SUBIACO
Subiaco, dal latino "sub lacus" ossia "sotto i laghi", i tre laghi, appunto, che Nerone costruì artificialmente tramite un ingegnoso sistema di dighe come ornamento per la sua sontuosa dimora. Subiaco divenne selvaggia, primitiva e pressoché irraggiungibile. Per questo forse, San Benedetto la ritenne adattissima a soddisfare il suo bisogno di penitenza e mortifica-zione. L'origine di Subiaco può essere - secondo lo storico Gregorio Jannuccelli - ricollegata a tre diverse epoche: la prima ne suppone l'edificazione prima dell'età volgare; la seconda al sec. I d.C. e la terza nel sec. VII. Comunque, il primo che portò alla ribalta della storia la Regione Sublacense fu l'imperatore Nerone che, nel sec.I d.C., fece costruire una sontuosa villa, soggiornandovi fino al 60 circa, e tre laghi artificiali lungo il corso dell'Aniene (i Simbruina Stagna, di cui parla Tacito negli Annales, XIV, 22).
La villa si estendeva su una superficie di due chilometri e mezzo, era arredata con sfarzo, ornata di marmi preziosi, mosaici, colonne e statue. Oggi di essa non restano che pochi ruderi ed anche i laghi non esistono più, poiché le dighe abbandonate, finirono per crollare. Il primitivo nucleo abitato di Subiaco si trovava a "Pianiglio" (dove attualmente è lo Stadio Comunale), come dimostrano i rinvenimenti di catacombe del IV secolo. Qui si trova la più antica chiesa della cittadina, S.Lorenzo, che testimonia l'atto ufficiale della nascita di Subiaco, il 10 agosto del 369, in quanto simbolo della donazione dei territori e dei beni del patrizio romano Narzio (il tutto è documentato da una charta) al papa Damaso e agli abitanti. Nell'anno 480 giunse a Subiaco il giova-ne Benedetto da Norcia che - dopo tre anni di meditazione - fondò, lungo la Valle dell'Aniene, tredici monasteri e concepì la "Regula", struttura portante dell'Ordine Benedettino. Costretto, dopo circa un trentennio di apostolato, a lasciare la regione sublacense, si rifugiò a Montecassino ove morì intorno al 547. Poco dopo al morte del santo la Valle dell'Aniene fu coinvolta, come tante altre zone d'Italia, nella guerra gotico-bizantina, costringendo gli abitanti a rifugiarsi in luoghi meno accessibili, dando vita ai centri di Vallepietra, Trevi e Filettino. Tra il VI e il IX secolo una serie d'incursioni barbariche lasciò tracce riconoscibili nel territorio; in particolare vennero distrutti, da parte dei Saraceni, dodici dei tredici monasteri fondati da S. Benedetto, lasciando soltanto quello di S. Scolastica. All'inizio del sec. X i documenti storici diventano più attendibili e numerosi, e ci indicano un periodo feudale sotto l'Abate Leone III. Il periodo che va dalla seconda metà del sec. XI alla prima del XII segna, per Subiaco, il massimo splendore. Sono di questo periodo, infatti, i restauri di S.Scolastica e la costruzione della Rocca Abbaziale (o Rocca dei Borgia), cui seguì quella del Monastero del Sacro Speco, sino ad allora semplice grotta anche se reputata santuario dall'epoca di S.Gregorio Magno.
A
questo periodo di sviluppo ne seguì uno meno roseo che determinò la cessazione
dei poteri feudali degli Abati. Inoltre un terremoto nel 1298, una successiva
piena dell'Aniene, lo scoppio della peste e un altro sisma nel 1348 resero la
vita dei Sublacensi particolarmente difficile. Nel 1456 fu nominato il primo
abate commendatario Giovanni Torquemada, riformatore della disciplina dei
monasteri nonchè degli statuti abbaziali. Fu sotto il suo regime che a S.
