... e "Sereni" I.T.C - Afragola (NA)


Progetto: Giornale d'Istituto "Dalla carta stampata al giornale on line"
Corso teorico-pratico di giornalismo
 
Fischi razzisti, il calcio inizia con 5' di ritardo. Zoro: bisogna fermare le partite

Il razzismo nel calcio? Beh, la storia racconta di pericolose minoranze trattate con sufficienza e poi diventate tragiche maggioranze. Forse stiamo esagerando, ma la storia è sempre bene tenerla presente. Per fortuna però c'è la Federcalcio che ha deciso di ritardare di cinque minuti l'inizio delle partite con tanto di striscione con lo slogan "NO al razzismo" da esporre a centro campo. Cinque minuti e poi? E poi basta. Perché quei simpaticoni che offendono i giocatori di colore non sommergono con un bel "buuu" i parrucconi della Federcalcio? Ma nella vita mai disperare. Il nobile, coraggioso gesto di Zoro ha scongelato perfino il monumentale presidente dell'Aic che da trent'anni guida il sindacato calciatori. L'avvocato Campana ha chiesto a Zoro di entrare nel consiglio dell'Associazione italiana calciatori. Con tutti i calciatori stranieri che ci sono in Italia, con squadre come l'Inter che mandano in campo formazioni senza nemmeno un italiano il marmoreo avvocato ancora non si era preoccupato di avere un loro rappresentante all'interno del sindacato. Ci pensa il patron dell'Inter a riportare la questione sui giusti binari: "Tutto il calcio si deve muovere contro il razzismo -spiega Massimo Moratti- ci vuole un progetto serio per combattere un fenomeno che non è isolato, ma che purtroppo si ripete di frequente. Ci troviamo di fronte a un problema che va affrontato con una politica approfondita e attenta. Non basta intervenire soffocando -ha aggiunto il patron nerazzurro-
bisognerebbe ad esempio parlarne con degli esperti e programmare con loro un piano e delle

misure da adottare. Insomma serve un progetto serio per crescere e per cambiare". Sembra un estratto delle tesi congressuali del Pci di mezzo secolo fa. Ma il presidente Moratti sa cogliere anche le novità: "A Messina non è successa una cosa nuova. Quello che c'è stato di nuovo è stata la reazione del giocatore, una reazione coraggiosa, misurata e istintiva: ben vengano le reazioni di questo tipo". Ecco caro presidente Moratti in attesa delle reazioni del questo tipo di tutto il calcio perché non fa un "gesto coraggioso, misurato e istintivo" organizzando un incontro con i suoi tifosi per discutere con loro per provare a spiegare la pericolosa stupidità del loro modo di fare tifo. Magari portando come testimonial i suoi giocatori di colore per far conoscere ai tifosi storie, realtà che loro non immaginino.
Fiorentino Caccavale e Visconti Andrea

Pallone d'oro a Ronaldihno: fantasia al potere

Vince la fantasia e il Pallone d'oro che celebra mezzo secolo di vita va al brasiliano più ispirato del momento, Ronaldinho, campione del mondo in carica con il Brasile e campione di Spagna con il Barcellona. Il giovane brasiliano lo ha ereditato dall'ucraino Andry Shevchenko. La staffetta ideale, mentre "France Football", ideatore e organizzatore, celebra i 50 anni del prestigioso riconoscimento. Alle spalle del brasiliano si sono classificati tre rappresentanti della Premier League inglese (Lampard del Chalsea, Gerrard del Liverpool e Henry del Arsenal) e cinque della seria A italiana (Shevchenko campione uscente, Maldini, Adriano, Ibrahimovic e Kakà) mentre i primi

rappresentanti dei campionati francesi e tedesco sono rispettivamente Juninho (Lione, 12°) e Ballack (Bayern Monaco, 14°). In classifica anche Gigi Buffon, 19°. Il 19 novembre 2005 il Santiago Bernabeu si è alzato in piedi applaudendolo dei due fantastici gol fatti al Real Madrid: due imperiosi esempi di come si gioca al calcio. Ronaldinho: il funambolo, l'artista, il
mago. Veloce come una saetta, imprevedibile come un gatto, abile negli spazi stretti: tiro potente, delicato. Finte letali. Che danza in campo accarezzando l'erba. Che addomestica il pallone quasi lo avesse incollato ai piedi. Che ride perché si diverte, ma non irride l'avversario. Semmai lo doma. Il pallone è il suo cordone ombelicale; la sfera magica che regala solo gioia e lo tiene legato indissolubilmente al suo sole caldo, nel 1997, quando era poco più di un bimbo, meravigliò nel Mondiale Under 17; vinse la classifica dei cannonieri e fece perdere la testa agli amanti del calcio. Da allora a oggi nulla è cambiato. La sua gioia è identica; oggi come otto anni fa, quando si apriva varchi con un accenno di finta. Quando segnava gol con un movimento di fianchi per poi colpire con un potente calcio da fermo; come contro il Chelsea nell'edizione scorsa della Champions League. Il suo tamburo continuerà a suonarlo. Il samba lo seguirà come un'ombra. Davide fasciglione