NOI RIBELLI CONTRO L'IMPERO

Lo ha pubblicato negli Stati Uniti e in Francia. È la Bibbia del nuovo movimento. Il "New York Times" lo ha osannato. Ma in Italia non esce. Perché...

di Stefania Rossini

Chi sono i padri della globalizzazione? I suoi più accesi contestatori, naturalmente. Gli stessi che, in partenza per Genova, si accingono a protestare nella maniera più dura contro il G8. È la tesi forte di un libro che circola nel mondo dei nuovi ribelli, e si avvia probabilmente a esserne il riferimento teorico più attrezzato. Quasi un manifesto fondativo.

Lo hanno scritto un filosofo italiano che in Italia è ancora considerato poco meno che un terrorista, Toni Negri, e uno studioso americano di trent'anni più giovane, Michael Hardt. Si intitola "Empire", è uscito da un anno negli Usa e da sei mesi in Francia, imponendo un dibattito internazionale che la saggistica politica e filosofica non ricordava da tempo. Lo ha registrato anche il "New York Times" che sabato 7 luglio ha dedicato un paginone al libro, salutandolo come un evento epocale.

Negri, che ha scontato alcuni anni di carcere e oggi vive a Roma in affidamento ai servizi sociali, è stata una delle figure centrali dei movimenti degli anni Settanta. Ex professore di scienze politiche a Padova, ex dirigente del gruppo Potere operaio e dell'Autonomia, condannato per insurrezione armata contro lo Stato, ha vissuto 14 anni a Parigi, dove ha insegnato all'Università Paris VII e al Collegio internazionale di filosofia. Qui, al termine della guerra del Golfo, ha cominciato a lavorare con Hardt, italianista e traduttore dei suoi saggi in inglese, sulla fine dei vecchi assetti e sul nuovo ordine mondiale.

L'incontro tra il "cattivo maestro" che ha attraversato tutto il vecchio mondo e la giovane intelligenza filosofica di Hardt ha prodotto, in qualche anno, questo "Empire", stampato in America dalla casa editrice dell'università di Harvard, di per sé una garanzia di rigore accademico. La vecchia tesi operaista per cui sono le lotte operaie a produrre la ristrutturazione del capitale (e non viceversa) si è allargata al pianeta ed è entrata nel Terzo millennio. Così oggi la globalizzazione, di per sé ottima cosa perché permette circolazione planetaria di merci e di uomini, diventa un nemico solo nella sua forma di potere capitalistico globale, cioè di Impero.

Ma attenzione, l'Impero non è un'imposizione dei governanti, è l'esito di un processo storico, nato per reazione alle lotte degli operai, delle femministe e degli attivisti dei diritti civili dei decenni scorsi. E come c'è stata una globalizzazione del potere, ci sarà un globalizzazione della lotta. Il filo rosso, che lega i militanti di una perduta stagione antagonista a quella futura che si va delineando, è così tirato.

Nell'Impero in cui tutti ormai viviamo non esistono più Stati nazionali, vera iattura del XX secolo e produttori di totalitarismi e guerre. Essi ormai sono solo dei filtri tra le imprese globali e le moltitudini. Anche gli Stati Uniti hanno finito di dominare il mondo e sono, come gli altri, parte di un tutto. Il nuovo ordine mondiale si divide semmai in quelle che i due autori, in un richiamo ricco di suggestioni all'impero romano, chiamano le tre Roma: Washington (la bomba), New York (la moneta), Los Angeles (lo spettacolo). E come fu nell'impero romano al cui interno nacque quel cristianesimo che ne distrusse il potere, anche questo impero sta producendo il suo movimento universale di rivolta.

Già pubblicato in Corea, Turchia e Brasile, "Empire" sta per uscire in Arabia Saudita, Croazia, Giappone e Cina. Non in Italia, dove da mesi i grandi editori, attratti dal tam tam, lo guardano, lo soppesano (sono 500 pagine) e prendono tempo. Einaudi lo voleva, ma tagliato della metà. Alla Feltrinelli, casa storica degli scritti di Negri, il figlio e la moglie del suo vecchio amico Giangiacomo ne stanno discutendo. Castelvecchi lo avrebbe voluto, ma Negri non glielo ha dato. Ora ci prova un piccolo editore, Meltemi, che vorrebbe inaugurarci una collana di politica. Intanto il vecchio filosofo europeo e il giovane americano guardano a Genova e scrivono il secondo volume.

 

 

19.07.2001

Fonte: Espresso