Archimandrita
Amvrosij (Pogodin)
pubblicato
in origine in Vestnik Russkogo Khristianskogo Dvizheniya
(Messaggero
del movimento cristiano russo)
Parigi-New
York-Mosca, n. 173 (I-1996) e 174 (II-1996/I-1997).
Tale
questione è sempre stata un problema significativo nella storia
della Chiesa. Fu considerata dalla Chiesa antica(1), dai Santi Padri, dai
canoni degli antichi Concili locali e dai Concili ecumenici, da decisioni
posteriori di singoli Concili di Chiese locali, e in certi casi, da editti
di sovrani ortodossi. Per noi, che viviamo all'estero tra gli eterodossi,
questo problema non è tanto accademico quanto pratico, parrocchiale
e pastorale. Nelle nostre parrocchie incontriamo costantemente, in misura
più o meno ampia, un influsso di eterodossi, alcuni dei quali in
seguito entrano a far parte della Chiesa Ortodossa come chierici e laici.
I matrimoni misti sono avvenimenti comuni nella nostra parrocchia, e offrono
occasioni di accogliere nuovi convertiti nella Chiesa Ortodossa.
Nei
tempi attuali,
tale questione è tuttora all'ordine del giorno. Le regole promulgate
dalla Chiesa devono guidare e assistere saggiamente il parroco in questa
situazione missionaria. È essenziale che tali regole, quando queste
appaiono sotto nuove forme in connessione con le circostanze e condizioni
correnti del mondo, riflettano sia la stabilità e la tradizione
della Fede ortodossa, sia la sapienza e l'amore della Madre Chiesa. Nell'ottavo
secolo, San Giovanni Damasceno scrisse che la legislazione della Chiesa
deve respirare con uno spirito di amore e di condiscendenza.(2) Tanto più
ce lo dovremmo aspettare oggi, in questi tempi difficili per la Chiesa
Ortodossa e per tutto il cristianesimo; tempi in cui "...il mistero dell'iniquità
e già all'opera"(3), come testimoniato dall'ateismo, dall'abbandono
della Chiesa, dall'indifferenza e da molti altri mali spirituali. La Chiesa
ortodossa, pur evitando ogni tipo di compromesso, deve soprattutto mostrarsi
come una madre amorevole rispetto a quegli eterodossi che, con fede e amore,
vengono a lei da altre confessioni cristiane.
Se
mantenute in questa prospettiva, le regole della Chiesa saranno vitali
e condurranno alla diffusione dell'Ortodossia nel mondo. La storia è
una meravigliosa maestra di vita. Presenteremo qui la storia di come si
sia risolto il problema della ricezione degli eterodossi nell'Ortodossia:
1) nella Chiesa universale, 2) nella Chiesa russa, 3) nella Chiesa greca
del XVIII secolo, e infine, 4) come tale questione è vista dalle
Chiese ortodosse nel tempo presente.(4)
Il
battesimo è il sacramento fondamentale della Chiesa cristiana. È
stato comandato dal nostro Signore Gesù Cristo e compiuto dai santi
apostoli,(6) dai vescovi e dai presbiteri che essi incaricarono e dai loro
successori. I primi Santi Padri e i canoni della Chiesa parlano del sacramento
del battesimo.(7) La santa Chiesa amministrava il battesimo come proprio
sacramento di base. Così l'Apostolo Paolo scrive, "...Un solo Signore,
una sola fede, un solo battesimo."(8) In considerazione del significato
eccezionale di questo sacramento, la santa Chiesa intraprese ogni sforzo
per assicurarsi che nessuno dei suoi membri, per qualsiasi ragione, fosse
lasciato senza battesimo, e, d'altro canto, per assicurarsi che nessuno
fosse battezzato più di una volta, in quanto questo sacramento -
per analogia con la nascita naturale, come reale nascita di una persona
in Cristo per la vita eterna, - non si può ripetere, cosa che è
rimasta impressa negli antichi simboli della fede, e che si trova nel nostro
stesso Credo. Questi due elementi: la preoccupazione di assicurarsi che
nessun membro della Chiesa resti senza un vero battesimo e la non-ripetizione
del battesimo valido, si possono trovare espressi anche nella legislazione
ecclesiastica successiva.(9) Lo vediamo dapprima nei Canoni Apostolici
46 e 47: il primo vieta strettamente al vescovo o al presbitero di riconoscere
il battesimo ereticocome valido;(10)
nel secondo, al vescovo o presbitero è strettamente vietato ripetere
un battesimo di qualcuno che già ha un battesimo valido.(11)
Così,
il Canone Apostolico 46 parla dell'inammissibilità del battesimo
eretico. Subito dopo il testo di tale canone vi è questa spiegazione
nell'edizione fatta dal Santo Sinodo [russo]:
"Questo
Canone Apostolico si riferisce agli eretici ai tempi degli apostoli, che
offendevano i principali dogmi di Dio il Padre, Figlio e santo Spirito,
e dell'Incarnazione del Figlio di Dio. I seguenti canoni sono diretti ad
altri tipi di eresie: I Concilio Ecumenico 19, Laodicea 7 e 8, VI Concilio
Ecumenico 95, e Basilio il Grande. 47."(12)
Così,
questo Canone Apostolico si riferisce agli eretici le cui eresie non solo
distorcevano gli insegnamenti della Santa Chiesa, ma che ben difficilmente
potevano essere chiamate "cristiane". Esse consistevano in un miscuglio
fantasioso di giudaismo e cristianesimo, o di una filosofia pagana con
una colorazione superficiale di cristianesimo, che somigliava ai misteri
orientali frammisti di elementi fantastici. Il Prof. Posnov nel descrivere
queste eresie conclude: "Le distorsioni giudeo-cristiane e pagano-cristiane
non erano eresie cristiane in un senso reale."(13) Riguardo alle eresie
che apparvero al termine del secondo e terzo secolo su suolo cristiano,
queste consistevano in complete assurdità in senso dogmatico. La
"Lettera circolare dei Patriarchi orientali" del 1848 definisce rettamente
queste eresie "mostruosità" e "patetiche immaginazioni e fantasie
di persone misere."(14) Anche un'eresia come il montanismo, più
vicina alla struttura della Santa Chiesa, era molto distante dall'autentico
insegnamento della Chiesa, e introduceva una nuova rivelazione che sarebbe
stata data a Montano, e sulla cui base si fondava la visione del mondo
della setta.(15) Anche se il loro battesimo si faceva nel nome della Santa
Trinità, l'aggiunta della formula "e nel nome dello spirito di Montano"
invalidava tutti i battesimi.
Così,
i Canoni Apostolici hanno in vista eretici specifici e si riferiscono a
quei tempi antichi.(16) È chiaro che la Chiesa non avrebbe potuto
accettare in alcun modo tali eretici come cristiani. Tuttavia, tutte queste
eresie avevano le loro abluzioni sacre o "battesimi." Un "battesimo" in
una forma o in un'altra è comune a tutte le religioni. I cosiddetti
"Rotoli del Mar Morto" ci mostrano che gli esseni, in aggiunta alla circoncisione,
e a pari rango con essa, praticavano un battesimo.(17) Queste abluzioni
sacre o "battesimi" degli eretici del II secolo non avevano nulla in comune
con il battesimo compiuto nella Chiesa. Il battesimo nella Chiesa comprendeva
due elementi: un insegnamento esplicito sulla Santa Trinità, e sull'Incarnazione
del Figlio di Dio. Il battesimo eretico mancava di entrambi, e perciò
non poteva essere accettato come equivalente del battesimo compiuto nella
santa Chiesa. Il Canone 46 dei Canoni Apostolici fu scritto per evitare
ogni incomprensione. Queste persone avevano bisogno di essere battezzate
nella Chiesa poiché esse, nel giudizio della Chiesa, non erano battezzate.
Ma come avviamo fatto notare, il canone successivo, il 47, vietava la ripetizione
di quel battesimo che era stato validamente compiuto.
Il
cristianesimo vide un numero non piccolo di eresie durante il III e IV
secolo, e all'origine di tali eresie c'erano vescovi o presbiteri eminenti.
Come trattare quanti giungevano all'Ortodossia da tali eresie? Con quale
metodo dovevano essere ricevuti? All'interno della Chiesa Ortodossa vi
fu un'immediata differenza di vedute su questo problema. Alcuni insistevano
che fossero ricevuti solo tramite il battesimo, ovvero senza riconoscere
come valido il primo battesimo anche se era corretto nella forma (vale
a dire, corrispondente al battesimo amministrato nella Chiesa Ortodossa).
Altri mantenevano un punto di vista più tollerante, accettando come
valido il battesimo compiuto da alcuni eretici, poiché era stato
compiuto nel nome della Santa Trinità, e non richiedevano a quanti
rientravano nell'Ortodossia dall'eresia di essere ribattezzati. Una linea
più rigida fu presa da Tertulliano (egli stesso un montanista),
San Cipriano di Cartagine, Firmiliano di Cesarea, ed Elano di Tarso. San
Cipriano, avvocato della linea rigorosa, convocò due concili a proposito
(255-256) e insistette che gli eretici non venissero ricevuti in altro
modo che con il battesimo. Santo Stefano, Papa di Roma (253-257) si poteva
considerare un sostenitore della linea più tollerante, e la sua
posizione, secondo il famoso Hefele, fu sostenuta dai vescovi orientali.
Allo stesso tempo in cui San Cipriano con un concilio di 71 vescovi insisteva
che gli eretici mancano di ogni grazia, e che per questa ragione i loro
atti sacri sono invalidi, Santo Stefano riceveva gli eretici penitenti
con l'imposizione della mano del vescovo sul loro capo. Questo era fatto
secondo la pratica tollerante, che era sostenuta da altri vescovi occidentali.
Leggiamo in un antico decreto del Concilio di Arles (Canone 8):
"Se
qualcuno viene alla Chiesa dall'eresia, gli si chieda di recitare il Credo;
e se si vedrà che è stato battezzato nel Padre, nel Figlio
e nel Santo Spirito [in Patre et Filio et Spiritu Sancto esse baptizatum]
gli si imporranno soltanto le mani affinché possa ricevere lo Spirito
Santo. Ma se non è stato battezzato nel nome della Santa Trinità,
che sia battezzato."(18)
Avendo
saputo del decreto del Concilio di Cartagine sotto la presidenza di San
Cipriano, che imponeva il ri-battesimo degli eretici che entravano nella
Chiesa, dapprima il Papa Santo Stefano chiese l'abrogazione di tale decreto,
minacciando la scomunica e, dato che l'abrogazione non ebbe luogo, scomunicò
in seguito San Cipriano.(19)
È
interessante notare che i canonisti orientali trattano in modo critico
le decisioni dei concili di Cartagine. Così Zonaras, commentando
il Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico, che prescrive la ricezione
di certi tipi di eretici senza ribattezzarli, nota il decreto di San Cipriano,
del quale dice:
"Così,
le opinioni dei Padri riuniti in concilio con il grande Cipriano non si
riferiscono a tutti gli eretici e a tutti gli scismatici. Dato che il Secondo
Concilio Ecumenico, come abbiamo appena fatto notare, fa un'eccezione per
certi eretici e accorda sanzioni per la loro ricezione senza ripetere il
battesimo, richiedendo solo la loro unzione con il Santo Crisma, e la rinuncia
alle loro eresie e a tutte le altre eresie."
Balsamone
definisce il decreto del Concilio di Cartagine "non vincolante, e come
tale senza effetto."(20)
Con
questi elementi di prova, la nostra analisi mostra che nel III e nella
prima parte del IV secolo vi erano due pratiche differenti per la ricezione
degli eretici e degli scismatici nella Chiesa Ortodossa: una attraverso
il ri-battesimo e l'altra attraverso la penitenza. Tuttavia, la Chiesa
Ortodossa, essendo sempre misericordiosa, tendeva verso la visione meno
rigorosa.
Anche
se il Primo Concilio Ecumenico non diede regole definitive in materia,
i suoi tre canoni, 8, 11 e 19, si ispirano alla misericordia verso quanti
sono caduti nei tempi di persecuzioni, o a quanti sono fuoriusciti dall'Ortodossia
durante lo scisma dei novaziani(21) o nell'eresia di Paolo di Samosata(22).
I novaziani, che si definivano "puri e migliori," dovevano essere ricevuti
attraverso la penitenza. I paulianisti si dovevano ricevere con il battesimo,
poiché il loro insegnamento dogmatico era una distorsione di quello
ortodosso, e in seguito i loro chierici potevano essere ricevuti [per ordinazione,
N.d.T.] nel clero della Chiesa Ortodossa.
Troviamo
un certo numero di principali eresie cristologiche nel IV secolo, quali
l'arianesimo, l'apollinarismo e le loro diramazioni, come pure altre eresie
relative al dogma della Santa Trinità e dell'ipostasi del Santo
Spirito (macedoniani). Quanto alla ricezione di questi e altri eretici
e scismatici nella Chiesa Ortodossa, possiamo vedere che la Santa Chiesa
non aveva ancora formulato a quel tempo decreti decisivi, e che la loro
ricezione era governata dalle due pratiche parallele che abbiamo notato
in precedenza. Tuttavia, come abbiamo fatto notare, la Chiesa seguiva il
sentiero della misericordia e della condiscendenza. San Basilio ne è
testimone nel suo Canone 1, in cui dice che la Chiesa può accettare
solo quel battesimo che non differisce in alcun modo dal battesimo compiuto
nella Chiesa Ortodossa. Un'eresia è definita come "una chiara differenza
nella stessa fede in Dio." Pertanto, quegli eretici che appartengono a
eresie che distorcono completamente l'insegnamento cristiano dovrebbero
essere trattati come privi del battesimo che si compie nella Chiesa, e
dovrebbero essere battezzati quando entrano nella Chiesa. Quanto agli scismatici,
ovvero quelli che si sono staccati dalla Chiesa sulla base di "dispute
ecclesiastiche," essi possono essere ricevuti mediante la penitenza. Inoltre
San Basilio si lamenta che talvolta i montanisti vengano ricevuti nell'Ortodossia
senza il ri-battesimo, ovvero che il loro battesimo sia accettato come
valido. Poiché tale battesimo era fatto "nel Padre, nel Figlio e
in Montano o Priscilla," non corrisponde al battesimo compiuto nel nome
della Trinità dagli ortodossi. Quindi San Basilio presenta il punto
di vista di San Cipriano di Cartagine secondo il quale tutti gli eretici
e tutti gli scismatici devono essere ribattezzati quando entrano nella
chiesa ortodossa poiché eretici e scismatici sono completamente
privi di Grazia. Come risultato di tutto questo dice, "Ma poiché
altri in Asia hanno determinato altrimenti, per l'edificazione dei più,
si convalidi il loro battesimo." In questo modo San Basilio espresse
la propria autorità non con una risoluzione rigorosa del problema
ma con una risoluzione misericordiosa e accondiscendente, che serviva al
beneficio della Chiesa.
La
seguente interpretazione delle parole di San Basilio il Grande è
stata data dal Concilio della Chiesa Russa all'Estero, alla sua sessione
del 15/28 Settembre 1971:
"Così,
San Basilio il Grande, e per bocca sua il Concilio Ecumenico, confermando
il principio che non vi è un battesimo genuino al di fuori della
Santa Chiesa Ortodossa, permette per condiscendenza pastorale, che è
detta economia, l'accettazione di certi eretici e scismatici senza
un nuovo battesimo."
Nel
periodo tra il Primo e il Secondo Concilio Ecumenico vi fu un Concilio
locale a Laodicea (c. 363) che decretò, nel suo Canone 7: "Le persone
convertite dalle eresie, vale a dire, quelle dei novaziani, fotiniani,
e quartodecimani: ...saranno ricevute per mezzo della rinuncia all'eresia
e della cresima." Perciò, vediamo anche qui che la visione tollerante
ha prevalso su quella più rigida. Tuttavia, i canoni di San Basilio
il Grande e quelli di Laodicea, per quanto autorevoli, non erano ancora
leggi per tutta la Chiesa universale. C'era bisogno di una decisione di
un Concilio Ecumenico.(23) Più tardi, il Sesto Concilio Ecumenico
decretò (Canone 2) di accettare i canoni di San Basilio il Grande
e i canoni di Laodicea come leggi per tutta la Chiesa. Ciò ebbe
luogo più di tre secoli dopo.(24)
Bisogna
riconoscere che con le parole di San Basilio il Grande e dei Padri del
Concilio di Laodicea la Chiesa determinò un sentiero per la successiva
legislazione ecumenica, ovvero il fatto che i decreti (o i canoni) della
Chiesa devono essere motivati da uno spirito di tolleranza e tenendo in
vista il bene comune della Chiesa Ortodossa. Tuttavia, nel decreto del
Sesto Concilio Ecumenico (e prima di esso nei canoni di San Basilio il
Grande e del concilio locale di Laodicea) è anche evidente che la
Santa Chiesa accettava come genuino quel battesimo che era compiuto
nel nome della Santa Trinità anche se il battesimo aveva luogo fuori
della Chiesa Ortodossa, ma in tutti i sensi corrispondeva al battesimo
compiuto dagli ortodossi. In tal caso viene accettato come genuino ed efficace
all'atto della ricezione del convertito nella Chiesa Ortodossa per mezzo
della penitenza e della cresima. Inoltre le parole di San Basilio il Grande
sono ben chiare quando dice: "Le autorità antiche avevano giudicato
accettabile quel battesimo che non scartava alcun punto della fede." [San
Basilio, Canone 1] Nel libro dei riti per la ricezione degli eterodossi
nell'Ortodossia leggiamo la seguente descrizione in uno dei riti:(25) "Officio
per la ricezione nella Fede ortodossa di persone che non sono state in
precedenza ortodosse, ma sono state allevate fin dall'infanzia fuori della
Chiesa Ortodossa, eppure hanno ricevuto un valido battesimo nel nome del
Padre e del Figlio e del santo Spirito, rifiutando tuttavia altri misteri
e usanze e mantenendo visioni contrarie a quelle della Chiesa Ortodossa."(26)
Se la Santa Chiesa Ortodossa avesse dubitato della genuinità di
un tale battesimo non vi è dubbio che non avrebbe mai assoggettato
una tale persona, che giunge nel suo seno per la salvezza della propria
anima, al pericolo di restare senza il battesimo, il più grande
dei sacramenti, motivata da condiscendenza pastorale verso gli eretici
e gli scismatici, sulla base dell'economia (ovvero, per il benessere
generale della Chiesa), vale a dire accettando un compromesso al prezzo
della salvezza dell'anima che la persona affida alla Chiesa! Il battesimo
è il sacramento fondamentale della Chiesa senza il quale non si
può essere salvati. Se si dovesse tenere conto dei tempi successivi,
e dire a buona ragione che i ministri protestanti mancano della successione
apostolica e all'ingresso nella Chiesa Ortodossa sono ricevuti come laici,
obietteremo facendo notare che nella Chiesa Ortodossa il battesimo può
essere compiuto anche da un laico se l'esigenza lo richiede.
Ma
torniamo alla lunga storia del problema di ricevere gli eterodossi nella
Chiesa Ortodossa.
La
legislazione decisiva a questo riguardo fu promulgata al Secondo Concilio
Ecumenico (A.D. 381) nel suo Canone 7:
"Quegli
eretici che giungono all'Ortodossia e alla comunione dei salvati, noi li
riceviamo secondo il rito e l'uso prescritto: riceviamo gli ariani, i macedoniani,
i novaziani che si definiscono 'puri e migliori,' I quartodecimani, altrimenti
noti come tetraditi, così come gli apollinariani, a condizione che
offrano libelli (ovvero, abiure per iscritto) e rinuncino a ogni
eresia che non mantenga la stessa fede della santa, cattolica e apostolica
Chiesa di Dio, e quindi siano segnati con il sigillo, vale a dire, unti
con il crisma sulla fronte, sulle orecchie, narici, bocca e orecchie. E
mentre sono segnati con il sigillo, diciamo, 'sigillo del dono dello Spirito
Santo.' Quanto però agli eunomiani, che sono battezzati con una
singola immersione, ai montanisti, detti anche frigi, e ai sabelliani,
che insegnano che il Padre e il Figlio sono la stessa persona, e che commettono
altre cose abominevoli, e [a quanti appartengono ad] ogni altra eresia
- poiché qui ve ne sono molte, soprattutto tra la gente che proviene
dal paese dei galati, - tutti quanto desiderano aderire all'Ortodossia
siamo disposti a riceverli come greci [ovvero, pagani]. Di conseguenza,
il primo giorno li facciamo cristiani; il secondo giorno, catecumeni; quindi,
il terzo giorno, li esorcizziamo con il gesto dei tre soffi sul volto e
nelle orecchie; e così li catechizziamo, facendoli aspettare un
poco nella chiesa e ascoltare le scritture; e quindi li battezziamo."(27)
In
questo modo la Santa Chiesa stabilì le regole su come ricevere quanti
giungevano all'Ortodossia dall'eresia. Quanti hanno un battesimo corretto
sono ricevuti senza ri-battesimo. Quanti non hanno un battesimo nel nome
della Santa Trinità sono ricevuti per mezzo del battesimo. Si deve
notare che ariani e macedoniani aderivano a un falso insegnamento sulle
persone della Santa Trinità, ma l'effettiva fede nella Santa Trinità,
nel Padre, Figlio e Santo Spirito, era presente, ed era sufficiente, nell'opinione
della Santa Chiesa, per riconoscere la validità (sufficienza) del
loro battesimo.
Con
questo canone il Secondo Concilio Ecumenico diede la direzione per come
agire in futuro. Hefele nota che i Santi Padri e i dottori della Chiesa,
pur accettando come valido il battesimo di certi eretici, nondimeno sentirono
necessario dare loro il dono dello Spirito Santo, inerente nella santa
Chiesa ortodossa, attraverso la cresima.(28)
Abbiamo
già mostrato il paragone tra il Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico
con i canoni passati al concilio di Cartagine sotto San Cipriano, assieme
all'opinione in materia di Zonaras e Balsamone.
