AGIRE IN CONSAPEVOLEZZA DELLA RESPONSABILITA’
DI FRONTE A DIO, ALLA STORIA E ALL’UMANITA’
Versione
completa dell'articolo abbreviato pubblicato con il titolo 'La tentazione del
Vaticano' in Rossiskaja Gazeta il 5 luglio 2002
Originale
russo disponibile su Internet alla pagina
http://www.russian-orthodox-church.org.ru/nr207051.htm
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inglese alla pagina
http://www.russian-orthodox-church.org.ru/ne207051.htm
Arciprete Vsevolod Chaplin
Vice-Presidente
Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche con l’Estero
Patriarcato di Mosca
La
recente decisione del Vaticano di istituire diocesi cattoliche in Russia ha
sollevato tutta una serie di serissime questioni sulle relazioni tra la Chiesa
Cattolica Romana e la Chiesa Ortodossa Russa. Dal febbraio 2000, quando è stato
fatto questo passo, entrambe le parti, ortodossa e cattolica, hanno fatto un
certo numero di dichiarazioni, e anche rilasciato molte interviste. Ora le loro
posizioni sono chiare, e la loro fondamentale discrepanza è evidente. E’
diventato chiaro a tutti che il dialogo ortodosso-cattolico ha raggiunto un
punto morto. Ognuna delle parti ha la sua verità, ed è pronta a difenderla fino
in fondo. Ma quali sono le vere, profonde ragioni di questo nuovo tragico
confronto?
Il
primo tentativo di spostare la discussione da un livello polemico a uno più
serio, dal punto di vista ideologico e teologico, è stato fatto nell’articolo
del Cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la
Promozione dell’Unità dei Cristiani, pubblicato in marzo sulla rivista dei
gesuiti Civiltà cattolica. L’articolo descriveva seriamente il presente
conflitto teologico tra Oriente e Occidente. E’ certamente una sfida, poiché
rappresenta un’azione offensiva di forte critica alle posizioni della Chiesa
Ortodossa Russa.
Noi
accettiamo questa sfida, e io cercherò di spiegare perché non solo la Chiesa
Russa ma quasi tutte le Chiese Ortodosse nazionali hanno considerato il passo
summenzionato del Vaticano come un colpo alle relazioni tra ortodossi e
cattolici, uno sbaglio strategico fatto dalla Chiesa Cattolica Romana, del
quale essa porta la responsabilità storica.
Fin
dall'inizio vorrei sfidare l'affermazione che l'istituzione di diocesi
cattoliche in Russia sia un “affare meramente interno” dei cattolici, e come
tale al di là di qualsiasi critica esterna. Da un lato, questa decisione del
Vaticano è di fatto una questione di organizzazione interna delle strutture
della Chiesa Cattolica Romana, che ha una piena libertà e legittimità di
regolare la propria vita. Ma questo è vero solo se lo si considera da un punto
di vista formale e legale. Di fatto, dall'altro lato, questa ri-organizzazione
ha coinvolto direttamente gli interessi della Chiesa Ortodossa Russa. Questa,
oltre a essere una chiesa di maggioranza in Russia, è ufficialmente considerata
dal lato cattolico come partner e come chiesa “sorella”.
Quando
un tempo l’Occidente accusava i capi dell’URSS di violare i diritti umani,
anche i funzionari sovietici rispondevano dicendo che si trattava di un “affare
interno” del paese. I dittatori di oggi hanno fatto e fanno lo stesso. Possono
avere ragione in un senso legale, un “affare interno” che coinvolge interessi
altrui o insulta la dignità altrui cessa di essere interna. In verità, vi sono
norme etiche universali che non possono essere cancellate.
Ciò
è ancor più rilevante per le relazioni tra le chiese. Come cristiani non
possiamo e non dovremmo essere motivati in queste relazioni solo da principi
legali. Amore e sollecitudine per il proprio prossimo sono nozioni fondamentali
nell’insegnamento cristiano. Ma se la Chiesa Cattolica vuole operare in Russia
come in una sorta di vuoto, ignorando l’opinione e gli interessi degli
ortodossi, che cosa implica questo nella collaborazione e nel dialogo?
Nondimeno, noi vorremmo ancora considerare le nostre relazioni non come
competizione ma come collaborazione, e vivere non secondo la lettera morta
delle prescrizioni legali, ma secondo la legge dell’amore fraterno. Le nostre
Chiese non dovrebbero essere come due aziende che si contendono il mercato, ma
come due nazioni alleate.
