PORTO ALEGRE, LA LEZIONE LOCALE

L'"altro mondo possibile" attraverso nuovi spazi pubblici nelle città, nuovi istituti di democrazia, nuove forme di autogoverno. La "Carta del nuovo municipio"

ALBERTO MAGNAGHI

 

 

 

La Carta del nuovo municipio che abbiamo proposto al dibattito del World Social Forum di Porto Alegre* è un documento rivolto alle amministrazioni locali che evidenzia i nuovi importanti ruoli delle municipalità nella costruzione di alternative alla globalizzazione economica neoliberista; in questo contesto riteniamo centrale la sperimentazione di nuovi modelli di sviluppo fondati sulla valorizzazione durevole delle risorse sociali, ambientali, territoriali, che mettano in atto nuovi strumenti di democrazia diretta e di autogoverno, di relazioni "globali" non gerarchiche e solidali. Come giustamente scrive Vittorio Agnoletto (il manifesto 13.2.2001) "nell'era della globalizzazione, ove tutto sembra determinato da istituzioni economiche prive di legittimità ... ripartire dalla dimensione locale è fondamentale per la stessa possibilità di costruire campagne globali".

La sproporzione tra visibilità globale e incidenza locale dei nuovi soggetti sociali è evidente: un movimento che sta mettendo in serie difficoltà gli istituti della globalizzazione economica, non sempre si misura "sotto casa" con la costruzione di politiche, ad esempio con il produrre alternative alla privatizzazione e mercificazione dei servizi sociali e degli spazi pubblici nelle città. Fra un forum globale e l'altro è bene porsi il problema di come far avanzare localmente il "mondo diverso in costruzione": nei prossimi mesi saremo tutti impegnati nella verifica delle iniziative dei tanti amministratori locali che hanno sottoscritto la carta, proponendo sperimentazioni di "costituenti locali" che affrontino il problema concreto dell'attivazione di istituti di democrazia diretta che affianchino (e trasformino) gli istituti di democrazia delegata. E' questo il percorso per dare concretezza allo sviluppo locale "autosostenibile", che è divenuto un tema centrale nella discussione su possibili forme di globalizzazione dal basso, per la costruzione di un mondo plurale di relazioni solidali e non gerarchiche.

Gli incontri locali fra municipi e movimenti possono essere un momento importante della costruzione di questo "altro mondo possibile" attraverso la costruzione di nuovi spazi pubblici nelle città, di nuovi istituti di democrazia, di nuove forme di autogoverno delle comunità locali.

E' maturo ormai il problema di passare da una tradizione italiana di partecipazione - anche assai ricca di esperienze, a carattere consultivo, concertativo e pattizio su temi specifici, con pochi attori, sovente su progetti predeterminati - ad esperienze di partecipazione "costituente" di progetti di futuro socialmente condivisi da molti attori, che abbiano valenza decisionale. L'esperienza partecipativa di Porto Alegre, anche se riferita allo specifico del bilancio comunale, segna questo passaggio politico dalla consultazione a posteriori alla co-decisione ex ante.

Qui in Italia, dopo valanghe di documenti sullo sviluppo sostenibile, sulla sussidiarietà, sui progetti integrati, sulla partecipazione, sullo sviluppo locale, sulla concertazione e sui patti, è possibile porre con chiarezza il problema di individuare sedi in cui poter discutere e proporre visioni di futuro. Visioni del futuro di un luogo (un municipio, un'unione di municipi, un sistema territoriale locale, una autorità di valle, un "parlamento"di un fiume) che emergano dalla esplicitazione di una vasta rappresentanza di interessi sociali e di microesperienze di autogoverno non mercantile della vita quotidiana. Queste sedi "costituenti" dovrebbero realizzare un incontro a "mezza strada": da una parte le amministrazioni locali che intendono politicamente predisporsi all'ascolto e all'interlocuzione con gli attori sociali della trasformazione presenti su un territorio; dall'altra le componenti sociali (attori economici e culturali, associazioni, comitati, reti solidali, forum, ecc) disponibili a cercare esiti progettuali e operativi dell'"altro mondo in costruzione".

E' una sfida difficile: per i limiti istituzionali ed economici di autonomia decisionale degli enti locali e i vincoli della logica elettorale e del sistema partitico, ma anche per le difficoltà teoriche e pratiche inerenti la composizione e le forme decisionali di un tavolo costituente che allarghi la partecipazione agli attori deboli e senza voce, che metta insieme rappresentanze di interesse e abitanti.

Nonostante queste difficoltà, ritengo che aprire una stagione di sperimentazioni di questi istituti di democrazia sia resa possibile (laddove le volontà di entrambe le parti in gioco, istituzioni locali e movimenti convergono), da alcuni elementi contestuali favorevoli:

a) negli ultimi anni il ruolo delle amministrazioni locali è andato progressivamente modificandosi e facendosi più complesso di fronte alla crisi di modelli esogeni di uso e consumo delle risorse locali nella competizione del mercato mondiale, e alla crescente consapevolezza del ruolo dei beni patrimoniali e delle peculiarità territoriali nella produzione di ricchezza durevole e di modelli di sviluppo sostenibili; è cresciuta una cultura amministrativa attenta a riconoscere e a mettere in valore le potenzialità dei propri territori (paesaggi agrari e produzioni tipiche, saperi e culture ambientali, produttive e artistiche, risorse ambientali, patrimoni territoriali e urbani, ecc); una cultura che, in base a una nuova coscienza delle basi locali della produzione di ricchezza, è attenta a frenare il saccheggio e il degrado di risorse territoriali ambientali e umane da parte di attori economici forti esogeni o endogeni-come nel caso dei distretti) e a indirizzare e governare l'economia in funzione della valorizzazione del proprio patrimonio di lunga durata. Questo atteggiamento culturale, che appartiene ormai, seppure in forme ancora timide e contraddittorie, a molti "nuovi sindaci" e amministratori, ha messo in evidenza le nuove funzioni del municipio nel governo diretto dello sviluppo economico e, conseguentemente, la necessità di far crescere istituti di autogoverno della società locale per realizzarne i necessari presupposti di endogenità , peculiarità e autoriproducibilità. Queste nuove funzioni si rendono praticabili attivando le energie sociali locali (in quanto abitanti e produttori insieme di un medesimo luogo) in nuove forme di partecipazione "pattizia" per la definizione e la gestione di progetti di futuro che assumano l'orizzonte della sostenibilità e dell'autogoverno.

b) d'altra parte la composizione sociale dei nuovi movimenti che si sono affacciati sulla scena globale negli ultimi anni è profondamente diversa da quella che caratterizzava il "dualismo antagonista " delle classi nella società industriale matura, connotando la profonda estraneità della classe operaia industriale rispetto ai fini della produzione: si tratta di un multiverso di differenti componenti sociali (nel terzo come nel primo mondo) composto da agricoltori, rappresentanze operaie, associazioni ambientaliste e culturali, da reti del piccolo commercio, da ampi settori del volontariato, del lavoro sociale, dei servizi e del lavoro autonomo, da aggregazioni giovanili, da associazioni di donne, da rappresentanze etniche, da imprese produttive e finanziarie a finalità etica , ecc; componenti sociali che sono accomunate non solo da una critica ai modelli dominanti di globalizzazione economica, ma anche da pratiche progettuali e da attività produttive alternative a livello locale e da reti solidali a livello globale. In altri termini, ogni componente del movimento produce, nel suo ambito di interesse e di azione, critica, rifiuto, conflitto ma anche riappropriazione diretta di saperi produttivi, di pratiche di vita e di consumo, mettendo in opera sul territorio frammenti di futuro; frammenti appunto, minoritari in ogni luogo. L'aspetto interessante di questa composizione sociale è tuttavia il fatto che essa allude, nella sua complessità, alla possibilità di far precipitare e ricomporre su uno stesso territorio questi frammenti, integrandoli in modelli di sviluppo alternativi: dall'agricoltura all'alimentazione, alla cura dell'ambiente, della città, degli spazi pubblici, allo scambio equo e solidale, ai sistemi e reti di scambio locale non monetario, al riconoscimento delle diversità delle culture, delle produzioni e degli stili di vita, peculiari ad ogni luogo. I social forum locali, nati in molte città italiane dopo Genova, ma ancor prima le molte forme di associazionismo di base e le reti non mercantili cresciute in questi anni, possono costituire "cantieri sociali" per sperimentare questa progettualità integrata, facendo precipitare principi generali in pratiche in uno specifico territorio.

I due soggetti che ho richiamato per le loro potenzialità sono nel contempo gravati da limiti e vincoli nell'azione: gli uni, le amministrazioni locali, in quanto i loro orizzonti di futuro sono inscritti implicitamente in poteri sovradeterminati, rispetto ai quali possono apportare soltanto correttivi "compatibili" allorquando decidono nella solitudine dei loro uffici; gli altri in quanto frammenti minoritari in un territorio prodotto da regole ostili, scontano un defatigante processo di emarginazione che ha come orizzonte la nicchia produttiva o il conflitto.

Il nuovo municipio può rappresentare "il laboratorio" in cui l'amministrazione locale rafforza la propria autonomia progettuale dando forza alla progettualità sociale emergente, vincolando le proprie decisioni a nuovi istituti di democrazia diretta, legittimando questi ultimi a deliberare sul futuro del proprio territorio; gli attori sociali dell'altro mondo in costruzione potrebbero trovare in questi istituti le sedi dove integrare le specificità dei propri progetti amplificandone sinergicamente la portata.

E il conflitto? E l'autonomia dei movimenti? Nessuna preoccupazione. Se le costituenti saranno "vere", non semplici operazioni di costruzione del consenso, il percorso dall'eterodirezione all'autogoverno, dalla rappresentanza dei pochi poteri forti ai molti deboli nel determinare la visione e i progetti di futuro di un territorio, dalla diaspora delle rappresentanze di interessi al riconoscimento collettivo dell'interesse comune, sarà un percorso denso di conflitti e contraddizioni, come ogni processo fondativo.

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La Carta del nuovo municipio (pubblicata su Carta Almanacco, gennaio 2002) è stata promossa dal Laboratorio di progettazione ecologica degli insediamenti (Lapei) che coordino presso l'Università di Firenze ed è stata sottoscritta da molti amministratori locali (primo firmatario il Presidente della Regione Toscana). E' stata presentata al Convegno delle Autorità locali del 28-29 gennaio a Porto Alegre da Mercedes Bresso (Presidente della Provincia di Torino); è stata ampiamente discussa in due workshop del World Social Forum di Porto Alegre (il 2 e il 4 febbraio) coordinati da Giorgio Ferraresi e Giovanni Allegretti; infine è stata inclusa fra i documenti conclusivi della Conferenza generale sulla democrazia partecipativa dello stesso Wsf.

 

Fonte: Manifesto 23/2/2002