La
Chiesa di Cartagine, nel III secolo sotto Cipriano, manteneva una visione
tanto rigida da decretare che tutti gli eretici e scismatici entrati nell'Ortodossia
fossero ribattezzati senza eccezione. Ma tra il IV e l'inizio del V secolo
cambiò le proprie posizioni, e decretò di accettare gli scismatici
senza ri-battesimo ma per via della penitenza e del ripudio dell'eresia.
Quanti erano in precedenza chierici scismatici erano ricevuti senza ri-ordinazione.(29)
Quanto a eretici come gli ariani, i macedoniani e altri, tale questione
non fu sollevata al concilio (o più correttamente, un certo numero
di concili) a Cartagine.
Secondo
la direttiva generale del Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico, vediamo
svilupparsi nella Chiesa treordini
per la ricezione degli eretici (e degli scismatici) nell'Ortodossia. La
Kormchaya Kniga [Pedalion, o Timone] contiene la lettera
di Timoteo, presbitero di Costantinopoli vissuto nel V secolo, che scrive
quanto segue:
"Vi
sono tre riti per l'accettazione di quanti entrano nella Santa, Divina,
Cattolica e Apostolica Chiesa: Il primo rito richiede il santo battesimo,
nel secondo non battezziamo ma ungiamo con il Santo Crisma, e nel terzo
non battezziamo né ungiamo, ma richiediamo la rinuncia della propria
e di ogni altra eresia."(30)
Così
quanti sono battezzati sono eretici nel senso estremo, di cui abbiamo parlato
più sopra. Quanti sono unti con il santo crisma (senza compiere
su di essi un secondo battesimo) sono gli ariani, i macedoniani e quelli
simili a loro. Quanti sono ricevuti con la penitenza e il ripudio degli
errori, sono gli scismatici come pure certi eretici.
L'ultima
parola nella legislazione della Chiesa Universale rispetto alla ricezione
nell'Ortodossia di quanti giungono dall'eresia o dallo scisma è
il Canone 95 del VI Concilio Ecumenico. La sua prima parte è una
ripetizione parola per parola del Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico,
e non fa altro che aggiungere una nota sulla necessità di ribattezzare
i seguaci di Paolo di Samosata (in questo caso riferendosi al Canone 19
del Primo Concilio Ecumenico). La seconda parte lista le eresie sorte in
seguito al Secondo Concilio Ecumenico: Manichei, Marcioniti e altre simili
eresie, nelle quali quasi nulla restava che potesse essere chiamato cristiano,
e i cui membri dovevano essere ricevuti tramite il battesimo. Nestoriani
e monofisiti (seguaci di Eutiche, Dioscoro e Severo) dovevano essere ricevuti
tramite la penitenza e il ripudio delle loro eresie, dopo di che potevano
essere ammessi alla Santa Comunione.
Questa
legislazione della Chiesa universale avrebbe dovuto essere sufficiente
per tutti gli anni futuri di esistenza. Senza dubbio molte eresie sono
morte, ma ne sono apparse delle altre. Non esisteva ancora una Chiesa Cattolica
Romana a sé, poiché questi erano ancora i tempi beati in
cui le chiese orientale e occidentale costituivano ancora la Chiesa unica.
Il Protestantesimo con le sue diramazioni era una cosa del lontano futuro.
Nuove e barbariche distorsioni della dottrina sana e salvifica non erano
ancora sorte. Tuttavia, il Canone 95 del Sesto Concilio Ecumenico detta
le norme per le relazioni future della Chiesa con gli scismi e le eresie
emergenti, come pure per mezzo di quale rito ricevere quanti desiderano
essere membri della Chiesa Ortodossa. Ribadiamo queste norme.
Coloro
che hanno il minor grado di errore dogmatico vanno ricevuti per mezzo del
pentimento e di un ripudio delle eresie, a condizione che la loro struttura
ecclesiastica conservi la successione apostolica. Altri, il cui insegnamento
dogmatico ha subito una maggiore distorsione o che non hanno conservato
la successione apostolica pur essendo stati battezzati, come nella Chiesa
Ortodossa, nel nome della Santa Trinità per tripla immersione, vanno
ricevuti per mezzo del secondo rito, vale a dire, per mezzo del ripudio
delle distorsioni eretiche e l'unzione con il santo Crisma. Il terzo gruppo,
il cui battesimo non è compiuto nel nome della Santa Trinità
per tripla immersione, va ricevuto per mezzo del battesimo, cosa che si
applica pure a ebrei, musulmani e pagani. Gli insegnamenti di questo gruppo
di eretici consiste di solito di una completa innovazione o di un miscuglio
di giudaismo o di paganesimo con i principi di base del cristianesimo.
Ma in nessun modo vi è in questo gruppo alcun tipo di struttura
ecclesiastica o di successione apostolica, così come noi la intendiamo.
Il
nono secolo ha visto la triste divisione tra le Chiese orientali e occidentali.
Il Grande Scisma del 1054 creò una frattura tra le Chiese, che con
il tempo si approfondì. La Chiesa occidentale si mosse non solo
verso lo scisma con la Chiesa Ortodossa, ma col tempo adottò posizioni
eretiche. La legislazione della chiesa ortodossa dovette formulare regole
su come trattare i membri della Chiesa Cattolica Romana - come scismatici
o come eretici, e decidere contemporaneamente con quale rito ricevere quei
latini che volevano entrare nella Chiesa Ortodossa. Per un lunghissimo
tempo non vi fu alcuna decisione in materia. Solo nel XV secolo, in connessione
con il Concilio di Firenze (1459) fu presa in considerazione una legislazione.
Prima
del Concilio di Firenze i greci consideravano i latini come scismatici.
Allo stesso modo, i latini consideravano e chiamavano i greci "scismatici."
Con una simile considerazione, i latini che entravano nell'Ortodossia erano
ricevuti con il terzo rito, ovvero, con il ripudio dei loro errori e la
penitenza. San Marco di Efeso, quel grande confessore e pilastro della
Chiesa Ortodossa, quando parlò al Concilio di Firenze, chiamò
la Chiesa di Roma "santa,"(31) rivolgendosi a Papa Eugenio con le parole
"santissimo Padre,"(32) "beato Padre,"(33) "primo tra i servi di Dio,"(34)
e rivolgendosi al Cardinale Cesarini come "eminente padre."(35) Egli parla
con tristezza della frattura che ebbe luogo tra le chiese e chiede al Papa
e ai suoi collaboratori di fare di tutto per l'unione delle chiese. In
seguito, vedendo la posizione totalmente intransigente dei latini rispetto
al "Filioque" e convintosi che essi aderivano a un errore di carattere
dogmatico riguardo alla processione del Santo Spirito, egli inizia a parlare
di loro come eretici. Ecco il punto di vista espresso da San Marco di Efeso
a un incontro interno tra i greci a Firenze il 30 Marzo 1439:
"I
latini non sono solo scismatici ma eretici. Tuttavia, la nostra Chiesa
è rimasta in silenzio perché [i latini] sono così
numerosi; ma non è questa la ragione per cui la Chiesa Ortodossa
si è allontanata da loro, perché erano eretici? Non ci possiamo
unire con loro a meno che non concordino di rimuovere l'aggiunta (fatta
da loro) al Simbolo [Credo], e confessare il Simbolo così come noi
lo confessiamo."(36)
L'Unia
firmata tra i greci e i latini a Firenze fu una terribile umiliazione per
la Chiesa Ortodossa. I greci sconfessarono le loro tradizioni di fronte
a tutte le pretese sulle quali insisteva il Vaticano. Al suo ritorno da
Firenze San Marco - il difensore e guida nella lotta per l'Ortodossia -
si appellò a tutto il popolo ortodosso con un'epistola, in cui richiamava
l'attenzione dei fedeli al tradimento dell'Ortodossia a Firenze. E qui
si riferiva ai latini come eretici che, in caso che alcuni di loro vogliano
passare all'Ortodossia, devono essere cresimati. Egli scrive quanto segue:
"I
latini, non avendo ragioni per condannarci per i nostri insegnamenti dogmatici,
ci chiamano "scismatici" perché abbiamo rifiutato di umiliarci davanti
a loro, cosa che immaginano sia loro dovuta. Ma esaminiamo la cosa: sarebbe
giusto estendere loro tale cortesia e non accusarli di nulla riguardo alla
Fede? Essi hanno portato in principio la causa della frattura. È
loro l'aperta aggiunta (il Filioque nel Simbolo della Fede), che
prima pronunciavano segretamente. Noi siamo stati i primi a staccarci da
loro, ma è meglio dire che noi stessi li abbiamo staccati e tagliati
dal comune Corpo della Chiesa. Perché? Ditemelo! Forse perché
hanno la retta fede e hanno fatto la retta aggiunta (al Simbolo della Fede)?
Chi direbbe una cosa del genere a meno di non avere una mente malata! Ma
(ci siamo staccati da loro) perché dimostrano una posizione empia
ed erronea, e perché hanno fatto l'aggiunta in modo affrettato e
sconsiderato. Perciò, ci siamo allontanati da loro come da eretici
e per questa ragione ci disassociamo da loro. I venerabili canoni così
dicono: 'È un eretico, ed è soggetto alle leggi contro gli
eretici colui che - anche in poco - devia dalla fede ortodossa.'(37)Se
i latini non deviano in alcun modo dalla Fede Ortodossa, allora sembrerebbe
che siamo stati in errore noi a tagliarli fuori. Ma se hanno deviato completamente,
per quanto riguarda la loro teologia sul Santo Spirito - un peccato che
comporta il più grave dei pericoli - allora è chiaro che
sono eretici, e noi li abbiamo tagliati fuori come eretici. Perché
compiamo l'unzione su quanti vengono a noi? Non è chiaro: come eretici?
Il Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico così dice: 'Quegli eretici
che giungono all'Ortodossia e alla comunione dei salvati, noi li riceviamo
secondo il rito e l'uso prescritto: riceviamo gli ariani, i macedoniani,
i novaziani che si definiscono 'puri e migliori,' I quartodecimani, altrimenti
noti come tetraditi, così come gli apollinariani, a condizione che
offrano abiure per iscritto e rinuncino a ogni eresia che non mantenga
la stessa fede della santa, cattolica e apostolica Chiesa di Dio, e quindi
siano segnati con il sigillo, vale a dire, unti con il crisma sulla fronte,
sulle orecchie, narici, bocca e orecchie. E mentre sono segnati con il
sigillo, diciamo, 'sigillo del dono dello Spirito Santo.'
Non
vedete come designare quanti provengono dai latini? Se tutti questi (citati
nel Canone) sono eretici, allora è chiaro che essi (ovvero i latini)
sono eretici. Che cosa scrisse l'erudito Patriarca di Antiochia Teodoro
Balsamone in risposta a Marco, il santo Patriarca di Alessandria?
'I
prigionieri latini e gli altri che giungono nelle nostre chiese cattoliche,
chiedono di ricevere i Divini Misteri. Vorremmo sapere: è permesso?
(Risposta) "Colui che non è con me, è contro di me, e colui
che non raccoglie con me disperde" (Mt 12:30; Lc 11:23) Poiché molti
anni or sono la parte prominente della Chiesa occidentale, vale a dire
Roma, si è separata dalla comunione con gli altri quattro santissimi
Patriarchi, poiché ha effettuato nei propri usi e dogmi cambiamenti
estranei alla Chiesa Cattolica e all'Ortodossia - per questa ragione il
Papa divenne indegno della comune elevazione dei nomi con i Patriarchi
durante i Divini e Sacri Offici - e non è appropriato santificare
la tribù dei latini attraverso i Divini e Purissimi Doni (dati)
dalle mani di un sacerdote, a meno che essi (i latini) non decidano di
abbandonare i dogmi e usi latini e di essere catechizzati e ammessi (per
mezzo del rito prescritto) all'Ortodossia.'(38)
Non
avete udito che essi hanno adottato non solo usi ma anche dogmi estranei
all'Ortodossia (e ciò che è estraneo all'Ortodossia è
quasi certamente un insegnamento eretico) e che secondo i canonidevono
essere catechizzati e uniti all'Ortodossia? Se è necessario catechizzarli
allora è chiaro che devono essere cresimati."(39)
San
Marco di Efeso scrisse tali cose in un tempo in cui la Chiesa Ortodossa
era sottoposta a una forte aggressione da parte dei cattolici romani -
in un tempo in cui la sua stessa esistenza, in termini umani, era in questione.
Questa fu una delle epoche critiche, se non la singola epoca critica, nella
storia della Chiesa Ortodossa. Ma nonostante tutto questo, non udiamo San
Marco dire che vi era una pratica, o che si dovesse introdurre una pratica,
di ribattezzare i latini che desideravano entrare nella Chiesa Ortodossa.
San Marco parla di ungerli con il santo crisma, e niente di più.
La visione e la testimonianza di San Marco di Efeso furono molto importanti
per la futura legislazione della Chiesa Ortodossa sul rito con cui dovevano
essere ricevuti i latini che entravano nella Chiesa Ortodossa. La sua opinione
fu sostenuta dal Concilio dei quattro patriarchi orientali riunito a Costantinopoli
in 1484, che decretò che i latini non dovevano essere ribattezzati
quando entravano nell'Ortodossia. Questa posizione di San Marco di Efeso,
che i latini giunti all'Ortodossia non dovessero essere ribattezzati, fu
pure sostenuta dal Grande Concilio di Mosca nel 1667. Ciò verrà
discusso in dettaglio nel prossimo capitolo di questo saggio.
Al
Concilio di Costantinopoli del 1484 va pure attribuita la formula del rito
su come ricevere i latini all'Ortodossia. Nonostante le due unioni forzate
- Lione e Firenze, nonostante le malefatte dei latini a Costantinopoli
così come sul Santo Monte Athos (di cui il Paterikon dell'Athos
è testimone) (40), la santa Chiesa ortodossa, attraverso le parole
di San Marco di Efeso e dei padri del Concilio di Costantinopoli nel 1484,
assieme con i precedenti e prominenti canonisti, riconosceva che per portare
i latini (cattolici romani) nella Chiesa Ortodossa, è sufficiente
per loro rinunciare ai loro punti di vista eretici, confessare la Fede
ortodossa e prometterle lealtà fino alla fine delle loro vite. La
loro effettiva ricezione nell'Ortodossia si compie attraverso il rito della
cresima.
Abbiamo
dimostrato che la Chiesa Ortodossa universale ha istituito canoni pervasi
di tolleranza nei confronti di coloro che, cercando la salvezza delle proprie
anime, giungevano all'Ortodossia, lasciandosi alle spalle i propri errori
e rifiutandoli. La Santa Chiesa li riceveva, accettando dove possibile
il loro battesimo e riconoscendolo come valido, anche se era stato compiuto
in un ambiente esterno alla Chiesa Ortodossa. La Chiesa insegnava la necessità
di seguire regole fondate sulla sapienza e sulla forza dell'Ortodossia
espressa attraverso le parole dei Padri del IV secolo (San Basilio il Grande
e i Padri del Concilio di Laodicea)(41) e coerentemente fino al termine
del XV secolo attraverso le parole di San Marco di Efeso e dei quattro
Patriarchi orientali riuniti in concilio a Costantinopoli nel 1484, come
pure l'autorità del Secondo e del Sesto Concilio Ecumenico.(42)
"I
russi, sotto l'influenza dei metropoliti greci che vedevano ogni cosa romana
in una cattiva luce, e in parte motivati dalla rivalità nel controllo
sulla Rus', avevano bisogno di tempo per adottare gradualmente il punto
di vista estremo dei greci."(46)
È
interessante notare che un certo numero di opere polemiche contro i latini
sono state attribuite a questi metropoliti, ma tutte quante, come fa notare
il Prof. Talberg, erano scritte in un tono calmo e benevolo nei loro confronti.(47)
Tuttavia, nelle loro istruzioni ai russi essi sostenevano una estrema intolleranza
verso i latini, vietando i matrimoni misti, qualunque forma di relazione
sociale, la condivisione di un pasto con loro e perfino cibarsi dai loro
piatti. Un piatto da cui aveva mangiato un latino doveva essere lavato
in modo speciale, accompagnato da una preghiera. Il Professor Kartashev
scrive:
"Tuttavia,
la teoria non sopraffece immediatamente l'inerzia della pratica vivente,
e in questo caso l'attitudine acquisita di relazioni pacifiche e benevole
dei russi verso i popoli non ortodossi e occidentali rimase evidente per
tutto il periodo pre-mongolico."(48)
I
principi russi continuarono a stipulare matrimoni con tutte le corti latine,
e le figlie dei principi russi ad adottare il rito occidentale al loro
matrimonio, e talora perfino le figlie di sovrani stranieri continuavano
a mantenere le loro funzioni latine in Russia. (49) Sotto l'influenza di
legami amichevoli con l'Italia, la festa della Traslazione delle Reliquie
di S. Nicola a Bari fu istituita in Russia, celebrata il 9 maggio.
Le chiese di Vladimir e Suzdal' riflettevano l'influenza dello stile romanico,
dato che furono costruite da architetti italiani. Il "Cancello di Korsun"
nella Cattedrale di Santa Sofia a Novgorod era di origine tedesca. Il Prof.
Kartashev nota:
"A
Novgorod il popolo viveva a così stretto contatto con gli stranieri
che le donne semplici non esitavano a richiedere funzioni speciali ai preti
latini, apparentemente senza paura della loro eresia, e senza trovarli
nel loro aspetto esterno troppo differenti dal proprio clero."(50)
Il
principe Iziaslav Yaroslavich non esitò a chiedere assistenza a
Papa Gregorio VII, anche dopo la divisione delle chiese, per sbarazzarsi
di un usurpatore. Anche se la richiesta non portò frutti, il principe
non fu messo in questione né criticato.
Il
Metropolita di Kiev Kirik (Ciriaco, o, secondo alcune fonti, Cirillo),
in risposta alla richiesta di San Nifon (†1156), Vescovo di Novgorod, su
come ricevere i latini che giungono all'Ortodossia, gli diede la seguente
direttiva:
"Se
un latino desidera sottomettersi alla legge russa, lo si faccia frequentare
la nostra chiesa per sette giorni. Gli si deve dare un nuovo nome. Ogni
giorno si leggono devotamente quattro preghiere in sua presenza. Quindi
gli si faccia fare un bagno. Si asterrà dalla carne e dai latticini
per sette giorni, e all'ottavo giorno, dopo il bagno, lo si introduca in
chiesa. Si leggano su di lui le quattro preghiere, e lo si rivesta di abiti
nuovi. Gli si ponga sulla testa una corona o un serto. Lo si unga con il
Crisma , e gli si ponga in mano una candela di cera. Riceverà la
Comunione durante la Liturgia e sarà d'ora in poi considerato un
nuovo cristiano."
Con
relazioni così strette tra i russi e i popoli occidentali durante
il periodo pre-mongolico, è improbabile che i russi ribattezzassero
quei latini che esprimevano un desiderio di accettare la Fede ortodossa.
Tale ri-battesimo sarebbe stato l'equivalente di non riconoscerli come
cristiani. Nelle grandi città russe che fungevano da centri commerciali
e politici si poteva trovare tanto una cultura ortodossa russa quanto una
latina, occidentale. I contatti tra di loro erano benefici a entrambe.
In seguito, questa situazione sarebbe cambiata.
La
Chiesa greca non praticava il ri-battesimo dei latini che giungevano nella
Chiesa Ortodossa. I metropoliti greci erano a capo dell'antica Chiesa russa,
ed è ben poco plausibile che avrebbero promosso qualcosa di estraneo
alla Chiesa greca stessa. Nella direttiva sopra citata del Metropolita
di Kiev Kirik (Ciriaco, o Cirillo) a Nifon di Novgorod vediamo che non
vi è alcuna menzione di alcun ri-battesimo di latini che si convertono
alla Fede ortodossa. Quanto ai russi, abbiamo visto che le loro relazioni
con i latini erano cordiali, cosa che fu insegnata loro dai metropoliti
greci che erano a capo della Chiesa russa a quel tempo.
Tra
i santi russi troviamo alcuni stranieri condotti da Dio in Russia, dove
operarono per la salvezza delle anime russe, servendo e salvandosi nelle
terre della Chiesa Ortodossa Russa, dove Dio li glorificò come santi
russi.
Ne
nominerò alcuni. Sant'Antonio il Romano nacque e crebbe a Roma in
un tempo in cui la Chiesa occidentale si era già separata dalla
Chiesa ortodossa orientale. I suoi genitori conservarono in segreto la
loro pietà, tramandandola al figlio. Nel 1106 Sant'Antonio il Romano
fu portato miracolosamente dalle onde a Novgorod. Qui il Santo visse il
resto della sua vita, e arricchì in molti modi fruttuosi la tradizione
monastica dell'antica Russia. Si dovrebbe notare che San Niceta di Novgorod
ricevette Sant'Antonio con grande onore e amore, come una persona inviata
da Dio. Ai potrebbe sollevare formalmente una domanda: Sant'Antonio è
considerato ortodosso? Egli nacque e fu battezzato a Roma in un tempo in
cui a Roma non c'erano chierici ortodossi. In quel tempo Roma era la cittadella
del Papa, che era non solo il suo vescovo, ma anche il sovrano secolare
a cui il territorio apparteneva.(51) La storia non sa nulla di una "Chiesa
Ortodossa delle catacombe" a Roma. La Roma papale fu sempre e sotto ogni
aspetto leale a tutto quanto era latino. Sant'Antonio non avrebbe potuto
ricevere il battesimo e gli altri sacramenti in altri luoghi che non fossero
le chiese latine di Roma, cosa comprensibile. Vi erano territori ortodossi
nell'Italia del Sud, che erano soggetti a Costantinopoli, e dove gli abitanti
erano greci. Sant'Antonio non era un greco ma un italiano, e viveva nel
territorio appartenente al trono di Roma. La sua lingua nativa era il latino,
come si evince dalla sua bibbia latina, con la quale fu sepolto a Novgorod.
