DA DOVE VIENE LA GELOSIA?

della Dr.ssa Barbara Stella

Amore o non-amore?
Canzoni, detti popolari spesso asseriscono che l'amore coincide con la gelosia. Ma c'è anche chi ha dei dubbi, e forti, perché coniuga la gelosia con l'egoismo. Spesso in una relazione affettiva si desidera, anzi si esige l'esclusività. Ogni intrusione dall'esterno viene vissuta con timore,  la perdita dell'esclusività come uno scacco doloroso. Ma se amore vuol dire gelosia, in quanto possessività e timore di perdere il proprio bene, c'è un momento preciso in cui si trasforma in non amore? Perché gelosia è rabbia, cioè perdita di sé, gelosia è violenza, cioè dolore e danno per il partner, gelosia è costrizione, fame di controllare i suoi movimenti, i suoi pensieri. Come un mostro mitologico la gelosia ha mille occhi, mille orecchi sospettosi, che alimentano questa sofferenza così temibile e urlano divieti. Dov'è finita allora quell'emozione che molti vivono come un fuoco positivo, ai quali dà il senso dell'appartenenza, dell'essere nella vita dell'altro?
Insomma "L'amore senza gelosia è o non è amore?"
Forse non ci soffermiamo a riflettere che i nostri sentimenti possiedono un notevole grado di ambiguità: siamo abituati a subirli i sentimenti , non a esplorarli e viviamo come assoluto il lato di essi che ci parla, ci seduce magari in senso negativo. Spesso alla difficoltà a riconoscere questa emozione, si accompagna la tendenza ad ammetterla in blocco, come se fosse un connotato della psiche, immutabile come il colore degli occhi: sono geloso, sono gelosa, non c'è niente da fare, e niente da esplorare.
Un viaggio nel cuore.
Forse la motivazione autentica di questo sentimento non va cercata nel tipo di partner o di situazione amorosa giusta o sbagliata, bensì nel nucleo profondo del carattere di ogni individuo e in quella parte di mistero che esso custodisce.  La gelosia dipende da come si è stati amati nell'infanzia? Anche, eppure vi sono fratelli e sorelle cresciuti nella stessa famiglia alcuni dei quali manifestano una normale sicurezza emotiva, altri un costante bisogno di rassicurazione e una gelosia invincibile.
Perché?  La gelosia è allora un  istinto atavico, l'abbiamo ereditato dai nostri antenati primati? Gli antropologi e gli etologi sono abbastanza divisi su questo argomento.  A questo punto viene da domandarsi:  Ma non si può fare niente? Non c'è modo di prevenire gli scossoni emotivi che essa provoca ? E qui viene a proposito il detto "febbre della gelosia". Se la febbre è moderata c'è modo di combatterla con le armi della comunicazione e della rassicurazione. Ma se la febbre è alta non c'è che da sperare in una terapia psicologica mirata che, non di rado, deve indagare su quegli aspetti distorti e non sviluppati della personalità supporto della gelosia patologica, per permettere al geloso non tanto di  azzerare la sua gelosia quanto di instaurare un rapporto migliore con chi ama, con i familiari e con gli oggetti.
La persona amata è un Valore e non un  possesso.
Perché se da un lato amore vuol dire gelosia, desiderio di attenzioni di quella persona così cara, dall'altra parte gelosia vuol dire distruzione dell'amore. Infatti nel momento in cui consideriamo l'altro un possesso vogliamo che ci appartenga interamente proprio perché non gli apparteniamo.
La persona amata è un  Valore e non un  possesso. Non ci appartiene, appartiene a se stessa anche nel momento che dice "ti amo, sono tua".
Questa distinzione fra valore e possesso è una non facile conquista, capace però di dare significato positivo ad un rapporto e di promuoverne la crescita.
Come ci si può arrivare? Creando fra noi e il partner uno spazio di libertà reciproco, che si esprime in grandi e piccole, ma sempre preziose, autonomie: di starsene un'ora in solitudine a leggere o ascoltare musica, di coltivare un proprio hobby, di scegliere una nuova attività anche se il partner non è d'accordo.
Ma può un istinto ambiguo come la gelosia essere riconosciuto dalla mente al momento giusto? E' come immaginare una danza sul filo. E' una sfida che una personalità ottimista e armoniosa può vincere giorno per giorno.

