RIVOLTA GERMANICA


Quando Vitellio partì dalla regione del Reno per contrastare l'impero ad Otone, aveva lasciato a guardia del confine truppe arruolate fra le popolazioni del paese e specialmente fra i Batavi, ramo della tribù dei Chatti che stanziavano nella parte meridionale degli odierni Paesi Bassi. Appena avuto l'impero, Vitellio, alle prime notizie giuntegli dall'Oriente aveva ordinato ai Batavi nuove leve di truppe con le quali sperava di poter fronteggiare Vespasiano. Ma a sconvolgere i disegni dell' imperatore era sorto un uomo di grande tenacia e di smodata ambizione.  Era questi Giulio Civile.

Nato da principesca famiglia Batava, costui era stato condotto in prigione a Roma per ordine di Nerone che ne aveva fatto uccidere il fratello; rimandato libero da Galba era a stento in Gallia scampato dalle mani dei legionari che volevano ucciderlo credendolo complice dell'assassinio di Fonteio Capitone. Spinto dall'odio che nutriva contro le legioni romane della Germania, aveva aderito al movimento di Antonio Primo ed era riuscito a sollevare in favore di Vespasiano le popolazioni germaniche del Basso Reno, tra le quali i Canninefati, che, proclamato re Brinnone, si erano alleati coi Frisii e insieme avevano assalito il campo di due coorti romane. In breve la rivolta s'era propagata tra le schiere ausiliarie germaniche dell'esercito romano e anche della flotta  presente sul Reno.
A ridurre all'obbedienza i ribelli fu Ordeonio Fiacco, comandante della Germania inferiore; aveva mandato Muoio Luperco con due legioni romane, un forte corpo di cavalleria batavica e numerose milizie ausiliarie, ma queste, giunte di faccia al nemico, erano fuggite, la cavalleria era passata dalla parte dei ribelli e le due legioni a stento si erano salvate rifugiandosi nel campo di Castra Vetere.
I ribelli avevano posto l'assedio al campo e intanto il loro numero veniva ingrossato dalle otto coorti di Batavi, rimandate indietro da Vitellio dopo la battaglia di Cremona, e dalle tribù dei Bructeri e dei Tencteri. Giulio Civile aveva invitato i legionari assediati a prestar giuramento di fedeltà a Vespasiano, ma essi si erano rifiutati ed avevano valorosamente respinto i vigorosi assalti degl'insorti.

Malgrado il propagarsi della rivolta non tutto era perduto per i Romani e Ordeonio avrebbe potuto con probabilità di successo marciare contro i ribelli e liberare gli assediati di Castra Vetere se le truppe al suo comando fossero rimaste disciplinate. Ma queste, che erano rimaste fedeli a Vitellio, erano in aperto dissidio con parecchi dei loro capi partigiani di Vespasiano. Da qui sospetti e malumori che avevano esautorato Ordeonio, il quale alla fine era stato sostituito nel comando, per volere dei soldati, da Dellio Vocula
Giunta la notizia della morte di Vitellio, Vocula aveva fatto giurare ai legionari fedeltà a Vespasiano ed aveva invitato Giulio Civile a deporre le armi. Ma questi fin dai primi successi aveva pensato di volgere la situazione in favore suo ed aveva carezzato l'idea di un regno indipendente e alla richiesta di Ordeonio aveva risposto che lui combatteva per la libertà del suo paese e della sua gente. Più tardi una parte delle truppe era tornata all'obbedienza del suo capo, ma ormai la ribellione si era estesa nella Gallia, capeggiata dai nobili della Belgica: Giulio Classico e Giulio Tutore del paese dei Treviri, Giulio Sabino dei Lingoni. Classico, fatto trucidare Vocula, aveva proclamata la indipendenza» della Gallia, facendo prestare il giuramento alle truppe di Dellio; stesso giuramento erano stati costretti a fare i presidii di Colonia Agrippina e di Magontiacum. Solo le due legioni di Castra Votere resistevano ancora, ma erano ormai agli estremi e, mangiati i cavalli, ora si cibavano di radici. Costretti infine dalla fame, questi valorosi si erano arresi e i ribelli, violando la promessa fatta di conceder loro salva la vita, li avevano trucidati tutti. 
La resa di Castra Voterà aveva guadagnato proseliti alla ribellione, Tungri e Nervii si erano uniti a Civile, e Giulio Sabino con i suoi Lingoni aveva passato la Saóne per ribellare i Sequani, rimasti fedeli a Soma, ma, sconfitto, aveva dovuto salvarsi con la fuga.

A questo punto erano le cose nella Gallia e nelle regioni renane quando Licinio Muciano giunse a Roma. Ridato l'ordine alla città, egli pensò per prima cosa a domare le insurrezioni dei popoli del nord. Chiamò sul teatro della guerra una legione della Britannia, due altre ve ne mandò dalla Spagna e quattro dall'Italia. Tutte queste forze erano poste sotto il comando di Petilio Ceriale ed Annio Gallo. Le legioni romane ai scontrarono coi Treviri sulle rive della Nahe e li sconfissero; altra sconfitta i Treviri la ebbero alla Mosella e il giorno dopo la città di Trer cadde in mano delle truppe di Petilio.

I diversi popoli ribelli, fra i quali dopo i primi successi sorgeranno dissidi per motivi di egemonia, all'avvicinarsi del nemico avevano abbandonati le loro liti ed ora s'apprestavano a vendicare le due sconfitte. Civile, Classico e Tutore, alla testa delle loro schiere assalirono improvvisamente l'esercito di Ceriale e riuscirono in un primo tempo a sbaragliarlo, ma Petilio potè riordinare le sue truppe e lanciarle all'assalto così vigorosamente che gli eserciti collegati subirono una disfatta sanguinosa. Colonia cadde in potere dei Romani e la popolazione fece orribile massacro dei Germani che vi si trovavano; Tungri e Nervii si sottomisero, e questi ultimi presero le armi contro i Canninefati. Furono però battuti, mentre un altro esito infelice fu l'azione della flotta romana contro i sudditi del re Brinnone. Anche presso Novesio, alcuni squadroni di cavalieri romani riportarono un insuccesso contro le truppe di Classico. 

Ma non erano queste lievi vittorie che potevano rialzare le sorti dei ribelli. Le quali furono decise nelle vicinanze di Castra Vetere. Qui si era accampato Giulio Civile con il suo esercito e per rendere più forte la posizione aveva rotta la diga di Druso, poi aveva assalito da due parti l'accampamento. I legionari respinsero l'attacco, ma gli ausiliari furono battuti ed avrebbero compromessa la giornata se in loro aiuto non fosse prontamente accorso con la cavalleria Petilio Cenale, che, caricato risolutamente il nemico, lo ricacciò al di là del fiume.
Civile, inseguito dai vincitori, a stento riuscì a salvarsi nuotando.
Dopo questa sconfitta Giulio Civile comprese che non era più possibile continuare la lotta con speranza di successo; si affrettò quindi a intavolare trattative coi Romani, e Petilio Ceriale fu ben lieto di concedergli la pace, con la quale i Batavi ritornavano rispetto a Roma nelle condizioni di prima, cioè di alleati; ma anche con l'obbligo di fornire all'impero un certo numero di soldati.

 

 

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