San Niceta di Novgorod avrebbe potuto legittimamente sollevare la questione
di una ricezione pubblica nell'Ortodossia di un monaco giunto dalle terre
latine, nato e battezzato a Roma. Ma come possiamo vedere dalla vita di
Sant'Antonio il Romano, San Niceta ricevette il monaco romano senza la
minima esitazione, come una persona a lui mandata dalla volontà
di Dio. La decisione del santo potrebbe essere stata influenzata non solo
dall'arrivo miracoloso di Sant'Antonio, ma da quella generale attitudine
di cordialità verso i non-ortodossi che, come abbiamo visto, era
così tanto in evidenza nei dintorni della Grande Novgorod, uno dei
più importanti centri del commercio europeo. Tali centri di commercio,
a prescindere dalla prevalenza di una particolare religione, erano tolleranti
sul piano religioso, come vediamo dagli esempi di Venezia e Amburgo.
Il
Beato Isidoro, Folle in Cristo e Taumaturgo di Rostov, vissuto nel XV secolo,
era di nascita tedesco e latino, come si vede dalla sua Vita. Amando profondamente
l'Ortodossia russa, vi dedicò la sua vita di gesta spirituali, salvandosi
nel mondo della Russia e operando per la salvezza delle anime russe. Dio
lo glorificò come un santo russo. Non si trova nulla nella sua estesa
Vita che indichi che sia stato ri-battezzato quando accettò l'Ortodossia.(52)
Anche
un altro santo di Rostov, San Giovanni il Peloso (†1591), a giudicare dal
suo Salterio Latino trovato dopo la sua morte e da lui utilizzato, era
uno straniero che amava l'Ortodossia e si unì alla Russia dove Dio
glorificò la sua santità. Anche se la sua Vita è poco
conosciuta, non c'è nulla a suo riguardo che indichi che sia stato
ri-battezzato quando giunse all'Ortodossia.(53)
San
Procopio di Ustiug fu l'unico santo russo di origine straniera di cui il
Prologo dice che, nell'accettare l'Ortodossia nella Grande Novgorod,
"fu battezzato." Vi sono un certo numero di punti non chiari nella sua
Vita: l'edizione contemporanea della sua Vita dice che "egli ricevette
l'Ortodossia," senza indicare con quale rito fu ricevuto nella Chiesa Ortodossa.(54)
___________________________
Non
vi sono basi per presumere che la Chiesa russa ribattezzasse i latini giunti
all'Ortodossia durante il periodo pre-mongolico. I metropoliti greci a
capo della Chiesa russa appartenevano al Patriarcato di Costantinopoli,
che a sua volta non ribattezzava i latini quando li riceveva nell'Ortodossia.
Solo eventi straordinari potevano provocare le situazioni in cui le chiese
di Russia e di Costantinopoli cambiarono questa pratica antica e passarono
al ri-battesimo dei latini e di quei protestanti il cui battesimo era compiuto
nel nome della Santa Trinità. La pratica di ri-battezzare i non
ortodossi giunse tardi nella storia della Chiesa russa. Fu provocata da
un certo numero di eventi, che saranno descritti in breve qui sotto.
La
Chiesa russa si trovò inaspettatamente in grande pericolo dai latini
giunti a imporre il latinismo nei territori russi, con il fuoco e la spada.
Il popolo russo, guidato dai propri valorosi principi quali Sant'Alessandro
Nevskij (†1263) e San Dovmont-Timoteo di Pskov (†1299), fu forzato a difendere
con il sangue la propria fede e la propria patria dagli invasori latini.
Tutto ciò non poteva non portare un cambiamento radicale nell'attitudine
dei russi nei confronti dei non ortodossi. La precedente cordialità
nei loro confronti fu sostituita da un senso di indignazione e disgusto.
Gli umili monaci russi non potevano più vedere ordini monastici
armati, corazzati di ferro e portatori di morte e desolazione, come loro
fratelli in Cristo. Così come in un altro momento i crociati provocarono
una frattura irreparabile e senza precedenti nelle relazioni tra la Chiesa
di Roma e la Chiesa Ortodossa Greca, così i monaci teutonici portatori
di spada provocarono danni irreparabili nelle relazioni tra la Chiesa di
Roma e la Chiesa Ortodossa Russa.
Gli
eventi successivi causarono un'ulteriore deterioramento di queste relazioni.
Il
Papa Eugenio IV tentò di soggiogare la Chiesa Ortodossa Russa per
mezzo del Metropolita Isidoro di Kiev. Con l'espulsione del Metropolita
Isidoro, si iniziò in Russia a dirigere letteratura polemica contro
i latini. In questo modo sia in pratica che in teoria il popolo russo vedeva
i latini come nemici mortali dell'Ortodossia e della Russia. Le severe
persecuzioni contro gli ortodossi nei territori confinanti della Russia
sud-occidentale, delle quali Mosca sapeva e si lamentava, provocarono odio
contro i latini.
Un
successivo tentativo dei latini, con l'assistenza della Polonia cattolica
e per mezzo del Falso Dimitri e di Marina Mnishek [un pretendente al trono
russo e sua moglie polacca, †1614], di distruggere completamente l'Ortodossia
russa nello stesso stato della Moscovia e nel sacro Cremlino fece traboccare
d'ira la coppa dei popolo russo. L'amarezza del popolo fu tale che dopo
l'uccisione del Falso Dimitri (17 Maggio 1606) la folla irruppe nel Cremlino
e uccise tre cardinali, 4 preti latini e 26 "insegnanti stranieri." È
interessante notare che durante il regno del Falso Dimitri sorse la questione
dell'accettazione ufficiale dell'Ortodossia da parte di Marina Mnishek
come tsarina della Russia. Il metropolita greco di Mosca, Ignazio, la ricevette
nell'Ortodossia non per mezzo del battesimo ma per mezzo della cresima,
cosa della quale il suo successore, il Patriarca Filarete, lo considerò
degno di colpa. Il Professor Kartashev nota:
"La
stretta e uniforme pratica russa del ri-battesimo fu stabilita in seguito,
nel 1620, dal Patriarca Filarete. Ma anche allora una parte dell'episcopato
russo si espresso contro questa pratica."(55)
_____________________________
Al
Concilio di Mosca del 1620, la Chiesa russa decise di ri-battezzare i non
ortodossi, in questo caso i latini, che entravano nella Chiesa Ortodossa.
Queste decisioni erano il risultato dell'insistenza del Patriarca Filarete.
Esamineremo che cosa richiedevano queste decisioni, e come vennero messe
in pratica.
Le
sofferenze sperimentate dalla Chiesa russa e personalmente dal Metropolita
Filarete di Rostov, futuro Patriarca di tutta la Russia, che furono causate
durante il Periodo dei Torbidi dai latini determinati con mezzi leciti
o illeciti a soggiogare la Chiesa russa e a portarla all'Unia con Roma,
con un totale disprezzo di tutto quanto era ortodosso e russo, non fece
altro che esacerbare l'antipatia russa verso i latini che, in quei tempi
preoccupanti, erano visti come nemici mortali sul piano spirituale. Nonostante
tutto ciò, un certo numero di vescovi russi mantenne la posizione
che nel ricevere i cattolici nella Chiesa Ortodossa era sufficiente ungerli
con il Santo Crisma senza ri-battezzarli. È solo come risultato
di ciò che può essere descritto come forte pressione personale
da parte del Patriarca Filarete, che il Concilio di Mosca del 1620 decretò
che i latini fossero ri-battezzati al momento della conversione all'Ortodossia.
Il
Patriarca Filarete disse del Patriarca (o Metropolita) Ignazio, che fu
deposto senza alcun processo giuridico:
"Il
Patriarca Ignazio, accattivandosi i favori degli eretici di fede latina,
accettò Marinka [Marina Mnishek], di fede eretica papista, nella
cattedrale della Santissima Sovrana nostra Theotokos, senza compiere un
santo battesimo secondo la legge cristiana, ma si limitò a ungerla
con il Santo Crisma e quindi la incoronò [sposò] con quel
depravato deposto, e diede a entrambi i nemici di Dio, al depravato e a
Marinka, il Corpo e il Santo Sangue di Cristo. Per questa colpa egli, Ignazio,
fu deposto dal proprio trono e ministero dai santi ierarchi della grande
e santa Chiesa russa secondo i santi canoni, per aver violato i canoni
dei santi Apostoli e dei Santi Padri."(56)
In
seguito, Il Patriarca Filarete incolpò il locum tenens del
trono patriarcale, il Metropolita Giona, di non ri-battezzare i latini.
Il Professor Kartashev scrive:
"Giunse
al Patriarca Filarete l'accusa che il Metropolita Giona non aveva permesso
il ri-battesimo di due polacchi, Jan Slobodski e Matfei Sventitski, giunti
all'Ortodossia, ma solo che fossero cresimati e ammessi alla comunione.
Fu fatto riferimento da Giona all'antica pratica secondo le "Domande di
Nifon a Kirik.'(57) Il patriarca convocò il Metropolita Giona per
una spiegazione e lo rimproverò per avere introdotto un'innovazione
non ordinando il ri-battesimo dei latini. Per sottomettere Giona con la
propria autorità, il patriarca incluse la questione nell'ordine
del giorno della successiva sessione plenaria del Concilio il 16 ottobre
1620. Filarete stesso apparve con un discorso di accusa per provare che
il battesimo eretico non è un battesimo ma 'nient'altro che contaminazione.'
Per questa ragione il Patriarca Ignazio era stato deposto, per aver mancato
di battezzare Marinka... Tutti gli eretici sono privi di vero battesimo.
Tutti gli argomenti teologici del Patriarca Filarete mostrano lo spaventoso
declino del livello di conoscenza nella gerarchia russa del tempo, e specialmente
quello di Filarete stesso, che era infettato da un odio passionale per
i polacchi latini. Il Patriarca Filarete disse: 'I papisti latini sono
i più vili e feroci tra tutti gli eretici, dato che includono nella
loro legge tutte le eresie degli antichi greci, dei giudaizzanti, degli
ariani e delle fedi eretiche, assieme agli adoratori degli idoli pagani,
e a tutti gli eretici condannati, con tutte le loro immaginazioni e attività.'
Rivolgendosi a Giona Filarete chiese: 'Come osi iniziare a introdurre qui
in questa città capitale cose che sono contrarie ai canoni dei Santi
Apostoli e ai santi Padri, comandando che i latini, che sono peggiori dei
cani e nemici consapevoli di Dio, siano accolti non con il battesimo ma
solo tramite la cresima?' Quindi il Patriarca Filarete pose una censura
sul Metropolita Giona, vietandogli di celebrare. Tutte le argomentazioni
e i riferimenti offerti dal Metropolita Giona furono rifiutati da Filarete."
Senza tener conto di alcun dato storico o di archivio, e solo, per così
dire, di sua volontà, Filarete annunciò: "Nel nostro stato
di Mosca, dalla sua stessa fondazione, non è mai avvenuto che gli
eretici latini e gli altri eretici non fossero battezzati." Secondo la
dichiarazione del Patriarca Filarete, il latinismo è il deposito
e la fonte di tutte le eresie.(58) Entro due settimane sorse la questione
di come ricevere gli uniati che si accostavano all'Ortodossia, e gli altri
slavi che erano infetti dallo spirito del calvinismo. Il Patriarca Filarete
decretò che tutti, anche quelli che erano stati battezzati ortodossi
e avevano in seguito lasciato l'Ortodossia, dovevano essere ri-battezzati.
Quanto erano stati battezzati per infusione e non per immersione dovevano
allo stesso modo essere ri-battezzati. Queste decisioni rigorose ebbero
risultati sfortunati. Fu impedito un ritorno in massa di fratelli slavi.
Nel 1630 perfino un Arcivescovo uniata, Atenogene Kryzhanovski, fu ri-battezzato.
In origine aveva ordinazioni puramente ortodosse fino al rango incluso
di Archimandrita. Era stato allettato ad andarsene per diventare unarcivescovo
uniata. Al suo rientro e dopo il suo ri-battesimo venne ri-ordinato."(59)
Il
decreto del Concilio di Mosca del 1620 sul ri-battesimo dei latini, uniati,
luterani e calvinisti fu ben presto riconosciuto come un errore e fu revocato
molto rapidamente. Si giunse a questo decreto solo come risultato dell'odio
verso i non ortodossi a causa della persecuzione sofferta per causa loro
dalla Chiesa russa, come fa notare il Metropolita Macario di Mosca, autore
della monumentale storia della Chiesa russa.(60) Un altro storico della
Chiesa russa, l'Arcivescovo Filarete (Gumilevskij) scrive: "La decisione
è scorretta alla luce dell'insegnamento della Chiesa, ma è
comprensibile a causa dei terrori di quel tempo."(61) Il Patriarca Nikon,
con la sua mente brillante, non poteva non riconoscere l'errore di tale
decisione, e la rescisse due volte. Durante il Concilio ecclesiastico del
1665, Il Patriarca Nikon e i padri conciliari decretarono che il ri-battesimo
dei polacchi è illegale e revocarono la necessità
di riceverli nell'Ortodossia per mezzo del ri-battesimo, decretando che
questo avesse luogo mediante la cresima.(62) Allo stesso modo al Concilio
ecclesiastico che ebbe luogo l'anno successivo (1666), presieduto dallo
stesso Patriarca Nikon, lo stesso tema fu di nuovo portato alla discussione.
Il Metropolita Macario scrive:
"Si
sentì la necessità di dibattere ancora una volta tale questione.
Tutti i vescovi russi furono invitati a questo nuovo concilio, assieme
al metropolita di Kazan. Il Patriarca di Antiochia Macario insistette ancora
che i latini non fossero ri-battezzati quando si convertivano all'Ortodossia,
ed ebbe una calorosa discussione con la gerarchia russa. Cercò di
convincerli facendo riferimento ai loro libri dei canoni. Per sostenere
i suoi argomenti, presentò un estratto di un antico libro greco
portato dal Monte Athos, che faceva una dettagliata analisi della questione,
e in questo modo costrinse i vescovi russi, per quanto riluttanti, a sottomettersi
alla verità. Questo estratto, formato da Macario, fu presentato
al sovrano (lo Tsar Aleksei Mikhailovich), tradotto in russo, stampato
e diffuso. Lo Tsar emanò un Ukaz che proibiva il battesimo
dei polacchi e degli altri appartenenti alla stessa fede. Non soddisfatto
di tutto ciò Macario, che ben presto lasciò Mosca, inviò
una lettera a Nikon sullo stesso tema. Il Patriarca Macario scrisse al
Patriarca Nikon che "i latini non devono essere ri-battezzati: hanno i
sette sacramenti e tutti e sette i Concili, e sono tutti battezzati correttamente
nel nome del Padre, Figlio e Santo Spirito con un'invocazione della Santa
Trinità. Dobbiamo riconoscere il loro battesimo. Sono solo scismatici,
e lo scisma non rende un uomo infedele e non battezzato. Lo separa soltanto
dalla Chiesa. Lo stesso Marco di Efeso, che si oppose ai latini, non pretese
mai il loro ri-battesimo e accettò il loro battesimo come corretto."(63)
La
norma finale e decisiva in materia fu il decreto del Grande Concilio di
Mosca del 1667. Il Patriarca Ioasaf II prese parte al Concilio, che ebbe
luogo durante il regno dello stesso Aleksei Mikhailovich.
Qui
vi è quanto leggiamo nella "Storia della Chiesa russa" del Metropolita
Macario:
"Il
rito per la ricezione dei latini nella Chiesa Ortodossa fu ora completamente
cambiato. È noto che, in accordo con lo Statuto Conciliare
del Patriarca Filarete Nikitich, in Russia i latini venivano ri-battezzati.
Anche se al tempo del Patriarca Nikon, su insistenza del Patriarca Macario
di Antiochia, che era in quel tempo a Mosca, fu decretato due volte in
Concilio che i Latini non sarebbero stati ri-battezzati in futuro, l'abitudine
profondamente radicata di ri-battezzare rimase nella pratica. Ecco perché
lo Tsar Aleksei Mikhailovich propose che il Grande Concilio discutesse
la questione e prendesse una decisione. I padri conciliari rividero con
cura lo statuto del Patriarca Filarete Nikitich e giunsero alla conclusione
che le leggi erano state interpretate e applicate ai latini in modo scorretto.
Fecero quindi riferimento ai precedenti statuti conciliari per i quali
si vietava di ri-battezzare perfino gli ariani e i macedoniani nel caso
del loro ingresso nell'Ortodossia, e tanto più, dissero i padri,
i latini non dovevano essere ri-battezzati. Fecero riferimento al Concilio
dei quattro Patriarchi Orientali tenuto a Costantinopoli nel 1484, che
decretò di non ri-battezzare i latini al loro ingresso nell'Ortodossia,
ma solo di ungerli con il Crisma, e che compose perfino lo stesso rito
per la loro ricezione nella Chiesa. Fecero riferimento al sapiente Marco
di Efeso che, nella sua epistola indirizzata a tutti gli ortodossi, offre
lo stresso insegnamento, e decretarono:
'I
latini non devono essere ri-battezzati, ma dopo la loro rinuncia alle proprie
eresie e confessione dei peccati, devono unicamente essere unti con il
crisma e ammessi ai Santi Misteri, e in tal modo portati in comunione con
la santa, cattolica Chiesa Orientale, in accordo ai sacri canoni (Capitolo
6)'."(64)
Dal
1718 il Concilio Spirituale [Sinodo] decretò di non ri-battezzare
i protestanti che erano stati battezzati nel nome della Santa Trinità.(65)
Da quel tempo la Chiesa russa non è mai ritornata al ri-battesimo
di latini, luterani, anglicani e calvinisti. In seguito la Chiesa russa
decretò che i cattolici romani confermati e gli armeni cresimati
fossero ricevuti per mezzo del terzo rito, ovvero attraverso la confessione
e il ripudio delle eresie. Luterani, calvinisti e altri protestanti battezzato
per triplice immersione (o per infusione), sarebbero stati ricevuti per
mezzo del secondo rito, ovvero per mezzo della cresima e il ripudio delle
eresie. Venivano cresimati in primo luogo perché non avevano un
simile sacramento, e in secondo luogo perché non avevano un sacerdozio
basato sulla successione apostolica. Anglicani ed episcopaliani sono parimenti
ricevuti per mezzo del secondo rito perché è discutibile
(come scrisse il Metropolita Filarete di Mosca) se la loro chiesa abbia
mantenuto o meno la successione apostolica.
I
teologi russi aderirono strettamente al principio di non ri-battezzare
i latini, gli armeni e quei protestanti che nelle loro chiese d'origine
sono stati battezzati nel nome della Santa Trinità. I membri della
casa reale che erano in origine protestanti furono ricevuto nell'Ortodossia
tramite la cresima.
Nell'opera
ben nota dell'Arcivescvovo Beniamino, "Novaja Skrizhal'" ["Le Nuove
Tavole della Legge"] leggiamo quanto segue:
"Tutti
gli eretici sono divisi in tre tipi. Al primo appartengono quelli che non
credono nella Santa e Coessenziale Trinità e non compiono il battesimo
per triplice immersione in acqua; questi, assieme ai pagani e ai maomettani,
vanno battezzati come decreta il Canone 19 del Primo Concilio Ecumenico.
Gli eretici del secondo tipo sono quelli che credono nell'Unico Dio nella
Trinità e sono battezzati per triplice immersione, ma hanno le loro
delusioni ed eresie, e con l'eccezione del battesimo o non riconoscono
gli altri sacramenti o, nel compiere impropriamente gli altri sacramenti,
rifiutano cresima. Essi non devono essere battezzati poiché sono
battezzati, ma, in seguito al ripudio delle loro eresie e alla confessione
della Fede ortodossa, vanno uniti alla Chiesa per mezzo del sacramento
della Cresima, come è prescritto dal Canone 7 del Secondo Concilio
Ecumenico. Il terzo tipo di eretici, chiamati dissidenti, mantiene tutti
e sette i sacramenti inclusa la cresima, ma, essendosi separati dall'unità
della Chiesa Ortodossa, osano aggiungere alla pura confessione della fede
le loro delusioni, che sono contrarie agli antichi insegnamenti degli Apostoli
e dei Padri della Chiesa, e introdurre molte vedute perniciose nella Chiesa,
e rifiutando gli antichi e pii riti della Chiesa, introducono nuove tradizioni,
contrarie allo spirito della pietà. Questi non li battezziamo per
la seconda volta né li ungiamo con il Santo Crisma. Dopo ilripudio
della loro delusione e la penitenza per i loro peccati, essi confessano
il Simbolo Ortodosso della Fede e sono purificati dai loro peccati per
mezzo delle preghiere e dell'assoluzione ierarchica."(66)
Il
libro del vescovo Partenio di Smolensk, "Sui doveri del parroco," approvato
dal Sinodo per tutte le chiese, contiene regole per i riti appropriati
per la ricezione nella Chiesa Ortodossa dei latini e dei protestanti che
sono stati battezzati nel nome della Santa Trinità. Alcuni vanno
ricevuti per mezzo del terzo rito; altri per mezzo del secondo. Quei preti
che vorrebbero ri-battezzare latini e luterani sono definiti "ignoranti"
(§82).
