TECNOLOGIA  DEI SEMICONDUTTORI 

I materiali semiconduttori usati attualmente per la costruzione dei componenti elettronici sono essenzialmente il silicio (Si)e, in misura molto più limitata, l'arseniuro di gallio (GaAs). I primi esperimenti di laboratorio e le prime applicazioni industriali furono tuttavia fatte con il germanio (Ge), che per anni costituì il materiale semiconduttore per eccellenza.

I motivi del successo della tecnologia del silicio su quella del germanio sono molteplici:

·        temperatura di lavoro più elevata e quindi maggior potenza dissipabile dal componente

·        correnti di fuga della giunzione più basse, grazie al valore più elevato del salto energetico Eg;

·        possibilità di una miniaturizzazione più spinta:

·        messa a punto della tecnica planare. che si basa sulle caratteristiche isolanti e  passivanti dell'ossido di silicio.

 

Tutte queste ragioni ed altre ancora hanno fatto sì che oggi circa il 98% della  produzione componentistica mondiale faccia uso del silicio. Il germanio viene ancora utilizzato in alcune applicazioni particolari, ad esempio nei rivelatori di segnali a radiofrequenza e nei rivelatori di fotoni ad alta energia, e, secondo tecnologie recenti, in lega con il silicio.

Sempre maggior importanza tende invece ad assumere l'arseniuro di gallio con i suoi  derivati, per le ottime proprietà dimostrate alle alte frequenze e nel campo della fotoemissione. Rimane tuttavia un limite il costo di produzione, ancora piuttosto elevato.

Per poter essere utilizzati in campo elettronico i materiali semiconduttori devono  presentare un elevatissimo grado di purezza ed una perfetta regolarità del reticolo cristallino. Eventuali impurezze e difetti reticolari incidono fortemente sui parametri del materiale, quali la mobilità e il tempo di vita medio dei portatori di carica, la conducibilità, ecc.

Il semiconduttore commerciale deve pertanto subire processi di purificazione e di  monocristallizzazione per diventare semiconduttore "elettronico".

 

PROPRIETA' E PARAMETRI DEI SEMICONDUTTORI

 

Salto energetico Eg (energy gap)

 Indica l'ampiezza della banda energetica che separa la  banda di valenza da quella di conduzione

Nei semiconduttori il salto energetico è relativamente basso sicché alcuni elettroni della banda di valenza, acquista l' energia necessaria, possono raggiungere la banda di conduzione diventando elettroni liberi e  lasciando un numero corrispondente di lacune. Queste a loro volta possono essere colmate da altri elettroni della banda di valenza.

 In definitiva nel semiconduttore vi è disponibilità sia di portatori di carica elettrica negativa, gli elettroni, sia di portatori di carica positiva, le lacune.

Quanto maggiore è il salto energetico, tanto più il semiconduttore mantiene le proprie  caratteristiche alle alte temperature. Per questo motivo il germanio può lavorare fino a 100°C circa, il silicio fino a 200°C e l'arseniuro di gallio fino a 300°C.

 

Concentrazione intrinseca.

In realtà nel semiconduttore al processo continuo di formazione delle coppie elettrone-lacuna si contrappone un processo inverso di ricombinazione, che in definitiva porta il materiale ad una condizione di equilibrio dinamico, fortemente influenzata dalla temperatura.

In un semiconduttore intrinseco, ossia non drogato, la concentrazione degli elettroni  liberi che coincide con quella delle lacune Pi e cresce all'aumentare della temperatura.

 

Legge dell'azione di massa.

Per formare una giunzione il semiconduttore deve essere  drogato con atomi di impurezze che forniscono elettroni (donatori) oppure lacune (accettori). Si viene cosi ad avere rispettivamente un semiconduttore di tipo n, ricco di elettroni, oppure un semiconduttore di tipo p, ricco di lacune.

 Sebbene la concentrazione Np o Na delle impurezze sia estremamente bassa rispetto alla concentrazione degli atomi del semiconduttore (un valore medio può essere ad esempio Np = 10^16 atomi/cm3), la loro introduzione modifica radicalmente le caratteristiche elettriche del materiale.

