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L'ultima sera Kosmos

17 settembre 1997

C'era una volta, una piccola massaia distratta che viveva in

una piccola casa ai margini della città dai grandi tramonti sdraiata lungo il fiume

di giada.

Le sue giornate scorrevano veloci e monotone, tra una

faccenda e l'altra, tra alti e bassi, tra aspirazioni e desideri ed un piccolo

stipendio da amministrare.

Si era svegliato di

soprassalto e, cercando alla cieca l’interruttore della luce, trovò al suo

posto una colonnina di legno tornita. Quello non era il suo letto, quella non

doveva essere neanche la sua casa.... L’angoscia lo pervase e goccioline di

sudore imperlarono la fronte divenuta gelida; un terribile interrogativo si fece

largo tra i suoi pensieri. Dove si trovava? Seguendo la luce che proveniva da

una fessura posta di fronte a lui, scese da quell’insolito giaciglio e si

diresse cautamente verso quella che doveva essere una finestra. Aprì con difficoltà dei battenti in legno massiccio che emisero un cigolio sinistro e fu

investito da una luce abbagliante da pieno giorno. Mano a mano che incominciava a focalizzare le immagini, cresceva il suo stato di confusione : sotto di sé, in un grande cortile, decine e decine di persone erano affaccendate nei più svariati lavori

artigianali,  taluni gli erano

addirittura sconosciuti. Rimase qualche minuto lì ad osservarli perplesso, dimenticandosi quasi della grande stranezza

che tutto ciò poteva comportare e convincendosi che ciò che stava vivendo non avesse nulla a che fare con la realtà. Se quello doveva essere un sogno, era davvero uno di quei sogni dal quale

ognuno di noi avrebbe voluto  svegliarsi

il più presto possibile. Forse “Medioevo” il film che aveva visto per ben

due volte di seguito il giorno precedente al “Kosmos”, aveva in qualche modo

colpito la sua immaginazione al punto tale da fargli credere che tutto ciò che

vedeva fosse una sua ossessiva prosecuzione di quelle ambientazioni. Piombare di

colpo in un’atmosfera che non era quella a cui era abituato, gli provocava un

senso di malessere diffuso simile al mal di mare, un immenso senso di vertigine lo attanagliava. L’ipotesi del sogno si faceva sempre più

remota e poco plausibile, visto che lui si sentiva presente fisicamente e

mentalmente lì, nei sogni invece tutto procedeva sempre in maniera così

stravagante ed insensata. Si girò intorno e le immagini che stava visualizzando

non sbiadirono come in ogni sogno che si rispetti, anzi, iniziò ad osservare

quello stanzone in cui era precipitato chissà come e gli sembrò di averlo già

visto da qualche parte, non era totalmente estraneo il grande letto in legno

massiccio con le colonnine attorcigliate su se stesse che si elevavano per un

bel pezzo al di sopra della spalliera, anch’essa interamente intagliata a

motivi floreali stilizzati. Alzò gli occhi verso il soffitto e non fu sorpreso

di scoprirlo attraversato  da grosse

travi scure  sulle quali si

intravedevano drappeggi di ragnatele penzolanti, come sete antiche abbandonate

alla polvere dei secoli. Imprimeva nella mente ogni cosa sempre più

lucidamente, ma fu interrotto da qualcuno che bussò alla porta. Doveva andare

ad aprire? O era meglio nascondersi ed aspettare ciò che sarebbe successo? Ma

non ci fu bisogno di proseguire a domandarsi altro, chi aveva bussato aprì con

decisione la porta ed un uomo vestito completamente di bianco, gli chiese con

fare gentile : “Ha dormito bene signore? Posso servirle la colazione?”.

Quella specie di infermiere era così cortese che lo mise subito a suo agio e

rispose balbettando per la sorpresa :” Ssi, grgrazie....”. L’individuo si

voltò lentamente come per uscire dalla stanza e rientrò subito dopo recando un vassoio di acciaio sul quale sfoggiava una succulenta e principesca

colazione come quella esibita dai migliori alberghi. La sua sorpresa crebbe

ancora quando il gentile signore vestito di bianco, appoggiò il tutto sul

tavolino di noce posto di fronte alla finestra e salutò con un sorriso

augurando  buona colazione. Divorò tutto con l’entusiasmo di un ragazzino reduce da una lunga

corsa in bicicletta, senza domandarsi chi fosse quel simpatico personaggio e

cosa rappresentasse tutta quella pantomima. Dopo circa 15 minuti si udì di nuovo bussare alla porta e, come era

successo poco prima, il signore vestito di bianco entrò per ritirare i resti

della colazione seguito da un altro signore, anch’esso vestito di bianco ma più anziano, con  una cartella

tra le mani ed un’aria  autorevole.

