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BERNARDETTE SOUBIROUS

 

Santa, memoria liturgica al 16 Aprile

 

Bernardetta era nata il 7 gennaio 1844 nel mulino di Boly. Fu accolta con tanta gioia, perché era la primogenita di una coppia di sposi felici, Francesco Soubirous e Luisa Casterot. Una sera del novembre 1844, la madre di Bernardetta è vicina al fuoco. D’improvviso la candela di resina, appoggiata sul ripiano del camino, le cade addosso. I vestiti le si incendiano, I seni ustionati perdono il latte. Bernardetta deve essere data a balia a Bartrès a Maria Lagues alla quale è appena morto un bambino. Rimarrà con lei fino all’età di due anni, poi tornerà a Lourdes. Soubirous: una famiglia sfortunata La famiglia di Bernardetta dovette affrontare molte difficoltà. Francesco, mentre “batte” le macine con il martello per renderle rugose, a un tratto lancia un grido: una scheggia gli ha colpito l’occhio sinistro. L’occhio è perso. Francesco e Luisa sono in breve ridotti in miseria. Hanno troppo buon cuore. Ai creditori dicono di “pagare quando potranno”, anticipano la farina “fino al prossimo raccolto”, offrono frittelle e vino ai clienti che aspettano la farina, si scordano dei conti. Infine si trovano con l’acqua alla gola: pieni di debiti, che non sanno come pagare. Devono lasciare il mulino e trasferirsi in casa Laborde, Francesco si adatta a fare il bracciante per sfamare i quattro figli. Perché nel frattempo sono nati Antonietta nel 1846, Giovanni Maria nel 1851 e Giustino il 28 febbraio 1855. Anche Luisa si presta a lavori, come fare il bucato e le pulizie nelle case dei benestanti, o lavorare nei campi, portandosi dietro il piccolo Giustino, che allatta, per esempio, nelle pause della mietitura. Per di più scoppia il colera. Anche Bernardetta ne è colpita. Sopravvive, ma le resta una tremenda asma che la porterà molte volte in fin di vita. Muore, invece, la nonna Clara lasciando 900 franchi di eredità ai Soubirous, che affittano un mulino a quattro chilometri da Lourdes. Francesco è analfabeta, il contratto è tutto un imbroglio; egli se ne accorgerà solo alla scadenza dell’anno, quando deve pagare una cifra enorme di affitto. Non ha i soldi e deve andarsene. Per avere in casa una “bocca in meno da sfamare”, i Soubirous si rassegnano ad affidare Bernardetta alla zia Bernarda e poi di nuovo alla balia Maria Laques di Bartrès. Bernardetta aiuta la zia in casa e nell’osteria. Fa la bambinaia ai cuginetti, rammenda, cuce, serve i clienti dell’osteria, che le vogliono molto bene per la sua generosità quando serve il vino con il misurino al banco. Intanto la sua famiglia è stata sfrattata anche dall’ultimo poverissimo alloggio. I Soubirous riparano, grazie al buon cuore del cugino Sayous, nella stanza più orribile del paese: il Cachot. La parola “Cachot” significa guardina, cella, gattabuia, prigione, carcere. E’ una stanza scura e piccola: misura 4,40 per 3,72. Ha due finestre, la porta, il camino, il lavabo. E’ camera, cucina, soggiorno. Lì vengono messi i due letti “per sei persone!”, il tavolo, le due sedie, i tre sgabelli, una piccola credenza e la valigia con dentro tutto: vestiti, biancheria, lenzuola, cucchiai e scodelle che spesso restano vuote perché c’è la carestia. Nel Cachot la fame è di casa e... arriva anche il disonore: il 27 marzo 1857. due gendarmi vengono ad arrestare Francesco Soubirous. E’ accusato di aver rubato due sacchi di farina. L’accusa è infondata ma Francesco non uscirà di prigione che il 4 Aprile. Così Francesco, cieco da un occhio è segnato a dito come “ladro” e “beone”. Intanto Bernardette, lasciata l’osteria, dal settembre 1857 fa la bambinaia e la pastora a Bartrés. Ha quattordici anni e non sa né leggere e né scrivere e non ha ancora fatto la Prima Comunione! E’ piccola di statura, nessuno le darebbe i quattordici anni che ha. Il 17 gennaio 1858 Bernardette ritorna a Lourdes per rimanervi. Nel Cachot c’è la miseria, l’umidità, la puzza di un letamaio vicino ma ci sono anche sua madre, suo padre deluso e cieco da un occhio, e i fratellini di cui ella è responsabile come primogenita.