Nel
1858 In Santo Sinodo pubblicò i riti che descrivevano in dettaglio
in che modo e per mezzo di quale rito vanno ricevuti i non ortodossi che
entrano nella Chiesa Ortodossa. Uno di questi si intitola: "Rito per ricevere
nell'Ortodossia coloro che non sono mai stati di retta fede, e sono stati
cresciuti fin dall'infanzia fuori della Chiesa Ortodossa, ma che hanno
un vero battesimo nel Nome del Padre, del Figlio e del Santo Spirito."
Il
Metropolita Filarete di Mosca preparò un rito per ricevere un prete
cattolico romano, che deve essere ricevuto per mezzo del terzo rito, senza
alcuna ripetizione di battesimo, cresima oppure ordinazione.(67) Ma un
tale prete può conservare il suo rango sacrale nella Chiesa Ortodossa
solo nel caso che sia rimasto celibe, ovvero che non abbia violato il voto
fatto al momento della sua ordinazione sposandosi. Se si è sposato
prima della sua conversione all'Ortodossia, è ricevuto come un laico
e non conserva il diritto al proprio rango sacerdotale. (68)
Il
libro dell'Arcivescovo Sergio di Astrakhan "Regole e riti per la ricezione
di cristiani non ortodossi nella Chiesa Ortodossa" (Viatka, 1894) presenta
i tre riti per la ricezione di cristiani non ortodossi nella Chiesa Ortodossa
sulla stessa base e con la stessa comprensione degli autori sopra citati.
Per
controbattere le accuse dei Vecchi ritualisti di ogni tipo, dirette contro
la Chiesa Ortodossa perché non ri-battezzava latini, luterani e
calvinisti, il Metropolita Gregorio pubblicò il libro "La Veramente
antica e Vera Chiesa Ortodossa di Cristo," che presenta spiegazioni apologetiche
per questo modo di fare, nella Parte 2, Capitoli 33 e 34. Si vedano anche
gli Atti dell'Accademia Teologica di Kiev, Giugno-Agosto 1864, "Sulla
ricezione dei cristiani non ortodossi nella Chiesa Ortodossa: Analisi storica
e canonica contro gli asacerdotali." Si veda anche l'articolo in Khristianskoje
Chtenyie, Giugno 1865, "Analisi del principio in base al quale gli
asacerdotali giustificano la loro pratica del ri-battesimo degli ortodossi
nella loro conversione allo scisma."
I
riti, sulla cui base la Chiesa Ortodossa compie la conversione all'Ortodossia
di cattolici romani e protestanti, sono forniti dal "Manuale per lo studio
dell'ordine [Ustav] degli offici" di P. K. Nikolskij. Il testo contiene
anche un certo numero di istruzioni e direttive di autorità ecclesiastiche
in materia.
Il
ben noto "Libro di riferimento per ministri sacri" di S. V. Bulgakov offre
una lista dettagliata di come compiere ciascuno dei tre riti con i quali
gli eterodossi e i non ortodossi sono ricevuti nell'Ortodossia. Vi è
pure una lista di istruzioni e direttive di autorità ecclesiastiche
a riguardo.(69)
Troviamo le stesse direttive e regole in altri manuali
per il clero parrocchiale e nelle collezioni di decreti ecclesiastici su
vari argomenti.
_____________________________
Ora
elencheremo un certo numero di regolamenti della Chiesa russa sul tema
della ricezione di latini e protestanti nell'Ortodossia.
Come
abbiamo notato in precedenza, la legislazione ultima che proibisce il ri-battesimo
dei latini alla loro conversione all'Ortodossia, è il decreto del
Grande Concilio di Mosca del 1667, Capitolo 6.
La
più recente legislazione che proibisce il ri-battesimo di quei protestanti
il cui battesimo è compiuto per triplice immersione nel nome della
Santa Trinità fu il decreto del Concilio Spirituale del 1718.
Altri
decreti e direttive in seguito promulgate dalle autorità della Chiesa
si basarono sui due decreti precedenti. Tali direttive si possono sistematicamente
elencare come segue:
·La
benedizione [permesso] del vescovo diocesano non è richiesta per
ogni caso di unione alla Chiesa Ortodossa di cattolici romani, armeni,
nestoriani, luterani e calvinisti. Solo in situazioni speciali e nell'evento
di una conversione di massa il vescovo deve essere messo al corrente per
ottenere la sua benedizione e istruzioni.(70)
·L'unione
alla Chiesa Ortodossa è preceduta da istruzioni e dall'affermazione
degli insegnamenti della Chiesa Ortodossa, con l'apprendimento di certe
preghiere.(71)
Quanto
ai malati, si fa per loro ogni accomodamento, e l'istruzione è data
alla luce delle loro forze, e la loro ricezione non dovrebbe essere ritardata.(72)
·Si
richiede una dichiarazione scritta da parte di quanti giungono all'Ortodossia,
che essi stanno accettando l'Ortodossia di propria volontà. La loro
ricezione si annota nella prima parte del registro parrocchiale di battesimo,
matrimonio e morte. In alcune parti dell'Impero dove vivono ortodossi e
non ortodossi, è richiesto che le autorità locali notifichino
il locale prete cattolico romano o pastore luterano se un membro della
loro parrocchia si converte all'Ortodossia.
·Segue
quindi il rito vero e proprio con il quale la persona non ortodossa è
ricevuta nella Chiesa. Anche se quanto segue è ripetitivo, sentiamo
che è conveniente reiterare la legislazione della Chiesa russa in
materia.
Le
persone non ortodosse sono ricevute con uno dei tre riti:
·Il
terzo rito - penitenza degli errori precedenti, ripudio di tali errori
e una confessione della Fede ortodossa. Da usarsi per persone che si convertono
dalla fede cattolica romana e dagli armeni, a condizione che i primi abbiano
ricevuto la confermazione dal loro vescovo, e che i secondi siano stati
cresimati dal loro clero. Se non sono stati confermati, o se c'è
qualche dubbio che siano stati confermati, dovrebbero essere unto con il
Santo Crisma.
·Il
secondo rito - penitenza, ripudio delle eresie, confessione della Fede
ortodossa e cresima. Da usarsi per la ricezione di luterani, calvinisti
e anglicani (episcopaliani). Luterani e calvinisti, perché non hanno
il sacramento della cresima e non hanno un clero con successione apostolica.
Anglicani, perché la successione apostolica del loro clero è
messa in discussione, come fu notato dal Metropolita Filarete di Mosca.
·Il
primo rito - battesimo e cresima. Da usarsi per la ricezione di pagani,
ebrei, musulmani e di quei membri di sette che non credono nella Santa
Trinità né compiono un battesimo per triplice immersione
nel nome delle persone della Santa Trinità.
Le
persone in pericolo di morte che desiderano essere ricevute nell'Ortodossia
vengono ricevute attraverso l'imposizione delle mani del prete e la confessione
della persona morente, che in seguito può ricevere i sacri misteri.
Questo ordine è appropriato nel caso di un cattolico romano o di
un armeno. Luterani, calvinisti ed episcopaliani dovrebbero essere ricevuti
con l'unzione del Santo Crisma sulla fronte, seguita dalla comunione ai
santi misteri. Il funerale si compie secondo il rito ortodosso.(73)
Queste
erano le leggi fondamentali della Chiesa russa riguardo alla ricezione
dei non ortodossi nell'Ortodossia.(74)
Bulgakov
riassume in modo simile i metodi per la ricezione nell'Ortodossia come
segue:
Vi
sono tre riti per la ricezione di quanti si convertono alla Chiesa
Ortodossa: battesimo, cresima, e penitenza e comunione con i Santi Doni.
Pagani,
ebrei e musulmani sono ricevuti nella Chiesa Ortodossa per mezzo del
battesimo. In aggiunta, quei seguaci di sette cristiane che deviano
dai dogmi fondamentali della Chiesa Ortodossa, respingono l'insegnamento
ortodosso sulla Santa Trinità e l'amministrazione del sacramento
del battesimo (quali gli eunomiani che rifiutavano l'uguaglianza delle
Persone della Santa Trinità e compivano un battesimo con una singola
immersione nella morte di Cristo, o i montanisti che compivano il battesimo
nel nome del Padre, del Figlio, di Montano e Priscilla), allo stesso modo
sono ricevuti per mezzo del battesimo.
Quei
membri di sette che compiono il battesimo correttamente per mezzo di tre
immersioni con le parole divinamente formulate: "Nel nome del Padre, del
Figlio e del Santo Spirito," ma errano in particolari dogmi di fede (ariani,
macedoniani e altri) sono da ricevere per mezzo della cresima.
I
dissidenti dalla Chiesa che hanno una gerarchia legittima ma sono separati
dalla Chiesa Ortodossa su questioni morali, rituali o disciplinari, come
pure da insegnamenti dogmatici di un livello secondario (donatisti, eutichiani,
nestoriani) sono da ricevere per mezzo della penitenza e del ripudio
dei loro errori.
La
Chiesa Ortodossa Russa si conforma alle leggi della Chiesa antica in situazioni
simili. Riconoscendo che il battesimo è la condizione essenziale
per entrare nei ranghi dei propri membri, essa riceve ebrei, musulmani,
pagani e quei membri di sette che distorcono i dogmi fondamentali della
Chiesa Ortodossa, per mezzo del battesimo. Riceve i protestanti per mezzo
della cresima. Quei cattolici e armeni che non sono stati confermati o
cresimati dai loro pastori, li riceve allo stesso modo per mezzo della
cresima. Quei cattolici e armeni che sono stati confermati o cresimati,
li riceve per mezzo del terzo rito: con la penitenza, il ripudio degli
errori e la ricezione dei Santi Misteri."(76)
Riguardo
ai membri della Chiesa Anglicana, Bulgakov è dell'opinione che un
prete non possa assumere su di sé la responsabilità di riceverli
per mezzo del terzo rito, e che debba riceverli per mezzo del secondo rito,
tramite la cresima, come si faceva al tempo del Metropolita Filarete di
Mosca. In caso di dubbio, il prete è obbligato a consultarsi con
l'autorità diocesana.(76)
L'Arciprete
Nikolskij riassume il tema della ricezione dei non ortodossi come segue:
"Il
sacramento della cresima, separato dal battesimo, è compiuto sugli
eterodossi che si uniscono alla Chiesa Ortodossa, ma solo su quanti, avendo
ricevuto un battesimo appropriato, non sono stati cresimati, come i luterani,
i calvinisti e quei cattolici romani e armeni che non sono unti con il
crisma (non confermati)."(77)
Il
clero cattolico romano, come sopra notato, è ricevuto nel proprio
ordine, in seguito alla penitenza, al ripudio dell'eresia e alla confessione
della Fede ortodossa. Il rito vero e proprio di ricezione nell'Ortodossia
di un prete cattolico romano fu compilato dal Metropolita Filarete di Mosca.(78)
Riguardo
alla validità degli ordini del clero anglicano, il Metropolita Filarete
non li respingeva né li riconosceva e raccomandava la ri-ordinazione
all'ingresso nell'Ortodossia, con l'osservanza della formula condizionale:
"Se non sei ordinato." Nell'opinione di alcuni studiosi russi (e.g.,
il Prof. V. A. Sokolov), la Chiesa Anglicana ha conservato la successione
apostolica e tutti i sacramenti della Chiesa. Nell'opinione di altri, le
cose non stanno così. Non ci sono state determinazioni autorevoli
da parte della Chiesa in materia.(79)
La
Chiesa russa riceveva gli uniati che desideravano ritornare nel seno della
Chiesa Ortodossa con grande gioia. Essi ritornavano all'Ortodossia come
individui, come parrocchie e come intere diocesi. Durante il regno di Caterina
la Grande, fino a due milioni di uniati si unirono alla Chiesa Ortodossa.
Nel XIX secolo, gli uniati si convertirono all'Ortodossia a migliaia. Come
li riceveva la Chiesa Ortodossa Russa? Li riceveva con amore. Il loro stesso
desiderio di riunirsi alla Santa Chiesa ortodossa era sufficiente a proclamare
che essi erano suoi figli. L'amore della Madre Chiesa faceva mettere da
parte tutti gli impedimenti e tutti i riti con i quali essi avrebbero dovuto
essere ricevuti nell'Ortodossia. Il Vescovo Porfirio Uspenskij, descrivendo
la sua udienza con il Patriarca di Costantinopoli nel 1843 scrive di avere
informato il Patriarca che nel, 1841, 13.000 uniati si erano riuniti alla
Chiesa Ortodossa Russa. Il Patriarca chiese: "Li avete battezzati?" Il
Vescovo (allora Archimandrita) Porfirio Uspenskij diede una risposta negativa,
spiegando al Patriarca che "gli uniati, per propria convinzione e fede
interiore, sono sempre stati in comunione con la nostra Chiesa e non hanno
alcun bisogno di essere ri-battezzati."(80) Quando gli uniati furono riuniti
alla Chiesa Ortodossa nel 1916, al tempo in cui l'esercito russo occupò
la Galizia, la Chiesa russa ancora una volta espresse un'eccezionale cordialità:
gli uniati erano ricevuti come "nostri." Non c'era la più pallida
enfasi sul fatto che stessero lasciando qualcosa e giungendo a qualcosa
di nuovo. La Santa Chiesa Russa li riceveva come propri figli semplicemente
in risposta al loro desiderio di essere figli della Chiesa Ortodossa. L'Imperatore
Nicola Aleksandrovich era in completo accordo con questo trattamento delicato
e magnanimo nei loro confronti.(81)
_______________________________
Per
riassumere il materiale presentato in questo capitolo, diremo che nei tempi
antichi la Chiesa russa non ri-battezzava i latini che si convertivano
all'Ortodossia. Il ri-battesimo fu introdotto per un breve periodo (dal
1620 al 1667) come risultato degli orrori che la Chiesa russa e il popolo
russo sperimentò da parte dei latini e della Polonia cattolica durante
il Periodo dei Torbidi. Dal 1667 - rispetto ai latini, e dal 1718 - rispetto
ai luterani e calvinisti, la legge sul ri-battesimo fu abrogata una volta
per tutte. Secondo le opinioni dei nostri prominenti teologi, la legislazione
della Chiesa Ortodossa Russa ha seguito la tradizione stabilendo il rito
per la ricezione dei non ortodossi nella Chiesa Ortodossa. Questi punti
di vista e queste leggi si distinguevano per i principi umani e tolleranti
che erano caratteristici della Chiesa russa. Dove vi è la Verità,
là vi saranno forza e magnanimità. Quant'è meravigliosa
la nostra grande e saggia Chiesa russa!
"Tra
i mezzi con i quali ci è assicurata la salvezza, il battesimo è
il primo che è stato affidato da Dio ai Santi Apostoli. Quando tre
anni or sono è stata sollevata la questione se sia appropriato riconoscere
il battesimo degli eretici che si rivolgono a noi (con un desiderio di
essere ricevuti nella nostra fede) allora - per quanto tale battesimo sia
compiuto contrariamente alla tradizione dei Santi Apostoli e dei Santi
Padri, e parimenti contrario alla pratica e ai decreti della Chiesa Cattolica
e Apostolica, - noi, cresciuti dalla misericordia di Dio nella Chiesa Ortodossa,
conservando i Canoni dei Santi Apostoli e dei Divini Padri e riconoscendo
la nostra Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica e i suoi misteri, tra
i quali vi è il divino battesimo, e di conseguenza, considerando
tutto quanto ha luogo tra gli eretici e non è compiuto nel modo
comandato dallo Spirito Santo e dagli Apostoli e nel modo conforme alla
Chiesa di Cristo, come contrario a tutta la tradizione apostolica e come
invenzione di gente corrotta - noi, per decisione comune, scartiamo ogni
battesimo eretico e così riceviamo tutti gli eretici che si volgono
a noi, come se non fossero stati santificati né battezzati, e noi
prima di tutti seguiamo nell'obbedienza il nostro Signore Gesù Cristo
che comandò ai Suoi Apostoli di battezzare nel nome del Padre, Figlio
e Santo Spirito. Seguiamo inoltre i Santi e Divini Apostoli che stabilirono
la triplice immersione mentre si pronuncia ogni nome della Santa Trinità.
Seguiamo inoltre il Santo e Isapostolo Dionigi(83) che dice che i catecumeni,
deposte tutte le vesti, devono essere battezzati nel fonte, in acqua e
olio santificati, invocando le tre ipostasi della Divinità Tuttabeata,
quindi unti con il Crisma divinamente creato, quindi divengono degni della
salvifica Eucaristia. Infine seguiamo i Concili Ecumenici, il Secondo e
il Quinisesto, che prescrivono che quanti si volgono all'Ortodossia siano
considerati come non battezzati se non sono stati battezzati per triplice
immersione, in ciascuna delle quali è pronunciato il nome di una
delle Ipostasi divine, ma sono stati battezzati in qualche altro modo.
Aderendo a questi Santo e Divini decreti, consideriamo il battesimo eretico
come degno di giudizio e di ripudio in quanto non si conforma - ma anzi
la contraddice - alla formazione Apostolica e Divina e non è altro
che un'inutile abluzione, secondo le parole di Sant'Ambrogio e di Sant'Atanasio
il Grande, che non santifica il catecumeno né lo purifica dal peccato.
Ecco perché noi riceviamo tutti gli eretici che si volgono all'Ortodossia
come coloro che non sono stati battezzati appropriatamente o che non sono
stati battezzati del tutto, e senza alcuna esitazione li battezziamo secondo
i canoni apostolici e conciliari sui quali si regge fermamente la Santa,
Cattolica e Apostolica Chiesa di Cristo, la madre comune di noi tutti.
Affermiamo questa nostra unanime decisione che è in conformità
con i canoni apostolici e conciliari, con un decreto sottoscritto dalle
nostre firme."
Come
il Vescovo Nikodim Milash fa notare: "...questa decisione sinodale non
menziona per nome i cattolici romani, e non dice che il loro battesimo
dovrebbe essere rifiutato e che essi dovrebbero essere battezzati alla
conversione alla Chiesa Ortodossa; tuttavia, è piuttosto evidente
da ciò che è detto e da come tutto è formulato nella
decisione."(84)
Il
"Pedalion" (Kormchaya Kniga) dichiara apertamente che questa decisione
si riferisce ai cattolici romani. In una lunga discussione sulla ricezione
dei non ortodossi per mezzo del battesimo leggiamo:
"Il
battesimo latino è erroneamente chiamato con tale nome: non è
per nulla un battesimo ma è semplicemente un'abluzione. Ecco perché
non diciamo che 'ri-battezziamo' i latini, ma li 'battezziamo'. I latini
non sono battezzati poiché non compiono la triplice immersione al
battesimo, che è stata una tradizione nella Chiesa Ortodossa fin
dai primi inizi degli apostoli."(85)
Neppure
una singola Chiesa Ortodossa, eccetto quella greca, accettò questa
decisione. La Chiesa Ortodossa Russa, nel ricevere i non ortodossi che
si convertono all'Ortodossia, seguì i canoni adottati nel 1667 e
nel 1718, che riconosceva i battesimi compiuti nelle chiese cattolica romana
e luterana come validi e non li ripeteva.
Il
ben noto canonista della Chiesa Ortodossa Serba, il Vescovo Nikodim Milash,
spiega:
"I
non ortodossi sono ricevuti nella Chiesa o: 1) con il battesimo, oppure
2) con la cresima, oppure 3) con la penitenza e la confessione della Fede
ortodossa. Ciò fu stabilito fin dal V secolo, come testimonia il
Presbitero Timoteo della Chiesa di Costantinopoli nella sua epistola al
suo concelebrante Giovanni. La Kormchaya [Pedalion] fornisce questa
epistola, in cui è scritto: "Vi sono tre riti per accettare quanto
giungono alla Santa, Divina, Cattolica e Apostolica Chiesa: il primo rito
richiede il santo battesimo, nel secondo noi non battezziamo, ma ungiamo
con il Santo Crisima, e nel terzo non battezziamo né ungiamo, ma
richiediamo la rinuncia della propria eresia e di ogni altra eresia."
La
base per questa posizione è il Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico.
Questi tre riti per la ricezione dei non ortodossi nella Chiesa rimangono
oggi in piena forza nella Chiesa Ortodossa. Con il primo rito la
Chiesa riceve quegli eretici che hanno insegnamenti errati sulla Santa
Trinità, che non riconoscono il battesimo o non lo compiono secondo
il comandamento divino. Con il secondo rito, ovvero per mezzo della
cresima, quegli eretici che sono battezzati nel nome della Santa Trinità
e non rifiutano la Santa Trinità, ma sono in errore su certi aspetti
della fede; così come quanti non hanno una legittima gerarchia sacra
né il sacramento della cresima. Questo include tutti i vari protestanti.
Questo rito è pure usato nel ricevere i cattolici romani e gli armeni
che non sono stati unti con il Santo Crisma dai loro vescovi o preti. Ma
se questi, ovvero i cattolici romani o gli armeni, sono stati unti con
il crisma nelle loro chiese, sono ricevuti nella Chiesa Ortodossa per mezzo
del terzo rito in cui quanti sono ricevuti, in seguito a un certo
periodo di tempo nello studio del catechismo ortodosso, quindi in un ripudio
verbale o scritto delle loro precedenti credenze, confessano solennemente
il Simbolo della Fede ortodossa e quindi, seguendo le preghiere prescritte
da parte del vescovo o prete ortodosso, sono comunicati con i Santi Doni."(86)
Rispetto
alle decisioni del Concilio di Costantinopoli del 1756 leggiamo i seguenti
punti di vista dello stesso vescovo Nikodim Milash:
"La
decisione che ogni cattolico romano e ogni protestante che desidera convertirsi
alla Chiesa Ortodossa debba essere battezzato nuovamente fu presa dal Concilio
di Costantinopoli del 1756 al tempo del Patriarca Cirillo V. Questa decisione
conciliare fu motivata dal fatto che i cristiani occidentali sono battezzati
per infusione e non con tre immersioni. Poiché la sola forma appropriata
di battesimo è quella compiuta per mezzo di tre immersioni, ne consegue
che i cristiani occidentali devono essere considerati non battezzati dato
che non furono battezzati in tale maniera, e di conseguenza devono essere
battezzati quando vogliono convertirsi alla Chiesa Ortodossa. Questa decisione
del summenzionato Concilio di Costantinopoli fu richiesta da circostanze
straordinarie, sorte nel XVIII secolo nelle relazioni tra le chiese greca
e latina, e fu una reazione da parte della Chiesa greca verso l'aggressione
contro la Chiesa da parte della propaganda latina. Da un punto di vista
formale la motivazione per questa decisione ha una certa base, dato che
i canoni della Chiesa Ortodossa richiedono che il battesimo sia fatto per
triplice immersione del battezzato nell'acqua, e lo stesso termine battesimo
è derivato dall'atto dell'immersione, e gli stessi canoni condannano
quel battesimo farro per mezzo di una singola immersione da vari eretici
dei primi secoli della Chiesa cristiana. Ma la Chiesa non ha mai condannato
il battesimo fatto per infusione. Non solo, ma la Chiesa stessa permetteva
una tale forma di battesimo in caso di necessità e considerava il
battesimo per mezzo dell'infusione come non contrario alla tradizione apostolica.
