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S.  ANTONIO DA  PADOVA

  Sacerdote e dottore della Chiesa  -  Memoria liturgica al 13 giugno

 

Era nato a Lisbona nel 1195 da una famiglia nobile. Entrò ancora quindicenne in un monastero Agostiniano e qui ricevette l’ordinazione sacerdotale. Furono questi, anni in cui acquistò una profonda conoscenza della sacra scrittura. E forse Antonio avrebbe trascorso tutta la sua vita serenamente nel monastero se la mano di Dio non fosse intervenuta con un evento apparentemente occasionale. All’inizio dell’anno 1220 erano giunti in città cinque frati Minori, in procinto di recarsi nel Marocco per esercitare opera di evangelizzazione presso le popolazioni indigene e presso i musulmani che le tenevano soggette. Si erano fermati alcuni giorni, in attesa di imbarcarsi, ed avevano mostrato una semplicità di vita ed una facilità di comunicativa, che colpirono Antonio; giravano per la città, poveri ma sempre lieti e pazienti; predicavano alla gente con un linguaggio semplice e addirittura amabile; chiedevano elemosina con umiltà e con serena compostezza. Elemosina che dividevano con i poveri e con i mendicanti. Tutto questo colpì Antonio che nei nuovi venuti intuì un sistema di vivere la religione ben diverso da quello cui era stato educato. Figurarsi perciò la sua sorpresa e il suo dolore quando, alcun tempo dopo, i cinque frati tornarono a Coimbra rinchiusi in funebri bare: la scimitarra saracena li aveva resi martiri della Chiesa e ne aveva consacrato i corpi alla venerazione dei fedeli. Conquistato dal desiderio della missione e della povertà lasciò l’ordine agostiniano per entrare tra i francescani. Partì per l’Africa ma una grave malattia lo costrinse a tornare in Patria. Ma la nave per una improvvisa tempesta sbarcò in Sicilia. Dopo aver partecipato al capitolo generale del suo ordine nel 1222 ad Assisi si ritirò nel monastero di Montepolo. Ma la sua strada aveva ben altre mete. E il segno lo si ebbe quando, nel settembre dell’anno 1222, egli fu invitato a parlare davanti ad una folla di monaci riuniti nella cattedrale di Forlì per una ordinazione sacerdotale. Poteva essere sembrato uno scherzo: ma al momento in cui salì sul pulpito, tutti i presenti avvertirono  che qualcosa stava per succedere. E tanto dolce fu la voce che ne uscì, tanto eloquente la sua parola e tanto ricca la sua dottrina, che parvero incredibili e lasciarono l’assemblea stupefatta. Da quel giorno Antonio cominciò la sua nuova vita di predicatore: e viaggiò per tante città italiane e straniere, predicando alle genti la fede cristiana e combattendo la piaga dell’eresia. La predicazione, cui la gente accorreva in numero sempre crescente, si accompagnò sin dall’inizio ad eventi prodigiosi che stupivano ed esaltavano inducendo tutti quanti a riflettere nel proprio animo su quanto veniva dicendo e compiendo quel frate, dall’aria umile ma dalla fede straordinaria. Passando una volta per Rimini, fu invitato dai confratelli a predicare nel piazzale antistante la chiesa. Ma alcuni eretici, scherzando e irridendo, impedivano che i fedeli udissero le sue parole: “Se non volete ascoltarmi ,si dice che esclamasse allora Antonio con voce tonante andrò a parlare ai pesci del vostro mare”. E ciò detto si allontanò di buon passo e, accostandosi alla riva del mare: “Fratelli pesci – invocò - Ascoltate almeno voi le parole del Signore” e improvvisamente le acque brulicavano di pesci che, richiamati da una voce segreta, affiorarono alla superficie per udire le parole del predicatore. L’impressione della folla fu enorme: i fedeli furono confortati nella loro fede e nella loro ammirazione per il frate ormai popolare; e gli eretici, confusi e sgomenti, chiesero perdono della loro malizia. Dall’Italia Antonio passò poi in Francia dove combatté contro le eresie. Naturale quindi che, di fronte ad una predicazione così convincente e a tanti fatti ancor più convincenti, gli avversari meditassero di togliere di mezzo un così agguerrito paladino. “Vieni a cena con noi — lo invitarono una volta — sarà un’ottima occasione per conoscerci e per discutere”. Antonio accettò di buon grado l’invito e si recò all’appuntamento, consapevole dei tristi