Ecclesialità (tserkovnost') è il nome del porto dove trova quiete l'ansia del cuore, dove si piegano le pretese del raziocinio, dove una grande pace scende sulla ragione. Non importa se né io né alcun altro ha potuto, può, potrà definire che cosa sia l'ecclesialità. Non importa se coloro che tentano di definirla si contestano a vicenda e ne respingono le varie formulazioni. Questa stessa indefinibilità, questa inafferrabilità attraverso i termini razionali, questa ineffabilità non dimostrano forse che l'ecclesialità è vita, una vita speciale, nuova, data agli uomini, e al pari di ogni vita, inaccessibile al raziocinio? La diversità di opinioni nel definirla, i vari possibili tentativi di fissarla a parole partendo da diverse angolazioni, la policromia delle formule verbali tutte incomplete e sempre insufficienti ci confermano con l'esperienza ciò che disse l'Apostolo: la Chiesa è il corpo di Cristo, "la pienezza (to pleroma) di Lui che riempie tutto in tutte le cose" (Ef. 1,23) Se è pienezza di vita divina, come si può confinarla nella stretta tomba di una definizione razionale? Sarebbe ridicolo credere che questa impossibilità sia in qualche modo una testimonianza contro l'esistenza dell'ecclesialità, anzi è proprio essa che la fonda. L'ecclesialità è anteriore alle proprie manifestazioni particolari, essendo l'elemento primordiale, divino-umano, dal quale, per così dire, si condensano e si cristallizzano nel corso storico dell'umanità ecclesiale i riti sacramentali, le formulazioni dogmatiche, le regole canoniche e in parte perfino la confermazione transeunte, temporale dell'ordinamento ecclesiastico. A questa pienezza allude in primo luogo la profezia dell'Apostolo: "E' necessario infatti che vi siano delle divisioni in mezzo a voi" (1 Cor. 11,9), divisioni nella comprensione dell'ecclesialità. E tuttavia chi non si allontana dalla Chiesa accoglie in sé la sua vita e l'elemento primordiale, che è l'ecclesialità, e ben saprà che cosa essa è.
Dove non c'è vita spirituale è necessario qualcosa di esteriore che assicuri l'ecclesialità. Per il cattolico sono segno di ecclesialità un certo ufficio (il papa) o un sistema di uffici (le gerarchie). Per il protestante il criterio è invece una certa formula confessionale (un simbolo) o un sistema di formule (il testo della Scrittura). In fin dei conti per gli uni e per gli altri è decisivo un concetto: un concetto ecclesiastico-giuridico per i cattolici, ecclesiastico-scientifico per i protestanti. Divenuto criterio supremo, il concetto per ciò stesso rende superflua ogni manifestazione di vita. Anzi, siccome non c'è vita commisurabile a un concetto, ogni moto vitale inevitabilmente trascende i confini tracciati dal concetto e appare quindi dannoso, intollerabile. Per il cattolicesimo (evidentemente parlo qui del cattolicesimo e del protestantesimo, al limite, nei loro principi) ogni manifestazione autonoma di vita è anticanonica, mentre per il protestantesimo è antiscientifica. Nell'uno e nell'altro caso il concetto falcidia la vita che si è anticipatamente rifiutata in nome del concetto. Di solito si nega che il cattolicesimo abbia la libertà, che invece si attribuisce decisamente al protestantesimo, ma in ambedue i casi ci si sbaglia. Anche il cattolicesimo riconosce la libertà, purché determinata in precedenza, mentre ritiene illecito tutto ciò che trascende i limiti prefissati; anche il protestantesimo ammette la coazione, purché entro il corso previsto dal suo razionalismo, e condanna come antiscientifico tutto ciò che lo trascende. Se nel cattolicesimo c'è il fanatismo della canonicità, nel protestantesimo il fanatismo per la scienza non è da meno.
Il carattere indefinibilie dell'ecclesialità ortodossa, ripeto, è la miglior prova della sua validità. Da noi non c'è una carica ecclesiastica di cui si possa dire che "assomma in se stessa l'ecclesialità", perché, tra l'altro, in tal caso, a che pro tutte le altre funzioni e attività nella Chiesa? Non possiamo nemmeno indicare una formula, un libro da proporre come la pienezza della vita ecclesiale, perché, se esistesse, a che pro tutti gli altri libri e formule, tutte le altre attività della Chiesa? Non esiste il concetto dell'ecclesialità, ma esiste l'ecclesialità stessa e per ogni membro vivo della Chiesa la vita ecclesiale è la cosa più certa e percepibile che egli conosca. Questa vita ecclesiale è attinta solo dalla vita, non dall'astrazione e dal raziocino. Se poi si devono applicarle dei concetti, i più appropriati saranno quelli biologici ed estetici, non quelli giuridici e archeologici. Che cos'è l'ecclesialità? E' una vita nuova, la vita nello Spirito. Perché esiste una particolare bellezza spirituale, inafferrabile con le formule logiche, ma, allo stesso tempo, unico metodo giusto per definire che cosa è ortodosso e che cosa non lo è. Gli specialisti di questa bellezza sono gli starcy spirituali: i maestri dell'"arte delle arti" che è l'ascetica, secondo le parole dei santi padri. Gli starcy spirituali "han fatto la mano", per così dire, nello scoprire la qualità della vita spirituale. Il gusto ortodosso, il volto ortodosso si sente e non sottostà al calcolo aritmetico: l'Ortodossia si mostra, non si dimostra. Ecco perché c'è un solo metodo per chi desidera capire l'Ortodossia: l'esperienza ortodossa diretta. Raccontano che attualmente in Occidente si impara a nuotare in palestra, sdraiati sul pavimento; allo stesso modo si può diventare cattolici o protestanti sui libri, senza contatti con la vita, nel proprio studio. Per diventare ortodossi, invece, bisogna immergersi di colpo nell'elemento ortodosso, vivere dell'Ortodossia. Non esistono altri metodi.
Padre Pavel Florenskij,
La Colonna e il Fondamento della Verità