La
collaborazione presuppone inevitabilmente coordinazione di azioni, mutua apertura e responsabilità.
Fino allo scorso febbraio avevamo fiducia in una simile attitudine della Chiesa
Cattolica, ma il metodo con cui è stata presa la decisione riguardante le nuove diocesi è
stato per noi un amaro disappunto. Alla Chiesa Ortodossa Russa è stato
semplicemente presentato un fatto compiuto, di cui ha avuto la notifica solo
qualche giorno prima. Questo è il modo in cui si dichiara una guerra, non il
modo in cui si chiede un parere fraterno! Letteralmente alla vigilia della
decisione, ovvero in dicembre, nel periodo tra il Natale cattolico e il Natale
ortodosso, il Metropolita Kirill, presidente del Dipartimento per le Relazioni
Ecclesiastiche con l’Estero del Patriarcato di Mosca, ha cenato per due volte
con l’Arcivescovo Taddeuzs Kondrusiewicz, capo dei cattolici russi, che non ha
fatto parola della decisione in programma. Il 25 gennaio 2002, una delegazione
della nostra Chiesa, che ha partecipato all’incontro interreligioso ad Assisi,
è stata ricevuta in udienza da Giovanni Paolo II, e ancora una volta non si è
fatta parola dell’imminente istituzione di diocesi. La decisione è stata presa
in segreto. Che cosa ci rimaneva da discutere con il Cardinale Kasper, la cui
visita era programmata per la fine di febbraio? Il dialogo dovrebbe certamente
essere condotto prima, non dopo avere preso specifiche decisioni che
coinvolgono gli interessi di una delle parti in dialogo. Altrimenti, perde il
suo significato.
Spiegherò
ora perché, propriamente parlando, la nostra Chiesa è contraria alla divisione
della Russia, uno dei principali paesi ortodossi del mondo, in diocesi
cattoliche, cosa che la rende una
“provincia ecclesiastica” della Chiesa Cattolica Romana. Ciò significa a tutti
gli effetti la creazione in Russia di una Chiesa Cattolica Nazionale
centralizzata. Invero, Cristo ha comandato a ogni chiesa di predicare e di
insegnare. E poiché una Chiesa Nazionale è parte della Chiesa Universale,
dovrebbe ammaestrare, secondo le parole del Salvatore, “tutte le nazioni” (Mt
28:19) a prescindere dalla nazionalità o dalla lingua. E in questo il Cardinale
Kasper ha certamente ragione. La difficoltà, però, sta nel fatto che la Russia
ha già la sua Chiesa Nazionale, la Chiesa Ortodossa Russa, da un millennio. E
creare strutture centralizzate a questa parallele significa di fatto rifiutare
di riconoscerla come parte della Chiesa Universale. Tale attitudine viola i
principi dichiarati dal Vaticano II. E che dignità c'è in seguito a parlare di
relazioni da “sorelle” tra le Chiese?
Nelle
polemiche che sono seguite la parte cattolica ha rigettato completamente la
nozione di territorio canonico, cosa che indica chiaramente un ritorno al
pensiero prevalente prima del Vaticano II, quando la Chiesa Cattolica non
riconosceva l’Ortodossia come parte della Chiesa Universale. Tuttavia, a ben
pensarci, gli ortodossi, quando espongono questo principio, applicano alla
Chiesa Cattolica le norme della Chiesa unica e indivisa che sono comuni a
entrambe le Chiese e che non permettono l’esistenza di strutture ecclesiastiche
parallele. Questo approccio è impossibile in linea di principio con quelle
comunità cristiane che, nell’opinione ortodossa, non hanno alcuna continuità
con la Chiesa antica.
La
cosa più sconvolgente è il fatto che ancora di recente eravamo completamente
unanimi a riguardo. Vi ricorderò la storia. Quando nel 1991 sono state fondate
le amministrazioni cattoliche nella Federazione Russa, Roma ha spiegato al
Patriarcato di Mosca il senso della nozione di “amministrazione”, così come la
ragione per cui la Chiesa Cattolica non restaurava le precedenti diocesi che si
trovavano precisamente in Russia, né ne creava di nuove, come faceva in tutti
gli altri stati post-totalitari agli inizi degli anni ’90. Il senso era quello
di evitare di creare strutture parallele, in modo che l’opinione pubblica
mondiale fosse messa al corrente che la Chiesa Cattolica riconosceva le Chiese
Ortodosse come Chiese sorelle.