disegni dei suoi ospiti maligni. Prima di toccare il cibo, alzò la mano benedicente e implorò l’aiuto del Signore: e ce n’era bisogno, perché raccontano — in quel cibo dal profumo invitante era stato versato un mortale veleno. Poiché nulla succedeva, i commensali non finivano di stupirsi accennando l’un l’altro la meraviglia. E quando Antonio chiese perdono a Dio per le loro malvagie intenzioni, riconobbero la grandezza del prodigio cui avevano assistito. Così la fama di Antonio si diffondeva in ogni luogo e ne precedeva l’arrivo, convocando folle di fanciulli allegri e vocianti: ma convocando ancor più quanti avevano maggiormente bisogno della parola di Dio e del conforto della speranza. Francesco venuto a conoscenza della fama di Antonio, lo fece tornare in Italia perché insegnasse teologia alla facoltà di Bologna. Ma presto fu nominato superiore del Veneto e cominciò la sua peregrinazione tra città e villaggi della “sua” regione. In questo suo continuo contatto con la gente, Antonio rafforzò le convinzioni che erano alla base della sua fede: la necessità, cioè, di avere sempre davanti agli occhi un modello di santità e l’impegno di aiutare i poveri. Alla prima aveva dedicato tutta la sua vita, fin dai teneri anni dell’infanzia; al secondo ispirò buona parte del suo operato e la forza della sua eloquenza. Perciò obiettivo frequente della sua predicazione era l’avarizia e oggetto principale dei suoi strali gli usurai, che prestavano denaro riducendo sul lastrico chi ad essi ricorreva. Contro gli usurai tuonò da ogni pulpito, definendoli “bestie feroci che rapinano e divorano, senza rispetto di Dio né degli uomini”. Il suo operato e la sua predicazione erano accompagnati da segni straordinari. Si dice che un giorno, mentre stava parlando con un amico, si levò improvviso un grido di dolore: il bambino di casa, sfuggito all’attenzione, era caduto in una grande caldaia d’acqua bollente. Allo smarrimento terrorizzato di tutti, Antonio rispose con un semplice gesto: si chinò sulla caldaia, afferrò il bambino e lo riconsegnò al padre, sano e vispo come se fosse uscito da un bagno ristoratore. A Ferrara, un’altra volta, c’era grande conflitto tra moglie e marito in una famiglia di gente tranquilla: il marito non voleva riconoscere come suo il bambino che la moglie aveva dato alla luce poco tempo prima, ed era invelenito per il sospetto tradimento. Fu chiamato Antonio, a dirimere questa grave controversia: “Dio sa come” gli dissero le donne, che vennero a chiamarlo nel convento francescano della città. Antonio non si scompose. Si recò nella casa guidato dalle donne, prese in braccio il bambino e dolcemente gli chiese: “In nome di Dio, dimmi chi è tuo padre e il neonato, senza esitazione, pronunciò il nome con voce chiara. E così la pace tornò in quella casa. Ma per il troppo lavoro e preghiera, il nostro santo era ormai all’esaurimento delle forze fisiche: si ritirò quindi prima a Padova dove nei “Sermones” raccolse gran parte della sua predicazione e poi all’eremo di Campo Sampiero. Anche qui cedette al gran desiderio di parlare alla gente, di comunicare le verità del Vangelo: e predicò dal tronco di un noce gigantesco, attorno al quale cominciarono a radunarsi sempre più numerosi gli abitanti del contado. Ma sentendo ormai vicina la morte, nella prima ora del 13 giugno chiese di essere condotto a Padova. Fu apprestato quindi in gran fretta un carro di buoi e, steso su uno strato di paglia, compì il suo viaggio estremo verso sorella morte. Come un povero, che affretta in povertà l’incontro con il suo Creatore. Prima di entrare in città, era già cominciata l’agonia: perciò il carro deviò verso il convento dell’Arcella, ed ivi fu deposto Antonio perché gli fosse data l’estrema unzione e meno sofferto fosse l’ultimo transito. Durò ancora per qualche ora, con gli occhi remoti ma l’animo ancora vigile, e poco prima del commiato con voce che tutti intesero: “Vedo il mio Signore”esclamò. Erano le ore dell’ultimo meriggio: del 13 giugno 1231. E prima che la voce si spargesse dalle mure silenziose del convento, i fanciulli di Padova, attratti da misterioso richiamo, erano usciti gridando per le vie: “E’ morto il Santo, è morto il Santo!”.

