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leggi qui l’originale.

 

BETE    NOIRE

di Pippy182, tradotto da Cuccussette e Shaiman. Genere: Angst e Spionaggio  Lettori: generale, ci sta un po’ di tortura, ma se i cattivi non facessero cose cattive, che cattivi sarebbero ?

Nota: i diversi caratteri indicano se siamo nel presente o in un flashback – in corsivo. Questa aggiunta è stata apportata da Shaiman, per facilitare la comprensione. Per questa fanfic vale la regola generale delle fanfic… niente soldi guadagnati, qua abbiamo solo giocato con i nostri eroi, non si vuole violare il copyright, soltanto divertirci e far divertire.

 

 

 

***

In questa notte oscura, la mente va alle anime che hanno vissuto; e impallidiscano le stelle sopra noi, e quanto possono aver osservato di noi.

Bete Noire

***

 

Così sfinito… zoppicava nella ghiaia del viale d’ingresso… era così dolorante… verso le larghe porte di quercia che significavano sollievo e salvezza… Ogni cosa era diventata priva di consequenzialità nel giro di poco più di tre ore… e c’era una sola persona che adesso potesse capire come si sentiva. Severus Snape si trascinò nell’ingresso principale, sbattendo le porte dietro di sé e scrutando attraverso l’atrio deserto. La possibilità che ci fosse qualcuno fuori dopo gli eventi della notte era piuttosto minima, eppure Severus non poteva scrollarsi di dosso la sensazione che ci fosse dell’altro e che probabilmente sarebbe finita male --- peggio che i dolori innaturali che attraversano ogni articolazione, ogni fibra del mio corpo --- e quindi continuò a tenere la bacchetta davanti a lui.

Dopo la misteriosa e allarmante scoperta di Barty Crouch Jr., Severus pensò che niente altro più potesse sorprenderlo. Potter – pensò indurito – è molto fortunato ad essere vivo, stanotte.               Non poteva farci niente: sebbene detestasse il ragazzo, suo padre e gli amici del padre, così come ogni Grifondoro esistesse, la responsabilità per essere andato troppo oltre nella terza prova pesava assai nella sua mente. Albus lo sapeva cosa lui – il cinico viscido Maestro delle Pozioni nonché capo della Casa dei Serpeverde – doveva fare. E Severus si era trovato a pagare caro in prima persona l’essere diventato Mangiamorte. 

Che buffo – pensò – non ricordavo che la maledizione Cruciatus ferisse così malamente.

Di solito, i corridoi di Hogwarts non erano sembrati così lunghi e silenziosi a Severus. Proprio mentre arrancava verso l’ufficio di Albus, gli pareva di giocare con i suoi sensi. Ogni cosa era dolorosa, e la vista iniziò a sfuocarsi parecchio quando raggiunse la gargolla di pietra e si fece sfuggire la parola d’ordine <Cioccorana> in un groviglio di saliva e sangue.     

La rampa di scale a chiocciola apparve davanti a lui, che procedette verso l’ufficio di Albus.   

Una debole luce era stata lanciata per magia attraverso la stanza: la sua fonte era un caminetto, dove le braci morenti sfrigolavano sulla grata. Era la migliore sensazione di accoglienza che Severus potesse avere, considerando da dove era appena tornato. Albus, che sedeva dietro alla scrivania con lo sguardo parecchio pensieroso, si alzò in piedi di colpo appena entrò Severus.

“Oh, mio…” mormorò Albus; girò attorno allo scrittoio e poggiò una mano forte sul braccio di Severus. Lo condusse al divano vicino al fuoco. “Resta qui. Torno.” Il Preside se ne andò attraversando una porta vicina alla scrivania, la tunica blu mezzanotte che gli svolazzava dietro. In ogni caso, Severus non riuscì a sedersi – ora il dolore si era diffuso attraverso la schiena e le braccia; le gambe a quel punto erano fuori uso. Senza altra esitazione, Severus si afflosciò sul bracciolo e chiuse gli occhi, scivolando nell’incoscienza.                                