Perciò, la summenzionata decisione del Concilio di Costantinopoli
non può essere considerata vincolante per l'intera Chiesa Ortodossa,
dato che è contraria alla pratica della Chiesa orientale di tutti
i secoli, e in particolare alla pratica della stessa Chiesa greca dal tempo
della divisione delle chiese al tempo di quel Concilio di Costantinopoli."(87)
E
ancora:
"Come
risultato delle condizioni eccezionali che sorsero nelle relazioni tra
la Chiesa greca e quella latina, il Concilio di Costantinopoli del 1756
promulgò un obbligo di battezzare nuovamente ogni cattolico romano
che desiderava convertirsi alla Chiesa Ortodossa. Un obbligo simile, prodotto
da una serie di circostanze simile a quelle affrontate dalla Chiesa greca,
fu decretato da uno dei Concili di Mosca nel 1620. Ma questi obblighi,
che deviavano da molti secoli di pratica della Chiesa orientale, erano
visti come esempi estremi di rigore, inevitabilmente richiesti dalle circostanze
sfavorevoli dei tempi, e non hanno, né possono avere, un significato
universale."(88)
Questa
dunque è l'opinione di uno dei canonisti più noti della Chiesa
Ortodossa. Ripetiamo che neppure una singola Chiesa Ortodossa, con l'eccezione
di quella greca, ha adottato le decisioni sul ri-battesimo di cattolici
romani o luterani durante la loro conversione all'Ortodossia.
Guarderemo
ora alla circostanze che spinsero alla decisione del Concilio di Costantinopoli
del 1756, citato appieno più sopra. Il Professor A. P. Lebedev,
nella sua "Storia della Chiesa greco-orientale sotto il dominio dei turchi"
scrive quanto segue:
"Il
Concilio, sotto il patriarcato di Simeone (a Costantinopoli nel 1484) richiese
da parte di un rinnegato latino (ovvero, una persona che desiderava convertirsi
dalla Fede cattolica romana alla Fede ortodossa) che rinunciasse soltanto
ai suoi errori cattolici romani. Nell'atto della ricezione il rinnegato
era unto con il Santo Crisma, come si fa durante il battesimo degli infanti.
Il rito era notevole per la sua semplicità. Sotto questo aspetto
la Chiesa greca del XV secolo era molto più elevata delle Chiese
greche del XVIII e XIX secolo. Come è noto, la Chiesa greca nel
XVIII secolo sollevò una rumorosa polemica sui mezzi di ricezione
dei convertiti latini - come pure quelli protestanti - all'Ortodossia,
e iniziò a inclinarsi verso l'opinione che tali rinnegati debbano
essere ri-battezzati come se fossero di fatto eretici che non credono nel
dogma Trinitario. Come risultato di queste polemiche, sorse nella chiesa
greca una pratica contraria ai canoni, che potesse servire a raffreddare
il desiderio dei rinnegati di convertirsi all'Ortodossia, con il risultato
che quanti cercavano la verità ortodossa iniziarono a essere ri-battezzati."
Il
Professor Lebedev scrive inoltre:
"Uno
degli esempi più convincenti, che serve come prova di che grande
grado di instabilità esistesse nella Chiesa di Costantinopoli, fu
la storia che accompagnò le dispute sul battesimo dei latini. Nel
1751, durante il regno del Patriarca Cirillo V, nella regione di Katirli
in Nicomedia apparve un certo monaco, Auxentios [Aussenzio], che era un
diacono e che iniziò a predicare al popolo sugli errori dei latini.
Con un'insistenza particolare prese a predicare contro la validità
del battesimo latino giungendo alla conclusione che i latini (e i protestanti
assieme a loro) devono essere ri-battezzati alla loro conversione alla
chiesa greca orientale. Il Patriarca Cirillo, per quanto pienamente consapevole
della predicazione di Auxentios, diede l'impressione di non saperne nulla,
agendo così per paura di provocare l'odio di parte papista, anche
se nel profondo dell'anima era in pieno accordo con il predicatore. Il
numero di persone in accordo con l'insegnamento di Auxentios' crebbe di
giorno in giorno, ma ilPatriarca
per cautela non espresse né solidarietà né mancanza
di solidarietà con il profeta, così come Auxentios era considerato
dal popolo. Auxentios si insinuò come profeta per mezzo di malizia
e astuzia. Riuscì ad apprendere dai loro confessori i peccati di
alcuni dei loro figli spirituali, e incontrandoli li accusava dei loro
peccati che essi ritenevano ignoti a tutti, e li ammoniva con insistenza
di astenersi in futuro dal più grande di tali peccati, minacciandoli
del castigo eterna. Chi era accusato in tal modo credeva ingenuamente che
Auxentios fosse un conoscitore di segreti. Per questo motivo fu percepito
come profeta. Auxentios era visto come un sant'uomo, e attraeva numerosi
uomini e donne che pendevano da ogni sua parola, di pentivano dei loro
peccati, imploravano un'imposizione delle mani e chiedevano le sue preghiere
e benedizione. Presto, nell'anno seguente del 1752, vi fu un cambiamento
al patriarcato. Al posto di Cirillo, Paissio II divenne patriarca. Egli
ordinò immediatamente ad Auxentios di interrompere la sua predicazione
sul ri-battesimo di latini e armeni. Sì, armeni, perché il
veggente di Katirli profetizzò che il battesimo armeno era invalido.
Ma questi non volle ascoltare la voce del patriarca di Costantinopoli.
Una o due volte Auxentios fu convocato al sinodo dove fu ammonito collettivamente,
ma senza che gli venisse il pensiero di abbandonare la sua delusione. Quindi,
per ammonire Auxentios di Katirli, fu inviato un didaskolos [insegnante],
un certo Kritios, ma la folla, eccitata dal predicatore fanatico, poté
appena essere contenuta dal fare a pezzi il didaskolos. L'eccitazione
pubblica crebbe sempre di più. Auxentios non era ascoltato solo
dalla gente semplice, ma anche da arconi e arconti, e gran parte di quelli
che lo ascoltavano passò dalla sua parte e si unì a lui esprimendo
la propria palese insoddisfazione nei confronti del Patriarca Paissio e
del sinodo. Sostenuto dalla folla, Auxentios non solo non volle ascoltare
le ammonizioni e gli ordini del patriarca e del sinodo, ma osò chiamarli
pubblicamente eretici, dichiarando che erano devoti del papato. In opposizione
a Paissio, Auxentios lodava il patriarca precedente, Cirillo V, come persona
veramente ortodossa, poiché, a dire il vero, Cirillo era incline
a condividere le vedute di quell'estremo e irragionevole oppositore dei
latini. Il patriarca e i vescovi, in un tentativo di porre fine alla controversia
e di calmare la discordia tra greci, armeni e papisti, di nuovo vietò
ad Auxentios di continuare la sua predicazione illegale. Ma queste nuove
pressioni da parte delle autorità della Chiesa contro Auxentios
ebbero come risultato un'espressione pubblica di odio verso il patriarca
e i vescovi. L'opposizione dei partigiani di Auxentios contro le autorità
della Chiesa prese le caratteristiche di un tumulto. Così il governo
turco fu coinvolto nell'affare, con ogni probabilità per l'insistenza
del patriarca e del sinodo. Il governo affrontava i responsabili di disordini
sociali a modo proprio. Comprese che un'azione diretta e aperta contro
Auxentios non sarebbe stata senza pericoli, e così diede inizio
a un sotterfugio. Una notte un ufficiale turco molto importante fu inviato
da Auxentios a Katirli per invitare il falso profeta a Costantinopoli,
presumibilmente per un'udienza distinta con il Gran Vizir. Il piano ebbe
successo. L'ambizione di Auxentios era sfrenata. I suoi ammiratori, da
parte loro, lo spinsero ad accettare l'invito del Vizir. Ma appena Auxentios
si imbarcò e si allontanò dalla riva, come in un piano architettato
in precedenza, il sobillatore fu strangolato e il suo corpo gettato nel
mare (secondo un'altra versione, Auxentios e due dei suoi principali ammiratori
furono impiccati). Il giorno seguente i seguaci di Auxentios arrivarono
a Costantinopoli e andarono direttamente al palazzo del Gran Vizir; ma
non ebbero alcuna notizia sul fato del loro capo. In seguito, la folla
si mosse verso il Patriarcato, urlando e imprecando insulti contro il patriarca.
Infine presero il patriarca e iniziarono a percuoterlo. La polizia del
Fanar fu appena in grado di strappare il patriarca vivo dalle mani della
folla inferocita. Quindi il patriarca si nascose si imbarcò. La
folla non poté essere calmata. Circa 5000 persone si mossero verso
la Porta e iniziarono a gridare a una voce che non volevano Paissio come
patriarca e pretendevano la restaurazione di Cirillo V sul trono. La folla
gridò con furia: "Non vogliamo Paissio! È un armeno! È
un latino! Ecco perché rifiuta di battezzare armeni o latini! Vuole
distruggere il Venerabile (Auxentios)! Non lo vogliamo!" E così
Cirillo divenne patriarca. Nel salire al trono fece tutto quanto poteva
per favorire il partito di Auxentios. Promulgò un documento ufficiale
con il quale decretava di ri-battezzare i cattolici romani e gli armeni
che si convertivano all'Ortodossia. Non tutti seguirono la determinazione
del patriarca - i più anziani dei vescovi erano contrari, e una
protesta particolarmente forte in difesa della verità venne dai
Metropoliti Acacio di Cizico e Samuele (più tardi patriarca) di
Derconio. Vi fu perfino un trattato che provava l'illegittimità
del ri-battesimo. C'è un forte tentativo nel documento del patriarca
di minimizzare l'effetto di quel trattato sulle menti. Leggiamo nel documento
di Cirillo V: "...tre volte condanniamo l'insensata e anti-canonica composizione.
Chiunque accetti ora o in futuro questa composizione, li proclamiamo scomunicati,
siano essi preti o laici. I loro corpi alla loro morte non si ridurranno
in povere. Pietre e ferro si consumeranno, ma le loro spoglie, mai! Il
loro fato porterà loro malanni e strangolamento come a Giuda! La
terra li inghiotta come Datan e Abiram! L'angelo del Signore li insegua
con la sua spada fino alla fine dei loro giorni." Un erudito scrittore
greco, Vendotis, pieno di un senso di indignazione riguardo alla decisione
di Cirillo sul ri-battesimo, non poté trovare parole sufficienti
a esprimere adeguatamente i suoi sentimenti. Fece notare: forse che non
desidera proclamare Dio stesso come protettore di ogni profanazione ed
eresia? Forse non vuole proclamare che la Santa e Apostolica Chiesa è
capace di cadere nell'errore? Egli scrive inoltre che Cirillo fu in grado
di sostenere la sua decisione solo con l'aiuto delle autorità turche.
Secondo lui, il Sultano del tempo, Osman, saputo della decisione di Cirillo
disse che il patriarca agì come un Mufti islamico, che aveva il
diritto di definire l'insegnamento religioso islamico, e che tutti i metropoliti
erano obbligati a sottomettersi al patriarca in tale decisione, e chiunque
non desiderava farlo, avrebbe dovuto tornare nella sua diocesi affinché
potessero cessare le dispute nella capitale.
La
controversia sorta sulla questione del ri-battesimo continuò durante
il tempo del successore di Cirillo, Callinico IV. Ecco ciò che accadde
a questo patriarca. Quando Callinico celebrò per la prima volta
nella sua nuova carica, mentre stava sulla solea per impartire la sua benedizione
al popolo, udì dai presenti un grido frenetico: "Abbasso il franco,
fratelli! Abbasso il franco!" Quindi la folla si avventò sul patriarca
e lo trascinò fuori della chiesa, non volendo dissacrare il suolo
della chiesa con il sangue. Fu a malapena possibile recuperate lo sfortunato
patriarca dalle mani dei seguaci fanatici di Auxentios. Il patriarca, mezzo
morto e privo delle vesti, sopravvisse a malapena grazie al coraggio dei
suoi chierici. Ira popolare fu diretta al patriarca assolutamente per caso.
Il suo pensiero, si diceva nelle supposizioni, era simile a quello dei
latini, e questa idea era basata sul fatto che prima di diventare patriarca
egli viveva nel sobborgo multinazionale di Galata, e così pensarono
che egli fosse una creatura dei latini che vivevano là. Callinico
rimase patriarca solo per pochi mesi. Queste dunque furono le lamentevoli
circostanze che portarono all'abrogazione dell'antica pratica della Chiesa
di ricevere latini e armeni convertiti alla Chiesa Ortodossa per mezzo
del loro rifiuto degli errori precedenti, seguito dalla cresima."(89)
Si
può aggiungere alle parole del nostro grande studioso che questa
determinazione sul ri-battesimo dei latini che si convertivano all'Ortodossia
era il risultato di ignoranza e malafede nella preparazione della determinazione.
C'è una totale assenza di qualsiasi riferimento alle decisioni dei
precedenti Concili, alle opinioni dei Santi Padri quali San Marco di Efeso
e San Gennadio II (Scolario) Patriarca di Costantinopoli. Fu un risultato
di demagogia e di ristretto sciovinismo. Questa determinazione non può
essere in alcun modo chiamata "Ecclesiale" in quanto è qualcosa
di alieno a quei grandi canoni ecclesiastici e opinioni dei Santi Padri
che erano noti alla Chiesa Ortodossa Universale. Pertanto, è chiaro
perché le altre Chiese Ortodosse non la accettarono come tale.
Anche
se è un fatto non controverso che questa era un'espressione di odio
verso i latini, non possono in alcun modo essere paragonate le circostanze
di ciò che accadde in Russia al tempo del Patriarca Filarete e ciò
che accadde nel Patriarcato di Costantinopoli nel XVIII secolo. L'assalto
dei latini in Russia fu senza precedenti per crudeltà. Vi fu il
martirio del Patriarca Ermogene e una persecuzione della Chiesa Ortodossa
e dei suoi vescovi. Vi furono piani maliziosi da parte dei latini, che
operavano per mezzo del Falso Dimitri, di distruggere tutti i campioni
dell'Ortodossia in Russia. Nel mondo greco c'era la presenza di propaganda
latina, diffusa in primo luogo dai gesuiti (pari a quella che essi diffondevano
in tutti gli altri paesi). Tale propaganda ebbe un effetto minimo nelle
terre greche e fu pure contenuta dal potere turco, e, si può dire,
fu su scala piuttosto limitata. (90)
Come
abbiamo fatto notare, lo sciovinismo greco, che sarebbe cresciuto nei secoli
XVII, XVIII e XIX a dimensioni mostruose, giocò una parte non piccola
nelle decisioni del Patriarca Cirillo V. Dopo che Costantinopoli fu conquistata,
il grande orgoglio della potenza dell'Impero e della sua Chiesa fu rimpiazzato
da un malsano sciovinismo tra i greci, e soprattutto tra la gerarchia greca.
Questo sciovinismo si proiettava in un odio passionale verso i non ortodossi,
un disprezzo verso gli altri popoli ortodossi e una malevolenza perfino
verso la Russia, il suo popolo e la sua Chiesa, da cui la Chiesa orientale
aveva ricevuto innumerevoli benefici e ricchi doni, godendo della protezione
del monarca russo e della Chiesa russa. Per disprezzo verso i russi, non
volevano considerare alcunché di autorevole nella legislazione della
Chiesa russa, cosa che sarebbe stata loro di beneficio.
Nel
suo libro "Il Carattere delle relazioni russe con l'Oriente ortodosso nei
secoli XVI e XVII," Il Professor N. F. Kapterev scrive:
"Arrivando
a Mosca a chiedere finanziamenti, i greci si profondevano a lodare e glorificare
i russi. Erano toccati dall'incontro con la loro genuina e ferma pietà,
tuttavia in questo caso parlavano frequentemente senza sincerità,
senza un genuino rispetto per la pietà russa, ma con un desiderio
di compiacere i russi in ogni modo, per essere amati da loro e accattivarsi
i loro favori in anticipo di finanziamenti più generosi. Vedevano
i russi come un popolo forte e ricco, ma allo stesso tempo rozzo e ignorante,
ancora bisognoso di cure e di guida dai più maturi e istruiti greci.
Va da sé che i greci non esprimevano le loro opinioni poco adulatorie
mentre erano a Mosca, sotto stretta osservazione, ma quando uscivano dalla
Russia non mantenevano questo riserbo."(91) "Agli occhi dei greci, il popolo
russo era rozzo e ignorante, e stava sul gradino più basso della
loro comprensione e vita cristiana."(92)
Il
Professor Kapterev ci dà ancora diversi esempi di attitudini negative
dei greci verso i russi. Ci fornisce alcune delle lamentele dei russi sull'attitudine
estremista e sprezzante dei greci:
"Nel
1650 Pacomio, un chierico del monastero di Chudov, di ritorno dalla Moldavia,
riportò allo Tsar: "Quei greci all'estero odiano il popolo russo
da Mosca e da Kiev, e quanto vengono di là sono chiamati cani."
Inoltre scrive: "E le icone che la vostra Regale Maestà ha dato
come doni agli anziani greci per vari monasteri in Palestina, questi anziani
le vendono e le portano al mercato come se fossero tavole grezze. Non venerano
queste icone e non le pongono nelle loro chiese."
I
greci bruciarono i libri di culto che lo Tsar inviò ai monasteri
greci nell'Athos, cosa che sconvolse i russi all'estremo, e che fu fatta
per mancanza di rispetto nei loro confronti. Il compilatore del Menologio
russo notava che "..i greci sono orgogliosi e sprezzanti" verso i russi,
e scherniscono la loro pietà. Un greco, in una lettera ai suoi aCostantinopoli,
scrive: "Dio vuole venirmi a salvare dal popolo rozzo e barbarico di Mosca...
sono a malapena cristiani ortodossi."(93) Caratteristici in modo speciale
sono i dati - basati su fonti primarie - forniti dal Professor Lebedev:
"È
inutile pensare che la gerarchia greca guardi benevolmente ai russi, che
sperano di eliminare il trionfo della mezzaluna sulla croce nelle antiche
terre dell'Ortodossia. I gerarchi greci sanno bene che non esiste minaccia
maggiore per i turchi ottomani di quella che viene dalla Russia. Tuttavia,
accecati dal loro filetismo, guardano la Russia dall'alto nascondendo a
mala pena il proprio disprezzo. Secondo il loro pensiero, cadere sotto
il dominio della Russia significherebbe soccombere alla rozzezza e al barbarismo.
I greci pensano: "Che cosa c'è in comune tra la frusta russa e la
nobile nazione ellenica? Tra il despotismo e la libertà? Tra le
tenebre degli sciti e la Grecia nel Sud? Che cosa c'è in comune
tra la radiosa e nobile Grecia e il lugubre Ahriman [lo spirito del male
nello zoroastrismo.- Tr.] del Nord? I sogni sulla loro unione spirituale
non sono che i frutti dell'ignoranza della folla, per la quale il rintocco
delle campane vale più di quei pensieri illuminati accessibili solo
ai migliori tra i greci."
I
greci hanno disprezzato inquesto
modo i russi non solo nei tempi recenti, non solo nel XIX secolo. Lo facevano
anche prima. Già a metà del XVII secolo alcuni venditori
ambulanti greci, che portavano le loro mercanzie a Mosca, osarono in seguito
diffondere ridicole storie sulla Russia a Costantinopoli. Per esempio,
dissero che non vi erano insegnanti in Russia, e che lo stesso erede al
trono fu istruito da loro, gli ambulanti, e che qualche monaco "fece un
incantesimo" perché i russi non andassero mai in guerra contro i
tartari, e i russi gli prestarono ascolto. Si presero gioco dello stesso
Tsar russo dicendo che era così occupato a far fare un fonte d'argento
per il battesimo del figlio del re (danese?), da trascurare completamente
tutte le questioni più importanti. Ma il disdegno verso i russi
come popolo meno colto dei greci non era la sola ragione. C'era tra il
clero più anziano la paura di una possibile conquista di Costantinopoli
da parte dei russi. La gerarchia temeva che se i russi avessero espulso
i turchi dall'Europa, i vescovi sarebbero stati forzati a vivere e ad agire
secondo i canoni della Chiesa, cosa che i vescovi non erano più
abituati a fare. Un vescovo greco molto erudito, attorno al 1860, riassunse
il pensiero di tutti i suoi predecessori quando disse: "Voi slavi (cioè
russi) siete i nostri nemici naturali. Noi dobbiamo pertanto sostenere
i turchi. Finché esiste la Turchia, si prenderà cura di noi.