 Si supponga di drogare ad esempio il silicio con atomi donatori, con il valore di concentrazione Np sopra indicato. La concentrazione n degli elettroni liberi aumenta allora enormemente, passando dal valore ni = 1.5. 10'0 cm-3 ad un valore n sostanzialmente coincidente con N D = 10^16 cm ~ 3. Come conseguenza la concentrazione p delle acune cala drasticamente, in accordo con la legge dell' azione di massa

 Nel semiconduttore di tipo n si vengono quindi a trovare un elevatissimo numero di portatori maggioritari, gli elettroni, e un ridottissimo numero di portatori minoritari. le lacune.

 Esattamente il contrario si verifica in un semiconduttore drogato di tipo p.

 

Mobilità m

Rappresenta la velocità, espressa in cm/s, con cui si muovono i portatori per effetto di un campo elettrico pari ad 1 V/cm.

 Il valore della mobilità decresce con l'aumentare della temperatura. Infatti il movimento dei portatori causato dal campo elettrico viene frenato dagli urti con gli ioni fissi del reticolo cristallino ed il numero di tali urti cresce con l' agitazione termica e quindi con la temperatura.

 Dalla tab. 1.1 si noti come la mobilità degli elettroni sia più elevata di quella delle lacune, come appare ovvio conoscendo la natura dei due tipi di portatori.

 

Produzione del silicio

Il processo di produzione del silicio elettronico a partire dal silicio commerciale è costituito dalla successione di diverse fasi : purificazione per via chimica del materiale , ulteriore purificazione per via fisica , formazione dei monocristalli e drogaggio , lavorazione del lingotto.

 

 Purificazione per via chimica

Il silicio metallurgico prodotto dalla silice con metodi di riduzione in forno presenta impurezza in quantità del 2% circa. La purificazione per via chimica consiste nella trasformazione per mezzo dell’ acido floridrico, del silicio ridotto in polvere in tricloruro silano (sihcl39) e nella purificazione del composto mediante di distillazioneIl successivo processo, consistente in una reazione chimica ad altra temperatura fra il tricloruro silano e l'idrogeno, eleva ulteriormente il grado di purezza  e consente di ottenere barre di silicio policristallino. La resistività del materiale è tuttavia ancora basso per gli usi elettronici è pertanto  necessario procedere ad un ulteriore processo di purificazione.

 

Purificazione per via fisica.

Viene usato per il metodo della raffinazione a zone. Questa tecnica si basa sul fatto che le impurezze presenti nel silicio tendono a rimanere nel materiale allo stato liquido piuttosto che nel materiale allo stato solido. Pertanto porzioni del lingotto vengono portati allo stato fuso mediante riscaldamento per bobine a radiofrequenza e fatte scorrere verso una estremità della barra. La continuità fisica della barra è mantenuta grazie all'elevata tensione superficiale del silicio liquido. Le impurezze così raccolte vengono trascinate verso le estremità del lingotto, e vengono successivamente eliminate con taglio. Il processo si svolge in un forno di quarzo in presenza di gas. Dopo 4 o 5 passaggi la purezza raggiunge il livello indispensabile per le applicazioni elettroniche e la resistività si attesta su valoti di alcune decine di migliaia di ohm/cm.

 

Formazione dei monocristalli

Per poter essere utilizzato il semiconduttore deve presentare una struttura cristallina il più possibile regolare e priva di imperfezioni. I metodi che ci permettono di arrivare a questo livello di perfezione sono il metodo CZ e quello FZ.

 

Metodo CZ

Un forno di quarzo riscaldato con bobine a radiofrequenza, contiene del grafite nel quale viene fuso il silicio policristallino. Un alberino in lenta rotazione porta ad una estremità un piccolo seme di silicio monocristallino, che viene posto a contatto con la massa fusa e quindi sollevato molto lentamente. Intorno al seme viene così a solidificare un lingotto della lunghezza di 50 cm.

Metodo della zona fusa sospesa o FZ

Con questo metodo si produce silicio  monocristallino  ad alta resistività. L’apparecchiatura è simile a quella usata  per  la  raffinazione  a  zone. In  questo  modo  il silicio solidificando  assume  man mano  la struttura  monocristallina  propria  del  seme.

 

Lavorazione del lingotto

Il lingotto monocristallino normalmente drogato, subisce diverse fasi di lavorazione fino ad essere trasformato in sottili e lucidi lamine (wafer), del diametro di 100 ÷ 150 mm e dello spessore di 200, 300 um. Poi si procede alla passivazione dei wafer, facendo crescere sulle superfici uno strato di biossido di silicio (SiO2).

