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TRA STORIA E MITO

Nel Libro etiopico e apocrifo di Enoch, che nell’antico testamento è citato come colui che ha camminato con Dio, risalente al II sec. a. C., derivante dal libro di Noè, e che fece parte, tra l’altro, della bibbia fino al II sec. d. C. riporta fatti precedenti il diluvio, che narrano: “E ciò avvenne quando i figli degli uomini si moltiplicarono, quelli che in quei giorni vennero alla luce. Fra di loro erano belle e seducenti figlie. “E gli angeli, i figli del cielo, le videro e le desiderarono e dissero fra loro "Andiamo, scegliamoci delle mogli fra le figlie degli uomini che ci partoriranno dei figli". E Semyaza, che era il capo, disse loro "Io temo che voi non siate concordi per compiere queste azioni ed io solo dovrò pagare la pena di un grande peccato". E tutti gli risposero e dissero "Facciamo un giuramento e leghiamoci tutti con imprecazioni comuni" […] E tutti gli altri insieme a loro presero delle mogli e ciascuno ne scelse una e cominciarono ad unirsi con loro e a sollazzarsi con loro e insegnarono loro vezzi ed incanti e a tagliare radici e a conoscere e distinguere le piante. Ed esse vennero fecondate e partorirono grandi giganti. Essi consumarono tutti i beni degli uomini e quando gli uomini non poterono più sopportarli, i giganti si volsero contro di loro e divorarono l’umanità […] Allora la terra mosse accusa contro i senza legge. E Azazel insegnò agli uomini a far spade e pugnali e scudi e corazze e fece loro conoscere i metalli e l’arte di lavorarli […] Semyaza insegnò loro incantesimi e il taglio delle radici, Arnaros a sciogliere gli incantesimi, Barakiel l’astrologia, Kokariel l’astronomia, Ezechiel la meteorologia, Arachiel i segni della terra, Sansiel i segni del sole e Sariel i corsi della luna”. Probabilmente furono questi “figli di Dio” a impartire quel “sapere” che poi fu dei Sciamani, “Simurgh” (uomo uccello del mito Iranico), Taumaturghi, (una setta d’ebrei guaritori), e dei i Giudei d’Alessandria, che operavano con erbe, muffe, radici e minerali polverizzati, avevano come simbolo un bastone con avvolto un serpente, che probabilmente rappresentava il potere e la conoscenza attribuiti al rettile; ricordo che lo stesso dio della medicina Asclepio riportò in vita il figlio di Minosse con un’erba medicamentosa rivelatagli da un rettile. Secondo il Midrash, lo stesso Dio, o Elohim, Yahweh, assumeva forma di serpente per compiere le sue vendette, In Esodo (4, 24) è Yahweh, ad assalire, in forma di rettile, Mosè, nella sua dimora deserta, di notte, ingoiandolo fino ai lombi. Curioso a questo punto ricordare che gli scienziati sovrapponendo alcuni elementi della molecola del DNA nell’intento di individuare quale essere umano visse per prima sulla terra, giunsero all’ipotesi che tra i 150.000 e i 250.000 anni fa proprio nella valle dei sumeri sia comparso il primo uomo. Oltre ad una possibile origine fenicia, un’ulteriore intreccio con l’origine sumerica, si riscontra analizzando scritti tratti dal poema sumerico di Dazumi ed Enkimdu, una crudele saga tra allevatori simile a quella biblica tra Caino e Abele. Inoltre altre similitudini ci giungono anche dal poema dedicato a Gilgamesh re di Erech, o Uruk, l’odierna Warka, che influì sulla leggenda greca di Ercole, basti pensare alle dodici fatiche imposte ad Eracle per raggiungere l’immortalità, citate dallo Pseudo Apollodoro di Atene, erudito ateniese (180 -110 a.C.) nella “Biblioteca”, libro II 4,12-5: "La Pizia (sacerdotessa oracolare) gli disse di stabilirsi a Tirinto, e di servire per dodici anni Euristeo compiendo le dieci imprese che gli sarebbero state ordinate: disse che in questo modo, dopo averle compiute, sarebbe diventato immortale. Udito ciò, Eracle si recò a Tirinto e si mise a fare quello che gli ordinava Euristeo”. In particolare all’undicesima fatica, cioè “l’appropriarsi delle mele d’oro del giardino delle Esperidi custodite da un Serpente immortale con cento teste nato da Tifone”, il gigante che rubò i fulmini a Giove; racconti che influirono probabilmente, anche sull’albero della vita, “della conoscenza del bene e del male”, sulla nota storiella del Giardino dell’Eden di Adamo, Eva ed il Serpente, e sul Diluvio della Genesi; il fine è lo stesso “l’immortalità”. Nella Genesi (3,22) si legge chiaramente: il Signore disse: “Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi, conoscendo il bene e il male; e adesso che non tenda la mano, e prenda anche dell’albero della vita, e viva per sempre”; fatto che ricorda anche il nettare dei Dei, l’elisir della giovinezza estratto “dall’albero dell’haoma, amrita o soma”, custodito dal “Simurgh”, la mitica figura piumata dei miti iranici. Di questa ambrosia, o miele che pare sia stato un tempo raccolto assieme alla sura dai Brahmani e dai Rishi “Si viene ad immaginare che si beve il Soma, quando si pesta la pianta. Ma il Soma conosciuto dai Brahmani, nessuno lo consuma. Custodito da quelli la cui missione è occultarti, difeso dagli abitanti dell’alto cielo, o Soma, tu ti conservi porgendo l’orecchio alle pietre: nessun essere terrestre ti consuma. Quando gli dei cominciano a bere te, o divino, allora tu ti gonfi di nuovo. Vayu è il giardino di Soma; Chandra è la norma degli anni”. Nei Rig. Veda VIII. 48 si legge:”Abbiamo bevuto il Soma; siamo diventati immortali; ci siamo avviati verso la luce; abbiamo trovato gli dei: Quale offerta potrà più provarci? E quale malvagità dei mortali? A noi, immortali!”

 

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