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Progetto: Giornale d'Istituto "Dalla carta stampata al giornale on line"
Corso teorico-pratico di giornalismo

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L'EUTANASIA
 

 

 

E' morta in questi giorni Diane Pretty, la 46enne donna inglese affetta da una malattia inguaribile, che l'aveva paralizzata dal collo in giù. Aveva chiesto, alla Corte Suprema, il ricorso all'eutanasia come esercizio di un diritto legittimo. Ha perso la sua battaglia, ma ha avviato un dibattito su diversi fronti.
Il termine eutanasia viene usato nell'attuale dibattito in sensi molto diversi. Frequentemente si distingue tra eutanasia attiva-o positiva, o diretta-, là dove il medico,o chi per lui, interviene direttamente per procurare la morte di un paziente, ed eutanasia passiva-o negativa, o indiretta-, dove si ha invece astensione da interventi che manterrebbero la persona in vita. Si distingue inoltre fra eutanasia volontaria, quando la volontà del paziente non può essere espressa, perché si tratta di persona incapace ed eutanasia involontaria quando c'è il consenso del paziente il quale chiede che si ponga fina alle sue sofferenze.
Una delle caratteristiche definitorie dell'eutanasia è dunque il suo obiettivo di ridurre la sofferenza. Si tratta, invero, di una semplificazione indebita. Benché il Parlamento inglese avesse discusso già nel 1936 una proposta di legalizzazione dell'eutanasia, e con l'eccezione della legislazione nazionalsocialista, fino a un periodo molto recente essa non ha avuto posto nella legislazione come fattispecie a sé: la pratica eutanasia viene ricondotta, di volta in volta, ad altre fattispecie esistenti; in Italia, dove il peso della Chiesa

impedisce la mera proposizione della questione sul piano normativo , essa configura i reati di omicidio del consenziente, previsto dal codice penale all'articolo 579, e di istigazione o aiuto al suicidio, di cui l'articolo 580. Rispetto al suicidio nell'eutanasia vi è un elemento nuovo: l'intervento di un'altra persona, quasi sempre di un medico o di un operatore sanitario, intervento inteso ad alleviare il dolore con il porre un termine alla vita del paziente. " Bisogna rispettare la libertà del paziente" sostengono coloro che sono propendono a favore della questione. Si tratta, anzitutto, di una risposta tutt'altro che ovvia: un omicidio sarebbe l'aiuto adeguato a un sofferente; ovvero si verrebbe addirittura a configurare un dovere da parte di qualcuno -il medico o chi per lui - di uccidere una persona che gliene faccia richiesta;o, ancora , si attribuirebbe a qualcuno-medico, giudice,familiare -il diritto di stabilire se una vita innocente è meritevole o no d'essere vissuta. "Bisogna rispettare la libertà del paziente", si ripete spesso da parte dei sostenitori dell'eutanasia. La richiesta del sofferente è piuttosto quella che gli si allevi il dolore, e tale è la responsabilità del medico; suo compito è accostarsi al paziente per alleviarne le sofferenze fisiche e spirituali, non essere arbitro della sua vita e della sua morte.

Cantone Maria