 

     
INTERVISTA ALL'AVV. FRANCESCA RENZI,
patrocinante presso il Tribunale della Rota Romana

E-mail renzi.sensuscommunis@tin.it

Il Processo Canonico di Nullità del Matrimonio

          

FATTI  PIU'  IN  LA'

della Dr.ssa Barbara Stella
 
 Il collega che ti accende la sigaretta sotto il naso, sapendo che il fumo t'irrita gli occhi, il partner che pretende di scegliere il tuo look, l'amica che si prodiga in consigli gratuiti su come comportarti, la curiosa che ti pone domande intime e personali.
Gli invadenti: una tribù in continua espansione, almeno finché li subiamo, con il rischio di rovinarci il buon umore e, alla fine, persino il nostro equilibrio. Perché? Perché come abbiamo bisogno di contatti, dalla carezza all'approvazione degli altri, abbiamo altrettanto bisogno di delimitare il nostro spazio vitale.
In caso d'invasione, di minaccia la reazione degli animali è immediata: peli che si rizzano, schiena che s'inarca, scariche d'adrenalina. In  maniera simile reagiamo anche noi: un passo indietro, la pelle d'oca, i muscoli che si irrigidiscono, una mano che si ritrae sono tutte reazioni fisiologiche usuali quando siamo troppo pigiati in metrò, spintonati in fila, in ascensore con uno sconosciuto.  Per noi, però, lo spazio vitale ha soprattutto una dimensione psichica, e se la difesa all'invadenza fisica è istintiva non sono altrettanto istintive le reazioni alle invasioni verbali. Spesso sbagliamo. Qualcuno mette dei limiti di inviolabilità molto rigidi al suo spazio pubblico, vivendo i rapporti come una continua
invasione di campo. Per altri ristabilire definitivamente le distanze con un chiaro "fatti più in là", sembra impossibile, perché si teme che scateni un'incomprensione, una rottura.  O più semplicemente perché essere accondiscendenti appare più facile meno faticoso. Ma è un comportamento rischioso, che, prima o poi ha conseguenze negative su noi e su i nostri rapporti. E' un rifiuto ad esprimere la propria identità che ci riempie di frustrazioni, in attesa di esplodere, e ci fa apparire privi di personalità.
Per evitare le trappole dell'aggressività o della passività, la psicologia suggerisce una terza via, più equilibrata,  che consiste nell'imparare a comunicare in modo  assertivo.   In questo caso reagire in modo assertivo significa allargare lo spazio negoziabile, dando contemporaneamente dei confini precisi al proprio spazio intimo. Valutare attentamente i propri bisogni di spazio e di autonomia, e insieme ascoltare anche le esigenze di chi ci sta vicino: ecco la strategia vincente contro le invasioni di campo effettive o solo minacciate. Possiamo comprendere le richieste  degli altri, ma rifiutarle senza per questo rifiutare anche il nostro interlocutore. Vale sempre comunque la regola della chiarezza che si
traduce in una sillaba, semplice e immediata: no. Quando non reagire all'invadenza può far perdere la stima in noi stessi bisogna imparare a dire no, senza giustificazioni e scuse. Non è facile. Dietro un no, detto anche a mezza voce, si celano più paure: di perdere la propria immagine di buoni, di essere messi di fronte ai propri limiti, di fare brutte figure,
di non essere accettati. Imparare non è semplice, ma si può fare e farlo cambia la vita.

