EPOREDIA

 

(Ivrea) 

 

Fondazione della Città

Numerose ed autorevoli le testimonianze a proposito della fondazione di Ivrea.
Secondo Plinio si deve far risalire l'origine della città ad un oracolo della Sibilla Cumana che pronosticava la nascita di una colonia ai piedi delle Alpi quale luogo di educazione della gioventù romana all'esercizio delle discipline militari ed equestri.

L'oracolo affermava il proposito di erigere una città per contenere le incursioni dei Salassi, sempre più pressanti sul finire del II sec. a.C. Occorreva dunque una colonia potente che fosse non solo presidio contro i Salassi ma anche via d'accesso ai Valichi alpini.

La sua fondazione, come testimonia Vellejo Patercolo, avvenne nell'anno 100 a.C., sotto Caio Mario. Furono eretti templi, basiliche, l'anfiteatro e il magnifico tempio dedicato al Sole, dove ora sorge la Cattedrale.

La colonia fu circondata da capienti scuderie e dotata di un acquedotto e di un grande teatro. Tacito parla di Eporedia nelle sue Historiae nei termini di "firmissima Traspadana Municipia".

Anche Cristoforo Celario e Sertorio Ursato definiscono Ivrea come municipio, mettendo in risalto l'importanza della città. Ma anche chi usa la definizione di colonia distingue tra colonia latina, sottomessa a Roma, senza privilegi ed autonomia, e colonia romana, quale era appunto Eporedia, dotata di proprie leggi e i cui abitanti erano considerati cittadini romani.

 

Origine del nome

Diversi autori e pubbliche scritture nominarono nel corso dei secoli in vario modo la città. Hiporegia, Eporegia, Evoreja, Eboreia, Eboria o anche Lamporeggio o Amporegio sono i nomi che si leggono talvolta, ma tutti questi non sono che una trasformazione dei due principali: Yporia ed Eporedia.

Il nome Yporia compare in autori medievali ad indicare che la città sorse su un promontorio, dal greco upò, sotto, e oros, monte. Tale denominazione si desume soprattutto dalle pergamene non anteriori al X secolo d.C., conservate nell'Archivio della Cattedrale.

Molto più diffuso è il termine Eporedia, adottato dai Romani e da tutti gli antichi scrittori sia greci sia latini come Plinio, Tolomeo, Strabone, Tacito, Patercolo, Antonino. Cicerone in una sua epistola ne fa il plurale, Bruto nella risposta allo stesso Cicerone usa il singolare.
Eporedia è il nome presente su tutte le iscrizioni latine portate alla luce sia in città sia in Roma.
Plinio lo fa derivare dall'abilità dei suoi abitanti nel maneggio dei cavalli, perché tra i Galli era diffuso l'appellativo di Eporedici per contraddistinguere i più eccellenti domatori di equini.

Molti storici concordano sull'interpretazione del nome Eporedia come stazione di carri equestri o mansione di conduttori di carri equestri, facendo risalire l'origine del termine all'idioma gallico epo, al greco ippo e al latino equo, cioè cavallo e . reda, che in gallico significa carro. 

 

Ivrea  Romana

Il conflitto tra i Romani, che ambivano al controllo dei valichi alpini indispensabili ai fini mercantili, e i Salassi, popoli di origine gallica, indipendenti e fortemente radicati sul territorio canavesano, si risolse con il successo della seconda spedizione militare guidata da Appio Claudio, dopo che la prima nel 141 a.C. era stata sconfitta.

Se pur vinti i Salassi, confinati sulle montagne, continuarono ad essere pericolosi, sì da indurre i Romani a fondare il presidio fortificato di Eporedia. Le ostilità durarono per altri settantacinque anni, e solo nel 25 a.C., i Salassi, secondo la testimonianza dello storico Strabone, si arresero definitivamente.
Il primitivo presidio intanto si era trasformato in una città popolosa, sede di importanti scambi commerciali.

I suoi abitanti erano regolarmente iscritti come appartenenti alla tribù Pollia e godevano di tutti i diritti politici e civili riservati ai cittadini romani. Eporedia fu costruita secondo il sistema classico della centuriazione, ossia la suddivisione agraria in reticolati di strade e canali. Si ritiene che la colonia avesse i suoi limiti nella Serra ad Est, nel corso dell'Orco a Ovest, a Nord nel territorio di Bard e a Sud nella confluenza della Dora con il Po.