 

Produzione dell’arseniuro di gallio

L’arseniuro di gallio presenta caratteristiche che lo rendono insostituibile in campi

tecnologici  sempre più  vasti.  Il  salto  energetico  è  più  elevato  che  nel  silicio,

pertanto le sue caratteristiche si mantengono stabili per temperature notevolmente

superiori. Gli elettroni che dalla banda di conduzione passano alla banda di valenza

irradiano   energia   elettromagnetica .  Pertanto  l’arseniuro  di  gallio  è  usato

largamente nei led i display ecc. L’arseniuro di gallio viene prodotto per reazione             

tra  le  sostanze  componenti  il  gallio ,  l’arsenico  e  delle  varianti  che  non  fanno

volatizzare l’arsenico. Alla fine si ottengono lingotti monocristallini più piccoli e più

fragili di quello del silicio.

 

La giunzione PN

La   giunzione   pn   costituisce   la   superficie   di   separazione   fra   due   zone 

di  semiconduttore diversamente drogate, una di tipo p e l’altra di tipo n. La zona

di  tipo, è ricca di lacune, l’opposto si verifica nella zona n.

 

Giunzione non polarizzata

Nella regione a cavallo della giunzione dove le concentrazioni dei portatori sono

molto diverse, si manifesta il fenomeno della diffusione; le lacune molto numerose

nella zona p, tendono a diffondersi nella zona n. La stessa cosa vale per gli elettroni

che dalla zona n vanno a diffondersi nella zona p.

 

Polarizzazione diretta

Polarizzando direttamente la giunzione, ossia applicando alla zona p un potenziale

più elevato di quello della zona n, si provoca  un  abbassamento della  barriera di

potenziale  con  conseguente  immediata  ripresa  della  diffusione  dei  portatori

maggioritari. Le lacune immesse nella zona n divengono portatori minoritari e

tendono  a  ricombinarsi  con  gli  elettroni  qui  presenti  in   gran   numero.  La

penetrazione delle lacune nella zona n dipende dal tipo di semiconduttore e dal loro

tempo di vita medio.

 

Polarizzazione inversa

Nel  caso  di  polarizzazione  inversa  la  differenza  di  potenziale  applicato  alla

giunzione si localizza ai capi della zona di svuotamento rafforzando la barriera di

protezione. Viene pertanto favorito il passaggio dei portatori minoritari che danno

origine ad una corrente di deriva molto esigua e praticamente costante.

 

Giunzione metallo-semiconduttore

La giunzione metallo-semiconduttore può dare origine ad un contatto rettificante,

analogo a quello della giunzione pn, oppure ad un semplice contatto ohmico.

 

Contatto rettificante o barriera Schottky

Si ottiene quando il lavoro di estrazione, ovvero l’energia necessaria per estrarre n

elettrone dal materiale, è più alta nel metallo che non nel semiconduttore. In questo

caso   si   manifesta   una   migrazione   di   elettroni   più   intensa   nella   direzione

semiconduttore-metallo che non viceversa, sicché viene a formarsi una zona di

svuotamento, che penetra in profondità nel semiconduttore. A circuito aperto si

giunge pertanto ad una condizione di equilibrio con corrente complessiva nulla. Al

contrario la polarizzazione inversa favorisce unicamente la debole migrazione degli

elettroni  fuoriuscenti  dal  metallo;  si  assiste  in  definitiva  alla  nascita  di  una

debolissima corrente inversa.

Contatto ohmico

Si  ha  quanto  il  lavoro  di  estrazione  del  metallo  è  più  basso  di  quello  del

semiconduttore. In questo caso si manifesta un accumulo di elettroni nella zona

del semiconduttore prossima al metallo, con conseguente drastico abbassamento

della  resistività  del  semiconduttore  stesso.  Questo   tipo   di   contatto   viene 

comunemente  realizzato  le  aree  di  semiconduttore  di  un  chip  ai terminali di

connessione.

 

Tecnologia della giunzione pn

Tecnologicamente la giunzione pn viene ottenuta drogando in modo opposto due zone contigue dello stesso semiconduttore. Attualmente le tecniche più comuni usate per la formazione delle giunzioni sono la diffusione, la crescita epitassiale e l'impiantazione ionica.

