IKUVIUM

 

GUBBIO. L'antica civiltà umbra è documentata da una preziosa fonte d'informazione: le Tavole di bronzo, scoperte nel 1444, scritte parte in alfabeto umbro con elementi di lingua etrusca (III e II sec. a.C.) e parte in alfabeto latino (I sec. a.C.). Custodite nel palazzo dei Consoli, le Tavole descrivono cerimonie religiose che si svolgevano nella città. 

IKUVIUM, la città stato, protetta da mura e munita di tre porte: Trebulana, Tessenaca e Veia, si estendeva a nord-ovest dell'odierna città nella zona porta S. Croce, via Baldassini e via dei Consoli. La popolazione era divisa in dieci parti, decuvie, e suddivisa in due gruppi capeggiati da una famiglia. Il Marone era il principale magistrato ed i Fratelli Atiedii componevano il collegio sacerdotale. La massima autorità religiosa era costituita dal Flamine. L'augure coglieva i messaggi divini al "Pietrone", visibile ancor oggi nel lastricato davanti al palazzo del Capitano del Popolo, ai confini della città, al "tabernacolo" e "alle pietre augurali". Altre testimonianze della civiltà dell'antica Ikuvium sono offerte da tre serie di monete, da un bassorilievo del II-I sec. a.C., custodite nel palazzo dei Consoli e da un letto funebre con base di ferro e intelaiatura di legno, coperto da bronzo decorato con figura di donna e di cavallo.

Tavole Eugubine Teatro Romano

Gubbio, neutrale nella lotta tra Roma da una parte e Sanniti, Etruschi, Galli ed Umbri dall'altra nella battaglia del Sentino (295 a.C.), fu una delle prime città alleate di Roma e nel 82 a.C. diveniva municipio romano. L'area urbana, divisa dal torrente Camignano, era articolata in due zone: la Certense che, abitata da nobili e cavalieri, occupava il piano; la Colonia che, abitata da artigiani e contadini, si estendeva verso il monte. Molte sono ancora le testimonianze di quel periodo. Un interesse particolare suscitano ancora il Mausoleo (o forse un Tempio?), edificio circolare alto m. 9 ed il Teatro, costruito non prima del 55 e non dopo il 27 a.C. e restaurato non più tardi del 14 d.C. dal governatore romano Gneo Satrio di Rufo. .

 

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