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FEDELE  DA  SIGMARINGEN

 

Santo,Sacerdote e Martire memoria liturgica al 24 Aprile

 

Fedele da Sigmaringen, fu figlio di Giovanni Roy e di Genoveffa Rosemberger. Nacque a Sigmaringen probabilmente nei primi giorni di ottobre, nel 1578. Quando crebbe studiò lettere e filosofia a Friburgo, probabilmente nel collegio dei Gesuiti; di qui conseguì la laurea in filosofia nel 1601. Negli anni 1604 — 1610, interruppe lo studio del diritto civile e canonico per intraprendere un lungo pellegrinaggio attraverso la Francia, la Spagna e l’Italia. in questo viaggio, prese grande familiarità con le lingue francese ed italiana. Tornato in patria, si laureò e col favore del conte di Hohenzollern. Sigmaringen, esercitò per quasi un anno le funzioni di consigliere della reggenza a Esisheim nell’alta Alsazia. Inaspettatamente nell’estate del 1616 decise di abbracciare la vita religiosa, optando per i Cappuccini. Prima di entrare nell’ordine, volle ricevere gli ordini sacri. Alla fine di settembre dello stesso anno fu ordinato sacerdote e il 4 ottobre, entrava tra i Cappuccini a Friburgo in Brisgovia, iniziando l’anno di noviziato sotto la guida del padre Angelo Visconti da Milano. Tra il 1614 e il 1618 si diede allo studio della teologia. In seguito fu guardiano dei conventi di Rheinfelden (settembre 1618 — settembre 1619); di Feldkirch (1619—1620), di Friburgo in Svizzera (1620 —1621) e quindi di nuovo nel convento di Feldkirch (luglio 1621 — 24 aprile 1622). Cresciuto in una famiglia originaria delle Fiandre e sinceramente cattolica, Fedele frequentò con assiduità i sacramenti, praticò la preghiera e i digiuni, anche negli anni delle sue peregrinazioni all’estero. Tra i Cappuccini seguì costantemente un regime di austera penitenza, con digiuni quasi continui e veglie prolungate: dopo il mattutino notturno rimaneva in chiesa fino al far del giorno per prepararsi alla celebrazione della Messa. Il tono della sua spiritualità e i propositi ai quali ispirava la sua vita, risultano da un piccolo manoscritto che Fedele scrisse nel suo anno di noviziato. l’opuscolo contiene preghiere, metodi di meditazione e massime che Fedele riprese dai libri spirituali che man mano leggeva, ma anche così esso testimonia le sue caratteristiche e predilezioni spirituali. Nel 1746 questo opuscolo fu edito sotto il titolo “Exercitia spiritualia. Fedele nonostante l’ufficio di guardiano, attese costantemente a predicare, per la riforma dei costumi cattolici e contro l’avanzare dell’eresia. i suoi discorsi erano brevi, ben preparati, densi di contenuto scritturale e pronunciati con grande fervore. Nel 1622 fu scelto a dirigere la missione cappuccina della Rezia, per arginare i progressi dell’eresia, oltre che per propagare la fede cattolica presso gli infedeli. Suo specifico campo di azione fu la Prettigovia o Valle dei Prati. Due cose principalmente attirarono su di lui, l’odio degli eretici, e cioè la conversione del conte Rodolfo de Salis, e la promulgazione di un editto favorevole ai cattolici da parte del governatore Baldirone, il quale vi era stato indotto da Fedele. Il 23 aprile, alcuni eretici di Seewis si portarono a Gruesch e, fingendosi disposti alla conversione, attirarono dolosamente Fedele nella Chiesa del loro villaggio. Fedele sapeva della sorte che l’attendeva, egli vi andò il giorno seguente e, appena salito sul pulpito, vi lesse scritto: “Oggi predicherai e non più”. Infatti la sua predica fu interrotta tumultuosamente. Un eretico fece fuoco contro di lui, fallendo il colpo. Fedele scese dal pulpito e uscì dalla chiesa, ma presto fu circondato da un gruppo di venticinque eretici armati, i quali, non avendo potuto ottenere che rinnegasse la fede, lo trucidarono a colpi di spada e di mazze ferrate (il 24 aprile 1622). Si compiva così la preghiera che Fedele ogni giorno rivolgeva al Signore: non commettere alcun peccato mortale e morire suo martire. Cadde a terra pregando: “Padre, perdona loro, che non sanno quel che fanno” Il corpo del martire riposa nella cattedrale di Coira. Fu beatificato nel 1729, e Benedetto XIV lo iscrisse nell’albo dei santi il 29 giugno 1746. Il Papa Benedetto XIV celebrò san Fedele, difensore della fede cattolica, con queste parole: egli effondeva la pienezza della sua carità nel confortare e aiutare il prossimo, abbracciava con cuore paterno tutti gli afflitti, sostentava numerose schiere di poveri con elemosine raccolte da ogni parte. Alleviava la solitudine degli orfani e delle vedove procurando loro il soccorso dei potenti e dei principi. Aiutava senza stancarsi i prigionieri con tutti i sollievi spirituali e corporali che poteva, visitava con sollecitudine gli ammalati, li ricreava, li riconciliava con Dio, li armava ad affrontare l’estrema battaglia. E in questa attività ottenne la più ricca messe di meriti quando l’esercito austriaco acquartierato nella Rezia, fu preda di una terribile epidemia e crudelmente decimato dal male. Oltre che nella carità, questo uomo fedele di nome e di fatto, eccelse nella difesa incessante della fede cattolica. La predicò instancabilmente e pochi giorni prima di testimoniarla con il sangue, nell’ultimo discorso le dedicò, quasi come testamento, queste parole: O fede cattolica, salda, forte e ben radicata, il tuo fondamento è una roccia sicura! Il cielo e la terra passeranno, ma tu non passerai. Tutto il mondo da principio ti si oppose, ma tu hai trionfato su tutto con forza invincibile. “Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (1 Gv. 5,4). Essa ha sottomesso re potentissimi alla signoria di Cristo, ha portato i popoli all’obbedienza di Cristo. Che cosa ha dato ai santi apostoli e ai martiri la forza di sopportare lotte crudeli e pene acerbissime, se non la fede, e soprattutto la fede nella Risurrezione ? Che cosa ha dato agli anacoreti il coraggio di disprezzare le delizie e gli onori, di calpestare le ricchezze, di vivere in verginità e nel deserto, se non una fede viva? Che cosa oggi fa sì che i veri cristiani rinunzino alla comodità, abbandonino i piaceri, sopportino dolori, e sostengano fatiche? La viva fede, operante per la carità fa abbandonare i beni presenti con la speranza dei futuri, e con i futuri fa cambiare i presenti.

 

PREGHIAMO

O Padre che al tuo sacerdote San Fedele, ardente di carità, hai dato la grazia di testimoniare con il sangue l’annunzio missionario del Vangelo, per sua intercessione concedi anche a noi di essere radicati e fondati nell’amore di Cristo per conoscere la gioia della sua risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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