Un
anno dopo questi sviluppi, Roma ha promulgato un documento intitolato “Principi
generali e norme pratiche per coordinare l’evangelizzazione e il lavoro
ecumenico della Chiesa Cattolica in Russia e in altri paesi della CSI”. Esso
stabiliva limiti chiari all’opera pastorale cattolica in Russia. Dichiarava in
particolare che invece di accettare quanto erano privi di cura pastorale nella
Chiesa Cattolica, il clero cattolico avrebbe dovuto aiutare per quanto
possibile la Chiesa Ortodossa (II,2). Inoltre, il documento spingeva i vescovi
cattolici a fare in modo che nessuna attività nelle aree sotto la loro
giurisdizione venisse interpretata come “struttura evangelizzatrice parallela”.
Ciò
che vediamo ora è una diretta contraddizione alle buone intenzioni di dieci
anni fa. Strutture cattoliche parallele a quelle ortodosse sono create nella
Russia di oggi per condurre una predicazione parallela. Nel riferirsi al
comandamento del Salvatore di predicare a tutte le nazioni, la parte cattolica
sembra dimenticare le parole di San Paolo: “Mi sono fatto un punto di onore di
non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo,
per non costruire su un fondamento altrui” (Rm 15,20), e cerca di operare in
Russia costruendo sulle fondamenta spirituali costruite dalla Chiesa Ortodossa
per un migliaio di anni.
Si
sbagliano di grosso coloro che pensano che il nostro popolo sia ateo fino
all’ultimo ed essenzialmente senza Dio. E’ vero piuttosto il contrario. I
nostri compatrioti sono stati strappati con forza alla fede nel tempo
sovietico, ma sono riusciti in molti modi a preservare valori spirituali della
Santa Russia quali la tenerezza, lo spirito di sacrificio, la riverenza per i
luoghi santi, l’idea del peccato e del pentimento. Un tratto principale in questa
percezione del mondo è la nozione della spiritualità come fattore dominante
della vita. I persecutori della nostra Chiesa non riuscirono a sterminare
questa religiosità genetica, profondamente radicata, del nostro popolo, anche
in lunghi anni di severe persecuzioni. Essa è rimasta forte fino a oggi. E
precisamente questa sensibilità dei russi verso la fede ha portato ora al
successo della predicazione, sia ecclesiale che settaria. Sono state l’opera
millenaria della Chiesa Ortodossa, le gesta compiute dai suoi illuminatori e
martiri, la formazione cristiana e la cultura spirituale del popolo, che hanno
fertilizzato il suolo per la Parola di Dio.
Precisamente
questi fattori, piuttosto che qualche “avanzata” tecnologia missionaria, a
contribuire al relativo successo della missione cattolica in Russia, a cui il
Cardinale Kasper si riferisce nel suo articolo. Inoltre, egli menziona la
“debolezza” della Chiesa Ortodossa Russa, che a suo dire teme l’“efficacia
pastorale” della Chiesa Cattolica. Noi non abbiamo nulla da temere riguardo a
questa “efficacia”, poiché possiamo vedere che il successo della missione
cattolica in Russia non è tanto grande neppure con un terreno tanto favorevole
alla predicazione. La Russia non è divenuta cattolica dopo i dieci anni duro
lavoro da parte di ogni tipo di ordine missionario. La crescita del numero dei
fedeli cattolici nel nostro paese è stata molto piccola. Per tutti coloro che
sono un poco familiari con le realtà russe, i dati di 500-600mila fedeli,
ripetutamente citati dall’Arcivescovo Kondrusiewicz, sembrano più che
sopravvalutati. Allo stesso tempo, egli stesso ha dichiarato che il numero dei
membri del suo gregge non è di fatto cambiato dagli anni ’90. Per questa
ragione è ancor più sorprendente che una “provincia ecclesiastica” sia stata
creata per un così “piccolo gregge”, da affidare a un “metropolita”.
L’impressione è che i cattolici russi abbiano solo due cose in crescita –
strutture amministrative e titoli.
Continuando
sul tema dell’“efficacia pastorale” della Chiesa Cattolica, guardiamo
all’Occidente dove essa è sempre stata tradizionalmente forte. In quasi ogni
capitale europea, vi può essere mostrata una chiesa cattolica chiusa e un
ex-seminario cattolico. La gente li ha abbandonati. Noi non ne esultiamo, poiché
conosciamo le cause di queste tendenze, ovvero, lo spirito del consumismo,
dell’edonismo, della permissività totale, che oggi si impongono attivamente
sulla gente. Due grandi Chiese cristiane, la Cattolica e l’Ortodossa,
dovrebbero opporsi assieme a tale spirito “di questo mondo”, piuttosto che
competere in “efficacia missionaria”.