 

LA PRIMA APPARIZIONE

L’11 febbraio 1858 era il giovedì grasso. Giornata d’inverno, fredda, umida e nebbiosa. Il fuoco in casa spento. Manca la legna. Nel Cachot si gela. Francesco, sdraiato sul letto si ripara dal freddo, vestito, sotto le coperte. Niente lavoro per lui oggi. Nel camino la pentola con le cipolle sta sulla cenere nel fuoco spento. Bernardette tornata dalla scuola del catechismo, si offre di andare a cercare legna nei boschi con la sorella Antonietta e l’amica Gianna Abbadie, detta Baloum, ragazza alta e dai modi bruschi. La madre di Bernardette insiste perché lei si metta le calze e il cappuccio per non ricadere in qualche attacco di asma. Le ragazze escono di casa. Arrivano davanti a Massabielle (il masso vecchio), una roccia scoscesa con in basso un buco, la grotta. Una delle tante in quella zona, ai piedi dei Pirenei. Gianna e Antonietta buttano gli zoccoli oltre il piccolo torrente e attraversano di corsa l’acqua, alzandosi le gonne e strillando, perché l’acqua è così fredda! Bernardette resta sola. Chiede che l’aiutino a buttare sassi nel torrente per poterlo passare. Le altre due le dicono di arrangiarsi e si inoltrano nel bosco in cerca di legna. Bernardette si siede su una pietra in riva al ruscello e comincia a togliersi zoccoli e calze. Si è appena tolta la prima calza, che sente un rumore nell’aria, come un colpo di vento. Alza gli occhi e si guarda attorno, I pioppi sono immobili con i loro rami spogli. Si china per togliersi la seconda calza. Di nuovo lo stesso rumore, come una folata più forte di vento. Ma adesso, ecco, alcuni rami si agitano: quelli del rosaio selvatico, vicino alla grotta. E là, nel foro della roccia, una luce dolce, un sorriso, una meravigliosa giovane signora vestita di bianco. Bernardette la guarda incantata. Non sa cosa fare. Appena riesce a riprendersi si stropiccia più volte gli occhi, credendo di sognare. Ma la visione e sempre là, sorridente. Allora misi la mano in tasca, è Bernardette stessa che racconta, e tirai fuori il mio rosario. Volevo farmi il segno della croce..  ma non riuscivo a portare la mano alla fronte. li braccio mi cadeva giù. Allora mi sentii turbata. La mano mi tremava. La visione fece lentamente il segno della croce. Allora riprovai anch’io. Ci riuscii e dileguò la paura che provavo prima. Mi misi in ginocchio e recitai il rosario alla presenza di quella bella giovane signora. La visione faceva scorrere i grani della sua corona, senza muovere le labbra. Finito il rosario, mi fece cenno di avvicinarmi. Ma io non me la sentii. Allora, d’improvviso, sparì”. Bernardette si ritrova tutta sola. Si sente diversa e lo sarà per sempre. Con uno struggente segreto di gioia dentro. Reagendo a se stessa, si risiede sul masso. Un piede ha la calza ancora tirata giù fino alla caviglia. Se la toglie, mentre sopraggiungono la sorella e l’amica. Attraversa di corsa il torrente con gli zoccoli e le calze in mano. “Burlone che siete! L’acqua non è per niente fredda come dicevate. E’ tiepida come quella per lavare i piatti... Le due la guardano stupite. Hanno portato una gran provvista di legna. Bernardette le aiuta a farne tre fascine. Prende la più grossa lei e via, di corsa, su per il sentiero che sale vicino alla grotta attraverso il bosco. Arrivata in cima torna giù ad aiutare le amiche. D’improvviso si ferma sul sentiero e chiede a bruciapelo: “Non avete visto niente?” “Dove? No. E tu che cosa hai visto?” Gianna, allontanandosi aveva notato Bernardette inginocchiarsi e aveva commentato con Antonietta: “E’ pazza a pregare là. Basta pregare in chiesa”. Ora aggiunge piccata, rivolta ad Antonietta: “Ma non ha visto niente! Invece non ha voluto raccogliere la legna! Vedrai come la sgriderà la mamma!”. Ma Antonietta insiste curiosa e la sorella, infine, racconta che ha visto una bella signora, giovane, vestita di bianco, con un rosario d’oro e una fascia azzurra ai fianchi, che le sorrideva nella grotta. La sorella si indispettisce e, con un ramo tirato fuori dalla sua fascina, colpisce Bernardette: ‘Che stupidaggini!...” “Ma è vero...” protesta con calma Bernardette, riparandosi dalle staffilate. Dopo pranzo mamma Luisa vuole pettinare le due figlie. Cominciando da Antonietta, che mugugna la madre le chiede: “Perché fai così? Che cosa hai?”