Questi metodi, singolarmente o più spesso combinati, sono utilizzati dalla tecnologia planare che, a tutt'oggi, costituisce il procedimento di gran lunga più importante per la costruzione dei circuiti integrati e dei componenti discreti a semiconduttore.

 

Diffusione

Il processo di diffusione allo stato solido consiste nella migrazione all'interno del semiconduttore di atomi droganti da zone dove sono presenti in concentrazione elevata verso zone a concentrazione più bassa.

Il fenomeno si verifica ad elevata temperatura ed è legato al fatto che alcuni atomi del semiconduttore, per agitazione termica, possono abbandonare la loro posizione nel reticolo cristallino, generando le cosiddette "vacanze".

Gli atomi del materiale drogante possono così occupare le posizioni libere sostituendo agli atomi del semiconduttore. Un parametro che indica la rapidità con cui le impurezze penetrano nel semiconduttore è il coefficiente di diffusione.

Esistono essenzialmente due tipi di diffusione:

 

Diffusione a sorgente illimitata

La superficie del wafer viene esposta ad una sorgente estesa di impurezze, costituite generalmente da composti di boro, arsenico e fosforo. La sorgente deve essere in grado di mantenere costante nel tempo la concentrazione delle impurezze sulla superficie del semiconduttore. Il processo avviene nel forno a diffusione ad una temperatura superiore a 1000°C e per una durata che varia da 10 min. a 1 o più ore.

 

Diffusione a sorgente limitata

Questo processo viene preceduto da una diffusione a sorgente illimitata i breve durata che introduce nel semiconduttore in prossimità della superficie una quantità predeterminata di impurezze.

 

Formazione della congiunzione per sovracompensazione

Per ottenere una giunzione si parte normalmente da un semiconduttore già drogato, ad esempio di tipo p, e lo si sottopone ad un processo di diffusione con impurezze d tipo opposto. La concentrazione del drogante di tipo n deve essere molto superiore a quella originaria di tipo p, in modo da invertire il tipo di drogaggio per sovracompensazione. La congiunzione si forma la dove le due concentrazioni si uguagliano.

 

Diffusione in oro

Questa tecnica viene prevalentemente usata per la formazione della giunzione o per ottenere in una zona con stesso tipo di drogaggio strati a concentrazione di impurezze diverse.

 

Il processo fotolitografico

Per mezzo di tecniche assistite dal computer viene realizzato il disegno delle finestre che devono essere aperte sulla superficie del wafer mediante asportazione dell'ossido.

 

Metallizzazione  

La metallizzazione consiste nel depositare sotto vuoto un sottile strato di alluminio sull'intera superficie del wafer sulla quale preventivamente con tecnica fotolitografica sono state create finestre fino al semiconduttore in corrispondenza dei contatti da creare.

 

 

Il drogaggio

Un altro metodo per introdurre cariche libere in un cristallo semiconduttore viene detto "drogaggio" e consiste nell'inserimento di piccolissime percentuali di materiali (impurità o droganti) con tre o cinque elettroni di valenza (i semiconduttori ne hanno quattro). Ogni atomo di drogante sostituisce, nei legami covalenti, un atomo di semiconduttore. Se il drogante ha cinque elettroni, uno di essi resta libero per la conduzione: il drogante si dice "donatore" e il semiconduttore, così drogato, è detto di tipo n, poiché ha prevalenza di elettroni come cariche libere (negative). Se il drogante ha tre soli elettroni di valenza, il legame covalente è incompleto e si crea una lacuna, che, come abbiamo visto, equivale a una carica libera positiva: il drogante si dice "accettore" e il semiconduttore drogato è detto di tipo p, poiché prevalgono le lacune (positive) come cariche libere. Questo concetto è illustrato dallo schema, che mostra un cristallo di silicio (Si) drogato. I quattro elettroni di valenza di ogni atomo sono rappresentati da punti. Nel cristallo con drogaggio n alcuni atomi di fosforo (P), con cinque elettroni di valenza, sostituiscono altrettanti atomi di silicio, lasciando, ciascuno, un elettrone libero. Nel cristallo con drogaggio p, sono inseriti atomi di alluminio (Al), con tre elettroni di valenza; ciascun atomo comporta la mancanza di un elettrone nel legame, cioè produce una lacuna. Si ottiene, in ogni caso, un aumento della conducibilità.

