RIPROGETTARE LA CITTÀ "PARTECIPATIVAMENTE"

L'esperienza di Grottammare: metodi e contenuti.

La formazione del Piano Regolatore Generale è stata senza dubbio una delle esperienze più interessanti della stagione di rinnovamento amministrativo che Grottammare sta vivendo dal novembre 1994 , da quando cioè al governo della città si insediò la prima amministrazione di sinistra, guidata dal sindaco del PRC, Massimo Rossi.

Nella consapevolezza che le scelte riguardanti il governo del territorio sono quelle in cui si manifesta in maniera più evidente la contrapposizione tra gli interessi dei ceti più forti e quelli più deboli nell'ambito della città, l'Amministrazione comunale si è innanzitutto preoccupata di coinvolgere in questo processo di pianificazione l'intera cittadinanza..

Innanzitutto, con una vera e propria campagna informativa, si è voluto far capire ai cittadini che il piano regolatore non è un'insieme di estruse elaborazioni per addetti ai lavori o, ancora peggio, un atto esclusivamente finalizzato a definire l'edificabilità o meno di terreni di proprietà privata.

Una volta percepito che si tratta invece di riprogettare la città, usando linguaggi ed elaborazioni comprensibili per tutti, per decidere insieme cose estremamente importanti, quali: la consistenza e la dislocazione degli spazi pubblici, delle attrezzature sportive, dell'edilizia residenziale pubblica e degli altri servizi di interesse collettivo, l'organizzazione della mobilità urbana, ecc., non è stato difficile ottenere l'attenzione e la partecipazione dei cittadini negli incontri con i comitati di quartiere , nelle assemblee pubbliche , nella fruizione di uno speciale "ufficio di piano" , appositamente aperto durante l'elaborazione del progetto, ecc.

Queste premesse anno consentito di impostare una progettazione limpida e rigorosa, basata in primo luogo su un quadro di conoscenze indispensabili, costruito attraverso un'interesse ed approfondita analisi del territorio sotto i profili, ambientale, geologico, botanico vegetazionale, socio economico, storico, demografico, ….

Da questo quadro si è potuto dimostrare che il piano precedente era di gran lunga sovradimensionato (al solo scopo di favorire la speculazione fondiaria); si sono potuti individuare ambiti da salvaguardare in quanto interessati ad emergenze ambientali; si è dimostrato che vi è un notevole patrimonio edilizio da recuperare senza ricorrere all'ulteriore occupazione del territorio vocato ad altri usi, si sono potute evidenziare e valorizzare attraverso scelte specifiche le vocazioni economiche e produttive del territorio (turismo, vivaismo, artigianato, servizi);…

In sostanza, puntando solo sulla trasparenza, la partecipazione e la forza dei dati scientifici si sono create le premesse per le scelte coraggiose e "sostenibili" dal punto di vista ambientale, come il "taglio" rispetto al Piano precedente, di circa un milione di metri cubi in termini di potenzialità edificatorie e la sottrazione da processi di trasformazione già previsti oltre 3 km quadrati di territorio attualmente destinati ad uso agricolo.

Altro elemento che ha a caratterizzato e rafforzato il progetto, è quello dell'equità.

In sostanza pur assumendo come riferimento i bisogni della collettività per una città più vivibile e non le esigenze della proprietà immobiliare, tuttavia nei confronti di quest'ultima si è cercato di evitare al massimo differenti opportunità economiche in conseguenza alle scelte del piano. Infatti, pur essendo impossibile estendere un quadro di equità, a tutta la proprietà immobiliare (mancando una legislazione sul regime dei suoli che, nella netta separazione della proprietà dal diritto di edificazione, realizzi una sostanziale indifferenza economica delle previsioni urbanistiche), si è riusciti di attribuire, almeno alle proprietà coinvolte nelle scelte del piano, indici e regole identiche in situazioni analoghe, eliminando le situazioni di disparità normalmente presenti nei Piani regolatori.

Infine, per fare in modo che le previsioni di spazi verdi, di servizi ed altre attrezzature collettive (le cui dotazioni sono state notevolmente potenziate) non rimanessero solo una carta per la mancanza delle risorse pubbliche necessarie ad acquisirle ed approntarle, attraverso una specifica normativa ("progetti norma" su comparti omogenei), si è legata in maniera indissolubile l'edificabilità dei suoli alla cessione e spesso all'effettiva fruibilità di tali spazi e servizi.

In pratica: rovesciando la vecchia logica in base alla quale le dotazioni di servizi pubblici si reperivano (sulla carta) solo dopo aver stabilito arbitrariamente (spesso a casa degli amministratori) l'edificabilità dei suoli, si sono prima individuate le carenze in termini di servizi, di spazi pubblici, viabilità, per poi determinare in relazione alla soluzione di queste, la possibile edificabilità degli spazi adiacenti.

Partecipazione, comprensibilità, sostenibilità ambientale, equità, attuabilità,… con queste "parole d'ordine" si è quindi portato avanti, in tempi relativamente brevi (poco più di due anni), un processo politico-amministrativo che ha visto molti cittadini riappropriarsi delle scelte di governo del territorio.

Un processo che oltre a produrre un "progetto di città più giusta e vivibile", ha anche consentito a molti soggetti di prendere conoscenza della necessità di lottare anche sul territorio contro le sempre più spietate leggi del mercato, del profitto e della rendita che portano inevitabilmente al deterioramento dell'ambiente urbano, per difendere così la propria qualità della vita.

 

Massimo Rossi - Sindaco di Grottammare

Fonte: www.altremappe.org