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VINCENZO  FERRER

 

Santo, Sacerdote memoria liturgica al 5 Aprile

 

Nella immensa schiera di santi e sante che la Chiesa ci propone ci sono alcune figure che pur non lasciandoci dubbi sulla loro santità confermata da miracoli e dalla parola della Chiesa, ci sembrano un po’ troppo figlie del loro tempo. Vedere ad esempio la raffigurazione di S. Vincenzo Ferrer definito come l’Angelo dell’Apocalisse e predicatore dell’ultimo giudizio con attorno una schiera di flagellanti (si parla di diecimila persone che lo seguivano in certi momenti delle sue predicazioni imponendosi cilici e flagellandosi) ci sembra una realtà lontana e secondo un superficiale giudizio della storia, una realtà “medievale” che fonda la fede soprattutto sulla paura. Teniamo presente che ognuno di noi e figlio del suo tempo ma che al di là delle sottolineature tipiche di educazioni, di età, di luoghi dove uno è vissuto, noi riusciamo sempre a vedere nella vita dei santi, anche quelli a noi meno vicini come mentalità, l’incarnazione concreta del Signore nel tempo, un Signore che al di là delle caratteristiche delle persone e del tempo ci richiama alla sua salvezza. Vincenzo nacque a Valenza nel 1350. Nel 1367 entrò nel convento domenicano della sua città. Studiò in Spagna e in Francia dove apprese la teologia e lo studio della Sacra Scrittura. Fu insegnante ricercato e presto fu anche chiesto il suo intervento come arbitro di liti e come consigliere delle corporazioni pubbliche e dell’alta nobiltà. Visse in un’epoca in cui la chiesa era divisa tra papi ed antipapi. Lo scisma, provocato dall’elezione dell’antipapa Clemente VII (20 settembre 1378), turbò la Chiesa intera. Anche grandi santi, in buona fede, si trovarono disorientati, tra essi S. Vincenzo che segui l’antipapa di Avignone. Il 28 settembre 1394 Pietro di Luna suo amico successe a Clemente VII con il nome di Benedetto XIII e dopo la morte di Juan I di Aragona (maggio 1395) chiamò Vincenzo ad Avignone, costituendolo cappellano domestico e confessore, penitenziere apostolico e maestro del sacro palazzo. Ma Vincenzo, che cominciava a dissentire da Benedetto XIII, nel 1398 lasciò il palazzo papale e si ritirò nel convento domenicano di Avignone, soffrendo molto quando l’antipapa prese le armi e la città papale fu stretta d’assedio. Ammalatosi gravemente, Vincenzo era giunto in fin di vita, quando il 3 Ottobre 1398 ebbe una visione che fu decisiva per la sua missione. Il Redentore, apparsogli con S. Domenico e S. Francesco, lo guarì e gli diede l'incarico di evangelizzare il mondo. Un anno dopo (22 novembre 1399) lasciata Avignone, iniziò la sua missione di apostolo pellegrinante. Resta difficile seguirlo in tutte le sue peregrinazioni; si adoperò però in ogni modo per raggiungere l’unità della Chiesa. Tra il 1401 e il 1403 evangelizzò il Delfinato, la Savoia, il Piemonte e le Valli delle Alpi combattendo gli errori dei catari e dei valdesi. Nel Monferrato diresse la beata Margherita di Savoia e ad Alessandria s’intrattenne con il giovane Bernardino da Siena, il quale alcuni mesi dopo divenne francescano (8 settembre 1402). Dalla Svizzera passo a Lione nel. 1404 e predicò, con grande successo. Nel 1414, assieme a Ferdinando I, cercò di convincere l’antipapa Benedetto XIII a dimettersi, come avevano già fatto Gregorio XII di Roma e l’antipapa Giovanni XXIII di Pisa. Riuscito vano il tentativo, lasciata Morella, con il cuore amareggiato, si diresse verso Saragozza, percorse poi la Catalogna e a Barcellona si imbarcò per Nizza. Intanto a Costanza si era riunito il concilio per eleggere il nuovo papa. Attese invano le dimissioni di Pietro di Luna, lo stesso imperatore Sigismondo si recò a Perpignano, dove si trovavano anche re Ferdinando e Vincenzo. Dopo un mese e mezzo di inutili trattative, l’imperatore ritornò a Costanza, mentre Vincenzo negli ultimi giorni si ammalò gravemente e al medico, che Benedetto XIII gli aveva inviato, rispose che non sperava la salute dai rimedi umani e che il prossimo giovedì avrebbe predicato. Sebbene il medico gli avesse dato solo pochi istanti di vita, Vincenzo, completamente guarito, il 7 novembre 1415 ritornò sul pulpito, pronunciando davanti a Benedetto, cardinali, principi, ambasciatori e migliaia di fedeli il famoso discorso: “Ossa secche, ascoltate la Parola di Dio”. Parlò della gravissima necessità dell’unità della Chiesa; condannò le resistenze inutili, orgogliose ed egoiste, con chiare allusioni alla morte, alla fugacità della vita, al giudizio di Dio. Benedetto VIII non reagì, rimase irremovibile, e poco dopo partì precipitosamente per il suo rifugio di Peniscola. Il 6 gennaio 1416 Vincenzo lesse in pubblico l’atto di sottrazione di obbedienza redatto da Ferdinando I. Vincenzo ritornò in Catalogna per riprendere la sua predicazione e nella primavera intraprese l’ulti­ma sua missione apostolica in Francia. Il 18 marzo 1418 giunse a Vannes accolto trionfalmente da autorità e popolo, guarì molti ammalati, vi predicò sino al martedì di Pasqua e poi evangelizzò il resto della Bretagna. Predicò a Nantes una parte dell’avvento del 1418 e a Vannes parte della Quaresima del 1419, che dovette sospendere perché stremato di forze e ammalato. Sopraggiunta una forte febbre, si spense a Vannes il 5 aprile 1419.