E
invece, i predicatori della “forte” Chiesa Cattolica continuano a venire in
Russia nella speranza di ricolmare i propri ranghi con persone spiritualmente
nutrite e allevate nella tradizione ortodossa della “debole” Chiesa sorella.
Precisamente a causa di questo sfruttamento dell’eredità ortodossa noi
qualifichiamo invariabilmente la missione cattolica in Russia come
proselitismo, vale a dire, come adescamento di persone da una tradizione
all’altra.
L’attiva
opera missionaria della Chiesa Cattolica nel nostro paese non ha nulla a che
fare con la cura pastorale per il gregge già esistente. Il buon senso
suggerisce che un certo numero di parrocchie cattoliche sarebbe sufficiente per
questo scopo. Ma quale proposito se non il proselitismo può spiegare la
presenza di ordini missionari Russia? Molti di loro hanno la missione indicata
anche nei loro nomi, per esempio, “Figli Missionari del Cuore Immacolato della
Beata Vergine Maria (Claretiani), “Sorelle Missionarie del Divino Amore”,
“Donne Missionarie della Sacra Famiglia”, etc. Altri ordini, come i verbisti,
sono stati stabiliti fin dal principio come organizzazioni missionarie.
Rispondendo
alle nostre proteste, i cattolici russi amano appellarsi alla libertà di
coscienza, che secondo loro noi cercheremmo di restringere. Essi ribattono che
i russi vengono da loro solo di propria libera volontà. Senza negare
l’esistenza di tali casi, faremo notare che una simile “libera scelta” è
normalmente ben preparata e fertilizzata con uno sforzo missionario
preliminare. Un conto è se una persona giunge da sé in una chiesa cattolica, e
un altro se vi è condotta a forza di spinte di gomito di un missionario. E i
casi del secondo tipo sono un bel po’ numerosi.
Siamo
pure contrari a che i cattolici qualifichino come “non credenti” quelli tra i
nostri compatrioti che sono stati battezzati nella Chiesa Ortodossa o che si
identificano con la cultura ortodossa, e tale è quasi tutta la popolazione
russa etnica della Federazione Russa, così come quella di altri popoli
tradizionalmente ortodossi della CSI e del Baltico. Anche se non tutti sono
attivamente coinvolti nella vita della Chiesa, se sono considerati non
credenti, allora nello stesso modo anche la stragrande maggioranza dei
cattolici in Europa Occidentale e nelle Americhe può essere considerata come
composta di non credenti.
Ci
rifiutiamo completamente di accettare la missione cattolica tra i bambini
russi, specialmente gli orfani e quelli che sono cresciuti in famiglie a
rischio. Per la maggior parte sono battezzati nella Chiesa Ortodossa, e
pertanto ne sono membri a pieno titolo. I missionari cattolici, per lo più
suore di vari ordini, vanno nelle scuole e negli orfanotrofi e sotto il
pretesto della carità predicano lì i loro insegnamenti. Istituiscono pure
orfanotrofi per i bambini senza casa che sono così numerosi per le strade delle
città russe di oggi. In queste istituzioni, i piccoli russi, che spesso vengono
da famiglie russe a basso reddito, sono convertiti al cattolicesimo. In tal
modo si coltivano le fondamenta per una nuova “provincia ecclesiastica”.
Naturalmente, nessuno chiede ai bambini russi se vogliono essere cattolici.
Queste sono dirette violazioni della libertà di coscienza a cui spesso si
riferiscono i nostri oppositori quando criticano la risposta ortodossa alla
loro attività missionaria.
Non
suggeriamo in alcun modo che i bambini senza casa dovrebbero essere lasciati
soli nelle strade. La nostra Chiesa ha fatto grandi sforzi per restaurare le
proprie opere sociali e caritative, proibite sotto il regime totalitario. E qui
la cooperazione con la Chiesa Cattolica sarebbe proprio la cosa giusta da fare.
Un lavoro caritativo congiunto diventerebbe un’eccellente forma pratica per la
nostra cooperazione. Si dovrebbe notare in tutta onestà che questo in parte
avviene, ma non con gli ordini cattolici che operano in Russia. In questa o
quella regione russa, può esserci già un orfanotrofio ortodosso, ma le suore
cattoliche, mostrando meraviglie di segretezza, vi fondano il loro orfanotrofio
per allevare piccoli cattolici. Se avessero davvero a cuore i bambini invece
della missione, perché non portarli dagli ortodossi? Perché non condividere la
loro esperienza? Perché non permettere che i bambini battezzati nella Chiesa
Ortodossa ricevano istruzione religiosa da un prete ortodosso?