. Antonietta vuota il sacco: “Bernardette ha visto una bella signora vestita di bianco nella grotta di Massabielle...” “Oh povera me!”, esclama mamma Luisa.” Dopo tanti guai ci vuole anche questa!” Chiama Bernardette che le racconta tutto. La mamma sgrida le due sorelle, il papà dice: “Bambine, non dateci dei dispiaceri anche voi...” “Bisogna pregare!”, conclude la mamma, e pensa che l’anima di qualche parente sia venuta a chiedere preghiere. Bernardette ha promesso, a capo chino, a papà e mamma di non tornare più a Massabielle. Ma domenica 14 febbraio non ne può più. E ci torna. Ecco come andarono le cose, secondo il racconto della stessa Bernardette. “Vi ritornai, perché mi sentivo spinta dentro. Mia madre mi aveva proibito di andarci. Ma dopo la messa solenne io e le due mie compagne andammo a domandarle il permesso. Essa non voleva perché aveva paura che io cadessi nell’acqua e mi ammalassi. Temeva che non si tornasse in tempo per i vespri. Ma quando glielo promisi, mi lasciò partire. Andai però prima alla chiesa parrocchiale a prendere una bottiglietta di acqua benedetta per gettarla alla visione.., se io l’avessi vista. Arrivate alla grotta ciascuna di noi prese la corona e ci mettemmo in ginocchio per recitare il rosario. Avevo appena recitata la prima decina, quando vidi la stessa signora. Allora mi misi a gettarle addosso l’acqua benedetta dicendole: "Se lei viene da parte di Dio, resti. Se no se ne vada!". E continuavo a gettargliene. Allora ella si inchinò e sorrise. E più gliene gettavo e più sorrideva e piegava il capo.” Le compagne però non vedono niente. Anzi si spaventano nel constatare che Bernardette è diventata pallida, come morta. La toccano. Non risponde. Cercano di smuoverla, di trascinarla via. Niente da fare. Chiamano un giovanottone di 28 anni che accorre. Ma anche lui fa fatica a portare Bernardette. Arriva trafelata anche mamma Luisa. Intanto Bernardette si è svegliata. Mamma Luisa prende la figlia per un braccio e la trascina via dai curiosi, verso casa. E lungo la via le ripete: “Basta, non devi andare più a Massabielle. Mai più!”. Il martedì, la sarta Antonietta Peyret parla di questi fatti ad una ricca vedova, la signora Millet, che ha la passione per gli spiriti. Secondo lei, a Massabielle appare un’anima del purgatorio. Mercoledì sera madame Millet e la sarta vanno al Cachot. Chiedono a mamma Luisa di lasciare andare Bernardette con loro alla grotta l’indomani. A malincuore, ella acconsente, ricattata dal bisogno di non perdere il lavoro presso la ricca vedova che tal­volta la chiama a giornata per le pulizie e il bucato. Così giovedì mattina, dopo la messa, Bernardette torna alla grotta con madame Millet, la signorina Peyret, che si è provveduta di carta, penna e calamaio. Arrivati recitano il rosario. Bernardette esclama: “C’è!”, e cade in estasi. Ma la signorina Antonietta le allunga carta, penna e calamaio, perché la visione scriva il suo nome e i suoi desideri. “Signora vorrebbe avere la bontà di scrivere il suo nome?” dice Bernardette alla visione, porgendo in su carta, penna e calamaio. La signora sorride e dando del “lei” a Bernardette le dice in dialetto: “Non è necessario. Vorrebbe farmi la grazia di venire qui per quindici giorni?” “Sì” mormora Bernardette. E aggiunge: “Con il permesso dei miei genitori.” Dice la signora: “Non le prometto di farla felice in questo mondo, ma nell‘altro.” Si eleva e scompare come dissolvendosi. Quella sera vi fu grande discussione sull’opportunità di lasciare o no ritornare Bernardette alla grotta ma infine fu deciso che l’indomani per tempo si sarebbe ritornati, e che sarebbe venuta anche mamma Luisa. Si diffonde la notizia. Un gruppetto di otto donne va alla grotta di buon’ora con ceri accesi. Alla terza “Ave Maria” Bernardette è già in estasi. La signora le sorride in modo incantevole. Saluta con il capo, in silenzio. Sabato 20 febbraio fa un gran freddo. Una trentina di persone attorniano Bernardette che accende il suo primo cero alla grotta. La corona in una mano e il cero nell’altra, ella va subito in estasi e cambia più volte espressione mormorando dei lunghi ‘‘si . La signora le insegna una preghiera da recitare tutti i giorni e le rivela alcuni segreti. Domenica 21 febbraio un centinaio di persone circondano Bernardette alla grotta. Tra essi c’è anche il comandante della gendarmeria di Tarbes e il medico di Lourdes dottor Dozous, che vuol controllare se Bernardette è un’isterica o un’allucinata. Egli nota molte cose: per esempio che, pur essendo in estasi, ella si accorge che il vento le spegne il cero e lo allunga ai vicini per farlo riaccendere. Il medico controlla il polso e il respiro della veggente trovandoli regolari. Nulla indica in lei una sovraeccitazione nervosa, ma a un tratto Bernardette si avvicina alla grotta, perde il suo aspetto sereno e due grosse lacrime le rigano il volto. Ritornata in sé, risponde al dottore che le chiede il perché di quelle lacrime: “La signora ha guardato lontano sopra la mia testa, è diventata triste, triste e mi ha detto: Preghi per i peccatori”. “E chi sono, secondo te, i peccatori?” “Quelli che amano il peccato.”