 

(Morale)       Femminismo e Tradizioni

La pagliuzza e la trave: la parola d'ordine "inculturare il Valore"

 di Giulio de Nicolais

     La donna ukraina è spesso  veicolo dell’attuale progresso sociale del suo Paese, svincolatasi dai ruoli tipici nei quali era relegata, in una società ancora incardinata sull’istituzione della “famiglia patriarcale” gestita dalla figura maschile del “padre padrone”. Per un concreto bisogno economico od evasivo, le donne ukraine dai 20 ai 50 anni  emigrano per guadagnare moneta forte nei Paesi dell’Europa che conta. Esse praticano lavori sani ed onesti, qualificandosi come le migliori colf d’Europa. Quando queste donne tornano in Ukraina, sempre più spesso, mostrano di aver assunto una nuova coscienza di sé, tanto da poter assumere il ruolo di leader nella propria famiglia, al pari dell’uomo. Questa donna “nuova” trova anche gli spazi per potersi esprimere nel mondo delle arti, oppure sa imporsi come maneger della propria o altrui impresa, sa gestire affari di commercio internazionale, si impone nella battaglia politica. Intanto, due strumenti come televisione ed internet abbattono le frontiere spazio-temporali e soprattutto le giovani, si avvicinano al processo di rinnovamento, perdendo i punti di riferimento dettati da una cultura nazionale che sembra loro essere statica e desueta: con le prassi delle Tradizioni Ukraine, la gioventù perderà anche i suoi Valori?

    Già nel 1996 il Paese si divise per lo scandalo scoppiato attorno al libro di Oksana Zabugco dal titolo ПOЛЬОВІ  ДОСЛІДЖЕННЯ  З  УКРАЇNCЬKOTO CEKCУ. Il contrasto fu grande. Il volume era stato organizzato in modo da approcciare la maggior parte della popolazione femminile. La Zabugco confronta la vita libera e secolarizzata della donna americana, con la quotidianità che segna l’esperienza di vita della donna slava. In occidente le donne vivono un’esperienza di vita in cui godono di più diritti: ciò che più attrae le ucraine è la maggiore valorizzazione della donna sia come singola che come partner nel manage familiare. La scrittrice, della quale non condivido le argomentazioni né il modo di porle, affronta tuttavia problematiche attuali e soprattutto finisce nell’affermare che l’Ukraina è sempre la Madre Terra e che pertanto la donna slava non potrà vivere un’esperienza di vita come quella che altre donne provano in USA.

    Anch’io ritengo che l’emancipazione della donna in Ukraina potrebbe avere un suo corso assai particolare. L'uso dei due nuovi strumenti di conoscenza (tv satellitare ed internet)  nelle scuole, nelle Università, comporta la diversificazione della domanda di beni e servizi, la presa di coscienza del valore del singolo, la capacità di confrontarsi a livello globale, sulla base di un assestamento progressivo del singolo "sistema paese".

   Il tempo è trascorso e la nazione sta lentamente mutando ed in ciò molto merito è da attribuirsi allo sforzo femminile. Superando gli stereotipi affermo che la “donna” è oggi il vero “oro”  della nazione ucraina: vedo donne ricoprire in Patria come all’estero ruoli di primissimo piano. Come sanare tuttavia le fratture tra “Femminismo” e “Tradizioni”?

   E’ cosa essenziale azzeccare subito la prospettiva dalla quale osservare la problematica - qui mi rivolgo a coloro che nel Paese sono istituzionalmente i custodi della Tradizione religiosa-storica-sociale - la lezione è evangelica: “non cercare la pagliuzza nell’occhio altrui, ma la trave nel proprio”.

   La Tradizione è quell’insieme di pratiche umane che attraverso i secoli garantisce la stabilità dei Valori ritenuti cardine della vita etica di un Popolo. Coloro che nel Paese ne sono istituzionalmente i “custodi” non dovranno criminalizzare le nuove generazioni, soprattutto la femminile che vive di buon intuito, si occupino invece al più presto di in-culturare il Valore, rendendolo più comprensibile alle masse: esse infatti ne godranno senza dispersione. Inculturare è come dire nutrire le masse dei medesimi Valori, presentandoli scevri da inutili sovrastrutture o simbolismi a uomini e donne, alle giovani madri e ai giovani padri del popolo ucraino, acciocchè possano in essi ritrovare quei punti di riferimento che spesso appaiono svaniti. Occorre preparare il nuovo itinerario al Valore religioso-storico-sociale per sottrarre il mondo slavo alla globalizazione e renderlo anche se diverso ugualmente libero e giusto come quello americano.