Ahimè,
con rare eccezioni questo non avviene quasi mai. I cattolici che si prendono
cura dei bambini russi normalmente non vogliono cooperare con i loro colleghi
ortodossi, perché apparentemente hanno compiti diversi. Per esempio, abbiamo
informazioni attendibili che tre fratelli orfani minorenni nell’orfanotrofio
cattolico di Novosibirsk, che sono stati battezzati e cresciuti
nell’Ortodossia, non hanno il permesso di parlare con i propri padrini e di
leggere libri ortodossi, e sono impediti con ogni mezzo possibile dal
frequentare la Chiesa Ortodossa. Questo esempio non è una prova diretta di
proselitismo? E vi sono molti esempi del genere in Russia. Un altro è
l'attività di Madre Teresa di Calcutta a Mosca, dove è gestito un orfanotrofio
per bambini senza casa. Nella capitale della Russia c’è un numero sufficiente
di istituzioni caritative ortodosse che sono pronte alla cooperazione e allo
scambio di esperienze con le Sorelle di Madre Teresa nel campo della carità e
dell’aiuto ai poveri. Tuttavia, è evidente che le sorelle cattoliche non
desiderano questo scambio e che agiscono senza venire in contatto con la Chiesa
Ortodossa.
Riassumendo
quanto ho detto, considero necessario affermare che in Russia abbiamo a che
fare con deliberati sforzi missionari della Chiesa Cattolica Romana di
espandere la propria presenza. La Chiesa Ortodossa Russia ritiene che sia
precisamente per questi scopi, non per la “normale” cura del proprio gregge,
che le quattro diocesi cattoliche sono state istituite nel nostro paese,
assieme a un nuovo esarcato e a due nuove diocesi in regioni dell’Ucraina in
cui i cattolici sono una piccola minoranza.
In
risposta la parte cattolica ha sempre portato la stessa contro-argomentazione,
indicando le diocesi all'estero della Chiesa Ortodossa Russa, come le diocesi
di Berlino, Bruxelles, Korsun, etc. I nostri oppositori sembrano riluttanti a
osservare che le diocesi estere della Chiesa Ortodossa Russa sono etniche, non
geografiche, in natura. In prevalenza si prendono cura della diaspora ortodossa
di lingua russa, e non conducono missione tra la popolazione locale. Un vescovo
della Chiesa Ortodossa Russa può avere sotto la sua giurisdizione diverse
parrocchie in differenti paesi, come è il caso per la diocesi di Korsun che
include le nostre parrocchie in Francia, Italia, Spagna e Svizzera.
L’Arcivescovo di Argentina e Sud America basato a Buenos Aires si prende cura
dei fedeli nel territorio dell'intera America meridionale! Così, la nostra
Chiesa non ha diviso alcun altro paese in diocesi come i cattolici hanno fatto
in Russia. Non abbiamo creato, per esempio, una chiesa ortodossa locale in
Italia o in Francia, anche se vi sono state numerose opportunità per farlo.
Basti ricordare gli sforzi di Eugraph Kovalevski, un emigrante russo in
Francia, che cercò di creare un “rito latino ortodosso” all’inizio e alla metà
del XX secolo. La sua iniziativa ha incontrato un certo successo, e un
movimento simile esiste tuttora. Ma noi ci rifiutiamo consapevolmente di
sostenere questo e molti altri progetti simili poiché crediamo che l’Occidente
sia prima di tutto un territorio di responsabilità pastorale della Chiesa Cattolica.
Per
la stessa ragione i nostri vescovi e preti non vanno in missione nelle scuole e
nelle università in Italia, Francia e Belgio come i cattolici fanno in Russia.
A dire il vero, la nostra Chiesa, potrebbe sfruttare la “debolezza” della
Chiesa Cattolica in Europa occidentale, dove le chiese cattoliche sono state
abbandonate, chiuse o vendute, per lanciare la nostra predicazione
“alternativa”. Ma crediamo che i giovani occidentali debbano ascoltare la
predicazione del proprio clero. E il punto non è la nostra “debolezza
pastorale”. E’ che proprio non abbiamo alcuna strategia missionaria riguardo
all’Occidente. La nostra presenza nei paesi occidentali è emersa a causa
dell’emigrazione causata da numerosi eventi tragici nella nostra patria, quali
rivoluzioni, guerre, disastri economici. Il popolo ortodosso russo è giunto e
tuttora giunge in Occidente in cerca di asilo per una persona, o di una vita
più stabile e sicura per un’altra. E’ nel loro diritto. E’ pure nel loro
diritto avere le proprie chiese, i propri preti e vescovi. La Chiesa Russa in
Occidente non è un invasore o un conquistatore spirituale. Noi non siamo
intenzionati a competere con la Chiesa Cattolica in “efficacia pastorale”. Che
ciascuno lavori nel suo campo spirituale.
