Approfondimento storico (tratto da "il bello del Veneto" di Carlo Bettanin) Dal mensile AVIS

Storia del Pasubio e della strada delle 52 gallerie.

Dopo l'offensiva 1916, le posizioni erano attestate sul versante sinistro della valle del Posina e con le loro batterie, poste sul Maio, Toraro, Selluggio, potevano controllare e interdire ogni movimento che avveniva sulla Strada degli Scarubbi, unica via rotabile d’accesso alla sommità del Monte Pasubio. Anche se la strada era coperta da graticci e fascinate per mascherarla all'osservazione avversaria, il transito doveva avvenire per la maggior parte di notte, a fari spenti, con grave rischio sia per i conducenti sia per i carichi. La strada inoltre da novembre a maggio era impraticabile per la neve e per le valanghe. L’idea di realizzare una nuova strada che da Bocchetta Campiglia salisse a Fontana d'Oro (l'antica Hornbrun-Fonte del Corno alludendo al vicino Campanile) e che quindi si collegasse alle mulattiere della parte sommitale del Pasubio, fu del Capitano Leopoldo Motti del 5o Reggimento Genio, comandato allora dal colonnello Brig. D'Havet.
lapide.jpg (37735 byte)Al Tenente di complemento, ing. Giuseppe Zappa, della 33a Compagnia Minatori che stazionava per lavori nella zona di Monte Alba, fu dato incarico di studiare e realizzare un tracciato che avesse tre finalità: consentire transito di militari e salmerie in qualsiasi stagione e con qualsiasi tempo, rimanendo costantemente al coperto dal tiro avversario e in condizioni di sicurezza; costituire un anello di collegamento con la rete viaria, formata da mulattiere, di servizio al Pasubio (la Strada degli Eroi e la Galleria D'Havet sono state costruite nel 1938); costituire infine un sistema difensivo ad oltranza sulla linea Pasubio-Alba-Novegno, nonché un collegamento tra i settori Pasubio-Posina. Il Tenente Zappa agli inizi di marzo del 1917 inviò una prima aliquota di ufficiali e militari per studiare e preparare il terreno ed alla metà dello stesso mese trasferì a Bocchetta Campiglia tutta la Compagnia. Non esistevano rilievi della zona e tantomeno cartografie che potessero dare una base di partenza per lo studio del tracciato. In quel periodo, alla fine di un terribile inverno, gli ufficiali addetti al rilievo si trovarono avanti un paesaggio roccioso, impervio, ancora fortemente innevato, dove probabilmente nessun essere umano aveva mai messo piede. Il percorso possibile veniva quindi individuato mediante ricognizioni dirette e rilievi fotografici che venivano poi discussi e valutati dagli Ufficiali della Compagnia.
Entrata 1a galleria.jpg (20173 byte)Man mano che i lavori avanzavano, venivano realizzati tratti di teleferiche per il trasporto dei materiali. Alle stazioni di arrivo, sempre più lontane dal campo base di Bocchetta Campiglia, venivano allestiti dei baraccamenti per il ricovero dei militari evitando così i tempi morti di percorrenza di andata e ritorno. L’obiettivo era quello di raggiungere per il mese di luglio il Passo di Val Fontana d'Oro e per accelerare i tempi di realizzazione vennero aggiunte alla 33a Compagnia anche delle Centurie di territoriali (operai militarizzati).
Verso la fine di aprile, il tenente Zappa fu trasferito alla Direzione Aeronautica di Torino e al suo posto arrivò il Capitano in servizio permanente effettivo, ing. Corrado Picone, originario di Napoli. Il nuovo comandante si rese conto della grandezza dell'opera che si andava concretizzando e diede nuovo impulso, con vivo entusiasmo, ai lavori. Aumentò il numero delle centurie, portandolo a sei, trasferì il Comando di Compagnia presso la Bella Laita, ormai raggiunta definitivamente, istituì turni di lavoro per operare 24 ore su 24 e, non ultimo, migliorò il vitto.
Con questo sforzo si poté avere un avanzamento di ben 6 metri lineari nelle ventiquattr'ore. L’avanzamento veniva effettuato mediante mine sia in galleria che a mezza costa e nel momento di maggior intensità operativa lavoravano contemporaneamente più di 40 perforatori pneumatici che utilizzavano l’aria compressa prodotta dalla centrale di Malga Buse. Gli scavi in galleria venivano iniziati da più punti per velocizzare l’avanzamento; la 19a galleria, la più lunga e difficile per le sue spirali, venne attaccata da ben 10 punti su livelli diversi.

