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PIER DAMIANI

 

Santo,Vescovo e Dottore memoria liturgica al 21 Febbraio

 

Nacque a Ravenna nel 1007. La sua infanzia fu travagliata a causa della morte dei genitori anche se trovò nella sorella Rosalinda una seconda madre e nel fratello Damiano un sostegno nel suo avviamento allo studio. Iniziò la sua attività come professore ma ben presto la abbandonò per una scelta di vita cristiana più perfetta la cui ricerca era a lungo maturata nel suo cuore. Entrò nell’eremo di Fonte Avellana (allora assai modesto) verso l’anno 1035. La sua personalità s’impose subito nel piccolo gruppo di eremiti che vivevano su quello sperduto ridosso del Catria, ma fu richiesto anche da altre comunità come oratore: dall’abbazia di S. Maria di Pomposa, nelle vicinanze di Ferrara, e dal monastero di S. Vincenzo di Petra Pertusa tra le gole del Furlo e, quando tornò al suo eremo di Fonte Avellana, vi fu eletto priore verso il 1043. Dal suo priorato ha origine il mirabile fiorire di questo eremo.

Pier Damiani è, dunque, innanzi tutto, un santo monaco, maestro di vita religiosa e soprattutto di vita eremitica, confondatore di una Congregazione religiosa e formulatore di una dottrina dell’eremo, detta di S. Colombano, che è rimasta poi classica. Le sue opere, specialmente quelle dirette ai monaci, sono piene di tali concetti: il monastero è una preparazione all’eremo, cui tutti i monaci dovrebbero tendere, come alla più alta forma di vita religiosa. Non desiderava che solitudine e preghiera, solitudine e meditazione. Ma non si poteva restare nelle celle solitarie, quando la Chiesa era minacciata e divisa. Fu nella sua vita consigliere di diversi papi cercando di aiutarli a riformare una Chiesa afflitta da eresie, da scostumatezza e dalla simonia. La simonia consisteva soprattutto nel commercio delle cariche ecclesiastiche, che venivano conferite non liberamente, ma dietro compensi materiali, come, nella vita civile, venivano conferite le investiture feudali. Questo fatto, profondamente immo­rale, poneva la gerarchia ecclesiastica sotto il controllo e l’arbitrio dei potenti e dei ricchi. Spesso gli stessi pontefici venivano imposti da famiglie potenti, oltre che dagli Imperatori. A volte veniva eletto magari con la forza, un Papa diverso da quello legittimo, cioè un antipapa. Ne seguivano dolorosi scismi, cioè separazioni, tra i fedeli dell’uno e i partigiani dell’altro. A questi mali Pier Damiani oppose non solo le sue preghiere e i suoi scritti, ma tutta la sua azione di riformatore e di moralista. Chiamato prima dal vescovo di Ravenna, poi dal Papa stesso, non poté restare a lungo nella solitudine del monastero di Fonte Avellana.Fu vicino soprattutto a quell’lldebrando che, divenuto Papa col nome di Gregorio VII, doveva coronare l’opera di riforma e chiudere la cosiddetta “lotta delle investiture”. Fu inviato a Magonza per impedire il divorzio dell’Imperatore di Germania Enrico IV; in Francia, per difendere i monaci della famosa Abbazia di Cluny. Esortò a prendere il velo l'Imperatrice Agnese, abbandonata dal marito. Fu eletto Vescovo e nominato Cardinale. Ma Pier Damiani non desiderava altro che la pace del suo quieto monastero umbro dove, appena poteva, ritornava semplice monaco, rinunziando a tutte le dignità e da dove ripartiva obbediente non appena si richiedeva il suo aiuto. L’ultima volta, già vecchio, venne inviato a pacificare la sua città natale, Ravenna, divisa dai seguaci di un antipapa. Compita la missione, lasciata la città, nel 1072, la malattia lo fermò a Faenza, dove ancora si venera il suo corpo. Ed entrò così in quella pace a lunga desiderata nella solitudine della sua cella.