Scolastica venne impiantata la prima tipografia in Italia a caratteri mobili, ad
opera degli stampatori tedeschi C. Schweinheim ed A. Pannartz, nel 1465. Al
Torquemada successe il card. Rodrigo Borgia, che doveva salire al soglio
pontificio col nome di Alessandro VI non prima, però, che a Subiaco vedessero
la luce i suoi figli Cesare e Lucrezia. Dopo di lui si avvicendarono, nel regime
della Commenda, le signorie dei Colonna e dei Barberini rispettivamente nel 1500
e 1600. Finalmente nel 1753 il papa Benedetto XIV separava il potere temporale
della Commenda (trasferito alla Sacra Consulta) da quello
spirituale. L'Abbazia entrava a far parte, come entità politica, dello
Stato Pontificio. Fra i cardinali di questo periodo va particolarmente ricordato
Giovannangelo Braschi, divenuto poi Papa col nome di Pio VI. Il cardinale
promosse una serie di opere: ampliamento della cartiera, erezione della Basilica
di S.Andrea Apostolo (1789), ristrutturazione della Rocca dei Borgia,
sistemazione ur-banistica della città, istitu-zione di una biblioteca
pub-blica; inoltre si fece l'onore di fregiarsi del titolo di "Città"
pur non avendone i requisiti. I Sublacensi, rico-noscenti, gli innalzarono un
Arco Trionfale, recentemen-te restaurato. Nei primi anni dell' 800 ci fu
l'occupazione da parte delle truppe francesi, seguita nel 1849 e nel 1867 da
quella dei Mille di Garibaldi che diedero luogo, tra l'altro, a sanguinosi
scontri con gli Zuavi. Tra varie vicende - che viderò la città in un nuovo
periodo di decadimento - si arriva al marzo del 1915, con la soppressione totale
della Commenda per volere di Benedetto XV. La valle dell'Aniene offre, nei
pressi dell'antica cittadina di Subiaco, un affascinante insieme di sacro e
profano che non può non attirare anche il turista più frettoloso,ad esempio
infatti, a soli quindici chilometri dal paese, si erge il monte Livata, la
"Montagna della capitale", meta invernale degli sportivi amanti dello
sci, mentre lungo il fiume Aniene, che nei pressi di Subiaco scorre ancora
pulito e ossigenato, si svolgono d'estate gare di pesca e di canoa.
che pochi ruderi ed anche i laghi non esistono più, poiché le dighe
abbandonate, finirono per crollare. Il primitivo nucleo abitato di Subiaco
si trovava a "Pianiglio" (dove attualmente è lo Stadio Comunale),
come dimostrano i rinvenimenti di catacombe del IV secolo. Qui si trova la più
antica chiesa della cittadina, S.Lorenzo, che testimonia l'atto ufficiale della
nascita di Subiaco, il 10 agosto del 369, in quanto simbolo della donazione dei
territori e dei beni del patrizio romano Narzio (il tutto è documentato da una
charta) al papa Damaso e agli abitanti. Nell'anno 480 giunse a Subiaco il
giovane Benedetto da Norcia che - dopo tre anni di meditazione - fondò, lungo
la Valle dell'Aniene, tredici monasteri e concepì la "Regula",
struttura portante dell'Ordine Benedettino. Costretto, dopo circa un trentennio
di apostolato, a lasciare la regione sublacense, si rifugiò a Montecassino
ove morì intorno al 547. Poco dopo al morte del santo la Valle dell'Aniene fu
coinvolta, come tante altre zone d'Italia, nella guerra gotico-bizantina,
costringendo gli abitanti a rifugiarsi in luoghi meno accessibili, dando vita ai
centri di Vallepietra, Trevi e Filettino.
VILLA DI NERONE
La notorietà
archeologica della zona sublacense è legata alla presenza della grande villa
che Nerone fece costruire lungo l'Aniene; non mancano però dati, il più
importante dei quali è l'individuazione di un muro in opera poligonale, dai
quali si può ipotizzare che Subiaco fu già un oppidum degli Equi ancora
attivo, come si deduce da alcune testimonianze epigrafiche, nella tarda età
repubblicana. Già prima di Nerone, comunque, la zona era nota ai Romani, visto
che tre dei nove acquedotti che rifornivano la capitale, e cioè l'Acqua Marcia,
la Claudia e l'Anio Novus provenivano dalla zona sublacense. Fu però Nerone
che,
come dice Frontino, riutilizzando forse una strada di servizio degli acquedotti,
fece costruire la via Sublacense per facilitare l'accesso alla sua villa. La
strada antica, ricalcata fino a Subiaco da quella moderna, si teneva alla destra
dell'Aniene ma in prossimità del centro abitato passava sulla sinistra, come è
possibile ricostruire in base alla scoperta del tracciato antico; tale
tracciato, dopo aver servito i nuclei della villa, saliva verso gli Altipiani di
Arcinazzo.
