Manuel Vazquez Montalban: "Questo movimento fa paura"

di Maura Gualco

"A Genova è stata messa in atto un’azione repressiva della polizia che ha agito come se avesse a che vedere con una cospirazione rivoluzionaria. È difficile comprendere veramente questo atto di follia del carabiniere che ha sparato al giovane manifestante. Forse la paura. Ma di sicuro non è difficile capire perché le forze dell’ordine si siano infiltrate dentro il movimento".

Perché?

Il movimento antiglobalizzazione è un coacervo di gruppi molto diversi tra di loro, non è un movimento unitario come poteva essere ad esempio quello operaio. Chiunque sia contrario agli aspetti nefasti della globalizzazione può aderire e ingrossare le sue fila. In questo modo il movimento può, come peraltro è successo da Seattle a Genova, aumentare a dismisura. Tutto questo spaventa moltissimo e allo stesso tempo facilita la possibilità di infiltrazione.

E ciò che pensa Manuel Vazquez Montalban, scrittore e intellettuale della sinistra critica spagnola, che da anni si occupa di politica.

Condivide la strategia del movimento semmai ne abbia una?

"È difficile parlare di una strategia comune. La varietà delle componenti è troppo vasta. C’è di tutto: dagli ecologisti ai cattolici dai comunisti agli anarchici. Ma il grande, vero merito del movimento è quello di aver messo in luce le contraddizioni della globalizzazione, così come un tempo si parlava delle contraddizioni interne al capitalismo. Oggi la mobilitazione popolare sta dando la possibilità a tutto il mondo di conoscere verità importanti che l’informazione al servizio del pensiero unico ha occultato fino ad ora. Sta offrendo un messaggio critico che impone una seria riflessione sulla non ineluttabilità di questo processo storico".

Un processo che va rallentato?

"La globalizzazione ha portato degenerazioni sociali come ad esempio l’aumento della distanza tra l’estrema ricchezza e l’estrema povertà. Non dico che bisogna arrestare lo sviluppo capitalistico che l’impegno sociale non vuole certamente negare, ma auspicare una globalizzazione diversa. A questa contestazione popolare va riconosciuto il merito di aver recuperato uno spirito antagonista e una cultura della resistenza".

Manifestare è l’unica attività di resistenza? O ci sono altre strade percorribili?

"È certamente l’unico mezzo di pressione popolare che raggiunge risultati importanti se associato a Internet. La comunicazione in rete è importante e organica alla piazza, sono due strumenti che debbono rimanere congiunti. In Messico per esempio il ruolo avuto dalla rete nella divulgazione e nel sostegno internazionale del movimento zapatista è stato fondamentale. Grazie alla rete tutto il mondo ha potuto conoscere una realtà fino ad allora sconosciuta e ricevere l’appoggio di movimenti internazionali e di numerosi personaggi politici e intellettuali".

Quante possibilità ha il movimento antiglobalizzazione di incidere nel disegno politico messo in atto dai profeti del pensiero unico?

"Non è facile dirlo. Sicuramente si è già messa in moto la macchina politica tesa a distruggere la protesta popolare. La terminologia dell’ideologia dominante ne è un chiaro esempio: terroristi, figli di papà e via dicendo. Si sta tentando di screditare il movimento ma non sarà facile. Tra la maggioranza sociale infatti serpeggia una forte simpatia di fondo che si sta diffondendo sempre di più".

Fonte: unitàonline