LIBARNA

 

Il motivo conduttore della storia di Libarna è quella strategica ubicazione a cavallo dei transito tra la Val Padana ed il Mar Ligure che ne determinò con ogni probabilità, l'enucleazione in epoca pre-romana, come attesterebbe il toponimo di matrice tipicamente ligure, e con indubbia certezza l'accrescersi dell'impottanza. Importanza cui massimamente assurse, anche per le ripercussioni economico- politiche nel territorio più propriamente peninsulare dell'Italia, come città romana. 

In età repubblicana, come abbondantemente attestato dalle monete argentee rinvenute nel suolo di Libarna, la città presentava un abitato fiorente. Con l'avanzata romana il luogo ancor prima che in qualità di transito acquista importanza come punto strategico in quanto passaggio per e dagli Appennini.

 Infatti conquistati i liguri dell'Appennino tosco-ligure ed emiliano, con le spalle ormai al sicuro, i romani affrontano gli Statielli. Siamo tra il 179 e il 175. Tra il 173 ed il 143 i romani sottomettono anche i Bagienni e la zona di Libama, utilizzata anche per il concentramento dei rifornimenti di buona parte dell'esercito impegnato, risente positivamente dei mutato assetto politico, avvantaggiandosi delle nuove realizzazioni stradali promosse dalla capitale che ne arricchiscono i commerci: così la via Postumia che congiunge Placentia a Genua passando per Dertona e Libarna si aggiunge intorno al 148 alle vie Flaminia ed Aemilia (Roma-Placentia). Poi nel 109 è la volta della via Aemilia Scauri (Dertona- Vada Sabatia). Elevata a colonia tra il 75 ed il 98 d.C. vedrà tra la fine dei 1 ed il principio del Il sec. d.C. l'elevazione dei principali edifici pubblici, teatro, anfiteatro, acquedotto. L'abitato fu servito da una curatissima distribuzione di acque. Fiorenti erano pure le industrie rifacentisi all'attività edilizia, lastre fittili, embrici, ecc. Le monete ci attestano la vitalità di Libarna fino alla tarda età imperiale, anche quando i documenti letterari ed epigrafici si fanno più scarsi. 

  

Nel IV secolo l'importanza della città è attestata dalla sua menzione al miliario XXXVI da Genua e al XXXV da Dertona nella Tavola Peutingeriana usata soprattutto per scopi militari e per i commerci. Ma nella metà circa dei V secolo, se pur, continua per i suoi abitanti rifugiatisi sulle alture circostanti, cessa improvvisamente la vita di Libarna-città che non riprenderà neppure quando la popolazione ritorna nel piano dove, anziché ripopolare l'antico abitato, fonda Serravalle. ,Il perché dei cambiamento? Ritiratisi dalla valle con l'avanzata dei barbari gli antichi abitanti trovano, al ritorno nel piano, la vecchia città ridotta dall'incuria a un cumulo di rovine: più facile costruirne una nuova col materiale a disposizione nelle case diroccate. Così quello che non fecero orde di invasori lo fecero gli stessi ex libarnesi per costruire la nuova città.

 

Struttura.


Tipica urbs romana con isolati racchiusi tra cardines e decumani, cioè tra due ordini di vie parallele, le une orientate in direzione N-S, le altre in direzione 0-E, intersecantisi ad angolo retto, anche se nel caso particolare di Libarna l'orientamento proprio delle strade risulta sfasato dall'essere tutto l'agglomerato urbano volto in direzione NO-SE, per cui l'indicazione delle strade come cardines e decumani è più convenzionale che legitti- ma. Alla lincarità della rete viaria si univa la regolarità della dislocazione degli impianti pubblici che vedevano il foro in posizione centrale, nella zona ora a monte della statale per Genova, tagliato dalla zona degli scavi da questa e dalle reti ferroviarie, all'incrocio tra la via Postumia, che attraversava l'urbs, ed il decumano massimo, il quale sfociava ad 0 nell'anfiteatro, come le terme ed il teatro in zona N, posto ai margini dell'abitato.


Anfiteatro


Di forma elissoidale, situato all'estrernità NO dei decumano massimo (alle spalle dell'arena è la depressione ove corre la Scrivia, dalle piene della quale lo proteggevano forse due muri íncrociantisi ad angolo retto) di cui l'asse minore è l'ideale prolungamento, su di una piazza a terrazza rettangolare è definito dagli studiosi arena di tipo provinciale e presenta quali caratteristiche principali la costruzione a fossa centrale come il più celebre anfiteatro di Verona, ottenuta mediante la duplice fatica dello scavo dell'arena, cioè dei luogo ove avvenivano gli spettacoli. al di sotto del livello del terreno e dei rialzo delle gradinate sulla terra riportata opportunamente cementata da costruzioni anulari e radiali. In linea con l'asse maggiore sono stati localizzati, muniti di celle forse adibite alla vendita delle tesserae, due ingressi principali per i quali si è potuta intuire, dal ritrovamento di laterizi a cuneo, una copertura a volta, ma ai posti, ripartiti su uno o due oridini, si accedeva mediante altri 26 passaggi, tutti ben visibili lungo il muro perirnetrale. Due di essi sono in linea con l'asse minore determinando, in simmetria con quelli dell'asse maggiore, una divisione dell'elissoide in 4 parti uguali contenenti ugual numero di passaggi: presso quello ordinato con la parte orientale dell'asse minore il ritrovamento di massi squa drati presso una soglia fece pensare già al Monaco di trovarsi in presenza della porta libitinaria, ovvero della porta àttraverso la quale i giadiatori caduti erano portati fuori dall'arena. 