Il tracciato di Eporedia presentava una pianta pentagonale, poiché la natura del terreno non del tutto pianeggiante costrinse i Romani a modificare leggermente il sistema ortogonale, con cui tracciavano la pianta delle città, secondo il modello del Castrum. Per il resto evidenziava le caratteristiche romane classiche con le due vie perpendicolari tra loro: il Decumanus maximus (ora Via Palestro e via Arduino) da Est ad Ovest, e il Cardo maximus (ora probabilmente via Quattro Martiri). Parallelamente al Decumanus maximus, su una serie di fasce terrazzate, era distribuita la città, il cui massimo incremento edilizio di epoca romana risale al I secolo d. C.

Durante l'Impero, Ivrea condivise la sorte delle altre colonie, prosperando e incrementando i traffici commerciali, e anche subendo le persecuzioni contro i cristiani. Nel 306 d.C., quando fu eletto imperatore Massenzio, la città lo riconobbe quale suo principe, ma, nel 312, si sottomise al vincitore Costantino. Dopo il suo famoso Editto, un forte impulso alla diffusione del Cristianesimo si verificò ad opera del cittadino eporediese Gaudenzio, vescovo di Novara. E mentre ancora questo era in vita, anche Ivrea divenne sede vescovile. L'anno non risulta definito, ma quasi tutti gli storici concordano sul nome di S. Eulogio, come primo vescovo della città.

 

Anfiteatro Romano

L’edificio si innalza sul lato meridionale della via per Vercelli. È in parte costruito su terrapieno, contenuto a Sud da un possente muraglione rettilineo (presumibilmente resto di un recinto che circonda l’intera struttura), in parte su muri radiali. Sempre sul lato meridionale, il muro esterno è rafforzato da concamerazioni semicircolari. Al centro dell’arena era un vano ipogeo, collegato tramite scale e corridoi ai locali di servizio sottostanti la cavea. Il percorso sotterraneo è evidentemente funzionale al movimento di belve, gladiatori e macchinari. Un ambulacro che corre sotto il podio collega vani di servizio costruiti in corrispondenza degli assi e aperti sull’arena. All’estremità dell’asse maggiore si aprono due ingressi monumentali, chiusi da porte non meno monumentali di quelle della città. Lastre di bronzo con borchie applicate, presumibile decorazione di un balteo, sono state rinvenute nell’arena.

 

Città di Confine

L'importanza storica di Ivrea è motivata dal suo essere stata per secoli città di frontiera.
Il ruolo di Eporedia già al tempo del dominio romano fu duplice: non solo indispensabile e unico snodo oltre le Alpi, percorso da mercanti e soldati, ma anche area fortificata a difesa dalle incursioni dei Salassi, bellicosa popolazione celto-ligure, stanziata nell'attuale Valle d'Aosta.

La città, la cui giurisdizione si estendeva all'epoca sull'area geografica denominata oggi Canavese, era dunque percorsa dall'antica via delle Gallie che attraverso la Valle d'Aosta e i Valichi del San Bernardo univa l'Italia all'Europa. Tale via assunse nel corso dei secoli varie denominazioni: Francigena, in memoria dei Franchi che l'avevano restaurata a scopo militare, Regia o Romea, a ricordo dei pellegrini che si recavano a Roma.

Il ruolo di città di confine fu mantenuto da Eporedia anche al tempo dell'occupazione longobarda: nel 772 divenne ducato fortificato in funzione antifranca nel territorio compreso tra i fiumi Orco e Sesia, da Ivrea a Vercelli.
Volto al termine il regno longobardo, Carlo Magno istituì ad Ivrea la Marca, che comprendeva quasi tutto l'attuale Piemonte, con funzione di difesa contro gli attacchi dei regni potenzialmente in conflitto con quello italico e contro le incursioni dei Saraceni dalla Provenza.
Tra l'850 e il 950 la grande Marca di Ivrea si spingeva dal Piemonte alla Liguria per poi ridursi nel 1015 con la morte di Arduino.

 

 

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