 

LE PRIME OPPOSIZIONI

Domenica dopo il vespro il commissario Jacomet porta Bernardette nel suo ufficio e la interroga:

“Allora Bernardette tu vedi la Santa Vergine?” “lo non dico di aver visto la Santa Vergine.” “Ah, bene. Allora non hai visto niente.” “Sì, che ho visto!” il commissario si fa raccontare tutto da principio. E davanti alla incredulità del commissario Bernardette replica convinta della sua visione. Il commissario inserisce varie aggiunte nel rileggere il verbale ma Bernardette insiste sulla sua prima versione. L’indomani è ancora buio e già un centinaio di persone è in attesa alla grotta con ceri e lanterne. Alle cinque e mezza Bernardette è sulla strada: “Appena giunta, Bernardette si inginocchiò, racconta uno dei presenti, estrasse la corona e salutò profondamente... Alzò verso la rupe uno sguardo interrogativo… i suoi occhi si illuminarono, divennero sfavillanti... spontaneamente, noi uomini presenti, ci togliemmo il cappello e ci inchinammo, guardando la roccia e guardando la veggente... Non vedevamo né udivamo nulla, ma quello che potevamo capire era che un colloquio si svolgeva tra la signora misteriosa e la fanciulla che avevamo sotto gli occhi. Prima sorridente e poi seria, Bernardette approvava con il capo o sembrava interrogare... Bernardette riferirà che Maria le confidò tre segreti che lei non rivelerà mai a nessuno.

Mercoledì 24 la gente aumenta; più di 400 persone sono inginocchiate intorno a Bernardette. Dirà che la signora è scesa più vicina e le ha ripetuto per tre volte: “Penitenza! Penitenza! Penitenza!” E’ il primo messaggio della signora: “Pregate per i peccatori. Baciate la terra in penitenza per i peccatori Giovedì 25 febbraio: è la giornata più sconcertante. La gente venuta in gran numero se ne andrà scuotendo la testa. Bernardette si è trascinata sui ginocchi fin dentro la grotta, poi si è diretta al fiume, poi è rimasta incerta, infine si è messa a scavare, a succhiare e sputare manate di fango impiastricciandosi la faccia in modo ridicolo. Per ultimo ha strappato e ingoiato anche manciate d’erba... A chi le chiederà spiegazione di quelle stranezze risponderà dicendo: “La signora mi ha detto: vada a bere e a lavarsi alla fontana. Non vedendo nessuna fontana, mi sono diretta verso il fiume. Ma lei mi ha detto di no e mi ha indicato il luogo. Vi sono andata, ma c’era soltanto un poco d’acqua sporca. Allora ho cercato di scavare. L’acqua veniva, ma molto sporca. L'ho gettata via per tre volte, e alla quarta ho potuto berne un poco. Ella mi ha pure detto: vada a mangiare quell’erba che troverà là. L'ho presa e l'ho mangiata.Verso sera, intanto, la piccola pozzanghera scavata con le mani di Bernardette, è già una sorgente di acqua pura. Gianna Montat riempie la prima bottiglia e la porta a suo padre malato. Un’altra bottiglia è portata al figlio dell’esattore, che da domani non porterà più la benda sull’occhio malato: è guarito. Venerdì 26 febbraio: la delusione dei fedeli aumenta: la nicchia è vuota per tutti anche per Bernardette. Ma sabato mattina ecco di nuovo la visione e continuano le “stranezze” di Bernardette: bacia la terra, perché la signora le ha comandato: “Vada a baciare la terra in segno di penitenza per i peccatori E le ha dato anche un messaggio: “Vada a dire ai sacerdoti che facciano costruire qui una cappella.” Bernardette con timore andrà dal suo parroco ripetendo le parole della signora ma il reverendo Peyramale l’interrompe bruscamente chiedendo come si chiama la signora. “Non lo sa? Cerchi di saperlo e se crede di aver diritto a una cappella, che lo dimostri “facendo fiorire subito il rosaio sotto la nicchia”. Bernardette dice che riferirà e torna a casa. Domenica 28 febbraio Bernardette riesce ad arrivare alla grotta soltanto grazie all’aiuto di una guardia campestre facendosi largo tra una folla di quasi duemila persone. Anche questa volta Bernardette e i presenti baceranno la terra “per i peccatori”. All’apparizione di lunedì 1 marzo sarà presente anche il papà di Bernardette. Martedì 2 marzo la signora dice a Bernardette: “Vada a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione”. Bernardette andrà in canonica a riferire ma il parroco caccerà  Bernardette. Mercoledì 3 marzo Bernardette andrà ancora in canonica perché la signora le ha ripetuto di volere la cappella. “Le hai chiesto il suo nome?” “Sì, ma non me lo ha detto. Sorride soltanto”. “Ti prende in giro... e i soldi per la cappella li hai? No, vero? e nemmeno io. Dì alla signora che li procuri e che faccia fiorire il rosaio!”