***

 

Il mantello sventolava attorno alla sua persona, proiettando ombre scure lungo i corridoi mentre si defilava verso l’Ingresso Principale. Nella mano sinistra, stringeva una bacchetta, e tremava parecchio sentendo pulsare il Marchio Oscuro. Nella destra, teneva la blasfema maledizione di una maschera che lo spediva in questa missione – qualcosa che, dopo la prima scomparsa dell’Oscuro Signore,  lo aveva fatto sperare che quella maschera non sarebbe stata usata mai più. Comunque, si era sbagliato, e ringraziava la sua buona stella di non averla bruciata.

Severus sapeva che avrebbe dovuto affrontare di nuovo l’Oscuro Signore – con indicibile dolore, o con la morte. Cercò di evitare entrambi. Adesso era fuori, nell’oscurità nera e vellutata del crepuscolo e la luna piena penzolava nel cielo, giocando con le sue ombre – che sembravano turbinare attorno a lui, prendendolo in giro. Come se sapessero cosa mi succederà tra un momento. Attraversò i cancelli con i cinghiali alati e si fermò, guardando le onde che si increspavano sul lago mentre un vento leggero accarezzava gli alberi. La maschera sembrò diventare fredda tra le sue mani e la sollevò ad altezza del suo viso. “La cosa che odi,” mormorò pigro, sistemandosi la maschera sulla faccia. Con un guizzo della bacchetta, si Teletrasportò, e permise al Marchio sul braccio di guidarlo.      

Il mondo attorno a lui improvvisamente svanì dalla sua visuale – c’erano tante statue che si mostravano in lontananza sotto ai rami lunghi di un grosso albero che stava là. Parecchie larghe pietre parevano sbucare dal terreno e a Severus ci volle un momento per capire cosa stava guardando. Un cimitero. Era appena consapevole che qualcuno lo stesse guardando da dietro, come se qualcosa lo trattenesse. Una delle statue, un angelo con un viso giovane e occhi da cerbiatta, mancava di un pezzo dell’ala sinistra. Parecchie delle teste di pietra attorno erano carbonizzate con segni di maledizioni, alcune ancora fumavano. Una battaglia – Potter doveva essere passato di là. “Severus Snape,” disse una voce fredda alle sue spalle. Severus riconobbe subito la voce.

“Lucius Malfoy,” rispose acido Severus, voltandosi. Solo, non c’era solo Lucius, ma come minimo, dieci figure ammantate che lo avevano seguito fin dal punto dove si era teletrasportato. Il silenzio che cadde su di loro fu agghiacciante e denso di tensione.      

“Penso che sei un po’ in ritardo per gli eventi di questa sera… L’Oscuro Signore non sarà affatto contento, Severus,” disse una voce nasale. Walter Avery, pensò Severus, stringendo i pugni. Avery gli si avvicinò da dietro Lucius, una smorfia leggera sul viso. “E’ bello, rivederti. Ovvio, non avevi scelta, vero ?”

Alcuni dei Mangiamorte risero, altri sghignazzarono.

***            

Stanno sempre portando maschere? Se è così, non si può vederli sghignazzare. Sei sempre troppo massiccio, Walter, non è vero? Potrei voler vedere quello che dici…      

“Vedo che hai sempre il cervello troppo piccolo per pensare prima di parlare. Non è cambiato proprio niente.”               

La smorfia di Avery si scompose prima che questi sollevasse la bacchetta, puntandola al petto di Severus.

“L’Oscuro Signore desidera parlare con te, e in privato.” disse calmo mentre la folla di Mangiamorte lentamente si divideva. A non molta distanza, Severus poté vedere altre figure incappucciate raccolte attorno a una pietra tombale. C’erano corde avvolte attorno alla sua base, come se ci fosse stato legato qualcosa. Un serpente massiccio strisciò attorno alla sua base, gli occhi fissi su Severus. “Seguimi, Severus. Non è molto – come posso dire ? Paziente, questa sera.”

Gli si mozzò il respiro in gola appena il suo sguardo si posò, dopo tredici anni, su Voldemort – era bianco e scheletrico con occhi rossi, che roteavano. Le dita agili si piegarono chiudendosi sulla bacchetta appena pensò che Voldemort stesse aspettando l’occasione di stringerle alla sua gola. Gli altri Mangiamorte attorno a lui si scansarono, fissandoli attraverso le maschere scure.