Vorremmo
molto vedere la stessa comprensione e attitudine da parte della dirigenza
vaticana nella sua politica riguardo alla Russia. Sfortunatamente, gli eventi
recenti che violano la fragile fiducia stabilita con sforzi comuni nel periodo
dopo il Vaticano II, hanno rafforzato molti ortodossi nella convinzione,
formata da esempi di storia remota e non tanto remota, che quando la Russia e
la Chiesa Russa sono in difficoltà, la Chiesa Cattolica cerca di rafforzarvi la
propria posizione. Le più dolorose sono naturalmente le memorie associate con
il severo tempo della rivoluzione del 1917 e della persecuzione contro la
Chiesa da essa iniziata. Ricordiamo i martiri cattolici per la fede, ma è
impossibile dimenticare la “politica orientale” del Vaticano che mirava a
giungere a un accordo con i bolscevichi quando questi perseguitavano gli
“scismatici”. Questo era esattamente ciò che facevano la commissione Pro Russia
stabilita dalla Congregazione per le Chiese Orientali nel 1925 a Roma, e il suo
capo Michel d’Herbigny. In quel tempo ebbe luogo anche la fondazione di una
diocesi cattolica nell’Estremo Oriente della Russia.
Speravamo
che il Vaticano II avesse messo fine a questa politica verso la Russia e gli
ortodossi russi quando descrisse la Chiesa Ortodossa come una Chiesa sorella.
Questo cambiamento di attitudine verso di noi fu confermato dai 25 anni
post-conciliari in cui si è tenuto un intenso dialogo teologico tra le due
Chiese, e ci siamo trovati uniti di fronte a sfide provenienti da un mondo che
perde la fede.
Segnali
deludenti sono apparsi durante gli eventi della fine degli anni ’80 e dei primi
anni ’90. La legalizzazione dei greco-cattolici in Ucraina occidentale è stata
accompagnata dall'espulsione forzata degli ortodossi dalle loro chiese. Le
chiese che appartenevano agli uniati prima della Seconda Guerra Mondiale erano
state usate dagli ortodossi per cinquant'anni. Il compito era di trovare un
modo ragionevole e privo di conflitti per uscire da quella difficile situazione
che si era sviluppata come conseguenza dei tragici eventi della metà del XX
secolo. La Chiesa Ortodossa Russa propose alla parte cattolica una soluzione di
dialogo, e in breve si stabilì una commissione quadrupla che consisteva di
rappresentanti della Chiesa Ortodossa Russa e di quella Ucraina, della Chiesa
Greco-Cattolica e del Vaticano. I greco-cattolici, tuttavia, si ritirarono
unilateralmente dalla commissione e continuarono la loro barbara campagna di
severe persecuzioni contro gli ortodossi. Il Vaticano non è riuscito a fermare
i greco-cattolici nel loro zelo insensato, anche se questo conflitto è uno dei
due temi che si è iniziato a discutere urgentemente durante tutti i colloqui
ufficiali con il Patriarcato di Mosca.
Il
secondo tema era quello del summenzionato proselitismo cattolico. Nei primi
anni ’90, un flusso di missionari, inclusi quelli cattolici fece ressa nello
spazio religioso ora aperto dell'ex-Unione Sovietica. Questo ci ha fatto
pensare se fosse appropriato usare il termine “Chiesa sorella”. Ma a quel tempo
la parte ortodossa non abbandonò la sua intenzione di appianare i problemi
esistenti in spirito di pace: incontri ufficiali tra delegazioni della Chiesa
Ortodossa Russa e della Chiesa Cattolica Romana si sono tenuti molto spesso,
quasi annualmente. Gli ultimi due hanno avuto luogo nel Novembre 1999 e nel
Giugno 2000, con il prossimo incontro programmato per il febbraio di questo
stesso anno. Il rimprovero di mancanza di desiderio di dialogo, mosso alla
nostra Chiesa dal Cardinale Kasper, appare non corretto. Il problema è che
questi incontri sono stati di fatto infruttuosi, dato che nel corso degli
stessi incontri gli stessi temi – il conflitto nell'Ucraina occidentale e il
proselitismo – sono stati discussi e sono stati presi certi impegni, ma la
parte cattolica non si è affrettata a metterne qualcuno in pratica. Nondimeno,
abbiamo continuato a stare pronti ai negoziati fino alla decisione del Vaticano
di febbraio riguardo alle diocesi.