Giovedì 4 marzo è l’ultimo dei quindici appuntamenti sollecitati dalla signora. Alla terza “Ave Maria” Bernardette è in estasi, infine se ne va senza dire una parola. “E’ finita” pensa. Tre settimane dopo Bernardette si sveglia di soprassalto al mattino prestissimo: Papà! Mamma! “Che c’è?” “Devo andare subito alla grotta, mi aspetta là!” Non sono ancora le cinque di giovedì 25 marzo. La voce si sparge subito. La gente arriva a Massabielle quando Bernardette è già in piena estasi. La signora sorride a Bernardette e quando alla quarta volta essa le chiede quale sia il suo nome, dopo aver abbassato le braccia, alza gli occhi al cielo e poi ricongiungendo le mani sul petto dice:

 

“lO SONO L’ IMMACOLATA CONCEZIONE.”

“Sono le ultime parole che ella mi disse” confesserà poi Bernardette.

Bernardette ritorna in sé, cerca di ripetersi le parole che ha sentito, andrà subito a dirle al parroco. Il parroco comprenderà il significato di queste parole anche se resterà ancora molto perplesso. Dodici giorni dopo, Bernardette è di nuovo alla grotta, prima dell’alba. Tra i presenti c’è anche il dottor Dozous. Si avvicina a fatica e osserva il fenomeno della fiamma della candela che, chiusa nelle mani di Bernardette per proteggerla dal vento, non la brucia né le scotta nemmeno la pelle. Dopo l’apparizione egli esamina attentamente le mani di Bernardette senza trovarvi la minima bruciatura. Allora avvicina un’altra candela accesa alle mani della ragazza, che protesta scostandosi: “Mi bruciate!” Anche il dottore è conquistato. Dopo questi fatti Bernardette si nasconde. Riparata presso l’ospizio di Lourdes, è tutta impegnata ad imparare il catechismo per fare la Prima Comunione che riceve finalmente il 3 luglio 1858. Lo stesso giorno avviene il primo miracolo con l’acqua della sorgente di Massabielle: un bambino di cinque anni, affetto da paralisi spinale, sotto gli occhi del medico è immerso sotto il getto dell’acqua gelida: “AsciugatoIo e rivestitolo, lo adagiamo per terra: immediatamente egli si alzò da solo e si diresse camminando spedito verso il padre e la madre” dice la relazione del medico. Tre mesi dopo l’ultimo incontro. Bernardette è in chiesa, a vespro. E’ la festa della Madonna del Carmelo. D’un tratto ella sente l’impulso incontenibile di andare alla grotta. Esce di corsa. La seguono alcune donne e gente sempre più numerosa. Eccola sul prato, oltre il fiume, come la prima volta. Bernardette dirà: “Così bella non l’avevo vista mai!”.

 

 

I DIFETTI DI UNA PICCOLA GRANDE SANTA

Qualche volta siamo abituati a pensare ai santi come a grandi personaggi pieni di virtù che fecero grandissime cose. Bernardette ci dimostra la semplicità e il contrario e ci dimostra che con i propri difetti si può diventare santi, diceva: “Vorrei che si dicessero anche i difetti dei santi e ciò che hanno fatto per correggersi. Questo servirebbe molto di più che non i loro miracoli e le loro estasi”. Bernardette riconosceva lealmente di essere testarda. Era piccola di statura e soffriva per questo. Ma il suo senso dell’ humor prevaleva e ci sapeva scherzare su. Non era affatto diplomatica con gli artisti o con gli amici: diceva il suo parere anche quando era scomodo. Ad esempio quando le presentarono la statua dell’Immacolata essa disse: “E’ brutta”. Le piaceva l’allegria, il gioco, gli scherzi, le battute di spirito, la conversazione amichevole, lo stare in famiglia. Era attaccatissima al padre e ai suoi, le costò moltissimo lasciarli e soffrì in modo indicibile per la morte del padre. Imparò a leggere e a scrivere ma era per lei un tormento scrivere. Amava il nascondimento. Nel 1861 una bambina di 10 anni le faceva ripetizione di scuola. Guardando dalla finestra videro in giardino delle belle fragole mature, ma c’era la proibizione di andare nell’orto. Che fare? “Butto i miei zoccoli dalla finestra. Tu vai a riprenderli e porti anche le fragole” disse Bernardette. E così fecero. Era umile. Quando riceveva un umiliazione o veniva rimproverata ingiustamente, Bernardette non riusciva sempre a nascondere lo sforzo di accettare volentieri la prova. Diceva a chi le chiedeva che cos’era successo: “Ho appena ricevuto un confetto”. “Di che tipo?” “Ah, è affare mio.” E ritornava subito la serenità. Non riuscì a nascondere il disappunto per il fanatismo dei curiosi e dei visitatori, per l’insistenza di vescovi, scrittori e fotografi. Ma, appena se ne rendeva conto, buttava via il broncio e sorrideva “con gli occhi”, facendo buon viso a cattiva sorte. Scherzava perfino sulla sua infermità: “Sono capace soltanto di fare la malata... ma resisto al dolore come.., i gatti! Sarebbe un vero peccato soffrire e sprecarne il frutto...” Ricordando le parole della visione “Non le prometto di farla felice in questo mondo ma nell’altro”, come si trattasse di una garanzia, diceva: “La Santa Vergine non ha mentito! La prima parte si sta verificando a fondo. Tra poco... speriamo nella seconda.”. Ma diceva anche: “Non credevo si facesse tanta fatica a morire...” Bernardette non era attaccata a niente e aveva un vero ribrezzo per il denaro. Partendo da Lourdes per andare a Nevers a farsi suora donò tutto quello che aveva ad amici e parenti. Però soffriva a veder sprecare l’acqua, il pane. Si considerava fortunata di essere povera perché, diceva, “I poveri sono gli amici di Dio”. Nel servizio ai poveri e ai malati scoprì la sua vocazione. Rifiutò sempre il denaro, da tutti. Lo accettava solo per obbedienza, ma con sofferenza. Un giorno il suo fratellino Giustino aveva ricevuto un Luigi d’oro da una signora per la quale era andato a prendere una bottiglia d’acqua alla sorgente. Bernardette se ne accorse e gli mollò un tal ceffone, da mandarlo a gambe all’aria. E lui dovette, naturalmente, correre dietro alla signora per ridarle la moneta d’oro. Nelle sue lettere ai parenti da suora, Bernardette raccomandò sempre di non arricchirsi, di non accettare denaro, fino all’ultimo pregò Dio “perché non diventino ricchi”. Era felice quando poteva vivere nel nascondimento. Creò per sè questa parabola: “Cosa si fa di una scopa quando si è finito di scopare? Si mette in un angolo, dietro alla porta. Ebbene, io sono servita come il manico della scopa alla Santa Vergine.. Quando Lei non ha più avuto bisogno di me mi ha rimesso al mio posto, dietro alla porta. Ci sono e ci resto!” E sorrideva tutta felice.