 

I diodi

I diodi sono dei dispositivi a semiconduttore più semplici essendo costituiti da una sola giunzione. I diodi diffusi sono realizzati secondo la tradizionale tecnica di diffusione che effettua sulla superficie del wafer. Le tecniche di separazione dei chip costituenti il wafer, sia meccaniche che a raggio laser provocando danneggiamenti al reticolo cristallino lungo il bordo della giunzione. I diodi sono classificati in diodi planari e diodi planari epitassiali. La tecnica planare più recente è utilizzata per la costruzione dei diodi. La giunzione interna al chip risulta protetta ed è possibile separare i  vari chip senza danneggiarla. Le caratteristiche di questi diodi sono un elevata tensione di rottura una bassa resistenza diretta un basso tempo di commutazione ottenuto grazie alla riduzione del tempo.

 

Transistor bipolari

I transistori bipolari o BJT nel loro funzionamento presentano la giunzione base - emettitore JE polarizzata direttamente e la giunzione base - collettore polarizzata inversamente. La corrente di base IB,  è piuttosto bassa è costituisce una frazione piccola della corrente di collettore. Le caratteristiche dei transistori bipolari sono legate alle modalità costruttive. Base strette e poco estese rispetto agli emettitori ottengono elevati guadagni di corrente, mentre basi ridotte e giunzioni poco estese hanno elevate frequenze di taglio.

 

Transistor planari      

Si parte da un wafer di silicio di tipo N, si effettua una prima diffusione di impurità di tipo P, si effettua l’apertura di una seconda diffusione con droganti di tipo N, si effettua la deposizione dell’alluminio e si separano i vari chip del wafer mediante punte di diamante o raggio laser. Per abbassare la resistenza di collettore e per elevare la tensione di lavoro viene impiegata la struttura planare – epitassiale. Con la tecnica planare l’emettitore e la base possono assumere forme di geometrie complesse. La necessità di ricorrere a queste geometrie è dovuta all’effetto di addensamento che si verifichi nelle strutture planari. La varie strutture geometriche hanno la particolarità di presentare un elevato rapporto perimetro – area e sono adatte per transistori che devono lavorare con forti correnti.

 

Transistor mesa a singola diffusione 

Si parte da un wafer di tipo P, le cui superfici vengono esposti a vapori droganti di tipo N, e a questo punto si ricava la struttura mesa.

Transistor mesa a tripla diffusione

Un wafer di tipo N a basso drogaggio viene diffuso con  impurezze di tipo P per ottenere la regione di base. 

 

Transistor mesa epitassiali

Il collettore viene ottenuto da un substrato di tipo N* sul quale è fatto crescere uno stato a basso drogaggio N.  

 

I Transistor

Per transistor si indica un gruppo di componenti usati negli amplificatori, negli oscillatori e in molti altri dispositivi per telecomunicazioni e controlli, oltre che nei computer. Fino all'invenzione dei transistor, nel 1948, le apparecchiature elettroniche più avanzate erano basate sull'uso dei tubi a vuoto a effetto termoionico, degli amplificatori magnetici, di macchine rotanti speciali e di particolari condensatori, usati come amplificatori.

In grado di svolgere, nei circuiti elettronici, molte delle funzioni proprie dei tubi a vuoto, il transistor è un componente a stato solido costituito da un sottile frammento di cristallo semiconduttore, di solito germanio o silicio, nel quale sono realizzate alcune zone drogate di tipo p e n, cui fanno capo almeno tre terminali. Vi è una certa somiglianza tra le funzioni osservabili ai terminali di un transistor e quelle di un triodo a vuoto: come il catodo di quest'ultimo, riscaldato, emette elettroni il cui flusso viene modulato da un altro terminale, così l'emettitore di un transistor bipolare fornisce cariche mobili, elettroni o lacune, il cui flusso è controllato dal terminale di base.