 

 

 

PREGHIAMO COME CI SUGGERISCE LA LITURGIA DEL SANTO

Dio onnipotente, che in San Pier Damiani ci hai dato un maestro  e un modello di vita interamente votata al tuo servizio nella Santa Chiesa, fa’ che non anteponiamo nulla all’amore di Cristo e camminiamo verso di te nella luce del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

 

PREGHIERA DI S. PIER DAMIANI

Porgimi la mano, o Signore Iddio mio, e traimi dall’abisso profondo delle mie iniquità. Ricordati, o Signore Gesù Cristo, che non con oro o con argento mi riscattasti, ma a prezzo del tuo sangue. Signore pietosissimo, mi lascerai tu dunque cadere in mano del demonio, con la tunica di rigenerazione che mi donasti, coI vessillo di santa croce che mi imprimesti in fronte, e bruciare con quelle tue insegne nell’incendio eterno? Ma poiché la mia preghiera proferita con le labbra immonde non merita di salire fino a te, io mi rivolgo alla tua beatissima Madre.  Supplico te, o Santa Vergine Maria, tempio vivo di Dio, dimora del Re eterno, sacrario dello Spirito Santo, benedetta fra le donne!  Tu sei quel campo dove germogliò quell’unico e singolare giglio che fece sbocciare intorno a sé ogni fiore di virtù; tu sei la terra celeste che diede il suo frutto, tu la materia onde la Sapienza fabbricò il tempio del suo corpo. Te lo Spirito Santo riempì, te in modo ineffabile adombrò la virtù dell’Altissimo. Porgi tu le mie preghiere al Figlio tuo, che è il tuo Creatore: anzi tu prega, tu scongiura per me. I tuoi voti non possono non essere accolti, come non sono mai disprezzate le tue preghiere al cospetto di Dio. Io so, o Signore, che non merito di calpestare le sacre soglie della tua chiesa né di sollevare al cielo i miei occhi infelici: sono indegno di pronunciare il tuo nome benedetto con queste mie labbra contaminate; ma venga, te ne supplico, nell’anima mia il tuo Spirito e purifichi tutte queste brutture. Vieni, o Signore Gesù, vieni ad abitare in me, o dolce ospite. Consacrami tutto e fammi tuo tempio, poiché tu sei il mio Signore e il mio Dio: tu che col Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

 

UN RACCONTO DI PIER DAMIANI: PREGHIERE... A LETTO

Un fratello del nostro monastero di Cluny, uomo di grande santità, andava una volta per questa strada. Ad un certo punto si vide venire incontro un angelo, che gli disse questo proverbio: « Preghiera di capezzale, poco costa e poco vale! » Il monaco ebbe paura e chiedendosi il significato si volse verso l’angelo, ma questo era già sparito. Egli allora, ripensando, si ricordò che la sera prima, ritornato stanco, si era buttato sul letto e li aveva recitato Compieta, che è la preghiera della sera dei monaci. Sarà vero questo fatto? Dio solo lo sa, ma il suo insegnamento è buono.

 

UN EPISODIO DELL’INFANZIA DI PIER DAMIANI

Un fanciullo vispo e grazioso trovò per via una moneta d’argento. Povero ed orfano, com’era, era ricoverato per carità da un fratello che lo trattava poco bene. Al luccicare della moneta, una gioia ineffabile inonda il suo cuore e, frattanto va facendo mille castelli in aria. «Come impiegherò questa moneta?», si domandava. Seduto sopra un sasso, si guardava intorno: le vesti erano rattoppate e sdrucite, le scarpe rotte. E il pane? Una lacrima gli cade dagli occhi, pensando che anche il pane gli mancava. Quanti bisogni! A quale dare la preferenza?. Ed ecco che passa, da lì, un sacerdote. A quella vista, il giovanetto si ricorda del babbo, della mamma che non ha più: gli occhi si gonfiano di lacrime. Prende una ri­soluzione e, con la moneta in mano, corre dal sacerdote: «Prendete», gli dice. «Fatemi la carità di celebrare una Messa per i miei poveri morti». Da quel giorno, protetto dalle anime sante del Purgatorio, vide cambiarsi la sua vita. Lo raccoglie un altro fratello e lo fa studiare. Quel fanciullo, di ingegno acuto e indole buona, cresce nella scienza e nella pietà: si fa, poi, religioso, diventa un grande dottore, vescovo, cardinale, santo...Quel fanciullo era, è, san Pier Damiani.