La
nostra Chiesa ha condotto un dialogo con i cattolici russi. Fino a tempi molto
recenti, avevamo nel nostro paese un Comitato Consultivo Interconfessionale
Cristiano, presieduto congiuntamente dall’Arcivescovo T. Kondrusiewicz e dal
Metropolita Kirill. Riponevamo grandi speranze nel lavoro di questo organismo,
ma ora, dopo tutto ciò che è accaduto, il suo futuro è dubbio.
Vi
sono tutte e le ragioni per dichiarare che la decisione del Vaticano sulle
diocesi cattoliche in Russia è divenuta un vero disastro interconfessionale.
Questo non è solo un conflitto tra la Chiesa Ortodossa Russa e la Chiesa
Cattolica Romana, ma anche tra l’Ortodossia e il Cattolicesimo nel mondo. Il
tentativo di presentare il conflitto come se fosse stato generato
dall’“inflessibilità” della Chiesa Russa non ha prospettive, come non ne ha il
desiderio di dividere le Chiese Ortodosse in “buone” e “cattive”, quelle aperte
al dialogo con i cattolici e quelle inclini all’isolazionismo. Il Cardinale
Kasper cita come esempio positivo la Chiesa Ortodossa di Antiochia. Ma il
Patriarcato di Antiochia è stato il primo a condannare l’azione del Vaticano in Russia! E il Papa e
Patriarca di Alessandria ha mandato persino una lettera al Papa di Roma,
sostenendo pienamente la posizione della Chiesa Ortodossa Russa
sull’istituzione delle diocesi cattoliche nel nostro paese. Sostegno per la
nostra Chiesa è stato pure espresso dai patriarchi ortodossi di Serbia,
Bulgaria e Romania e dal primate della Chiesa Ortodossa Polacca.
Pertanto,
non è la “cattiva” Chiesa Russa ad aver fermato il suo dialogo con i cattolici,
come ha scritto il Cardinale Kasper, ma è stato il Vaticano a iniziare un
conflitto tra le due grandi tradizioni cristiane in un momento cruciale di
crisi globale della civilizzazione. La situazione causata dall’istituzione di
nuove strutture cattoliche in Russia ha molto in comune con quella degli inizi
del XIII secolo, in cui patriarcati latini paralleli sono stati fondati durante
le crociate nell’Oriente ortodosso. La cosa davvero coerente è qui si fa
penitenza per le crociate di quel tempo, mentre si rianimano trucchi e metodi
antiquati per riportare le nostre relazioni a quel periodo. Naturalmente,
nessuna Chiesa Ortodossa locale sarà in grado di affrontare la situazione con
calma.
Non
è oggi, comunque, che è sorto il problema: lo sviluppo generale delle relazioni
tra il Vaticano e le Chiese Ortodosse è stato ultimamente tutt’altro che
liscio. Sia sufficiente ricordare il fallimento della sessione plenaria della
Commissione Internazionale Congiunta di Dialogo Teologico tra Gli Ortodossi e
la Chiesa Cattolica Romana che ha avuto luogo a Baltimora, USA, nel Luglio
2000. Il tema di quella sessione era lo status delle Chiese Uniati. Le
differenze tra le parti ortodossa e cattolica erano tanto grandi che non si è
mai raggiunta una risoluzione mutuamente accettabile. Già a quel tempo era
chiaro che una seria crisi era scoppiata nelle relazioni tra le chiese.
E’
ancor più evidente che questa crisi è rovinosa in un tempo in cui i cristiani
in Oriente e in Occidente dovrebbero essere uniti quanto mai prima di fronte a
processi pericolosi che hanno luogo nel mondo. Questi sono il regno dello
spirito materialistico e consumistico, la dominazione del liberalismo totale
che oblitera i valori tradizionali, la perdita di orientamento morale, la
crescente minaccia di estremismo, terrorismo e altre manifestazioni di
inimicizia interpersonale, e un’incredibile amarezza e collera. Dovremmo dare
una risposta cristiana unita alle nuove realtà politiche – la globalizzazione
dell’economia mondiale, l’internazionalizzazione della legge e dei meccanismi
decisionali e l’unificazione dell'Europa. L’assenza di ogni menzione di valori
religiosi nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea,
recentemente adottata, è allo stesso modo un nostro comune fallimento.