 

La vita del santo Vincenzo Ferrer ci ispira:

— una preghiera più intensa per la Chiesa e per la sua unione interna, nell’affettuosa e filiale obbedienza al successore di Pietro;

— una rinnovata adesione a questa Chiesa di cui siamo parte con una maggior decisione nel presentarne il vero volto;

— un opportuno richiamo della grande verità tanto spesso dimenticata ai nostri giorni (per non dire disprezzata): sarà la nostra stessa vita a giudicarci quando arriverà l’ora della resa dei conti.

 

Nel suo trattato: “Sulla vita spirituale” S. Vincenzo Ferrer ci dà un esempio del suo modo di insegnare ai sacerdoti circa il modo di predicare: “Nelle prediche e nelle esortazioni usa un linguaggio semplice e una conversazione familiare per spiegare i doveri particolari. Insisti sugli esempi quanto più puoi, perché qualsiasi peccatore che ha commesso un determinato peccato si senta scosso come se tu predicassi per lui solo. Parla in modo tale che le parole non sembrino provenire da un animo superbo ed indignato, ma piuttosto da sentimenti di carità e di pietà paterna. Comportati come un padre che si duole dei figli traviati, o che soffre per una loro grave infermità. Procedi come chi cerca di tirar fuori e liberare da una fossa profonda coloro che vi si trovano e curali come una madre. Trattali insomma come uno che gode del loro progresso e spera di portarli alla gloria del paradiso. Tale atteggiamento suole essere proficuo agli ascoltatori, mentre un discorso generico sulle virtù e sui vizi tocca poco gli ascoltatori. Così pure nelle confessioni, sia che tu conforti con dolcezza i pusillanimi, sia che incuta terrore agli incalliti nel male, mostra sempre sentimenti di carità perché il peccatore capisca che le tue parole derivano da un sincero amore. Le parole caritatevoli e dolci siano sempre preferite a quelle che pungono. Tu, dunque, che desideri essere utile alle anime del prossimo, per prima cosa ricorri a Dio con tutto il cuore e chiedi a lui con semplicità questa grazia, che si degni di infondere in te quella carità, che è la perfezione delle virtù, e per mezzo della quale tu possa compiere ciò che desideri.

 

«BEVI L’ACQUA DI SAN VINCENZO!»

Una volta, si recò da san Vincenzo Ferrer una donna che si lamentava del marito sempre così irascibile e di malumore da rendere insopportabile la convivenza. Chiese a Vincenzo un consiglio per riportare la pace in famiglia. “Va’ al convento»», disse il santo, “e di’ al guardiano di darti un po’ dell’acqua della fontana. Quando tuo marito tornerà a casa, prendine un sorso, però non inghiottirla, tienila in bocca e vedrai che miracoli farà!”. La donna fece come il santo le aveva detto. La sera, quando il marito tornò a casa, nervoso come al solito, la donna prese un sorso di quell’acqua miracolosa e serrò le labbra. E veramente accadde il miracolo: dopo pochi minuti il marito si azzittì e, così, la tempesta in famiglia passò. Anche nei giorni successivi, la donna ricorse a questo rimedio e tutte le volte l’acqua provocò lo stesso effetto miracoloso. Il marito non era più di malumore, anzi, era tornato come una volta: le mormorava parole tenere e affettuose e la lodava per la sua pazienza e la sua dolcezza. La donna era così felice di questo cambiamento del marito che corse dal santo per riferirgli del miracolo operato da quell’acqua speciale. “Non è stata l’acqua della fontana a provocare questo miracolo”, disse san Vincenzo Ferrer sorridendo, “ma soltanto il tuo silenzio. Prima le tue continue obiezioni facevano infuriare tuo marito; il tuo silenzio, invece, lo ha reso di nuovo tenero e affettuoso”. Ancora oggi in Spagna esiste il modo di dire: “Bevi l’acqua di san Vincenzo!»». Chissà che effetto farebbe se anche noi, ogni tanto, ne prendessimo qualche sorso!

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