Il pan-slavismo per noi è pericoloso." Come risultato di tutte queste
attitudini da parte dei greci e soprattutto dei vescovi, un viaggiatore
russo in Medio Oriente notò che, "a partire dal più umile
monaco e terminando con rappresentanti della chiesa quali il patriarca,
tutti i chierici greci ci odiano istintivamente, dal profondo del cuore".
Daremo alcuni esempi di questo odio che animava l'alta gerarchia della
Chiesa greca. Questi fatti ci presentano una situazione moralmente difficile,
e ci asterremo da ogni commento. Lasciamo che i fatti parlino da soli.
Il
Vescovo Porfirio Uspenskij in una delle sue opere, dedicata allo studio
della vita ecclesiale greca, riporta un incidente, una "meraviglia delle
meraviglie", come la descrive. Il Patriarca Melezio di Costantinopoli (nel
1845), apparendo di fronte al Sultano Abdulla-Medjid, gli baciò
il piede dicendo: "O Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace,
secondo la tua parola, poiché i miei occhi hanno visto la salvezza
che hai preparato" (Tutto questo era rivolto al sultano). Il narratore
aggiunge: quel patriarca era un amico dei turchi e un nemico dei russi,
e si sostiene che abbia detto: "Fatevi avere un pezzetto della carne di
un russo, e la triterò nelle particelle più minute." Lo stesso
vescovo Porfirio scrive in un altro dei suoi articoli: "Nel 1854, quando
infuriava la guerra nella nostra Sebastopoli, il patriarca ecumenico (naturalmente,
quello di Costantinopoli, ma l'autore non fornisce il suo nome; probabilmente
Antimo VI), in risposta agli ordini del Sultano Abdulla-Medjid, pubblicò
una preghiera per i cristiani ortodossi, composta da lui in stile fiorito,
e in cui si supplica Dio per la vittoria dei nostri nemici e per la nostra
sconfitta (ovvero, per il nostro esercito amico di Cristo). La preghiera
dice:
"Signore
nostro Dio, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che tutto hai creato
in sapienza... O Re della gloria, ricevi ora la preghiera dei tuoi servi
umili e peccatori, che ora offriamo a nome del grande sovrano, mite e misericordiosissimo
re e autocrate, Sultano Abdulla-Medjid, nostro signore. O Signore Dio di
misericordia, ascolta noi tuoi umili e indegni servitori in quest'ora e
con il tuo potere invincibile proteggilo, rafforza il suo esercito, accordagli
ogni vittoria e bottino, distruggi i suoi nemici, che insorgono contro
il suo potere, e compi tutto a suo favore, affinché possiamo vivere
una vita quieta e pacifica, lodando il tuo santissimo nome, Padre, e Figlio,
e Santo Spirito. Amen."
Non
c'è dubbio che il patriarca di Costantinopoli e i vescovi greci
non pregarono solo con una sola voce, ma anche con tutto il loro cuore.
Questa preghiera, aggiunge il reverendissimo autore, fu mandata perfino
all'Athos. Ma là non fu letta, né nelle chiese né
nelle celle." Infine, riportiamo un episodio dall'ultima guerra russo-turca
in Bulgaria. Quando i russi occuparono la Bulgaria, il comandante militare
in capo, Conte Totleben, era di ritorno da Livadia, ovvero dalla stessa
corte dello Tsar russo. Ad Adrianopoli incontrò il clero di tutte
le denominazioni - bulgari, armeni, ebrei e perfino musulmani. Tutti andarono
dal conte per dimostrare la loro gratitudine per la protezione offerta
dalle autorità russe. Vennero tutti, con l'eccezione del Metropolita
greco Dionysios. Le autorità militari russe conclusero da questo
e da altri incidenti che "l'attitudine del clero greco verso i russi non
era amichevole", e che"tentavano
di dimostrarlo anche nei più piccoli dettagli." Adrianopoli passò
di nuovo ai turchi. Quando vi arrivò il nuovo governatore generale
turco Reut Pascià, i greci organizzarono un ricevimento solenne,
e si disse in uno dei discorsi: "...per troppo tempo siamo stati prigionieri,
alla fine vediamo il nostro liberatore." (94)
Nelle
"Lettere dal Monte Santo" vediamo che i monasteri greci dell'Athos rifiutavano
di lasciar usare le loro biblioteche agli studiosi russi sotto il pretesto
che i russi rubavano i loro antichi manoscritti.
Sia
che fosse il risultato del deterioramento dei rapporti tra russi e greci,
sia che fosse indipendente da ciò, il Santo Sinodo nel 1721, secondo
il Professor Kapterev, "...abrogò in modo solenne e ufficiale l'elevazione
del nome del patriarca di Costantinopoli durante gli offici divini, cosa
che fino a quel tempo era sempre stata fatta in Russia, - non desiderando
vedere neppure un'ombra o una traccia di preferenza o preminenza del patriarca
di Costantinopoli nella Chiesa russa."(95)
Tutte
queste cose non sono state discusse per provocare una sorta di antagonismo
verso il popolo greco e la loro Chiesa. Tutto è cambiato e migliorato
con il tempo, ed è diventato storia passata. Oggi le relazioni tra
la Chiesa greca e quelle slave sono fraterne e collegiali. Perfino le relazioni
con i non ortodossi,per un certo
tempo ostili, ora riflettono cordialità e un mutuo rispetto.
Abbiamo
discusso tutto ciò per mostrare l'atmosfera che esisteva durante
l'era in cui la Chiesa di Costantinopoli promulgò i suoi decreti
sul ri-battesimo di cattolici romani e luterani che desideravano convertirsi
all'Ortodossia, e in cui vi furono dibattiti di interpretazioni dei canoni
nel Pedalion (Kormchaya). Ciò aveva luogo nel periodo
più cupo della storia del Patriarcato di Costantinopoli, quando
i decreti della Chiesa, anche se scritti in linguaggio ecclesiastico fiorito,
non erano in sostanza motivati dalle vere necessità della Chiesa,
ma avvennero a causa di ignoranza, demagogia ed estremo sciovinismo, e
furono regressivi rispetto ai canoni della Chiesa universale, nonché
un ripudio dell'esperienza benefica delle Chiesa russa e delle altre Chiese
slave. La grande Chiesa russa, muovendosi sul sentiero della magnanimità,
dell'ampiezza di visione e della benevolenza, così come sui principi
canonici della Chiesa Universale e della propria esperienza, non solo respinse
questa decisione greca sul ri-battesimo dei latini e dei luterani che si
convertivano alla Chiesa Ortodossa, ma rese anche il sentiero verso l'Ortodossia
più facile per i non ortodossi. Abbiamo introdotto il lettore ai
saggi e oculati Canoni della Chiesa russa nel capitolo precedente del nostro
saggio.
Il
primo metodo, che i greci chiamano "russo", consiste nel dividere i non
ortodossi in tre categorie ai fini della conversione. Nella prima categoria,
i convertiti sono battezzati. Nella seconda, sono cresimati. Nella terza,
sono ricevuti mediante il rito della penitenza, un ripudio dell'eresia
e la confessione della Fede ortodossa. Come è stato più sopra
dimostrato, questa pratica è basata sui canoni dei Concili Ecumenici,
sulla diretta autorità di San Marco di Efeso, del Concilio di Costantinopoli
del 1484, delle decisioni dei Concili di Mosca del 1655 e soprattutto del
1667, delle decisioni del Santo Concilio del 1718 come pure delle successive
decisioni e direttive del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa. È
vero che vi fu un periodo nella Chiesa russa in cui i cattolici romani
(e i protestanti) erano ricevuti nell'Ortodossia per mezzo del battesimo,
ma in tutta la millenaria storia della Chiesa russa ciò fu in effetto
per circa 45-47 anni, dopo i quali la pratica di ricevere con il battesimo
tutti non ortodossi senza distinzione fu condannata e abrogata una volta
per tutte. Come risultato, si svilupparono tre forme o riti per ricevere
i non ortodossi nel seno della Chiesa Ortodossa.
Nel
secondo metodo, tutti i non ortodossi sono ricevuti per mezzo del
battesimo seguito dalla cresima. Questo fu adottato dai greci al Concilio
di Costantinopoli nel 1756, ed è descritto nel Pedalion.
Neppure
una singola Chiesa Ortodossa non greca ha adottato questa pratica. Invece,
le Chiese Ortodosse non greche aderiscono fermamente a quella pratica,
che è designata come "russa."
In
tempi recenti, il Patriarcato di Costantinopoli ha rescisso l'uso del secondo
metodo, e ora riceve i non ortodossi per mezzo del rito "russo".
Tutte
le giurisdizioni vecchio-calendariste greche (ve ne sono almeno sette),
sia negli Stati Uniti che in Grecia, aderiscono al rito "greco" rito per
la ricezione dei non-ortodossi nell'Ortodossia, ovvero, esclusivamente
per mezzo del battesimo come decretato dal Concilio di Costantinopoli del
1756. Questa pratica "greca", con certe modifiche, e l'allontanamento dalla
pratica "russa", è divenuta di recente la regola per la Chiesa Russa
all'Estero, secondo la decisione del Concilio dei Vescovi del 15/28 Settembre
1971. Il testo completo di tale decisione sarà fornito alla fine
di questo capitolo.
La
Chiesa Ortodossa in America (già nota come "Metropolia Americana"),
fondata dai missionari russi e in seguito costituita come diocesi della
Chiesa Ortodossa Russa con centro prima a San Francisco e quindi a New
York, e che per un certo tempo ebbe come suo vescovo diocesano il futuro
Patriarca [San] Tikhon, ha ereditato le tradizioni della Chiesa russa rispetto
al rito per la ricezione dei non ortodossi che si convertono alla Chiesa
Ortodossa. La Chiesa Ortodossa in America riceve i non ortodossi
per mezzo di tre riti:
·Chi
si converte dal giudaismo, dal paganesimo e dall'islam, così come
quanti distorcono o non accettano il dogma della Santa Trinità,
o laddove il battesimo si compie per mezzo di una singola immersione, per
mezzo del battesimo.
·Coloro
il cui battesimo era valido ma che non hanno il sacramento della cresima
oppure che mancano di una gerarchia con successione apostolica (o se quest'ultima
è discutibile), per mezzo della cresima. Questo gruppo include
luterani, calvinisti ed episcopaliani (anglicani).
·Coloro
la cui gerarchia ha una successione apostolica e che hanno ricevuto nella
propria chiesa battesimo e cresima (o confermazione), per mezzo di penitenza
e ripudio dell'eresia, dopo l'istruzione nell'Ortodossia. Questo gruppo
include persone delle confessioni cattolica romana e armena. Nel caso che
non siano stati cresimati o confermati nelle loro chiese, o se su questo
punto vi sono dei dubbi, sono unti con il santo crisma.
Esattamente
le stesse regole si trovano in tutte le Chiese ortodosse non greche in
America e in Canada.
Lo
stesso Patriarcato di Costantinopoli si è radicalmente allontanato
dallo spirito che motivò le decisioni del Concilio di Costantinopoli
del 1756. Nella sua "Lettera circolare a tutte le chiese cristiane" del
1920 il Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli si appellò a tutte
le chiese cristiane con una proposta di mettere da parte la mutua diffidenza
tra le chiese. Invece, devono essere rigenerati e intensificati i sentimenti
di amore, in modo che le chiese non si guardino più reciprocamente
come estranee o perfino come nemiche, ma vedano l'una nell'altra la propria
gente e fratelli in Cristo. L'epistola propone che vi sia mutuo rispetto
per i costumi e le pratiche proprie di ciascuna delle chiese che si adornano
del nome di Cristo, senza più dimenticare o ignorare i suo "nuovo
comandamento," il grande comandamento dell'amore reciproco. (96)
Durante
l'ultima sessione del Concilio Vaticano Secondo alla fine del Dicembre
1965 vi fu un annuncio da parte del Patriarcato di Costantinopoli e del
Papa di Roma e del Concilio sul mutuo sollevamento degli anatemi che furono
"scambiati" tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Ortodossa durante il tragico
anno del 1054, l'anno della grande divisione tra le chiese. (97)
Nel
capitolo "Sull'Ecumenismo" nella raccolta di documenti e decreti del Concilio
Vaticano Secondo, si parla della Chiesa Ortodossa con eccezionale calore.
Visto che ero presente al Concilio Vaticano Secondo nel ruolo di osservatore
ufficiale dalla Chiesa Russa all'Estero, posso testimoniare quanto eccezionalmente
cordiali fossero le attenzioni verso tutti gli osservatori delle Chiese
Ortodosse da parte della Chiesa Cattolica Romana. A dire il vero, resta
da valutare quanto solide siano rimaste tali attenzioni.
In
seguito al Concilio Vaticano Secondo fu elaborato un accordo tra la Chiesa
Ortodossa Russa e la Chiesa di Roma secondo il quale, in casi di estrema
necessità e in completa assenza del proprio clero, i membri della
Chiesa di Roma potessero ricevere i Santi Misteri nelle chiese russe, e
allo stesso modo gli ortodossi in chiese cattoliche romane. (98) Non sappiamo
se questo accordo sia stato realizzato nella pratica o se rimanga solo
sulla carta. Non una singola Chiesa ortodossa, con l'eccezione della Chiesa
Russa all'Estero, rimproverò il Patriarca di Mosca per questa decisione
che fu causata dai tempi terribili e dalle persecuzioni di cristiani sotto
regimi atei.(99) Nondimeno questa decisione non è stata rescissa
neppure ora, e il catechismo recentemente stampato della Chiesa di Roma
pubblicato con la benedizione di Papa Giovanni Paolo II parla del pieno
riconoscimento dei sacramenti della Chiesa Ortodossa. Tuttavia, non vi
è dubbio che come risultato del proselitismo tra la popolazione
tradizionalmente ortodossa - da parte di cattolici romani e protestanti
- al quale la Chiesa Ortodossa reagisce con grande sconforto, così
come della repressione contro gli ortodossi nell'Ucraina occidentale e
perfino in Polonia - non c'è più quel calore e cordialità
verso gli ortodossi che vi fu durante Concilio Vaticano Secondo e per un
certo tempo in seguito. Tuttavia, la domanda incisiva oggi è questa:
Vi è stato qualche cambiamento nelle pratiche delle chiese cattolica
romana o luterana rispetto al loro sacramento del battesimo? E la risposta
è questa: Nulla è cambiato. Così, le nostre chiese
(con l'eccezione della Chiesa Russa all'Estero), riconoscono come valido
il sacramento del battesimo compiuto da cattolici romani e luterani.
Perciò,
per tornare al nostro tema, ripetiamo che il Patriarcato di Costantinopoli
e i suoi Esarcati in America e in Europa hanno adottato quella pratica
per la ricezione dei non ortodossi nell'Ortodossia, che i greci chiamano
"russa," e ha di fatto rigettato la decisione del Concilio di Costantinopoli
del 1756 (che fu motivata dall'intolleranza) e la spiegazione nel Pedalion.
E
così, nella "Guida per gli ortodossi riguardo ai contatti con le
chiese non ortodosse," pubblicata nel 1966 dalla Standing Conference of
Canonical Orthodox Bishops in America (SCOBA), raccomandata come indicazione
dal clero delle nostre chiese ortodosse, si trova la regola seguente:
"All'ingresso
nella Chiesa Ortodossa di uno che si converte di propria volontà
dalla non-Ortodossia, il prete riceve il candidato per mezzo di uno dei
tre riti prescritti dal Concilio Ecumenico Quinisesto: per mezzo di battesimo,
cresima o confessione di fede, a seconda dei casi." (100)
Nelle
"Istruzioni per le relazioni con le chiese non ortodosse," pubblicate dallo
stessa Conferenza nel 1972, leggiamo le stesse regole sulla ricezione dei
non ortodossi nella Chiesa Ortodossa, ovvero, "I non ortodossi che si convertono
all'Ortodossia e che sono stati battezzati nelle loro chiese d'origine
si possono ricevere senza ripetizione del battesimo se questo può
essere accettato dagli ortodossi, ovvero per mezzo della cresima o la confessione
della Fede ortodossa, secondo il rito appropriato per ogni situazione."
(101)
Questo
rito si trova nelle "Linee guida" dell'Arcidiocesi Greco-Ortodossa in America,
pp. 53-55. Si può usare anche il rito stampato in Russia e che si
trova nel Trebnik ("Libro delle necessità"): "Officio per
la ricezione nella Fede ortodossa di persone che non sono state in precedenza
ortodosse, ma sono state allevate fin dall'infanzia fuori della Chiesa
Ortodossa, eppure hanno ricevuto un valido battesimo nel nome del Padre
e del Figlio e del santo Spirito." Questo rito è stato tradotto
in inglese e si può trovare nel libro pubblicato con la benedizione
del Santissimo Patriarca [San] Tikhon: Isabel Florence Hapgood, "Orthodox
Service Book," 1954 ed., p. 454ss.
Vediamo
dalla storia della Chiesa che fu tipico delle sette dissidenti quali novaziani,
montanisti e donatisti di ri-battezzare quanti si convertivano a loro.
Considerandosi "puri" e "migliori" e vendendo se stessi come i soli sulla
via della salvezza, aborrivano chiunque altro. Avrebbero potuto meritare
rispetto per i loro alti requisiti morali, ma l'orgoglio li tradì.
Si tagliarono fuori dal corpo della Chiesa in cui dimoravano la vita e
la grazia, e così si estinsero completamente in un breve periodo
di tempo. "Il Signore resiste gli orgogliosi, ma dà grazia agli
umili" (Prov. 3:34 LXX). Anche in Russia certi dissidenti, soprattutto
i vecchi ritualisti asacerdotali, compivano allo stesso modo il ri-battesimo
degli ortodossi che si convertivano a loro. L'umile, mite, compassionevole,
benevola e accondiscendente Chiesa Ortodossa possedeva e possiede e continuerà
a possedere la grazia, e insieme con questa la vitalità e la forza
di essere magnanima. Quel ri-battesimo, che gli eretici e i dissidenti
compivano sugli ortodossi, albergava dentro di sé la sua debolezza
interna. I forti e i giusti non hanno paura di essere magnanimi, ma i deboli
e gli ingiusti non se lo possono permettere. Come abbiamo visto, nei tempi
antichi (particolarmente nel terzo secolo) e dentro la Chiesa Ortodossa
vi sono state tendenze a ri-battezzare i dissidenti che si convertono alla
Chiesa Ortodossa. Ma la Chiesa vi si è opposta in modo decisivo,
vietando, con i suoi canoni, il ri-battesimo di quanto sono stati validamente
battezzati nel nome della Santa Trinità. I Concili Ecumenici, il
Secondo e specialmente il Sesto, decretarono con le loro decisioni, chi
dovrebbe essere ricevuto nell'Ortodossia per mezzo del battesimo, chi per
mezzo della cresima e chi per mezzo della penitenza, del ripudio delle
eresie e della confessione di Fede ortodossa. In questo modo si è
piamente mantenuta la regola della non ripetizione di un valido battesimo,
anche se compiuto al di fuori della Chiesa Ortodossa. In Russia, come abbiamo
visto in seguito, fu decretato per breve tempo di ricevere tutti i non
ortodossi per mezzo del battesimo. Ma questo "ri-battesimo" evocato dagli
orrori di quei tempi fu rapidamente rescisso come erroneo, una volta per
tutte, dai Concili e dai decreti della Santa Chiesa Russa. Infine, come
abbiamo visto, il patriarcato di Costantinopoli ha di fatto respinto quel
decreto radicale sul ri-battesimo di tutti i non ortodossi che si convertono
all'Ortodossia, pronunciato dal Concilio di Costantinopoli del 1756.
Ciascuno
dei misteri della Chiesa Ortodossa ha un aspetto dogmatico. Le forme possono
cambiare e i canoni possono essere emendati, ma i loro aspetti dogmatici
restano immutabili, Per esempio, le forme della Divina Liturgia sono cambiate
nel corso dei secoli, ma l'essenza dogmatica della Divina Liturgia rimase
e rimane immutata, vale a dire, che sotto l'aspetto del pane e del vino
riceviamo il Vero Corpo e Sangue di Cristo, il cui cambiamento ha luogo
attraverso l'azione sacra del vescovo o del prete. Così, nel mistero
del battesimo il fondamento dogmatico o sostanza è che sia compiuto
per triplice immersione (o per mezzo di un suo equivalente)
(102)
pronunciando il nome di ciascuna Persona della Divina Trinità, individualmente,
e quindi nella non-ripetizione di questo mistero, dato che è stato
la nascita spirituale del cristiano nella vita eterna in Cristo. Così
come la nostra nascita nella carne avviene una volta sola, così
la nostra nascita spirituale avviene una volta sola nel mistero del battesimo.
Questa non-ripetizione del battesimo valido, come dogma, è sigillata
per tutti i tempi nel Simbolo della Fede: "Credo ... in un solo Battesimo."
Anche se il battesimo è stato compiuto in una chiesanon
ortodossa, ma nella stessa forma in cui compiuto tra gli ortodossi, è
accettato, secondo i canoni dei Concili Ecumenici. (103) Il Beato Agostino
scrisse che il sacramento del battesimo fu istituito da nostro Signore
Gesù Cristo stesso, e che anche la perversione (perversitas)
degli eretici non priva tale sacramento della sua veracità e validità.
Così ne consegue che il ri-battesimo viola il principio dogmatico
della non-ripetizione del battesimo. (104)
Nel
Settembre 1971, la Chiesa Russa all'Estero, rigettando la pratica "russa"
per la ricezione dei non ortodossi, adottò la pratica "greca", ovvero,
la pratica seguita dai Vecchi Calendaristi greci, basata sulle decisioni
del Concilio di Costantinopoli del 1756, decretando che tutti i cristiani
non ortodossi che si convertono alla Fede ortodossa devono essere ricevuti
esclusivamente per mezzo del battesimo permettendo solo "per ragioni di
necessità" la loro ricezione per mezzo di un altro rito, ma solo
con il permesso del vescovo diocesano.