(Psicologia)                                                         UN VIAGGIO NEL BUIO

della Dr.ssa Barbara Stella
       

    Cosa fate quando avete mal di schiena, le ossa rotte, mal di gola, tutti i sintomi di una bella influenza? Restate a casa, tralasciate il lavoro e, affidando ad altri le vostre incombenze più importanti, vi mettete a letto finché non siete guariti.
Come reagite invece quando, senza nessuna causa fisica, vi sentite spenti, tutto vi sembra grigio e pesante, ogni richiesta un peso opprimente, e niente vi entusiasma? Andate al lavoro, continuate a svolgere le incombenze quotidiane, e se qualcuno vi chiede "come va?", rispondete mentendo "Bene, grazie". Date ascolto alla voce interna che vi spinge a fare uno sforzo per tirarvi su, a reprimere dubbi, angosce, incertezze. Non pensate di fare una pausa per cominciare a riflettere sul corso degli eventi. Tutti noi, del resto, abbiamo interiorizzato l'invito categorico ad essere felici, vincenti, ad ignorare i sentimenti di fallimento. Pur sapendo che le giornate grigie sono parte integrante della vita, poche volte siamo disposti ad accettarlo. Si cerca di superare il punto morto ricorrendo a qualsiasi mezzo per risollevare il morale: dolciumi, sport, caffè, sesso, alcol, psicofarmaci.
           Con questo non intendo negare il dramma delle depressioni gravi, spesso conseguenze di alterazioni biochimiche a livello cerebrale o endocrino, vere e proprie malattie. In questi casi abbandonarsi solo al dolore per cercare le cause profonde del malessere rischia di causare il peggioramento della malattia, lasciando il depresso troppo presto in balia di contenuti soverchianti .
         Tenendo conto che le depressioni dipendono da un interazione di fattori biologici, sociali e psicologici, e che a seconda dei casi hanno una prevalenza gli uni o gli altri, vorrei richiamare la vostra attenzione su quegli stati depressivi che possono rivelarsi vitali e costruttivi. Di fronte ad esperienze negative (come rotture sentimentali, lutti, licenziamenti) di cui non riusciamo a spiegarci le cause possiamo reagire con sentimenti di stanchezza, vuoto e confusione che una risposta di adattamento alla realtà. Infatti inconsciamente sentiamo inadeguati i soliti modelli di relazione o comportamento. Un individuo in movimento deve avere il coraggio di soffrire ed essere depresso : affrontare il proprio doloroso disorientamento è la spinta  necessaria per superare le vecchie certezze, per raggiungere una maggiore età mentale.
Questo il momento di affidarsi alla psiche, che sola può dare risposte.
I nuovi sogni possono procurare intuizioni nuove, le notti di veglia dare il giusto spazio ai sentimenti di dolore e delusione, permettendo di scoprire le cause. Infine l'esaurimento costringe al riposo, permettendo di lasciare libero corso alle associazioni e di prestare la dovuta attenzione a quanto emerge dall'inconscio.
Attraverso questo lavoro si può giungere a rintracciare intenzioni finora inconsce, riflettere su senso e nonsenso di certi comportamenti, scoprire perché ci si trovi in quel disorientamento completo. Si può trovare un senso alla propria vita, confrontandosi con il lato buio dell'umana esistenza, magari nell'unica speranza di pervenire ad un tragico ottimismo.
Carl G. Jung consigliava ai suoi pazienti depressi: "La depressione è come una signora in nero. Quando appare, non cacciarla, ma invitala alla tua tavola e ascolta cosa ha da dire."
Fermiamoci un attimo, lasciamo spazio e tempo alle nostre voci interiori, aspettiamo che arrivi naturalmente il senso, ascoltiamo la nostra Signora.
Anche se è spesso impossibile permettersi il lusso di allontanarsi dal lavoro e dalle pressioni giornaliere, troviamo un tempo e un luogo in cui poter iniziare quel viaggio interiore di interpretazione, comprensione e autocoscienza, che è la via maestra per riordinare la trama della propria esistenza.