 

Sempre in linea con l'asse miiiore ma nel sottosuolo è stato invece riportato alla luce un corridoio che, percorrendo l'are- na in tutta la sua lunghezza con leggera inclinazione, dopo aver toccato un grande pozzo semicircolare, confluisce, in corrispondenza al centro dell'elissoide, in una sala di forma rettangolare con absidi terminali affrontate, posta in comunicazione coi piano dell'arena da una piccola scala. L'arena in origine era chiusa da un podio costituito di quadrelli di arenaria poggiante su di uno strato di 1 m. di ciotoli e quadrelli in muratura; sporgente ora di 50 cm. sul piano dell'arena il podio aveva in realtà un'altezza assai maggiore essendo ben più alti i muri radiali della cavea ed era presurnibilmente rivestito di lastre marrnoree. Gli assi della costruzione sono di m. 66.36,70 per la sola arena e di m. 77.47,70 per il recinto completo, arena e cavea, quanto alla platea che circonda l'anfi- teatro le dimensioni sono di m. 98,20.68,20. Già i primi scavi stabilirono che all'estemo la costruzione non aveva rivestimento decorativo, ma solo lesene a sporgenza leggera, come si potè arguire da un piccolo avanzo. La fine della costruzione fu dovuta, prematuramente e diversamente, per quanto è dato di capire, rispetto il resto della città, nella la metà del IV sec. ad un incendio che trovò alimento nel legname impiegato per le apparecchiatura e per la copertura lignea: questa distruzione non esclude però la possibilità di un ripristino da parte della popolazione, avanti che si delineasse il bisogno di abbandonare la città.

 

Teatro

A Sud Ovest del quartiere dell'anfiteatro, tagliati dalla zona archeologica dello stesso dalla linea ferroviaria MI-GE e racchiusi tra questa e la TO-Roma, si trovano i resti del teatro.La costruzione, a normale forma di esatto emicielo caratteristica dei teatro ro- mano, presenta, come già l'anfiteatro, strutture curvilinee di conteniinento del- la terra riportata sulla quale poggiavaíio le gradinate, cavea, che si affacciavano su scena rettangolare con palcoscenico originariamente a copertura lignea, delimitato da parasceni,   o locali laterali, per una lunghezza totale pari al diainetro della cavea, 35 m., e con buche per i contrappesi di manovra del sipario. Confinanti con la scena e a retro di essa sono i resti dei quadriporto, corridoio coperto dove gli spettatori potevano passeggiare e ripararsi in caso di maltempo. Ma il teatro di Libarna presenta due particolarità costruttive che hanno destato l'interesse degli studiosi. La prima, di carattere prettamente architettonico, consiste nella presenza di 3 parodoi, ingressi, due laterali come d'uso, e una centrale. Questa parodos centrale, assai inconsueta nei teatri romani, posta perpendicolarmente rispetto il frons scenae divide la cavea in due settori speculari di uguali dimensioni, ma la sua particolarità non si limita alla sola presenza quanto al fatto che per dimensioni risulta essere l'ingresso principale. Esso presenta a metà circa della propria lunghezza due nicchie affrontate semicircolari nelle quali dovevano esser contenute statue, presumibilmente a carattere onorario, o fontane. Le tre parodoi, che vanno restringendosi verso l'intemo di circa 1/2 metro, sfociano nell'orchestra, lo spazio libero tra la scena e la cavea, che di queste ripete in piccolo le dimensioni e la forma a emicielo, residuo del teatro greco, dove ospitava il coro, poi mancante nel teatro romano, nel quale è riutilizzata per l'accesso degli spettatori alle gradinate. L'orchestra era attraversata da un grande canale di scarico, ben visibile, in linea con la parodos centrale. Nel teatro sono rinvenibili altri tre con- dotti idrici di cui uno, asimmetrico con la costruzione, della quale tagliava diago- nalmente la cavea, era ad essa preesistente. Tra scena e orchestra si possono vedere tre muretti paralleli. Nel corso degli scavi sono stati rinvenuti alcuni piloni predisposti, mediante incavo ad U sulla sommità, all'appoggio dei travi di sostegno del palcoscenico, e tre scalini che portavano al piano della scena, sopraelevato rispetto l'orchestra. L'altra particolarità è invece un'alterazione strutturale ed è data dalla presenza nel lato dell'emicielo esposto a Nord di vani absidati aperti tra i muri radiali, vani che mancano invece nella zona Sud dello stesso emicielo, cosa non attribuibile all'azione distruttrice del tempo se al loro posto vi sono invece le rimanenze di un muro di fondo, con interruzioni in prossimità delle aperture d'accesso al piano superiore, decorato con lesene in cotto sporgenti dalla parete. Di questa alterazione attendibile spiegazione fornita dagli studiosi è che il muro della facciata Sud sia quello originario della costruzione e che i vani absidati Nord gli siano stati sostituiti in seguito ad un cedimento dello stesso in tale zona. Si ritenne dovuta a questo la costruzione di un anello più esterno ad arcate che avrebbe avuto in tal caso duplice funzione di aumentare la capienza della cavea e coprire le diverse strutture dell'ex- facciata. Tale anello esterno presenta i resti di grossi pilastri che delimitavano arcate di in. 2.40 di luce. La facciata era certamente in due ordini. Le parti ornamentali esterne, pilastri, capitelli e fregi, erano in arenaria, usata comunemente a Libarna per la sua diffusa presenza nelle cave locali. Altri ritrovamento marmorei nell'arca di Libarna non escludono la possibilità di un rivestimento interno dei teatro in marmo. La datazione, non certa, è stata variamente messa in relazione con l'epoca di maggior sviluppo demografico ed edilizio della città che coinciderebbe con le probabili epoche di costruzione, nel Il sec., e di ampliamento, nel III, e con la presenza della parodos centrale, che, per esigenze di ordine pratico, compare nel teatro romano allorché il locale si apre ad altre rappresentazioni che non le consuete, quali i ludi gladiatori, all'incirca nel III-IV sec. dell'Impero.