Questa
decisione del Concilio dei Vescovi della Chiesa Russa all'Estero del 15/28
Settembre 1971 dice: (105)
"Sulla
questione del battesimo degli eretici che accettano l'Ortodossia, è
stato adottato il seguente decreto: la Santa Chiesa ha creduto da
tempo immemorabile che vi può essere un solo vero battesimo, vale
a dire quello che è compiuto nel suo seno: 'Un solo Signore, una
sola fede, un solo battesimo.' (Ef 4:5) Anche nel Simbolo della Fede è
confessato 'un solo battesimo,' e il Canone 46 dei Santi Apostoli dichiara:
'Comandiamo che un vescovo o un presbitero che abbia accettato (ovvero,
che riconosca) il battesimo o il sacrificio degli eretici, sia deposto.'
"Tuttavia,
quando lo zelo di alcuni eretici nella loro lotta contro la Chiesa diminuì
e quando insorse la questione di conversioni di massa all'Ortodossia, la
Chiesa, per facilitare la loro conversione, li ricevette nel proprio seno
per mezzo di un altro rito. San Basilio il Grande nel suo Primo Canone,
che fu incluso neo canoni del Sesto Concilio Ecumenico, allude all'esistenza
di diverse pratiche per ricevere gli eretici in terre differenti. Egli
spiega che ogni separazione dalla Chiesa ci priva della grazia e scrive
a proposito dei dissidenti: 'Anche se l'allontanamento è iniziato
per mezzo dello scisma, tuttavia, quanti si dipartono dalla Chiesa sono
già privi della grazia del Santo Spirito. La concessione della grazia
è cessata poiché la successione legittima è stata
tagliata. I primi ad andarsene furono consacrati dai Padri, e attraverso
l'imposizione delle loro mani avevano i doni spirituali. Ma ritornarono
laici, senza alcun potere di battezzare né di ordinare, e non potevano
trasmettere ad altri la grazia del Santo Spirito dalla quale essi stessi
erano decaduti. Perciò, gli antichi ritennero quanti provenivano
dagli scismatici alla Chiesa come se fossero stati battezzati da laici,
e che dovessero essere purificati dal vero battesimo della Chiesa.' Tuttavia,
'per l'edificazione di molti' San Basilio non obietta ad altri riti per
la ricezione dei dissidenti catari in Asia. Riguardo agli encratiti scrive
che 'questo potrebbe essere un ostacolo al buon ordine generale' e che
si potrebbe usare un rito differente, spiegandosi così: 'Ma ho paura
di porre un impedimento ai salvati, sollevando in loro timori relativi
al loro battesimo.'
"Così,
San Basilio il Grande, e con le sue parole il Concilio Ecumenico, mentre
stabiliscono il principio che al di fuori della Santa Chiesa ortodossa
non esiste valido battesimo, concede per condiscendenza pastorale, chiamata
economia, la ricezione di alcuni eretici e dissidenti senza un nuovo
battesimo. Sulla base di questo principio i Concili Ecumenici hanno permesso
la ricezione degli eretici per mezzo di differenti riti, in risposta all'indebolirsi
della loro ostilità contro la Chiesa Ortodossa.
"La
Kormchaya Kniga ne dà una spiegazione con le parole di Timoteo
di Alessandria. Alla domanda 'Perché noi non battezziamo gli eretici
che si convertono alla Chiesa Cattolica?' la sua risposta è: 'Se
così fosse, una persona non si allontanerebbe rapidamente dall'eresia,
non volendo provare la vergogna di ricevere un battesimo (ovvero, un secondo
battesimo). Tuttavia, lo Spirito Santo scende attraverso l'imposizione
delle mani e la preghiera del presbitero, come testimoniano gli Atti degli
Apostoli.'
"Riguardo
ai cattolici romani e a quei protestanti che sostengono di avere conservato
il battesimo come sacramento (per esempio, i luterani), in Russia sin dal
tempo di Pietro I fu introdotta la pratica di riceverli senza battesimo,
attraverso una rinuncia delle eresie e la cresima per i protestanti e per
i cattolici non confermati. Prima di Pietro, i cattolici erano battezzati
in Russia. Pure in Grecia, la pratica è variata, ma dopo circa 300
anni successivi a una certa interruzione, fu reintrodotta la pratica di
battezzare i convertiti dal cattolicesimo e dal protestantesimo. Quanti
furono ricevuti in altri modi non sono stati (talvolta) riconosciuti in
Grecia come ortodossi. In molti casi tali figli della nostra Chiesa russa
non sono stati neppure ammessi alla Santa Comunione.
"Tenendo
in considerazione questa circostanza e anche l'attuale crescita dell'eresia
ecumenista, che cerca di cancellare completamente ogni differenza tra l'Ortodossia
e ogni eresia - tanto che il Patriarcato di Mosca, nonostante i santi canoni,
ha perfino promulgato un decreto che permette ai cattolici romani di ricevere
(in certi casi) la comunione - il Sobor dei Vescovi riconosce la necessità
di introdurre una pratica più severa, ovvero di battezzare tutti
gli eretici che giungono alla Chiesa, e solo a causa di speciale necessità
e con il permesso del vescovo è concesso, sotto applicazione dell'economia
o condiscendenza pastorale, usare un metodo differente rispetto a certe
persone, ovvero, la ricezione dei cattolici romani e dei protestanti che
compiono il battesimo nel nome della Santa Trinità, per mezzo del
ripudio delle eresie e della cresima" ("Church Life," Luglio-Dicembre 1971,
pp. 52-54).
Poiché
non appartengo più al clero della Chiesa Russa all'Estero, non mi
considero in diritto di fare commenti su questa decisione.
(2)
San Giovanni Damasceno, Sui Santi Digiuni, cap. 3 P.G. 95, col.
64-76.
(3)
2 Ts 2:7.
(4)
È fuori di ogni dubbio che i Santi Canoni siano promulgati dall'episcopato,
e che i preti siano obbligati a metterli in pratica, ma in questo caso
si presume che ai nostri tempi sia utile che l'episcopato, prima di promulgare
un certo numero di regole direttamente correlate alla vita parrocchiale,
solleciti il parere del clero parrocchiale. Nei tempi antichi il i vescovi
erano anche pastori di parrocchie, cosa che spiega perchévi
fossero così tanti vescovi e corepiscopi in territori relativamente
piccoli, che a volte comprendevano centinaia di vescovi nei propri confini,
e come risultato, erano ben consci delle necessità della vita parrocchiale.
Tra
i Padri orientali non troviamo un concetto rigorosamente definito di autorità
episcopale nella Chiesa. San Giovanni Crisostomo dice che nella Chiesa
antica i termini "vescovo" e "presbitero" significavano un identico servizio
e nei suoi scritti ha un'alta considerazione del servizio dei presbiteri
nella Chiesa. I canoni della Chiesa orientale prescrivono l'obbedienza
totale del clero verso il proprio vescovo, ma offrono anche un'opportunità
per un chierico offeso di contestare il proprio vescovo di fronte al metropolita
del territorio, e al metropolita è richiesto, durante le regolari
sessioni del sinodo dei vescovi, di indagare con diligenza nei reclami
del clero offeso. Un chierico offeso dal proprio vescovo aveva il diritto
di appellarsi direttamente al patriarca del territorio.
Un
concetto rigidamente definito di autorità episcopale nella Chiesa
si ritrova più facilmente in Occidente, e appartiene soprattutto
a San Cipriano di Cartagine (III secolo), i cui scritti riflettono i seguenti
assiomi sull'autorità episcopale nella Chiesa: i vescovi sono stabiliti
da Dio; la Chiesa si basa sui vescovi; Cristo ha affidato la sua Sposa,
la Chiesa, ai vescovi; questi sono i successori degli Apostoli; il vescovo
è nella Chiesa e la Chiesa è nel vescovo; quanti non sono
con il proprio vescovo non sono con la Chiesa; senza il vescovo non vi
è Chiesa. Allo stesso tempo, lo stesso san Cipriano scrive che dal
principio del proprio episcopato egli è determinato a non decidere
alcunché senza consultazione con il clero e il popolo (P.L. 4, col.
240. Epistola V). Chiamando i vescovi "sacerdotes" egli usa lo stesso termine
usato per i presbiteri (P.L. 4, col. 333-334) e dice che i più degni
tra loro sono in sessione con lui per correggere le questioni ecclesiastiche.
Sant'Ambrogio scrive che vi sono degni preti attorno al vescovo, che lo
aiutano e che sono pronti per un'immediata assegnazione a cattedre episcopali
rimaste vuote. Scrive anche che vescovi e presbiteri sono dello stesso
ordine, entrambi "sacerdoti di Dio," ma nondimeno i vescovi vengono in
primo luogo: infatti il vescovo è il primo tra i presbiteri (P.L.
16, col. 496).
Il
Beato Agostino scrive che al clero e ai laici si addice ricevere direttive
dai propri vescovi, poiché i vescovi sono custodi e pastori, ma
sottoposti essi stessi a Cristo, il primo custode e pastore. In un altro
luogo egli scrive che i vescovi sono i servitori della chiesa; nelle sue
lettere ai presbiteri si firma "co-presbitero", in quelle ai diaconi si
firma "co-diacono."
Nella
Chiesa l'autorità e il significato dell'episcopato è unico
e sacro. Ma la Chiesa può anche trarre beneficio dall'esperienza
benedetta dei preti di parrocchia.
I
membri del Santo Sinodo russo consistevano non solo di vescovi eminenti,
ma pure di eminenti preti.
(5)
Come esempio possiamo indicare il Canone Apostolico 5 che vieta al
vescovo di terminare il legame matrimoniale con la propria moglie. D'altro
canto il Canone 6 del Sesto Concilio Ecumenico vieta al vescovo di avere
moglie. Il Canone Apostolico 37 prescrive che i sinodi dei vescovi abbiano
luogo due volte all'anno. In canoni successivi si prescrivono frequenze
differenti. Il Canone Apostolico 85 fa una lista dei libri canonici delle
Sacre Scritture. Canoni successivi riducono il numero, e altri includono
l'Apocalisse di San Giovanni il Teologo. Il Canone 15 di Neocesarea prescrive
che vi siano sette diaconi in ogni città a prescindere dalla sua
grandezza, facendo riferimento al Capitolo 6 degli Atti degli Apostoli.
Il Canone 16 del Sesto Concilio Ecumenico abroga questo canone che fu decretato
dai Padri aNeocesarea. Un certo
numero di canoni nella Chiesa antica prescrivono l'età minima dei
candidati agli ordini di presbitero e diacono. La legislazione ecclesiastica
successiva non ha tali requisiti e si attiene alla propria comprensione.
(6)
Mt 28:19; At 2:38ss; At 8:12, 38; At 19:1-7ss. Secondo
l'antica tradizione, tramandata da San Sofronio, Patriarca di Gerusalemme,
gli Apostoli, dietro indicazione del Salvatore, si battezzarono l'un l'altro,
e gli Apostoli Pietro e Giovanni battezzarono la Theotokos. P.G. n. 78/3
col. 3372.
(7)
Canoni Apostolici 24, 47, 49, e 50.
(8)
Ef 4:5.
(9)
Canoni Apostolici 46, 47, 68; Laodicea 8; Basilio il Grande I; II Concilio
Ecumenico 7; VI Concilio Ecumenico 95; Cartagine 59.
(10)
Il testo dice: "Ordiniamo che un vescovo, o presbitero, che ha ammesso
il battesimo o il sacrificio degli eretici sia deposto. Quale accordo esiste
infatti tra Cristo e Belial, o tra un credente e un infedele?"
(11)
Il testo dice: "Che un vescovo o presbitero che battezza nuovamente una
persona che ha rettamente ricevuto il battesimo, o che non battezzi una
persona che è stata contaminata dagli empi sia deposto, come uno
che denigra la croce e la morte del Signore, e non fa distinzione tra veri
e falsi preti."
(12)
Ci riferiamo qui all'edizione sinodale di Mosca del 1901, p. 26. [C'è
anche una nota più dettagliata in Milash che si riferisce al testo
sinodale. N.d.T.].
(13)
M .E. Posnov, Storia della Chiesa Cristiana [Istoriya Khristianskoy
Tserkvi], Brussels, 1964, p. 146. Si veda la sua descrizione di queste
eresie alle pagine 142-149. Si veda pure il Manuale per uno studio descrittivo
di Ortodossia, Cattolicesimo e Protestantesimo.
(14)
Lettera circolare dei Patriarchi orientali, 1848, §§ 2
e 3. Citata nelManuale per uno
studio descrittivo..., p. 729.
(15)
Posnov, Op. Cit., pp. 147-148.
(16)
I canonisti sono concordi nel dire che i "Canoni Apostolici" furono compilati
al termine del II secolo e all'inizio del III. Alcuni dei canoni hanno
un'origine ancor più recente. Si veda la discussione su questo punto
in Posnov, op. cit., pp. 317-318.
(17)
Si veda il termine "Baptism" nell'Encyclopedia Britannica e in Hastings,
Encyclopedia of Religion and Ethics. Si veda il termine "Bapteme"
nel Dictionaire de Theologie Catholique.
(18)
The Seven Ecumenical Councils, Henry Percival, Oxford, 1900, p.
40.
(19)
Si vedano i dettagli in Puller, The Primitive Saints and the See of
Rome.
(20)
Notato nel riferimento di Percival ai Concili di Cartagine.
(21)
Così venivano descritti i seguaci dello scisma novaziano nel citato
Libro dei Canoni pubblicato dal Santo Sinodo russo: "Quelli che
si chiamavano 'puritani' erano seguaci di Novato, presbitero della Chiesa
romana, che insegnava che quanti caddero nelle persecuzioni non si dovevano
riaccogliere con la penitenza, né i bigami si sarebbero mai dovuti
ricevere nella comunione della Chiesa, e che sostenevano la purezza della
propria società per orgoglio e una totale mancanza di amore per
gli altri" (p. 41). Si dovrebbe notare qui che i "catari" ("puritani"),
così come i montanisti, ribattezzavano gli ortodossi che aderivano
al loro scisma.
(22)
L'eresia di Paolo di Samosata (A.D. 260) aveva un carattere giudaico: introduceva
la circoncisione, non riconosceva la Trinità, né la divinità
di Cristo in essenza, ma solo una sorta di sua elevazione di rango. L'eresia
fu condannata due volte al Concilio locale di Antiochia negli anni 264
e 269. Per ulteriori dettagli si veda J.H. Blunt, Dictionary of Sects,
Heresies, etc., 1874, p. 515ss.
(23)
Concilio in Trullo.
(24)
Il Concilio in Trullo ebbe luogo nel 691-692 A.D. San Basilio il Grande
morì nel 379 A.D. Il concilio locale di Laodicea ebbe luogo nel
363 A.D.
(25)
Si trova nel Grande Trebnik, edito dalla Lavra delle Grotte di Kiev,
1895, p. 408.
(26)
Si veda il libro speciale pubblicato per direzione del Santo Sinodo nel
1895. Troviamo la stessa designazione nella Parte Terza del Trebnik
pubblicato a Jordanville nel 1960.
(27)
Questo canone si può trovare on line (in inglese) come parte della
collezione Early Church Fathers. Si veda: http://www.ccel.org/fathers2/NPNF2-14/Npnf2-14-61.htm#P4014_722138.
(28)
H. Percival, op. cit., pp. 405-406.
(29) Canoni
59 e 68.
(30)
Non avendo accesso alla Kormchaya Kniga, che oggi è una rarità
bibliografica, sto citando il testo dall'opera sul diritto canonico ortodosso
scritta dal vescovo Nikodim Milash (Belgrado, 1926, p. 590.)
(31)
Si veda: Archimandrite Ambrosius, St Mark of Ephesus and the Florentine
Unia, Jordanville, 1963, p. 313.
(32)
Ibid, pp. 40 and 41.
(33)
Ibid, p. 41.
(34)
Ibid, p. 40.
(35)
Ibid, p. 171.
(36)
Ibid, p. 214.
(37)
Nomocanonis, tit. XII c. 2; Pitra, Juris ecclesiastici Graecorum,
t. II, p. 600.
(38)
Theodori Balsamones, Responsa ad Interrogationes Marci, P.G. 138,
col. 968.
(39)
Citato in: Archimandrite Ambrosius, St Mark of Ephesus and the Florentine
Unia, pp. 333-334. Lettera
circolare di San Marco di Efeso § 4. Testo greco in Patrologia
Orientalis T. XVII, p. 460-464 e in Migne, P.G. t. 160.
(40)
Patericon dell'Athos, v. II, pp. 230-250 e pp. 282-283.
(41) Il
Beato Agostino nota che il battesimo è un mistero, stabilito dal
nostro Signore Gesù Cristo stesso, e che tale mistero non può
perdere la sua validità attraverso la depravazione o la perversità
(perversitas) degli eretici. De
Baptismo V
2-3-4. P.L. 43.
(42) Lo
spirito di tolleranza è sempre stato insito nella Chiesa Ortodossa.
Come uno dei tanti esempi possiamo indicare l'officio della prima settimana
della Grande Quaresima, dove si racconta come il Grande Martire San Teodoro
di Tiro andò dal vescovo di Costantinopoli e lo avvisò che
i cibi venduti al mercato in quel giorno erano stati profanati dal sangue
offerto agli idoli per ordine dell'imperatore Giuliano l'Apostata, deciso
con questo atto a fare dispetto ai cristiani (si veda il Sinassario
per il primo sabato della Grande Quaresima). Per tutto questo officio,
il vescovo locale è chiamato "ierarca," "capo dei pastori" che prega
per tutta la notte per il suo gregge, e "patriarca." Tuttavia, al tempo
in cui tutto questo aveva luogo, il vescovo di Costantinopoli era Eudossio,
un ariano prominente. Costantinopoli non aveva in quel tempo un vescovo
ortodosso.
(43)
Prof. A. V. Kartashev, Outlines of Russian Church History, v. 1,
pp. 264-265.
(44)
Prof. N. Talberg, History of the Russian Church, p. 71.
(45)
Kartashev, op. cit. Capitolo su La Separazione dall'Occidente,
pp. 263-266.
(46)
Ibid, p. 263.
(47)
Talberg, op. cit., pp. 71, 73.
(48)
Kartashev, op. cit., p.264.
(49)
Ibid., p.264.
(50)
Ibid, p.266. Un certo numero di opere è dedicato alla descrizione
dei rapporti tra la Chiesa russa e l'Occidente. Uno degli esempi più
significativi a proposito, a nostro umile giudizio, è l'opera in
tre volumi di P. Pierling, La Russie et le Saint Siege, Paris, 1897.
(51)
I papi erano sovrani rigorosi. Un papa è ricordato con gratitudine
per avere reso sicure le vie di Roma per residenti e pellegrini. Lo fece
ordinando di impiccare tutte le persone sospette. I papi avevano una forza
di polizia efficiente e leale. Il "Sant'Uffizio" (Sacra Cancelleria) aveva
una "Bocca della Verità," un'apertura nel muro dove si potevano
depositare denuncie anonime, e che incuteva una grande paura ai residenti
di Roma. I papi potevano avere nemici personali, ma non temevano nemici
sui principi di fede. Questi ultimi a Roma erano sconosciuti.
(52)
Vite dei Santi, compilate da San Dimitri, Metropolita di Rostov,
per il 14 Maggio. Si veda anche I Folli in Cristo nella Chiesa
orientale e russa di Ioann Kovalevskij, Mosca, 1895, pp. 238-249.
(53)
Kovalevskij, op. cit., pp. 249-251.
(54)
Ibid, p. 161ss.
(55)
Possiamo far notare qui che gli storici russi caratterizzano la ricezione
nell'Ortodossia di Marina Mnishek come un atto strettamente politico. La
politica del Falso Dimitri era permeata dallo scopo di latinizzare la Chiesa
russa. Si veda: Metropolita Makarij, Storia della Chiesa russa,
v. X, pp. 99-122. Si veda anche Prof. Kartashev, op. cit., v. II,
p. 60. Quanto alle mire del Falso Dimitri, si fa anche notare che egli,
probabilmente, voleva essere un vero Tsar russo e non un lacchè
di Roma e Varsavia. Il Professor Platonov nel suo libro su Boris Godunov
fa correttamente notare che non c'è niente di peggio che formulare
una calunnia contro una persona morta che non può controbattere.
(56)
Kartashev, vol. 2, p. 98.
(57)
Idem.
(58)
Kartashev, pp. 96-97.
(59)
Ibid, p. 99.
(60)
Metropolita Makarij, Storia della Chiesa russa, v. XI, p. 232.
(61)
Citato in Prof. Talberg, op. cit., p. 467.
(62)
Metr. Makarij, op. cit., vol. XII, pp. 175-175.
(63)
Ibid, pp. 196-197.
(64)
Op. cit., p. 786. Per
il testo originale si vedano gli Atti dei Concili di Mosca 1666-1667,
Mosca, 1893, pp. 174-175.
(65)
Nikodim Milash, op. cit., p. 592, nota II.
(66)
Arcivescovo Beniamino, "Novaja Skrizhal'" 16a ed., San Pietroburgo,
1899, pp. 475-476; [si veda anche la ristampa della 17a edizione fatta
a Jordanville, §79, p.506].
(67)
Si trova in Nikolskij, Manuale per lo studio dell'Ordine [Ustav]
degli Offici, ed. 1900, pp. 685-686.
(68)
Bulgakov, Libro di riferimenti per i ministri sacri, ed. 1900, p.
947, nota 2.
(69)
Ibid, p. 929 e note a p. 948.
(70)
Decreti del Santo Sinodo, 1840, II, 20. 1865, VIII, 25. Statuto
del Concistoro Spirituale, 22, 25.