 

 

COSI’ PREGAVA S. ANTONIO

Ti preghiamo, Signore Gesù, che sei asceso da questo mondo al Padre, attiraci a te con la fune del tuo amore, non rinfacciarci il nostro peccato. Ma concedici con il tuo aiuto, di imitare la giustizia dei tuoi santi e di temere il tuo giudizio; infondi in noi lo spirito di verità, perché ci insegni ogni verità. Tu che sei il benedetto e glorioso per tutti i secoli.

 

 

Ti preghiamo, Signore Gesù Cristo: infondi in noi la tua grazia, aiutaci a chiederla sempre, fa’ che riceviamo la pienezza della vera gioia, prega per noi il Padre perché ci doni una fede viva e, col tuo aiuto, possiamo così meritare di giungere a luogo della vita eterna. Tu che sei degno di lode, principio e fine, ammirabile, ineffabile per i secoli eterni. Amen

 

 

Signore Gesù Cristo, padre misericordioso, infondi in noi la tua misericordia perché possiamo giungere alla gloria celeste. Volgi il nostro cuore all’amore dei fratelli Perché non giudichiamo nessuno, né alcuno condanniamo, ma abbandoniamo i nostri peccati e diamo, con il tuo aiuto, tutto di noi a coloro che chiedono. Tu che sei benedetto e glorioso nei secoli dei secoli. Amen

 

 

Ti preghiamo con insistenza e ti chiediamo con tutto il nostro cuore, Signore Gesù che hai illuminato il cieco: apri gli occhi della nostra anima alla fede della tua Incarnazione e Redenzione fino a quando, nello splendore dei tuoi santi e nella luce dei tuoi angeli, meritiamo di vedere, con il tuo aiuto, proprio te, Figlio di Dio, luce da luce, che con il Padre e con lo Spirito santo vivi e regni nei secoli dei secoli, Amen.

 

 

Ti preghiamo con insistenza Signore Gesù: non nasconderci la tua faccia, non allontanarti dal tempio del nostro cuore, e non entrare in giudizio contro di noi per il nostro peccato; ma infondi in noi la tua grazia, abbi misericordia della colpa che abbiamo commesso contro di te, liberaci dalla morte eterna, portaci nel tuo regno, dove, con Abramo Isacco e Giacobbe, possiamo godere del giorno dell’eternità. Amen

 

 

PREGHIERE DEVOZIONALI A S. ANTONIO

O caro Sant’Antonio, rivolgo a te la mia preghiera, fiducioso nella tua bontà compassionevole che sa ascoltare tutti e tutti consolare: sii mio intercessore presso Dio. Tu che conducesti una vita evangelica, aiutami a vivere nella fede e nella speranza cristiana; tu che predicasti il messaggio della carità, ispira agli uomini desideri di pace e di fratellanza; tu che soccorresti anche con i miracoli i colpiti dalla sofferenza e dall’ingiustizia, aiuta i poveri e i dimenticati di questo mondo. Benedici in particolare il mio lavoro e la mia famiglia, tenendo lontani i mali dell’anima e del corpo; fa’ che nell’ora della gioia, come in quella della prova, io rimanga sempre unito a Dio con la fede e l’amore di figlio. Amen.

 

 

O Dio, Padre buono e misericordioso, che hai scelto Sant’Antonio come testimone del Vangelo e messaggero di pace in mezzo al tuo popolo, ascolta la preghiera che ti rivolgiamo per sua intercessione. Santifica ogni famiglia, aiutala a crescere nella fede; conserva in essa l’unità, la pace, la serenità.Benedici i nostri figli, proteggi i giovani. Soccorri quanti sono provati dalla malattia, dalla sofferenza e dalla solitudine.Sostienici nella fatiche d’ogni giorno, donandoci il tuo amore. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

 

PAROLA DI DIO NELLA LITURGIA DI S. ANTONIO

1 Lettura Is 61, 1-3

dal libro del profeta Isaia

Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore per manifestare la sua gloria. Parola di Dio

 

 

Salmo 18 “La tua legge, o Dio, è nel mio cuore”

 

La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima;

la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice. R

 

Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore;

i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi. R

 

Il timore del Signore è puro, dura sempre; i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,

più preziosi dell'oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. R

 

Vangelo Lc 10, 1-9

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio”. Parola del Signore

     
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