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IL MOMENTO DELLA CATECHESI: IO CREDO    36

 

IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA

 

Noi siamo esseri fragili, esposti a peccare, minacciati dalla malattia e dalla morte. Quando un battezzato ha peccato, la Chiesa gli propone il quarto sacramento che ha diversi nomi:

 

E’ chiamato sacramento della conversione perché realizza sacramentalmente l’appello di Gesù alla conversione, il cammino di ritorno al Padre da cui ci si è allontanati con il peccato.

 

E’ chiamato sacramento della Penitenza poiché consacra un cammino personale ed ecclesiale di conversione, di pentimento e di soddisfazione del cristiano peccatore.

 

E’ chiamato sacramento della Confessione poiché l’accusa, la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento.

 

E’ chiamato sacramento del perdono poiché attraverso l’assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente “il perdono e la pace”.

 

E’ chiamato sacramento della riconciliazione perché dona al peccatore l’amore di Dio che riconcilia: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor. 5,20).

Alcuni autori passati lo hanno chiamato con il nome di “secondo battesimo”. Altri oggi, lo caratterizzano come il sacramento del recupero del Battesimo tradito, trascurato o dimenticato. Dice il catechismo degli adulti: “Il Padre che ci ha reso figli nel Battesimo, resta fedele al suo amore quando per il peccato ci separiamo da Lui. Nella confessione la stessa grazia del Battesimo si rinnova per un nuovo e più ricco inserimento nel mistero di Cristo e della Chiesa”.

 

Ma la Confessione è stata proprio voluta così da Gesù?

Per accogliere il Regno annunciato da Gesù bisogna convertirsi, credere al Vangelo, lasciare le opere del male. Gesù con i peccatori è sempre accogliente, disponibile, perdona e dice: “Va’ e non peccare più”. L’incontro con Lui crea cambiamento di vita, riparazione del male commesso (pensiamo a Zaccheo). Gesù ha incaricato gli apostoli di perdonare in nome suo. Il sacramento della Penitenza si è manifestato nella storia della Chiesa in forme diverse e oggi si realizza attraverso l’incontro con il sacerdote che, ascoltando la nostra richiesta di perdono, a nome di Dio, ci dà la garanzia del suo perdono.

Ecco come il catechismo universale sintetizza questo sacramento:

 

Il cammino di ritorno a Dio, chiamato conversione e pentimento implica un dolore e una repulsione per i peccati commessi e il fermo proposito di non peccare più in avvenire. La conversione riguarda dunque il passato e il futuro; essa si nutre della speranza nella misericordia divina.

 

Il sacramento della penitenza è costituito dall’insieme dei tre atti compiuti dal penitente e  dall’assoluzione da parte del sacerdote. Gli atti del penitente sono:

il pentimento,

la confessione o manifestazione dei peccati al sacerdote,

e il proposito di compiere la soddisfazione e le opere di soddisfazione.

 

Colui che vuole ottenere la riconciliazione con Dio e con la Chiesa, deve confessare al sacerdote tutti i peccati gravi che ancora non ha confessato e di cui si ricorda dopo aver accuratamente esaminato la propria coscienza. Sebbene non sia in sé necessaria, la confessione delle colpe veniali è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa.

 

Soltanto i sacerdoti che hanno ricevuto dall’autorità della Chiesa la facoltà di assolvere possono perdonare i peccati in nome di Cristo. Gli effetti spirituali del sacramento della Penitenza sono:

la riconciliazione con Dio mediante la quale il penitente recupera la grazia la riconciliazione con la Chiesa

la remissione della pena eterna meritata a causa dei peccati mortali

la remissione, almeno in parte, delle pene temporali, conseguenze del peccato

la pace e la serenità della coscienza e la consolazione spirituale

l’accrescimento delle forze spirituali per il combattimento cristiano.

 

Due domande pratiche:

“Andrei a confessarmi, ma non so che cosa dire”.

Il problema è importante perché o non abbiamo effettivamente motivo di andarci a confessare (e quindi ci riteniamo già “giusti”), oppure non abbiamo un corretto senso del bene e del male. Può anche darsi che uno non abbia effettivamente delle colpe esterne ben individuabili contro la legge di Dio ma, se ci penso bene ci sono in me certe tendenze all’orgoglio, all’avarizia, alla lussuria, alla pigrizia che vanno combattute. E poi, chi di noi può dire di non avere dei peccati di omissione?

 

“Quando devo confessarmi?”

Non è questione di scadenze! La confessione non è il pacchetto degli alimentari su cui è scritto: “da consumarsi entro il ...“. Ecco alcuni suggerimenti:

 

Non confessarti se non ci hai pensato seriamente, se non senti il bisogno di cambiare vita, se non hai fatto un buon esame di coscienza che riguardi il passato e che ti impegni per il futuro.

Cerca un dialogo serio e approfondito con il sacerdote. Non ridurre la confessione alla lista della spesa. Possibilmente non andare a confessarti nei momenti in cui c'è la “fila lunga”. E’ anche cosa buona avere un sacerdote che ti conosca nel tuo cammino, potrà aiutarti di più. Non vivere la confessione con la preoccupazione del “dire tutto” ma con il desiderio di andare a fondo almeno su qualche punto centrale della tua vita. Ricordati che confessarsi non è tanto dire: “Signore, quanto sono cattivo”, ma dire: “Signore, quanto sei buono!”. Non è tanto dire: “Signore, ho sbagliato”, ma proclamare: “Signore, il tuo amore è più forte di tutto, è più grande di tutti i miei sbagli”.

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