 


Struttura atomica dei semiconduttori

Le proprietà elettriche di un materiale semiconduttore sono determinate dalla sua struttura atomica. In un cristallo puro di germanio o di silicio, gli atomi sono disposti in posizioni ordinate, corrispondenti ai vertici e al centro di tetraedri regolari, posti uno contro l'altro senza discontinuità. Ogni elettrone di valenza di un atomo interagisce anche con il nucleo di un atomo adiacente; questo, a sua volta, ha uno dei suoi elettroni di valenza che interagisce con il nucleo del primo atomo. Questa doppia interazione, che fa sì che i due atomi abbiano in comune una coppia di elettroni, è detta legame covalente. Poiché ogni atomo ha quattro elettroni di valenza, esso stabilisce legami con quattro atomi vicini; l'insieme di questi legami conferisce solidità al cristallo. Poiché nessun elettrone di valenza è libero da legami, un semiconduttore puro a bassa temperatura si comporta come un isolante.

 

La funzione delle impurità

I cristalli di germanio o di silicio, contenenti piccole percentuali di particolari materiali, sono discretamente conduttori anche a basse temperature. Questo effetto può essere ottenuto con due modalità leggermente diverse. Se si inseriscono nel cristallo atomi con cinque elettroni di valenza, come fosforo, antimonio o arsenico, ognuno di essi prende il posto di un atomo di silicio, ma solo quattro dei suoi elettroni saranno impegnati nei legami covalenti. Il quinto elettrone è libero di muoversi sotto l'azione dei campi elettrici, perciò aumenta la conducibilità del cristallo. Gli elementi di impurità pentavalenti sono detti "donatori" perché portano elettroni liberi.

Se si inseriscono nel cristallo atomi di impurità trivalenti, invece, in corrispondenza di ciascuno di essi rimane un legame covalente incompleto. Il posto, in questo legame, può essere occupato da un elettrone di valenza di un atomo vicino, che lascia, a sua volta, un legame incompleto nell'atomo di provenienza. Questo legame può essere occupato da un altro elettrone e così via. Si avranno, così, numerosi elettroni coinvolti in un movimento "a staffetta", ma il risultato apparente è il movimento del legame incompleto nel cristallo. Il legame incompleto è detto "lacuna". Poiché questo è dovuto alla mancanza di un elettrone, dove si forma la lacuna vi è una carica positiva (nel nucleo) non equilibrata; perciò il movimento di una lacuna equivale a quello di una carica positiva. Gli elementi trivalenti di impurità sono detti "accettori", poiché possono accogliere un elettrone.

 

Semiconduttori di tipo p e di tipo n

Un cristallo semiconduttore contenente atomi donatori è detto cristallo drogato "di tipo n" (iniziale di "negativo"), per evidenziare che i suoi portatori di carica liberi sono in prevalenza elettroni. Se invece contiene atomi accettori è detto "di tipo p" (iniziale di "positivo"), per sottolineare la prevalenza di lacune (equivalenti a cariche mobili positive).

Con procedimenti termici di diffusione è possibile introdurre atomi donatori e accettori in zone diverse e confinanti di uno stesso cristallo semiconduttore. La superficie di separazione tra le due zone così formate, una di tipo n e l'altra di tipo p, è detta "giunzione p-n".

Quando tra le due zone di una giunzione viene applicata una tensione, essa permette il passaggio della corrente solo in una direzione, presenta perciò un effetto raddrizzante. La corrente incontra una resistenza bassissima se la polarità positiva della tensione è applicata al lato della giunzione con drogaggio p (polarizzazione diretta); se invece la tensione è applicata con polarità opposta, la resistenza è enorme e la corrente è praticamente nulla (polarizzazione inversa).


Funzionamento del transistor

Un transistor bipolare è costituito da tre zone drogate, separate da due giunzioni. Nella versione n-p-n, un sottile strato drogato con atomi accettori è interposto tra due zone di tipo n; la figura 2 mostra questo transistor inserito in un semplice circuito. Con riferimento allo schema, la zona n a sinistra è detta emettitore, la zona p è detta base e la zona n a destra è detta collettore. Il funzionamento più usuale di questo transistor prevede che la base abbia una tensione leggermente positiva rispetto all'emettitore e il collettore una tensione decisamente positiva rispetto alla base. Perciò, la giunzione tra base ed emettitore è polarizzata direttamente e quella tra base e collettore inversamente. Il campo elettrico applicato globalmente al componente ha la polarità più positiva dal lato del collettore e quella più negativa in corrispondenza dell'emettitore.