(71)
Tserkovnye Vedomosti, 1893, 28. Istruzioni Pratiche [per
pastori rurali], 181ss.
(72)
Tserkovnye Vedomosti, 1891, 21, p. 280.
(73)
Istruzioni del Santo Sinodo, 1800, 20 febbraio, nota 4. Si vedano
maggiori dettagli in Nikolskij, op.cit., p. 684.
(74)
Riguardo ad alcune situazioni speciali di certi eterodossi giunti all'Ortodossia,
che non sono direttamente correlate al nostro tema, si veda la Compilazione
di Direttive e Note sui Problemi di Pratica Pastorale, Mosca, 1875,
pp. 73-75.
(75)
Bulgakov, op. cit., pp. 928-929.
(76)
Ibid, p. 929, note 1.
(77)
Arciprete Nikolskij, op. cit., p. 678.
(78)
Nella rivista Annali della Società Imperiale di Storia e Antichità
(1892, libro 3), c'è materiale che indica che i chierici che si
uniscono alla Chiesa Ortodossa da un'eresia il cui battesimo e ordinazione
sono fuori questione, dovrebbero essere ricevuti solo con una confessione
scritta della Fede ortodossa e il ripudio della loro eresia, com'era la
pratica del Settimo Concilio Ecumenico rispetto ai vescovi e altri chierici
iconoclasti. Essi devono essere ricevuti in conformità al Canone
8 del Primo Concilio Ecumenico, ciascuno nel proprio rango clericale, ricoprendoli
di paramenti secondo il loro rango. Si veda l'Arciprete Nikolskij, p. 686,
nota I.
(79)
Si veda Bulgakov, op. cit., p 948, note.
(80)
Porfirij Uspenskij, Libro della mia vita, v. 1, p.173.
(81)
Protopresbitero Georgij Shavelskij, Memorie dell'ultimo protopresbitero
dell'esercito e della marina russa, v. II, pp. 33ss.
La
Chiesa russa era tollerante verso i non ortodossi. Il libro del Prof. N.
Zernov Orthodox Encounter (1961) offre materiale storico sugli incontri
di teologi e ierarchi russi e teologi e ierarchi non ortodossi, soprattutto
anglicani, dai quali si può apprezzare l'ampiezza di visione della
Chiesa russa. Le visioni ristrette e il fanatismo confessionale le erano
estranei. Vorrei aggiungere da parte mia di avere visto, quando ero all'antica
Cattedrale di York,conservato
in una teca di vetro con gran riverenza, un omoforio di uno ierarca russo
presentato da quest'ultimo all'Arcivescovo di York. Possiamo ricordare
con quale cordialità la Chiesa russa accolse il ben noto Palmer,
e quanto fu aperta nei suoi confronti. Egli, da parte sua, arricchì
la letteratura teologica russa con la sua notevole opera sul Patriarca
Nikon.
Gli
ierarchi russi nella maggior parte dei casi si sono attenuti al principio
che "le divisioni tra le denominazioni cristiane non giungono fino al cielo."
È ben noto con quanta tenerezza e attenzione il giusto Padre Giovanni
di Kronstadt si comportava verso i non ortodossi, mantenendo con loro una
corrispondenza. La Regina Vittoria, a cui fu dedicata la traduzione inglese
dell'opera del Santo Padre Giovanni di Kronstadt, La mia vita in Cristo,
ricevette con riverenza il libro e rifletté sul suo autore con sommo
rispetto. Qui c'è un estratto dal libro del teologo anglicano Birkbeck,
Due giorni a Kronstadt (1902), pp. 277-295:
"Il
volto di Padre Giovanni era calmo, come al solito, e aveva un sorriso brillante.
Si muoveva con difficoltà tra le file dei presenti, che lo pressavano
tutti per baciargli la mano o per ricevere la sua benedizione. Tra di loro
notai non solo diversi luterani tedeschi, ma anche due tartari musulmani
che facevano i camerieri al ristorante e che chiesero e ricevettero pure
loro la sua benedizione. La sua influenza arrivava ben al di là
dei confini della popolazione ortodossa.."
Padre
Giovanni di Kronstadt ebbe una conversazione con un arcivescovo anglicano,
e alla sua uscita dagli alloggi degli ospiti fu di nuovo circondato dalla
folla. (Come è noto, il Metropolita Anastasij partecipò alla
stesura di questo libro, essendo stato studente dell'Accademia Teologica).
Le
relazioni della Chiesa Ortodossa Russa con i non ortodossi erano permeate
di nobiltà e cordialità. Non è plausibile che qualcuno
possa accusare San Filarete, Metropolita di Mosca, o il giusto San Giovanni
di Kronstadt di non avere fermezza nella loro Ortodossia! Al contrario,
è precisamente questa forza - la loro e quella della Chiesa russa
- che permise tale magnanimità e tolleranza di approccio verso i
non-ortodossi. Dove vi è Verità - vi saranno anche libertà,
e forza, e magnanimità.
(82)
Dato inNikodim Milash, Canoni
della Chiesa Ortodossa con Commentario, 1911, vol. I, pp. 589-590.
(83)
Si fa riferimento alle opere dello Pseudo-Dionigi, che non sono dei tempi
apostolici ma dei secoli successivi.
(84)
Milash, supra, p. 590.
(85)
Pedalion, ed. 1800. Traduzione inglese, ed. 1857, pp. 68-76, p.
402, nota 9. Le citazioni sono prese anche dal Diritto canonico ortodosso
del Vescovo Nikodim, p. 591.
(86)
Vescovo Nikodim Milash, Diritto canonico ortodosso, pp. 590-591.
(87)
Ibid, pp. 591-592.
(88)
Vescovo Nikodim Milash, Canoni della Chiesa Ortodossa... , vol. I,
pp. 119-120.
(89)
A. P. Lebedev, History of the Greco-Eastern Church under the Turks,
1903, pp. 270, 323-328.
(90)
See Pichler, Geschichte der kirchliche Trennung, 1865, v. II, S.
107.
(91)
N. F. Kapterev, The Character of Russian Relations towards the Orthodox
East in the 16th and 17th Centuries, 1914, p. 427.
(92)
Ibid, p. 435.
(93)
Ibid, pp. 428-429. Egli
dice pure che i monarchi russi, durante un periodo di due secoli, spesero
grandi somme a beneficio dell'Oriente (Ibid, p. 144).
(94)
Lebedev, op. cit., pp. 174-177.
(95)
Kapterev, op. cit., p. 473.
(96)
Guidelines for the Orthodox in Ecumenical Relations, 1966, pp. 8-13.
(97)
Si veda l'Appendice 1.
(98)
Si veda l'Appendice 2.
(99)
Si veda l'Appendice 3.
(100)
Cfr. nota 1.
(101)
Ecumenical Guidelines, 1972, p. 11.
(102)
Si veda l'Appendice 4.
(103)
Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico; Canone 95 del Sesto Concilio Ecumenico.
(104)
De baptismo, lib.V,
cc. 2-3-4, Z.D. 43.
(105)
Questo documento è stato originariamente tradotto in inglese e pubblicato
su Orthodox Life, Vol. 29, No. 2, 1979, pp. 35-43. Al momento di
questa pubblicazione, è disponibile in tale versione su http://orthodoxinfo.com/ecumenism/strictness.htm.
Appendici
Appendice
1
Nelle
mie "Note sul Concilio Vaticano Secondo" ho fornito un certo numero di
esempi che mostrano le relazioni cordiali del corso dei secoli tra i patriarchi
di Costantinopoli e i papi di Roma. Durante il Concilio Vaticano Secondo
queste relazioni migliorarono in modo significativo. In questa luce, il
viaggio del Patriarca Atenagora a Gerusalemme per un incontro amichevole
con Papa Paolo VI diviene comprensibile, come pure la seguente visita dal
papa del patriarca di Costantinopoli, e la risposta del papa al patriarca,
e anche il ritorno degli oggetti sacri degli ortodossi presi per sé
in tempi passati dai latini: vale a dire, il ritorno del capo dell'Apostolo
Andrea il Primo Chiamato, che la chiesa di Costantinopoli vanta come proprio
fondatore, e il ritorno delle reliquie di San Sabba al monastero che porta
il suo nome. Il ritorno di questi oggetti sacri è senza dubbio servito
a creare relazioni più strette tra i greci e i cattolici romani.
Un diacono e professore greco, testimone del rientro delcapo
dell'Apostolo Andrea mi raccontò della grande solennità con
cui ebbe luogo il trasferimento della reliquia, sacra per gli ortodossi.
Il riverito capo dell'Apostolo Andrea, chiuso in una teca d'argento nella
Basilica di San Pietro, fu scortato dal papa e dal clero latino e consegnato
per via aerea alla città greca di Patrasso dal Cardinale Bea con
la sua scorta. La popolazione della città si riunì tutta
all'aeroporto. Il primo ministro, rappresentante del Re di Grecia, presentò
al cardinale un'alta decorazione da parte del re. Numerose processioni
religiose, clero in paramenti e fino a trenta vescovi accolsero la reliquia,
il capo del Primo Chiamato tra gli Apostoli, dopo la sua assenza di 600
anni. È difficile descrivere la gioia e l'eccitazione del momento
in cui l'anziano cardinale portò fuori la sacra reliquia. Preceduta
dalla processione religiosa, la reliquia fu portata alla cattedrale, dove
l'Arcivescovo Atenagora, capo della Chiesa ellenica, assieme all'intero
episcopato greco e a un gran numero di chierici, celebrò una Divina
Liturgia. Al termine della funzione l'arcivescovo prese il Cardinale Bea
sotto braccio e uscì verso il popolo. Vi fu un'ovazione da parte
del popolo, che chiese al cardinale di portare al papa la propria profonda
gratitudine. "Piangevamo tutti," mi disse il mio interlocutore, "il popolo
piangeva, i vescovi piangevano, l'anziano cardinale piangeva." La Divina
Liturgia, celebrata da un vescovo, fu servita per quaranta giorni. La scorta
e la ricezione dell'altro oggetto sacro - il ritorno delle reliquie di
San Sabba da Venezia al suo chiostro in Gerusalemme fu altrettanto solenne
e toccante. San Sabba disse ai suoi discepoli che il suo corpo incorrotto
sarebbe stato rimosso dal suo monastero, e che in seguito avrebbe riposato
alla Lavra da lui fondata. Egli fece notare che sarebbe ritornato al suo
chiostro vicino alla fine del mondo. Una descrizione dettagliata del trasferimento
della reliquia da Venezia a Gerusalemme, scritto dalla Signora V. Arturova-Kononova,
è apparso sulle pagine di "Russkaja Zhizn'," No. 8793.
Durante
la sessione finale del Concilio Vaticano Secondo, ebbe luogo un evento
che lasciò una grande impressione su tutti i presenti. Il Patriarca
Atenagora di Costantinopoli e Papa Paolo VI annunciarono simultaneamente
la mutua sollevazione delle scomuniche e il proclama di inefficacia degli
anatemi lanciati tra le loro sedi nel 1054. A Roma il fatto ebbe luogo
nel modo seguente: Il papa sedeva sul suo trono nella Basilica di San Pietro.
Il primo cardinale lesse, per conto del papa, un'epistola da lui mandata
al Patriarca Atenagora, in cui esprimeva il suo rammarico per le offese
alla Chiesa di Costantinopoli da parte dei legati papali. Con profondo
rammarico per l'accaduto "tutte le scomuniche e gli anatemi posti dai legati
sul Patriarca Michele Cerulario e sulla Santa Chiesa di Costantinopoli,
le dichiariamo nulle e vuote."
Poco
prima un'epistola del Patriarca Atenagora rivolta a Papa Paolo VI, in francese,
fu letta a tutto il popolo: in essa la Chiesa di Costantinopoli diceva
che tutte le scomuniche e gli anatemi posti sulla "nostra sorella, la Santa
Chiesa di Roma, sono dichiariate nulle e vuote."
In
seguito, dopo la lettura di entrambe le epistole, Il Metropolita Melitone,
presidente della conferenza dei vescovi ortodossi di Rodi e primo rappresentante
del Patriarca Atenagora, si avvicinò al papa. Era vestito in una
mantia regale dorata, e scortato da due arcidiaconi. Quando fu letta l'epistola
papale, il papa si alzò dal suo trono, srotolò la propria
epistola manoscritta, abbellita in caratteri d'oro come si conviene a parole
dorate, e la mostrò al popolo. Quindi la arrotolò e la diede
al Metropolita Melitone. Quando il metropolita accettò il manoscritto,
baciando la mano del papa, il papa abbracciò il metropolita scambiando
con lui il bacio di pace. Il metropolita ci volgeva le spalle, e pertanto
non fummo in grado di vedere l'espressione del suo volto. Il papa era di
fronte a noi, e in quel momento il suo volto era così radioso da
poter essere giustamente definito il volto di un angelo. È difficile
riportare quella gioia, quell'eccitazione che in quel momento colse le
migliaia di presenti. Molti piangevano, tutti applaudivano come fanno gli
italiani, e alcuni, caduti in ginocchio, elevavano le mani al cielo come
espressione di profonda gratitudine a Dio per un tale momento. Quando il
metropolita ritornò al proprio posto, il suo percorso fu accompagnato
da ovazioni che, devo dire, erano ancor più forti di quelle che
accompagnavano il papa. Molti, in lacrime, si volsero a me in quanto rappresentante
della Chiesa Ortodossa dicendo che se il Concilio Vaticano fosse stato
convocato solo per questo singolo momento, sarebbe valso tutti gli sforzi
e i mezzi spesi. Tutti sentimmo di essere stati presenti a uno dei momenti
più notevoli, belli e commoventi della storia. E io notai, senza
osare affermarlo, un segno speciale della benedizione di Dio. Forse fu
solo un fenomeno naturale, ma era inverno, la fine di dicembre. Faceva
freddo ed era molto nuvoloso. Ma nel momento stesso in cui il papa consegnò
la sua epistola al Metropolitana Melitone, un brillante raggio di sole
irruppe attraverso la vetrata laterale della basilica e illuminò
il papa e il metropolita.
La
Chiesa Russa all'Estero non riconobbe l'atto del Patriarca Atenagora, ritenendo
che il patriarca dovesse essere obbligato a compiere un atto simile solo
con il consenso di tutte le Chiese Ortodosse, visto che la questione dello
scisma tra le chiese occidentale e orientale riguarda tutte le Chiese Ortodosse.
Non è solo una relazione personale tra il papa e il patriarca di
Costantinopoli. Noi, gli osservatori della Chiesa Russa all'Estero, ricevemmo
una direttiva telefonica dalle nostre autorità ecclesiastiche di
non presenziare alla cerimonia del mutuo sollevamento degli anatemi tra
le Chiese di Costantinopoli e di Roma. Ma dopo esserci consultati tra noi,
percepimmo che una simile dimostrazione sarebbe stata dannosa per la nostra
Chiesa, che rappresentavamo con onore. La nostra dimostrazione non sarebbe
stata notata. Che significato avrebbe avuto l'assenza di tre individui
di fronte a una massa di decine di migliaia?
Tuttavia,
sentimmo che il mutuo sollevamento degli anatemi, per quanto fosse un gesto
bello e nobile, non aggiungeva nulla in sostanza alle relazioni tra gli
ortodossi e la Chiesa di Roma, poiché anche prima del Concilio Vaticano
le relazioni tra le chiese erano nettamente migliorate. Il Concilio Vaticano
non fece che rafforzarle, così che mutuo sollevamento degli anatemi
fu un progresso naturale di queste relazioni migliorate tra le Chiese.
Se solo un simile mutuo sollevamento degli anatemi fosse accaduto nel 1054
o poco dopo, quando c'era ancora un'unità di fede e dogmi tra la
chiesa occidentale e orientale, questo avrebbe portato unità nella
Chiesa e, senza dubbio, il destino del mondo sarebbe stato differente.
Appendice
2
In
uno dei suoi decreti il Concilio Vaticano ritenne possibile e perfino desiderabile
che cattolici romani che si trovassero al di fuori della prossimità
di una chiesa cattolica, potessero ricevere i santi sacramenti, inclusa
la Santa Comunione, da chiese ortodosse nelle loro vicinanze. Solo il Patriarcato
di Mosca rispose a tale decreto e annunciò una decisione favorevole
ai cattolici, permettendo loro di ricevere la Comunione in Chiese Ortodosse
dove non erano presenti chiese cattoliche romane. Questa decisione fu accettata
dal Sinodo Patriarcale il 16 Dicembre 1969, e fu pure confermato in un
tempo successivo. Si veda il Journal of the Moscow Patriarchate
in inglese, 1983, No 4, p. 76.
Appendice
3
Poco
tempo prima del Concilio Vaticano, un prete polacco che parlava bene il
russo mi raccontò, con grande trasporto, la sua esperienza. Era
stato esiliato in Siberia dalle autorità sovietiche. Quindi, durante
la Seconda Guerra Mondiale, un contingente polacco fu organizzato come
parte dell'Ottava Armata britannico. I polacchi rilasciati dai campi sovietici
iniziarono a organizzare i propri offici divini. Ma non avevano paramenti,
né vasi sacri. Iniziarono a fare paramenti con tela di sacco, quindi
fu detto loro di parlare al vescovo ortodosso locale. Quando i preti polacchi
arrivarono, il vescovo russo li accolse con calore, dicendo di essere proprio
in grado di aiutarli. Diede ai cattolici romani paramenti, vasi sacri e
altri oggetti ecclesiastici. Tali oggetti erano giunti al vescovo in questa
maniera. Quando ebbe inizio la distruzione delle chiese nell'Unione Sovietica,
il vescovo cattolico romano locale istruì il suo clero di portare
tutti gli oggetti della chiesa al vescovo ortodosso locale, dicendo, "Forse
la Chiesa Ortodossa riuscirà a sopravvivere, ma noi cattolici non
abbiamo probabilità. Così, lasciate che il vescovo ortodosso
tenga tutti i nostri oggetti, e quando ne avrà l'opportunità
ce li restituirà." Il vescovo ortodosso, restituendoci tutti gli
oggetti, disse di essere pieno di gioia nel vedere il giorno della restituzione
ai loro proprietari. Va da sé che questo prete polacco divenne un
amico della Chiesa Ortodossa.
Riporterò
pure una piccola esperienza che io stesso ho avuto. Nel 1952, avevo una
parrocchia in Inghilterra, a Bradford. In questa città industriale
c'erano molti rifugiati che avevano le proprie chiese: russi, polacchi,
ucraini e altri. C'era una folta comunità di ucraini della Galizia,
che erano uniati. Mi fu detto che erano molto ostili a noi russi. Una notte,
ebbi una chiamata dall'ospedale locale, che mi avvisava che una donna "della
vostra religione" era in punto di morte. Prendendo i Santi Doni mi affrettai
verso l'ospedale. La notte non era solo scura, ma una spessa nebbia copriva
ogni cosa. Si riusciva a stento a camminare da un lampione all'altro. Giunsi
all'ospedale e fui portato al reparto dove la donna seriamente malata giaceva
in una tenda a ossigeno. Qui seppi che non era ortodossa, ma uniata della
Galizia. Suo marito era seduto al suo fianco, e piangeva. Gli dissi che
non era ortodossa, ma apparteneva alla fede cattolica romana. Era urgente
che fosse chiamato un prete cattolico romano. Allo stesso tempo assicurai
il marito che non avrei permesso che morisse senza Comunione, e se
il prete cattolico non fosse arrivato o non fosse giunto in tempo, le avrei
dato io stesso la comunione. Il prete cattolico arrivò presto. Era
inglese e non conosceva il russo o l'ucraino. Offrii il mio aiuto, e chiesi
alla malata se si pentiva dei propri peccati e voleva ricevere la Comunione.
Ella rispose, "Sì, Padre" nel suo accento ucraino. Tradussi le parole
al prete, che le diede la Comunione. Andai all'ospedale alcuni giorni più
tardi, e fui molto contento di vedere che la donna stava rapidamente riprendendosi,
e che era felice di vedermi. In seguito, mentre camminavo per strada di
fronte a un club di galiziani, fui piacevolmente sorpreso quando tutti
coloro che erano al di fuori dell'edificio si tolsero il cappello salutando
me, un prete russo, con calore. Ne parlai al nostro grande ierarca, l'Arcivescovo
John [Maksimovich] e gli dissi che avrei dato la Comunione alla donna morente
anche se era uniata. In seguito, sarei stato disposto ad accettare qualsiasi
punizione che Santa Chiesa vi avrebbe voluto dare. La risposta dell'Arcivescovo
John fu degna della sua santità e amore per le persone: "Non
ti sarebbe stata data alcuna punizione."
Appendice
4
Quando
ero a Sydney, in Australia, nel 1956, fui chiamato al capezzale di un neonato
morente. Il bimbo era in un'incubatrice. Infilai la mano nell'apertura
dell'incubatrice e aspersi l'infante per tre volte con acqua santa, pronunciando
la formula del battesimo. Ebbi anche il tempo di ungerlo con il Crisma.
Come potremmo parlare di qualsiasi tipo di immersione?
Quando
servivo come prete in uno dei villaggi di Srem, nel 1949, ebbi l'occasione
di battezzare un bambino portato nella mia chiesa. L'inverno era molto
severo. La chiesa non era riscaldata tutti eravamo rivestiti di cappotti
e tremavamo per il freddo. Il bimbo era ben avvolto in panni, solo la testa
era visibile. Come avrei dovuto battezzarlo? Il prete anziano, ex-rettore
della parrocchia, mi disse di aspergerlo per tre volte con acqua santa
usando un rametto di basilico, dicendo: "Il servo di Dio (....) è
battezzato nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito. Amen." Questo
è quanto feci, ed è la sola cosa che si sarebbe potuta fare.