La
costruzione risale ai primi anni del regno di Nerone; nel 60 era già abitata:
Tacito narra che la sommossa di Rubellino Plauto avvenne lì. La villa, assai
originale come struttura, era costituita da una serie di nuclei separati
disposti forse con corrispondenza simmetrica lungo le rive dei laghi creati
artificialmente per mezzo di tre dighe, due delle quali sono state identificate
con una certa sicurezza, la prima a Ponte S.Mauro e l'altra presso la Cartiera.
Ignoriamo per ora in che rapporto questi nuclei fossero tra loro: erano comunque
uniti da un grandioso ponte che collegava le due sponde, chiamato Ponte Marmoreo
dalle fonti medievali, e di cui oggi restano scarsi resti. Nella villa gioca un
ruolo di primo piano il paesaggio aspro e selvaggio dell'alta valle dell'Aniene:
la gola stretta e boscosa, le rocce precipiti, le acque vorticose potevano
soddisfare la predilezione di Nerone per i laghi, le cascate, i giochi d'acqua.
le grotte: quel gusto architettonico che si riscontra nella struttura di altri
complessi neroniani (si pensi alla Domus Aurea e alla villa di Anzio) e che
trova il confronto più vicino con la villa di Manlio Vopisco a Tivoli. Non è
escluso che alla scelta del luogo abbia contribuito la prescrizione di bagni
freddi fatta dal medico Chamis, secondo il racconto di Plinio. Le fonti non ci
dicono chi furono gli architetti di questo complesso, ma la villa è una tale
esercitazione di architettura ingegneristica con la costruzione delle dighe, i
tagli della roccia, i padiglioni a terrazze, che non si può fare a meno di
pensare a Severo e Celere i quali, come rileva Tacito quae natura
denegavisset, per artem temtare. Secondo i calcoli approssimativi, ma
sufficientemente indicativi, la superficie complessiva della villa è stata
calcolata a 75 ettari, 15 in più della parte scavata di Villa Adriana. Di un
complesso archeologico di tale estensione e importanza manca tuttora una
pubblicazione complessiva; che io sappia, finora non è stato mai pubblicato un
rilievo, né mai sono stati presi in considerazione i materiali. Anche gli
scavi, ridotti di numero, sono stati eseguiti a grandi intervalli. I primi saggi
risalgono al 1818, nel 1882, durante i lavori per la costruzione della strada
Subiaco-Jenne, vennero alla luce due nuclei della villa sulla destra del fiume,
all'altezza del primo lago; di essi è stato ritrovato in archivio un vecchio
rilievo del 1888: uno dei due, oggi quasi del tutto scomparso, era costituito da
un lungo corridoio ad angolo ed era riccamente decorato; da qui provengono la
Testa femminile dormiente e l'Efebo di Subiaco del Museo delle Terme. Tale
nucleo è probabile che si estendesse anche sotto l'attuale Monastero di Santa
Scolastica, dove sono state rinvenute numerose strutture. Del secondo nucleo,
situato sulla testata destra del Ponte Marmoreo, furono scavati circa 10
ambienti relativi ad una zona di bagni, come attestano i resti di un ninfeo e
varie canalizzazioni. Dopo un intervallo di più di 60 anni, saggi condotti da
Mario Torelli sulla sinistra del fiume, individuarono altri due nuclei: uno in
località Pianello, era costituito da grandiose costruzioni parallele in opera
cementizia, forse destinate a sistemazioni di giardinaggio; il secondo,
leggermente più in basso, era un grande padiglione a due piani: nel piano
superiore una grande nicchia absidata, fiancheggiata da nicchie minori; nel
piano inferiore un grande corridoio finestrato e una serie di ambienti
comunicanti, alcuni con resti di pitture datate da Torelli al III secolo
avanzato.
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