La polarizzazione diretta della giunzione tra base ed emettitore favorisce il passaggio di un gran numero di elettroni liberi nella zona di base; pochi di questi percorrono la zona trasversalmente e raggiungono il terminale di base (piccola corrente di base), mentre il campo elettrico che impedisce agli elettroni liberi del collettore di penetrare nella base attira verso il collettore stesso la gran parte degli elettroni liberi provenienti dall'emettitore (grande corrente di collettore). La giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente, perciò piccole variazioni della sua tensione producono grandi variazioni nella corrente che la attraversa; poiché quasi tutti gli elettroni che raggiungono la zona di base passano poi nel collettore, piccole variazioni della tensione di base creano grandi variazioni nella corrente di collettore. Se la corrente di emettitore attraversa un resistore, anche la tensione del collettore subirà ampie variazioni. Questo meccanismo sta alla base delle proprietà di amplificazione del transistor.

Del tutto simile è il funzionamento dei transistor p-n-p che, nel funzionamento più usuale, richiedono tensioni di polarità opposta. Ben diverso è il funzionamento di una categoria di transistor di sviluppo più recente: quella dei transistor a effetto di campo (Field-Effect Transistor, FET). Si tratta di componenti a tre terminali nei quali il collegamento tra due terminali, detti drain e source, è realizzato tramite un percorso in materiale semiconduttore drogato, detto "canale". Un terzo terminale, detto gate, che non scambia mai alcuna corrente con i primi due, controlla, producendo un campo elettrico, la resistenza del canale. Il controllo è esercitato restringendo o allargando, attraverso il campo elettrico, la sezione del canale in cui possono scorrere i portatori di carica del semiconduttore drogato. Secondo il sistema con cui è realizzato il gate, i FET si dividono in due grandi categorie: J-FET e MOS-FET.

 

Sviluppi successivi

Sul finire degli anni Sessanta, l'elettronica dei semiconduttori ebbe un nuovo rivoluzionario avanzamento con la nascita della tecnologia dei circuiti integrati. Questa tecnologia consiste nella realizzazione di sistemi assai complessi di aree drogate e di giunzioni p-n, di proporzioni piccolissime, sulla superficie di una lastrina tagliata da un cristallo di silicio. Si produssero così, inizialmente, dispositivi il cui funzionamento equivaleva a quello di circuiti con 15 o 20 transistor, ma di dimensioni pari a quelle di un transistor solo. Il naturale sviluppo di questa tecnica, negli anni Settanta, fu un'integrazione sempre più spinta: media, grande e grandissima scala di integrazione (MSI, LSI e VLSI), permisero di realizzare circuiti sempre più compatti, favorendo soprattutto la diffusione dei computer. Il microprocessore, in uso dalla metà degli anni Settanta, è una pietra miliare tra i dispositivi LSI. Oggi, dopo ulteriori miniaturizzazioni, un microprocessore può raggruppare funzioni che avrebbero richiesto un gran numero di schede a circuito stampato; le prestazioni che fino a pochi anni fa sarebbero state tipiche dell'unità centrale di elaborazione di un grande computer sono oggi appannaggio di piccoli portatili a batteria.

 

Transistor unipolari

I transistor unipolari ad effetto di campo o FET sono dispositivi a semiconduttore in cui la corrente è controllata da un campo elettrico.

Esistono essenzialmente due tipi di transistor a effetto campo: i JFET (junction field-effect transistor) e i MOS-FET (metal-oxide-semoconductor FET).

 

Transistor JFET


Il JFET inventato da Shockey nel 1951, può essere prodotto in una delle due forme a canale n o p.

 


In un JFET a canale n sopra un substrato di tipo p viene ottenuto per diffusione o crescita epitassiale uno strato di tipo n. Seguono poi due diffusioni una di tipo p e l'altra di tipo n+ che consentono  di formare rispettivamente la regione di gate e quelle di source e drain. Tra le regioni di gate di tipo p e lo strato di tipo n da un lato e fra quest'ultimo e il substrato dall'altro, si vengono a formare due giunzioni che in condizioni di normale funzionamento risultano entrambe polarizzate inversamente.

 

Fabbricazione del JFET

Il processo di fabbricazione più utilizzato è quello planare-epitassiale.