 

LA VITA IMPEGNATA SU QUATTRO FRONTI: LAVORO, CASA, STUDIO E VISITATORI

Dopo   le apparizioni non ebbe vita facile. Dal 1858 al 1866, per Bernardette è il tempo della testimonianza. La veggente fa tutte le esperienze: ammiratori fanatici, oppositori irriducibili, giornalisti invadenti, scrittori petulanti, preti insistenti, vescovi importuni, pellegrini e malati, calunniatori e adulatori, artisti e curiosi. Il 17 novembre 1858 la commissione di inchiesta nominata dal vescovo fa un’ispezione alla grotta. Il sopralluogo è seguito da 400 pellegrini. Bernardette spiega sul luogo come è avvenuta l’apparizione. Risponde alle domande, precisando ogni particolare. Infine i canonici sciolgono la seduta e se ne vanno. Bernardette si siede su una pietra, mormorando: “Come sono stanca!” E lo sarà sempre più per i continui interrogatori. La domenica 5 febbraio 1860, Bernardettee riceve la cresima ed è autorizzata a ricevere la comunione ogni otto giorni. E’ una concessione eccezionale per quel tempo! Lavora, per guadagnarsi da vivere occupandosi come “bambinaia” presso Armandina Grenier. Continua a studiare, per colmare il ritardo scolastico. In casa, svolge il suo ruolo di primogenita, responsabile dei fratelli. Infine risponde a visitatori di ogni specie, contrari o favorevoli, che non si rassegnano a lasciare Lourdes senza aver visto “gli occhi che hanno visto” la Santa Vergine. Ma non può continuare così: infatti nel luglio 1860 Bernardette va a alloggiare presso le suore all’ospizio di Lourdes. I genitori di Bernardette sono contrari alla separazione, ma devono accettarla per amore di pace con la clausola che essi possono andarla a trovare in qualunque momento e che Bernardette potrà andare ogni volta che lo desideri da loro, accompagnata, però, da una suora. La sua salute desta gravi preoccupazioni: le crisi d’asma si fanno così violente, che spesso la credono in punto di morte e accorrono i genitori, chiamati spesso nel cuor della notte. Il 28 aprile 1862 riceve perfino l’unzione degli infermi. Era clinicamente morta. Ma il giorno dopo il medico, resta sbalordito vedendola in parlatorio. L’11 settembre 1864 muore il fratellino nato in febbraio e Bernardette ne soffre molto. Per svagarla un’amica la porta con sé a Momeres. Vi resta dal 3 ottobre al 19 novembre. Tornando a Lourdes, Bernardette trova la notizia che è stata accolta la sua domanda a farsi suora a Nevers. Ma ancora, sia prima che dopo l’ingresso tra le suore trova difficoltà a causa della curiosità della gente. Tutti l’assediano chiedendo particolari. Vogliono vederla, parlarle, sentirla, avere da lei un biglietto, un ricordo, una medaglia, un’immagine, una... benedizione! “Ma io non sono un prete!” protesta lei. E quando, per obbedienza, deve andare in parlatorio, perché qualcuno la vuoi vedere, confida: “Devo andare di nuovo in parlatorio. Quanto mi costa! Specialmente se si tratta di vescovi! Quando finiranno di trattarmi come se fossi un animale strano? Questi poveri vescovi farebbero meglio a restare a casa loro.” Ma era inevitabile: lei, che aveva visto la visione celeste e ne aveva trasmesso il messaggio, aveva innescato un movimento irreversibile, che i miracoli confermarono e ingigantirono. Da allora tutto ha reclamizzato Lourdes: i giornali, i libri, le immagini hanno “lanciato” la città dell’anima, l’ultima spiaggia della fede e della speranza. Le brutte foto del secolo scorso, non scoraggiano nessuno, anzi sono superate quanto cattivo gusto dalle riproduzioni in plastica di oggi. Il mercato si scatena. E; uno scotto da pagare, purtroppo.