Quando il signore con la colazione lasciò la stanza, il secondo signore si

sedette sulla sponda del letto e, sempre sfoderando un bel sorriso, si rivolse a

lui chiedendogli :  “Allora caro

amico, mi dica come si sente e come è andata la sua ultima battaglia”. Ma a quale battaglia si stava riferendo quel tipo, e perché lo

interpellava in quel modo e soprattutto lo scrutava ammiccando in quel modo? “Su non abbia timore, lo so che il tutto riveste carattere di estrema

riservatezza, ma a me può dirlo, non sono mica una spia del “Caro Grande Vecchio”... lo sa a chi mi riferisco, no? Perbacco! Coraggio, si apra che le farà bene confidarsi con un

ex-combattente, guardi che ai miei tempi ero un osso duro anch’io, sa? Lo vede

là  fuori, quelli una volta erano

tutti come lei,  ognuno di essi ha

lottato contro un regime oscuro e crudele ed ora, come vede, ormai stanchi da

troppe guerre e logorati da profonde ferite, sono qui al sicuro, grazie a me ed alle mie eccellenti conoscenze in

campo diplomatico. Non abbia paura, qui nessuno la tradirà, un valoroso come lei, qui è il benvenuto!”. Ah! Ora capiva tutto, era

stato rapito da qualche organizzazione criminale che usava cavie umane a scopo scientifico oppure era capitato senza saperlo in un covo di matti.

Ma come e quando tutto ciò era potuto accadere, non se lo spiegava proprio. Ma se voleva uscire vivo da quel pasticcio doveva usare un po’ di arguzia e

quindi rispose “Bè, lei capisce, gente come noi non ha la vita facile in

questo momento e se non le dispiace vorrei condividere la fortuna di avervi

incontrato con altri miei compagni, che sicuramente saranno rimasti nascosti

nelle loro tane ed a quest’ora, se non mi farò vivo, staranno già piangendo

la mia morte... quindi  se lei

permette io le sarei ulteriormente debitore e saprei come ricompensarla.... ma

desidererei raggiungerli e mostrare anche a loro questo porto della salvezza!”

Il tipo lo interruppe dicendo “No, no, non se ne parla neppure! Lei è nostro

ospite ed io non posso sopportare che corra altri pericoli, manderò un mio uomo

di fiducia a recuperare i suoi amici dispersi, non si preoccupi, anzi le

consiglierei di svagarsi, magari con delle letture, oppure recandosi in cortile

per chiacchierare con gli altri rifugiati. Venga le faccio strada mostrandole la

biblioteca che tra l’altro comunica con il cortile mediante un loggiato,  orgoglio del palazzo, deve sapere che è opera di una valente

architetto di cui non posso rivelarle il nome, dato che è stato anch’esso,

secoli fa,  ospite della nostra

congregazione.” Così, senza poter ribattere altro, il signore anziano lo

prese delicatamente per un braccio e lo condusse attraverso un lungo corridoio,

poi  un altro, uno scalone di marmo

ed infine lo fece entrare in una sala un po’ buia in cui si susseguivano volumi su volumi, tanto che le pareti ne erano ricoperte

dal pavimento sino al soffitto. Quel trionfo alla cultura gli causò un lieve senso di oppressione claustrofobica, era dai giorni

della scuola che non toccava più un libro e chissà se ci sarebbe riuscito

anche adesso! “Capisco caro che questo non deve essere il suo luogo preferito,

per cui ora le mostrerò il cortile ed il porticato. Vede quella porta finestra?

Ebbene, attraversandola potrà raggiungere uno dei luoghi più operosi del nostro antico edificio, c’è davvero parecchio da imparare lì fuori, esca,

esca.” Detto ciò lo spinse in quella direzione ed un raggio di sole sembrò

tracciare una ipotetica traiettoria tra lui ed un tipo che si dimenava su di un

arnese che, ad una più accurata osservazione, sembrò essere proprio

un’incudine. Affascinato dal quel brulicare di operosità, si fece convincere

dall’anziano signore  ed iniziò a scrutare uno per uno, con notevole curiosità,

tutti quegli individui così incredibilmente impegnati.  Né si accorse che il suo accompagnatore si era allontanato

silenziosamente da lui per dirigersi velocemente in una altrettanto candida stanza. Qui,  si

sedette di fronte ad una spartana scrivania con la struttura portante in acciaio

ed il piano in laminato finto-legno, fatto ciò posizionò entrambe le mani su

di una tastiera digitando freneticamente parole che sul monitor acceso scorrevano luminose e silenziose dando vita ad una pagina che recitava

così:

ISTITUTO DI STATO PER GLI

STUDI NEURONICI

Sezione tutelata e protetta dal Dipartimento Affari  Speciali

del

ministero degli interni

Progetto

di Ritorno al Passato

Sperimentazione

eseguita su soggetti  prelevati a

campione

per

la induzione forzata comportamentale

Presidente

Onorario Cav. Arnoldo De Cupiis

Vice

Presidente Prof.  Carlo Campana

Scheda paziente n. 179

Nome  Cesare

Cognome Artiglieri

Età35

Entrato il 25-07-1999 alle ore  01.35

OSSERVAZIONI

Il soggetto è stato trovato la notte del 24.07.1999 nel

cinema “Kosmos”. Il prelevamento è avvenuto in seguito alla segnalazione

della nostra segnalatrice n. RC852 che ha provveduto a neutralizzare il soggetto

mediante

nebulizzazione di Dormilix.  La

nostra unità di  trasporto n. PS664

ha effettuato la consegna presso il nostro centro. Il soggetto in esame risponde

alla stimolazione forzata con atteggiamenti anomali e stranamente

collaborativi. Per tali motivi si seguirà la procedura di alienazione integrale

della cavia con eliminazione totale anche degli elementi di prova, in quanto non rispondente agli standard comportamentali richiesti per procedere alla sperimentazione.

----ARCHIVIARE AL N. 54  NELLA SEZIONE “PRATICHE INEVASE”-----

FINE

Arthemisia  & Paul Jean

 

                     

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