai costituivano loro il  nucleo più vigoroso, la spina dorsale dell'esercito; con tutte le sorprese che poi questo dava. Nel 284 prima Numeriano poi Apro si fecero acclamare imperatori, ma durarono poco; il primo morì subito dopo in circostanze misteriose e il secondo - accusato di avere assassinato il primo - con le vesti di imperatore campò invece solo poche ore.

L'uomo che rimaneva solo all'impero, Caio Aurelio Valerio che da Diocle, sua patria, prese poi il nome di Diocleziano, era un illirico anche lui. 
Oscuri erano i suoi natali - forse era figlio d'un liberto del senatore Anelino - sappiamo solo che era nato a Solona nel 247- e doveva la sua fortuna a se stesso. Abbracciata da giovanissimo la carriera militare, l'aveva percorsa fino ai più alti gradi, distinguendosi per coraggio, energia ed accorgimento; era poi stato console sotto Probo, governatore della Mesia e infine comandante delle guardia imperiale. 
Come abbiamo detto sopra, una donna, veggente, gli aveva predetto quand'era giovane, che lui sarebbe stato imperatore il giorno che avesse ucciso un cinghiale (aper). E all'impero era arrivato quando la sua spada, al cospetto delle legioni, uccise a Nicomedia quell'uomo che del cinghiale portava proprio il nome (Apro).

Diocleziano a 37 anni, era già un uomo maturo; poco colto, ma di grande ingegno e pieno di esperienza militare e politica per essere stato alla scuola di sommi generali e per avere assistito allo svolgersi di tante vicende; era inoltre riflessivo, calcolatore, paziente, e queste erano qualità preziose per chi voleva e doveva reggere un impero.
Dopo la battaglia del Margus, in cui la vendetta di un ufficiale gli aveva data la vittoria (l'ufficiale uccise il suo rivale Carino che muoveva contro di lui, vendicandosi per averlo umiliato violentando sua moglie) Diocleziano volle usare umanità e magnanimità e disarmò i suoi nemici con la clemenza anziché con la forza. Nessuno di quelli che avevano seguito Carino fu toccato o rimosso dalle cariche e lo stesso Aristobulo, prefetto del pretorio e creatura della Curia, rimase al consolato.

Diocleziano inaugurava, con una accorta politica, il suo governo con atti di pace; ma la pace di cui aveva grande bisogno l'impero forse era soltanto nei voti dei sudditi e nelle sue intenzioni. 

Tanti rumori di guerra venivano invece da ogni parte: torbidi avvenivano in Alessandria provocati da un  certo L. Elpidio Achille; in Egitto erano ricomparsi minacciosi i Blemmi; nella Numidia le bellicose tribù dei Bavari e dei Quinquangentanei razziavano il paese; nella regione danubiana dalla Mesia alla Pannonia popolazioni sarmatiche e germaniche molestavano i confini; i paesi renani vedevano di nuovo le orde dei Franchi; e le coste galliche del nord erano infestate dai pirati sassoni. 

Come se ciò non bastasse le Gallie erano tormentate e sconvolte dai Bagaudi, agricoltori e pastori, che, immiseriti dalla voracità dei governatori, riuniti in grosse bande percorrevano le campagne incendiando, saccheggiando, distruggendo sotto la guida di un Amando e un Eliano, i quali sognavano forse di costituire sotto di sé un impero gallico.

 

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