 

 

BERNARDETTE SUORA MALATA E INFERMIERA

Il 3 luglio 1866 Bernardette fa la sua ultima visita alla grotta. La sera saluta i parenti con la cena d’addio. L’indomani parte da Lourdes e, dopo aver fatto sosta per tre giorni a Bordeaux, arriva il venerdì 6 luglio a Perigueux. Sabato 7 luglio, per la prima e unica volta della sua vita, prende il treno e arriva a Nevers alla dieci e mezzo di sera. L’indomani racconta le apparizioni davanti alle 300 suore della casa madre. D’ora in poi non dovrà più parlarne con nessuno. Ella è ben felice di questa proibizione. E’ venuta in convento per nascondersi. Tuttavia soffre molto la lontananza da Lourdes e dai suoi cari, dalle sue amiche e dalle sue montagne. Quando arriva una lettera, si nasconde a leggerla da sola, perché le lacrime scorrono incontenibili. Tre settimane dopo l’arrivo a Nevers, il 29 luglio 1866, insieme ad altre 42 postulanti, Bernardette veste l’abito religioso ed entra in noviziato, cioè nell’anno di preparazione alla consacrazione con i voti a Dio. Il 30 ottobre 1867, Bernardette compie la sua professione. Intanto le è giunta la notizia della morte della madre che aveva lasciato già ammalata; poi ecco quella del padre e quella del parroco, l’abate Peyramale. Ogni notizia è un salto nel buio dello sconforto. Tutte le suore, dopo il noviziato, con il nome nuovo ricevevano la “obbedienza”, cioè la destinazione in una casa filiale. Bernardette conservò il suo nome e non ricevette nessun incarico, all’infuori della preghiera. Le dissero che la tenevano in casa madre per carità, perché era una buona a nulla. Dopo l’umiliazione, ecco però uno spiraglio: viene messa ad aiutare l’infermiera. Ci mette tutto l’impegno. Prende appunti e acquista una competenza unica. Soprattutto, però, ella sempre sa rasserenare e risollevare le malate. Scherza, assiste, veglia, cura, consiglia. Così quando l’infermiera s’ammala e muore, lei diventa automaticamente capo infermiera. La sua dedizione allora non ha limite. E’ infermiera a tempo pieno. Tutti lo sanno. Quando una suora è in crisi, corre in infermeria e lei, magari con uno scherzo, rinfranca e aiuta a riprendere l’entusiasmo. Qual era il suo segreto? Non faceva niente di speciale. Ma ci metteva tutto il cuore. Tutto procederebbe per il meglio se non ci fosse un intoppo: la salute dell’infermiera. Ricade, infatti, nelle crisi di asma. Soffriva di stomaco e alla milza già all’età di sei anni. Oggi i medici diagnosticano il suo male come tisi, con manifestazioni tipiche di peritonite bacillare. La tubercolosi polmonare le diventò tisi ossea e tumore bianco al ginocchio, aggravato nel 1876. Ma in paragone alle sofferenze intime che visse, ella diceva che tutte le sofferenze fisiche erano “uno scherzo”. Bernardetta soffrì, infatti, molto per lo sradicamento da Lourdes: “Il più grande sacrificio della mia vita è aver lasciato Lourdes. Se andate alla grotta, baciate quella pietra alla quale è appeso il mio cuore. La grotta era il mio paradiso. Se potessi essere un uccellino e andare là... senza essere vista...”. Soffrì per i curiosi; soffrì per la inattività; soffrì per la severità delle superiori che la trattarono con particolare durezza ma soffrì soprattutto per le prove intime. Era come l’agonia di Gesù nell’orto del Getzemani: l’ora più dura della passione. Durante la settimana santa (6 — 13 aprile 1879) si aggravò. il tumore le aveva anchilosato il ginocchio, procurandole sofferenze atroci, che non le lasciavano chiudere occhio. Lo stomaco rifiutava ogni cibo. Notte e giorno aveva gemiti continui che non riusciva più a dominare. Chiedeva perdono a chi l’assisteva e, sorridendo diceva di essere curata meglio di una principessa. “Il dolore lo sento lo stesso”, dice con umorismo commovente, scherzando sugli ascessi, che le si sono formati negli orecchi, causandole sordità parziale. Il suo desiderio è nascondere il suo dolore ed essere vittima per il cuore di Gesù. Ma la sofferenza è troppo grande. Nel colmo del dolore, prega: “Dio mio, datemi la pazienza . “Sono macinata come un chicco di grano...” Il lunedì di Pasqua entra in agonia. il diavolo la tormenta. Lei spasima: “Va via, Satana!”. L’ultima notte vibra tutta di sofferenza e tuttavia riesce a non lasciarsi sfuggire una sola parola di lamento. il mattino dopo, il 16 aprile, verso le undici e mezza chiede di essere sollevata. Dal letto è trasportata sulla poltrona vicina al fuoco, di fronte al suo crocifisso, che fissa con un’attenzione impressionante, invocando col solo movimento delle labbra il nome di Gesù. Si aggrava ancora più verso l’una. Risponde alle preghiere degli agonizzanti, con una voce fioca, ma chiara e continua sempre a fissare il crocifisso. Quando glielo danno se lo stringe al petto con forza e mormora: “Gesù mio! quanto vi amo!” E bacia lentamente ad una ad una le piaghe di Gesù crocifisso. Le suore vicino a lei intonano l’Ave Maria. La morente si rianima e ripete due volte: “Santa Maria, Madre di Dio, pregate per me, povera peccatrice, povera peccatrice..”, Le porgono da bere. Lei fa un grande segno di croce, lento e calmo come aveva imparato dall’immacolata, beve qualche goccia e, inclinando la testa, spira. Erano le tre e un quarto del pomeriggio del 16 aprile 1879. Bernardetta aveva 35 anni. Gli occhi che hanno visto l’Immacolata da oltre cento anni sono chiusi. il suo corpo riposa nella cappella di Nevers. Il segreto della santità di Bernardette fu l’eroica umiltà, l’obbedienza, la vita nascosta nel silenzio, nel raccoglimento, nella preghiera per i peccatori, nell’accettare l’ingiusta severità delle superiore e l’insistenza dei curiosi, nel sopportare la sofferenza fisica e morale, nell’essere sempre allegra e buona con tutti, conservando il suo formidabile senso dell’umorismo e dell’amicizia. Morì giovane, consumata dall’amore e dal dolore, “macinata come un chicco di grano”.