Alla fine di Luglio la strada era completata fino alla Bella Laita e con un sentiero era stata raggiunta anche Val Fontana d’Oro. A Settembre la strada era arrivata in Val Camozzara dove, per superarla, era stato costruito un poderoso muro in pietra legata con malta di cemento di circa 400 metri cubi e una difesa da valanghe in ferro e legname. A novembre veniva raggiunta la Val Fontana d'Oro e a Dicembre la strada sbucava, con l'ultima galleria, a porte di Pasubio. Sempre nel Dicembre dello stesso anno la Compagnia, che ormai aveva quasi terminato il suo compito (mancavano solo poche giornate di lavoro per il completamento definitivo), venne trasferita in Val Chiampo per creare interruzioni stradali nel quadro delle difese dopo l’arretramento al Piave seguito ai fatti di Caporetto.

Agli inizi del 1918 il Re Vittorio Emanuele III ed il Re Alberto del Belgio, in visita la fronte, percorsero la strada delle gallerie ne rimasero entusiasti. Vennero distribuiti quidi premi e riconoscimenti ai militari che in quel momento operavano sulla strada i quali erano solamente i consegnatari dell’0pera e non gli esecutori.

La strada, iniziata in pieno inverno con una ventina di soldati, risultò alla fine una grandiosa opera: 6.300 metri di lunghezza dei quali ben 2.800 metri in galleria e i restanti quasi tutti scavati a mezza costa in roccia. Le gallerie, inizialmente cinquanta aumentate poi di due per motivi di sicurezza, avevano le dimensioni minime di metri 2,20 X 2,20 ed erano illuminate elettricamente. Il percorso esterno era protetto da corrimano in ferro e nei punti più pericolosi erano state realizzate delle strutture per la difesa dalla caduta di sassi e di valanghe. Numerosi punti di manutenzione erano distribuiti lungo il tracciato dove stazionavano cinque o sei militari alloggiati in baracche con materiali e attrezzi. Un punto d'interruzione fu eseguito tra la l8a e la 19a galleria con ben cinque fornelli da mina e un altro fu eseguito dopo la Val Camozzara. Durante l'esecuzione dei lavori, la montagna pretese le sue vittime: 4 soldati precipitarono nei burroni, altri rimasero più o meno gravemente feriti.

Terminata la guerra, la strada fu abbandonata. I recuperanti tolsero tutte le parti metalliche e la natura fece il resto. Nel 1961 una squadra del genio militare provvide a sistemare la strada ormai in rovina. Altri piccoli interventi vennero effettuati agli inizi degli anni Settanta. Alla fine degli anni Ottanta la strada era in pessime condizioni.

Nel 1989 la Comunità Montana, Leogra-Timonchio organizzò un grande cantiere per la sistemazione dell'opera.. In quattro giorni, il 17, 18, 24 e 25 giugno, quasi 1.200 persone tra Alpini dell'ANA, soci del Club Alpino italiano, del Gruppo Amici della Montagna e di altre associazioni locali, lavorarono alacremente, operando un vero miracolo: al termine delle quattro giornate di lavoro, infatti, la strada era sistemata e percorribile. Da allora ogni anno, vengono effettuati interventi di manutenzione, all'inizio della buona stagione, da parte dell'ANA e delle altre associazioni locali, coordinate dalla Comunità Montana. Nel 1992 fu riaperta anche la 43a galleria, franata ancora negli anni venti, e nel settembre dello stesso anno venne inaugurata alla presenza dell'avvocato Gino Scaroni di Breganze (classe 1897), ultimo Ufficiale della 33a Compagnia, tuttora vivente.