Case di abitazione


La panoramica più completa dei criteri edilizi delle  case di abitazione di Libarna è fornita dal quartiere dell'Anfiteatro, vale a dre dagli isolati ad esso  prospicienti, fiancheggianti il decumano massimo, poiché, essendone state riportate alla luce con completezza le fondamenta, consente ora l'osservazione in pianta dei sistemi distributivi dei locali. Tale quartiere a carattere periferico, l'anfiteatro delimitava l'abitato nella zona Ovest ed era lontano dal foro, ci fornisce l'indicazione di un urbanesirno illuminato, per lo meno nel periodo di maggior sviluppo della città, cui tale zona risale, da ragioni di ordine e regolarità suggerite dalla priorità della rete viaria assoggettante, e non assoggettata dalle case da costruirsi. I nuclei, come osserva la Finocchi, «sono alcuni per isolato, accessibili da vestiboli o corridoi affiancati alle tabernac su strada, dei tipo a cortile con porticato, con elementi architettonici tipici delle case ostiensi del Il sec. dell'Impero». cienti, fiancheggianti il decumano massimo, poiché, essendone state riportate alla luce con completezza le fonda- menta, consente ora l'osservazione in pianta dei sistemi distributivi dei locali. Tale quartiere a carattere periferico, l'anfiteatro delimitava l'abitato nella zona Ovest ed era lontano dal foro, ci fornisce l'indicazione di un urbanesirno illuminato, per lo meno nel periodo di maggior sviluppo della città, cui tale zona risale, da ragioni di ordine e rego- larità suggerite dalla priorità della rete viaria assoggettante, e non assoggettata dalle case da costruirsi. I nuclei, come osserva la Finocchi, «sono alcuni per isolato, accessibili da vestiboli o corridoi affiancati alle tabernac su strada, dei tipo a cortile con porticato, con elementi architettonici tipici delle case ostiensi del Il sec. dell'Impero». Sul lato destro del decumano massimo fondamenta di esigua entità di spessore hanno fatto pensare a costruzioni di scarsa elevazione, forse botteghe a solo pian terreno, forse scuderie o magazzini. Nell'isolato Nord è interessante la soluzione prospettata da un grande cortile centrale con area perimetrale porticata ,intorno al quale si affacciano più nuclei. Purtroppo occultati alla vista del visitatore da rinnovato interramento o da distruzione sono pregevoli mosaici che rivelavano, insieme ad altri reperti di carattere voluttuario, bronzi figurati, sedili e fontane marmoree, pure mancanti in sede, l'accuratezza delle costruzioni dei resto manifestata anche nell'efficienza della rete di approvvigionamento idrico, che serviva le abitazioni, fornite di pozzi e fontane, appoggiato da un'ottirna rete di scarico che faceva confluire le acque in collettori sottostanti la rete stradale e di qui le convogliava nello Scrivia.

 

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