In
questa situazione, i cristiani tradizionali, primi tra tutti ortodossi e
cattolici, dovrebbero fermamente esortare l’umanità a ritornare ai fondamentali
valori spirituali e morali, e reiterare Cristo e il Vangelo come le fondamenta
più affidabili per un giusto e armonioso ordine sociale. Dobbiamo anche opporci
risolutamente ai tentativi di mettere la religione ai margini della vita
internazionale e sociale, di confinarla entro una cornice di comunità
parrocchiale, casa privata o “ghetto” etnografico. A tal fine, la Chiesa
dovrebbe avere la risolutezza di cambiare il mondo non nascondendosi dietro a
uno schermo di slogan secolari e di costruzioni mentali ad essa alieni, siano
essi il “pluralismo”, il “tempo appropriato” o “la separazione dall’era
costantiniana” a cui si riferisce il Cardinale Kasper. La terminologia delle
Sacre Scritture e dei Santi Padri è estremamente precisa, e quando è sostituita
da nozioni alla moda e popolari di “questa epoca” la Chiesa perde acutezza di
visione, divenendo temporale e apatica, e in ultimo fallisce nella propria
missione. E’ deplorevole sentir giungere talvolta da Roma inflessioni da
mentore, specialmente quando ci insegna la libertà di coscienza e il pluralismo
religioso, dimenticando che questi possono essere a volte distruttivi sia per
la società che per l’individuo se non sono bilanciate dall’opzione per la
verità e la bontà – opzione non accidentale ma coltivata dalla propria
tradizione spirituale.
In
Vaticano comprendono che, usando in una discussione inter-ecclesiale
argomentazioni prese in prestito da dottrine sviluppate al di fuori della
tradizione della Chiesa come risultato di sviluppo filosofico, e ispirate in
molti modi dall’idea di liberarsi dall’influenza religiosa, essi indeboliscono,
volontariamente o involontariamente, la loro stessa posizione? In Vaticano
comprendono che la devastazione del dialogo inter-ecclesiale e le azioni
anti-ortodosse sono a vantaggio delle forze che cercano di indebolire, umiliare
e marginalizzare il cristianesimo? Il modo in cui molti mass media hanno
coperto l’opera della Chiesa Cattolica ne sembra una prova. Noi i media li
seguiamo attentamente, e non abbiamo notato di recente alcuna speciale
solidarietà mostrata dalla stampa verso il Vaticano eccetto che per un singolo
caso – il suo confronto con la Chiesa Ortodossa Russa. Qui il sostegno è dalla
parte del Vaticano. In tutto il resto, la Chiesa Cattolica è criticata e
accusata di vari peccati.
Sfortunatamente,
Roma ha ceduto alla tentazione di una facile espansione nel campo della Chiesa
Ortodossa Russa. E il risultato è stato il tracollo delle nostre relazioni. E’
uno dei più grandi sbagli fatti dal Vaticano, e già appartiene alla storia.
L'inizio del XXI secolo sarà così sempre ricordato come tempo di tragedia nelle
relazioni tra le nostre due Chiese. Questo errore storico è difficile da
rettificare per mezzo di passi diplomatici, attività politica o retorica
propagandistica. La ferita è seria, e sorge la domanda: chi ha inflitto la
ferita è in grado di curarla? Ma noi siamo fiduciosi che il Signore la curerà
scegliendo persone capaci di comprendere tutto il danno fatto a entrambe le
Chiese da ciò che è accaduto.
Rivolgendosi
ai suoi discepoli Cristo chiese loro se sono in grado di bere dalla coppa dalla
quale Egli stesso beve. Queste parole del Salvatore sono dirette a tutti noi,
ortodossi e cattolici. Se in obbedienza al Signore beviamo oggi insieme a
quella coppa, allora, credo, il mondo potrà essere diverso. So che moltissimi
cattolici condividono questa fiducia e sono pronti, insieme ai loro fratelli e
sorelle ortodossi, ad agire in consapevolezza della propria responsabilità di
fronte a Dio, alla storia e all'umanità. In queste azioni sta la garanzia non
solo della riconciliazione, ma anche la restaurazione dell’unità della Chiesa
per la quale il Salvatore pregò nel Getsemani.
Mosca