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IL MOMENTO DELLA CATECHESI: IO CREDO   18

 

Gesù ha scelto gli apostoli e i discepoli perché facessero esperienza di Lui e diventassero testimoni. Anche oggi Gesù ci propone di diventare suoi discepoli.

 

ESSERE DISCEPOLI NON E’ FACILE

 

“Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, sua moglie e i suoi figli, i suoi fratelli e le sue sorelle, sì, perfino la sua stessa vita, non può essere mio discepolo” (Lc. 14,26)

Al tempo di Gesù, gli ebrei avevano uno strano modo di esprimere l’intensità dell’affetto che provavano per una persona. invece di dire: “Ti amo più di quanto non ami lui” dicevano: “Amo te e odio lui”. Questo era un modo particolare con cui gli ebrei esprimevano la loro preferenza, ma non significava letteralmente che odiassero l’altra persona. Dunque quando Gesù disse che bisogna odiare la propria famiglia, non voleva essere preso alla lettera! intendeva dire che il nostro amore per lui doveva essere così in cima alla scala delle nostre priorità, che persino l’amore verso i più vicini doveva sembrare odio in confronto.

Questo non significa che dobbiamo rinunciare alle amicizie e cominciare a odiare i nostri familiari. Significa semplicemente che, se vi dovesse mai essere un’incompatibilità di fedeltà, il nostro impegno a seguire Gesù deve sempre venire per primo.

“Se mi amate osserverete i miei comandamenti” (Gv. 14,15) L’amore si dimostra sempre nella pratica. Se diciamo d’amare qualcuno, ma non dimostriamo mai questo amore facendo le cose che quella persona apprezza, allora il nostro non è per niente amore.

Se amiamo sinceramente Gesù, non possiamo non avere il desiderio di fare ciò che gli piace.

Oggigiorno la parola obbedienza ha sfumature piuttosto negative. Può essere facile pensare che Gesù sia una specie di dittatore che vuole portarci via la nostra libertà e obbligarci a obbedire. Gesù non è nulla di tutto questo e senz’altro non è così che ha trattato i primi discepoli. Vuole che ce la caviamo da soli e impariamo per conto nostro cosa significa seguirlo.

 

“Se qualcuno vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc. 9,23)

Gesù non nasconde il fatto che seguirlo sia difficile.

i discepoli da tempo pensavano che Gesù li stesse conducendo a un sicuro successo e a un grande trionfo in qualità di seguaci del nuovo dominatore di Israele. Invece ora egli parlava cupamente di “portare la croce”. Chi portava la croce non era certo invidiato. Era un criminale condannato a morte che si avviava al patibolo. Cosa intendeva Gesù dicendo questo?

Se vogliamo seguire Gesù in tutto e per tutto, dobbiamo seguirlo anche nel portare la croce. Gesù era pronto a rinunciare ai suoi diritti e privilegi, anche alla sua stessa vita, affinché gli altri ricevessero la vita eterna. Quindi quando Gesù parlava di portare la croce, intendeva dire che anche noi dobbiamo rinunciare a un modo di vivere incentrato sulle nostre esigenze. Dobbiamo invece vivere come lui: servendo Dio e anteponendo le necessità degli altri alle nostre.

 

QUALI LE CONSEGUENZE DELL’ESSERE DISCEPOLI?

 

 - “Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”. (Matteo 5,14-16)

Questo non significa che dobbiamo andare in giro vantandoci del nostro comportamento. Ma seguendo Gesù nel nostro modo di vivere, ci porremmo in luce naturalmente per contrasto con la società che ci circonda. Il modo in cui viviamo aiuterà gli altri a scoprire la via che porta a Dio.

 

 - “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?

A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. (Mt 5,13)

Il sale era estremamente importante nel mondo mediterraneo. I romani avevano questo proverbio sul sale: “Nulla è più utile del sole e del sale”. Il sale era utile specialmente come conservante: una necessità vitale in paesi torridi come Israele. Era usato per evitare che la carne marcisse, come da noi prima dell’avvento della refrigerazione. Quindi quando Gesù descriveva i suoi discepoli come “il sale della terra”, intendeva dire che i cristiani fungono da conservante di tutto ciò che di buono c’è in una società. Un cristiano deve essere una persona che rende difficile al prossimo essere malvagio e rende facile fare il bene.

Ma il sale ha un’altra apprezzabile qualità: esalta il gusto del cibo. Come il sale, i cristiani dovrebbero offrire un miglioramento della qualità della vita a coloro che li circondano. Benché non possediamo tutte le soluzioni alle difficoltà della vita, dovremmo essere in grado di portare pace e speranza a chi è confuso e disperato, e mostrare con il nostro modo di essere l’attrattiva di Dio, attraverso la compassione, il sorriso e apprezzando tutto quello che Dio ci ha dato. Dovremmo anche essere una sfida a coloro che deliberatamente compiono il male.

Le parole di Gesù a proposito del sale contengono anche un avvertimento. Se il sale perde le sue caratteristiche uniche, allora è del tutto inutile e sarà gettato via. Gesù intendeva dire che coloro che non compiono il lavoro che Dio ha affidato loro nel mondo, saranno parimenti inutili a lui.

 

ESSERE DISCEPOLI E’ UN VIAGGIO

 

Seguire Gesù significa essere in viaggio. All’inizio di questo viaggio, saremo ben lontani dall’essere perfetti seguaci di Gesù Cristo.

Gesù non si aspetta che arriviamo a destinazione subito dopo la partenza.

Come un viaggio, seguire Gesù è una cosa che prende tempo.

Facciamo errori, prendiamo le svolte sbagliate, ma se siamo decisi a seguirlo cresceremo e matureremo. Come Gesù è stato paziente con l’insicurezza dei primi discepoli, così è paziente oggi con noi. Ci chiede di essere disposti a seguirlo ovunque ci guidi.

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