Il materiale di partenza è costituito da un substrato di tipo p sul quale viene fatto crescere epitassialmente uno strato di tipo n, in cui per diffusione si ricavano tre zone diverse di tipo p+. Quella centrale costituisce il gate mentre le due laterali assolvono il compito di isolare elettricamente il canale dall'esterno. Le diffusioni successive di tipo n+ permettono di formare le zone di souce e drain e di avere contatti perfettamente ohmici con le metallizzazioni.

La superficie inferiore del substrato, dopo essere stata metallizzata viene normalmente collegata al gate.

Tuttavia essa può anche far capo ad un proprio terminale. Molto spesso nel JFET viene adottata la geometria interdigitata, con zone di source e drain che si susseguono lateralmente, intercalate da zone di gate.

 

Transistor MESFET

L'arseniuro di gallio presenta una mobilità degli elettroni maggiore di quella del silicio e ciò lo rende particolarmente adatto per applicazioni, che richiedono un'elevata velocità di funzionamento.

I FET ad arseniuro di gallio o MESFET trovano larga applicazione nei circuiti a microonde, dove in pochissimo tempo sono divenuti dispositivi di elezione e, nei settori militari e spaziali per applicazioni che richiedono buone prestazioni anche in presenza di elevate temperature.

La limitazione di questi circuiti sta nei costi di produzione elevati e nella resa molto bassa.

 

Fabbricazione dei MESFET

Nei transistor MESFET il canale viene realizzato impiantando su un substrato semi-isolante di GaAs ioni di silicio che si comportano come drogante di tipo n.

Con una impiantazione di zolfo vengono realizzate le regioni n+ di drain e source che successivamente sono sottoposte ad un processo di metallizzazione. Viene dapprima deposto uno strato sottile di lega oro-germanio, quindi uno strato di nichel e infine uno di oro.

Segue poi la realizzazione del gate a barriera scottky che nei dispositivi più evoluti è incassato direttamente nel substrato.

 

 

 

 

Transistor MOSFET

I transistori MOS consistono in un substrato di materiale semiconduttore, sul quale viene accresciuto un sottile strato di ossido isolante sormontato dall'elettrodo di gate.

I transistor MOS possono essere di tipo a canale n oppure del tipo a canale p. I MOS con drain e source di tipo n+ e il substrato di tipo p sono detti NMOS, mentre quelli con source e drain di tipo p+ e il substrato di tipo n sono detti a canale p o PMOS.

 

Fabbricazione dei CMOS

Le tecniche di fabbricazione dei CMOS sono due:

la metal gate e la silicon gate.

La prima utilizza per la realizzazione del gate, un metallo, in genere l'alluminio. Essa però non viene più usata per inconvenienti riscontrati in fase di fabbricazione.

La tecnologia del silicon gate usa la tecnica di deposizione del silicio policristallino da fase di vapore.

Nei sistemi in cui sono richieste grosse potenze e quindi correnti elevate, l'uso dei MOS tradizionali appare problematico. Perciò è necessario ricorrere a strutture alternative.

 

Transistor VMOS

La struttura di un transistor VMOS è assai simile, almeno fino alla formazione del solco a forma di V, alla struttura di un transistor bipolare a doppia diffusione su strato epitassiale.

Il materiale di partenza è un substrato di tipo n+ sul quale viene cresciuto epitassialmente uno strato n- ad elevata resistività.

Seguono le due diffusioni, una di tipo p e l'altra di tipo n+; quest'ultima, realizzata all'interno della prima, fornisce le regioni di source.

Lo stato epitassiale n- funge da drain mentre la metalizzazione del solco costituisce il terminale di gate.

Questo dispositivo è utilizzato per gli amplificatori audio  e  RF di potenza, per gli alimentatori switching, per i controlli industriali, ecc. . . .

 

Transistor  DMOS

Il processo di fabbricazione di questo dispositivo è quasi identico a quello dei VMOS.

Nel DMOS però non si effettua l'incisione del solco; il gate tuttavia è in grado di controllare ugualmente nelle zone di tipo p, la formazione di due canali, che ora presentano andamento orizzontale. I MOS  di potenza per poter trattare correnti elevate sono costituiti da un numero piuttosto elevato di strutture simili a quelle precedentemente descritte, collegate fra loro in parallelo mediante le metalizzazione .