                                                        L'uomo e l'automobile

della Dr.ssa Barbara Stella
       

    L'automobile, anche se apparsa da poco sulla scena, è diventata una protagonista indispensabile nella vita dell'essere umano. Grazie a questo nuovo mezzo di trasporto, la società occidentale ha percorso in pochi decenni un rapido cammino.
L'auto è ormai una protesi del corpo che ha permesso all'uomo, divenuto auto-mobile, di potenziare le sue possibilità, di realizzare nuovi contatti, nuove conoscenze ed esperienze. Infatti se per qualche giorno non disponiamo dell'auto ci sentiamo mutilati nella nostra personalità, perché limitati nella libertà di movimento. La funzione simbolica dell'automobile quale protesi potente e veloce del nostro corpo crea un rapporto intenso e umanizzato tra noi e questo mezzo. Spesso, infatti, usiamo espressioni coniate dal gergo automobilistico "oggi non carburo", "sono su di giri", "siamo partiti in quarta con questo lavoro". Non a caso David Cronemberg, regista appassionato a come la tecnica modifica il rapporto dell'uomo con la realtà ha dedicato il film, "Crash", all rapporto sensuale e fisico tra il corpo umano e la fisicità dell'auto.
Quando l'uomo andava a cavallo la mitologia, espressione delle fantasie collettive, raccontava dei centauri, esseri con il busto umano su un corpo da cavallo, come per acquistare la velocità del cavallo (la velocità è sempre stata collegata con "potenza", forza virile, essa era uno degli attributi di Marte, il Dio guerriero). Alla guida dell'automobile l'essere umano si arricchisce di un grande potere, di una forza che non è in lui, ma comandata da lui. Quando ci mettiamo al volante e avviamo il motore proviamo il piacere di liberarne la potenza. Guidando poi si è più ricchi di spazio, liberati dalla brevità del nostro passo e dai limiti del nostro sguardo. E in questo senso l'automobile rappresenta la realizzazione infantile degli stivali delle sette leghe. Si può andare più veloci delle possibilità umane, disporre di tanta forza propulsiva che fa sentire chi guida capace di superare ogni ostacolo. Come negli antichi miti veniva attribuito al centauro, insieme alla forza del cavallo, un carattere violento e arrogante, così "cavalcare" l'automobile (che, come un cavallo feroce mangia la strada, divora i chilometri) amplifica il richiamo fascinoso della potenza di cui si è destrieri ed evoca lati nascosti della personalità. L'automobile, infatti, può essere vissuta come un sinonimo di onnipotenza in quanto l'automobilista, avendo a disposizione un mezzo che gli obbedisce prontamente e che fornisce prestazioni che superano i limiti di spazio e di tempo, vive una sua esigenza profonda e arcaica quanto il mito del centauro: quella relativa all'istinto di potenza, che si traduce in un'aspirazione di onnipotenza.
Così spesso come il modo in cui guidiamo è una sorta di specchio psicologico che evidenzia non solo scelte, abitudini, gusti, ma anche aspetti segreti, repressi o dissimulati, della nostra personalità. Aspetti che le condizioni stressanti in cui guidiamo spesso amplificano e che ci trasformano in cattivi guidatori.
A chi non è capitato di compiere un sorpasso azzardato, un colpo di clacson irritato, uno scatto impaziente essere, dopo, stupito di se stesso?
Riflettere su questo può aiutarci a vivere con consapevolezza le ore che passiamo al volante, meno preda di meccanismi oscuri.

                                                                                                   

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