 

INTORNO ALL’ALTARE C’È TUTTA LA CHIESA!

C’è tra gli scritti di san Pier Damiani (1007-1072), vescovo e dottore della Chiesa, già monaco camaldolese, un libretto intitolato: «Dominus vobiscum». Fu originato da un fatto preciso: un amico eremita, che diceva sempre la Messa da solo, ha chiesto al grande maestro Pier Damiani se doveva dire il ‘Signore sia con voi’ dal momento che non c’era nessuno da salutare, nessuno che rispondesse. In sintesi Pier Damiani risponde: Non è vero che non c’è nessuno intorno al tuo altare solitario, perché intorno ad esso c’è tutta la Chiesa, sparsa dall’Oriente all’Occidente, in modo invisibile ma reale.

 

 

DALLE “LETTERE”  DI SAN PIER DAMIANI, VESCOVO

 

Mi hai pregato, o carissimo, che ti mandassi per iscritto parole di consolazione e addolcissi il tuo animo amareggiato per i flagelli che sopporti. Ma se la considerazione della tua prudenza non si è affievolita, la consolazione l'hai a portata di mano, dal momento che le parole stesse mostrano senza alcun dubbio che tu, per acquistare l’eredità celeste, sei divinamente istruito come un figlio. Che cosa e di più chiaro di quanto è detto: O figlio, accostandoti a servire Dio, sta’ saldo nella giustizia e nel timore e prepara la tua anima alla tentazione? (cfr. Sir 2, 1-2). Dove c’è timore e giustizia, la tentazione di qualsiasi avversità non è una tortura da schiavi, ma piuttosto una correzione paterna. Perciò anche il beato Giobbe, trovandosi tra gli stessi flagelli delle percosse, dice: Colui che ha cominciato, egli stesso mi stritoli, sciolga la sua mano e mi abbatta (cfr. Gb 6, 9 volg.), aggiunge ancora: Avrei invero ancora una consolazione, che mi affligga col dolore senza risparmiarmi (cfr. Gb 6, 10). Per gli eletti di Dio, infatti, lo stesso castigo divino è una grande consolazione, perché attraverso i flagelli di un momento, che sopportano, avanzano a grandi passi nella ferma speranza di conquistare la gloria della beatitudine celeste. Per questo l’orefice batte l’oro con il martello per renderlo più puro dalle scorie. Per questo la lima raschia con insistenza, perché la naturale lucentezza del metallo appaia più chiaramente. La fiamma saggia i vasi del vasaio, mentre la tribolazione saggia gli uomini giusti (cfr. Sir 27, 5 volg.). Perciò anche il. beato Giacomo dice: «Considerate perfetta letizia, fratelli, quando subite ogni sorta di prove » (Gc 1, 2). A buon diritto devono gioire coloro ai quali viene sì data un’afflizione temporanea quaggiù per il male compiuto, ma sono serbati premi eterni in cielo per le opere buone. Perciò, carissimo e dolcissimo fratello, mentre sei circondato di colpi, mentre sei castigato da per­cosse e dalla correzione di Dio, non disperar in cuor tuo, non ti sfugga il lamento della mormorazione. L’amarezza della mestizia non ti avvolga completa­mente, la pusillanimità non ti renda nervoso. Regni sempre la serenità sul tuo volto e la gioia nel tuo animo, e risuoni sulla tua bocca il ringraziamento. Bisogna lodare infatti il disegno divino che col­pisce momentaneamente i suoi allo scopo di sottrarli ai flagelli eterni. Deprime per elevare, taglia per guarire, atterra per sollevare. Pertanto, o carissimo, irrobustisci il tuo animo alla pazienza con queste ed altre testimonianze della Sacra Scrittura ed aspetta lietamente la gioia dopo la tristezza. La speranza ti innalzi alla felicità, la carità accenda il tuo fervore, perché la mente, piena di queste realtà, dimentichi ciò che soffre esteriormente, si rianimi e si immedesimi in ciò che contempla interiormente.

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