 

Dalla “Lettera” di santa Maria Bernardette Soubirous, vergine Sentiamo direttamente da Bernerdette il racconto delle apparizioni: Un giorno, recatami sulla riva del fiume Gave per raccogliere legna insieme con due fanciulle, sentii un rumore. Mi volsi verso il prato ma vidi che gli alberi non si muovevano affatto, per cui levai la testa e guardai la grotta. Vidi una Signora rivestita di vesti candide. Indossava un abito bianco ed era cinta da una fascia azzurra. Su ognuno dei piedi aveva una rosa d’oro, che era dello stesso colore della corona del rosario. A quella vista mi stropicciai gli occhi, credendo a un abbaglio. Misi le mani in grembo, dove trovai la mia corona del rosario. Volli anche farmi il segno della croce sulla fronte, ma non riuscii ad alzare la mano, che mi cadde. Avendo quella Signora fatto il segno della croce, anch’io, pur con mano tremante, mi sforzai e finalmente vi riuscii. Cominciai al tempo stesso a recitare il rosario, mentre anche la stessa Signora faceva scorrere i grani del suo rosario, senza tuttavia muovere le labbra. Terminato il rosario, la visione subito scomparve. Domandai alle due fanciulle se avessero visto qualcosa, ma quelle dissero di no; anzi mi interrogarono cosa avessi da rivelare loro. Allora risposi di aver visto una Signora in bianche vesti, ma non sapevo chi fosse. Le avvertii però di non farne parola. Allora anch’esse mi esortarono a non tornare più in quel luogo, ma io mi rifiutai. Vi ritornai pertanto la domenica, sentendo di esservi interiormente chiamata. Quella Signora mi parlò soltanto la terza volta e mi chiese se volessi recarmi da lei per quindici giorni. Io le risposi di sì. Ella aggiunse che dovevo esortare i sacerdoti perché facessero costruire là una cappella; poi mi comandò di bere alla fontana. Siccome non ne vedevo alcuna, andavo verso il fiume Gave, ma ella mi fece cenno che non parlava del fiume e mi mostrò col dito una fontana. Recatami là, non trovai se non poca acqua fangosa. Accostai la mano, ma non potei prender niente; perciò cominciai a scavare e finalmente potei attingere un po’ d’acqua; la buttai via per tre volte, alla quarta invece potei berla. La visione allora scomparve ed io me ne tornai verso casa. Per quindici giorni però ritornai colà e la Signora mi apparve tutti i giorni tranne un lunedì e un venerdì, dicendomi di nuovo di avvertire i sacerdoti che facessero costruire là una cappella, di andare a lavarmi alla fontana e di pregare per la conversione dei peccatori. Le domandai più volte chi fosse, ma sorrideva dolcemente. Alla fine, tenendo le braccia levate ed alzando gli occhi al cielo, mi disse di essere l’Immacolata Concezione. Nello spazio di quei quindici giorni mi svelò anche tre segreti, che mi proibì assolutamente di rivelare ad alcuno; cosa che io ho fedelmente osservato fino ad oggi.

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