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IL MOMENTO DELLA CATECHESI:   IO CREDO 1

 

DUE PICCOLE PAROLE:   “ lO CREDO ”

 

Sono due piccole parole, ma due parole che decidono di tutta la nostra vita, giacché chi sono io? da dove vengo e dove vado? Posso credere, cioè aver fiducia? In chi riporre questa fiducia? Fidarsi o aver paura? Non abbiamo forse buoni motivi per dubitare?

Già i bambini fin da piccoli cominciano a fare domande: Che cos’è? Perché? A che scopo?

I genitori stessi non sanno spesso come davvero rispondere e avvertono che molte cose, finora ovvie, in realtà non lo sono.

Durante l’adolescenza si comincia a scoprire il proprio io. Allora si mette in questione il mondo degli adulti e si protesta. E molti genitori si sentono messi in questione dalla critica dei loro figli che crescono. Così si arriva al cambiamento delle generazioni.

Ogni generazione ha la sua maniera di vedere le cose e sviluppa uno stile di vita. Ci si domanda, allora: che cosa è valido per tutti?

 

CHI SONO?

 

Io sono un mistero.

Mi alzo al mattino e mi accorgo di essere l’inquilino esclusivo di un corpo complesso, sensibile e quanto mai utile. Sono pure fiero di possedere un cervello complicato, ricco di fantasia e di risorse. Tutto ciò che si riferisce a me è unico: il mio volto, le mie impronte digitali, il mio “io”.

Sono vivo. Mi sviluppo. Cresco. Fanno così anche i vegetali, ma io sono qualcosa di più di un vegetale: i vegetali non si innamorano, non leggono i giornali, non vanno in vacanza...

Ho un corpo dotato di un cervello; sono un animale. Ma sono più di un animale: gli animali non guardano nei telescopi, non si mandano cartoline per i compleanni, non giocano a scacchi, non fanno cucina...

I chimici mi dicono che sono composto per la maggior parte di acqua e che contengo una certa quantità di carbonio, di calcio e di sali.

I biologi mi catalogano come Homo sapiens, una specie della sottofamiglia degli Ominidi, dell’ordine dei Primati...

 

DOVE SONO?

 

Gli astronomi mi dicono che sono un puntino sulla superficie di un pianeta di grandezza media che gira attorno ad un astro di mezza età. Questo astro, “il nostro” sole, non è altro che uno delle migliaia di milioni e milioni di astri di un universo che conta circa diciassettemila milioni di anni. Mi sento piccolo. Mi sento solo.

 

CHE SENSO HA LA VITA?

 

Questa domanda si pone in modo diverso per ogni essere umano. Può partire dalla ricerca della felicità, oppure dall’esperienza del dolore proprio o altrui, oppure dalla presenza della morte...

Le nostre risposte non sono mai esaurienti. L’uomo alla fine rimane per se stesso una domanda, un profondo mistero. Questa è la sua grandezza e la sua miseria: la sua grandezza perché la domanda circa se stesso distingue l’uomo dalle cose morte che semplicemente esistono, come pure dagli animali, che con i loro istinti restano solidamente inseriti e adattati al loro ambiente. Costituisce la dignità dell’uomo che è consapevole di se stesso e libero di dare una direzione alla sua vita. Questa grandezza è al tempo stesso il peso di essere uomini; per l’uomo la vita non è soltanto un dono, ma un compito: egli stesso la deve plasmare. L’essere uomini è quindi un cammino verso l’aperto, l’incommensurabile.

Noi possiamo reprimere la domanda sul senso della vita, sfuggirla o abolirla, lasciarla senza risposta.

Molte sono le possibilità di fuga: nel lavoro, nel consumismo, nella sessualità, nel divertimento, nell’alcool e nella droga, o addirittura in forme di spiritualità stordenti. Ma in questo modo noi inganniamo noi stessi. Ritorna ovunque sempre la domanda del catechismo, vecchia e tuttavia sempre nuova:

A che scopo siamo sulla terra?

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