 

Un forte cigolio lo destò dal suo intontimento: Albus era tornato portando un calice fumante e un tovagliolo, gli occhi che lampeggiavano. Severus sapeva che non poteva avere un bell’aspetto – si sentiva come se fosse stato trascinato piegato in due e bloccato con anelli per giorni e giorni. Dopo aver ricevuto il calice – era Pozione Pepper Up – ed esserselo bevuto fino all’ultima goccia, prese da Albus il tovagliolo e prese ad asciugarsi le labbra. Fawkes, la fenice di Albus, si posò calma su di lui e si appollaiò sul suo ginocchio. L’uccello lo contemplò per un poco, prima che grosse lacrime perlacee cadessero sul viso,e sulle parecchie ferrite. Albus si era spostatosi una poltrona vicina al fuoco e un vassoio pieno di tazze da the e zuccheriere si era posato lentamente sul tavolo.  “Se non volevi andare, avrei capito. Abbastanza chiaro, davvero. L’Oscuro Signore è qualcuno che non credo che molti dei suoi seguaci stiano cercando di rivedere,” disse calmo Albus, premendo insieme le sue dita e accasciandosi contro la sedia, la faccia segnata dalla preoccupazione.

La Pozione Pepper Up stava agendo lentamente sui tendini e la sua visione si stava schiarendo.

Severus si incupì, posando il calice con un tonfo sul tavolo accanto a lui. “Ero pronto. Preparato. Non riesco a connettere, o forse non ricordo.” Tossì roco, portandosi il tovagliolo alla bocca mentre la cassa toracica si sollevava. Era pronto. Severus era stato pronto fino dal primo anno di Potter, convinto che sarebbe accaduto qualcosa con l’Oscuro Signore. Ma il suo ricordo si era sbiadito con gli anni, e s’era dimenticato quanto potesse essere doloroso l’Oscuro Signore.

 

***

“Così, l’acido e languido Professor Snape è tornato.” La sua voce era dolce, sembrava potesse scorrere attraverso il sangue di Snape, quasi fosse dentro di lui. Severus gelò, nascondendo rapido il tremito di terrore. Comunque i suoi pensieri si persero. Non era così pronto quanto aveva creduto di essere. “Vedo che ti è facile stare in guardia dal tuo Padrone, Severus.” I Mangiamorte cacciarono brevi sospiri simili a risate appena gli occhi rossi di Voldemort fulminarono Snape. “Arrivi al mio fianco in ritardo. Tredici anni di ritardo, Severus.”       

Non ci fu traccia del suo sorriso privo di labbra; nessun senso di humor sarcastico. I suoi occhi rotearono nel loro modo da serpente, facendo intravedere un lampo di rosso. Snape si ritrasse involontariamente. Voldemort agitò la bacchetta e lacci argentati si avvolsero attorno a Severus, trattenendogli le braccia aderenti ai fianchi. La sua bacchetta scivolò abbandonata per terra, lasciandolo disarmato. I Mangiamorte attorno a lui risero senza ritegno, trattenendosi lo stomaco. Ma Voldemort non rise. Piuttosto, ondeggiò la bacchetta e un fascio di bagliori verdi saettò verso i Mangiamorte e quelli si fermarono improvvisamente.

“Voi ridete,” disse quieto Voldemort, sollevando la testa verso il cielo. “Ma puzzi di colpa e di paura.” Molti dei Mangiamorte scossero le spalle. “Severus qui è solo un prodotto delle circostanze, come tutti voi potreste essere, in certe circostanze.” Il silenzio gravò nelle orecchie di Severus quando Voldemort abbassò la sua bacchetta e lo fulminò negli occhi. “Naturalmente, Severus, volevi comparire qui, ora ?”

“Crucio!”

Severus tremò, trattenendo le braccia strette sul petto mentre il calore lo sconvolgeva. Erano tredici anni che non provava più la Maledizione Cruciatus.

 

Ogni cosa andava a fuoco e adesso trovava difficile anche solo respirare, quasi due ore  dopo che era stato torturato. Nulla, comunque, riusciva a far sparire alla sua vista gli occhi rossi e freddi di Voldemort, che apparivano e sparivano. Albus comparve improvviso al suo fianco e posò una mano sulla sua spalla; lui tremò parecchio e Albus sospirò.

“Se sei pronto per dirmi cosa è successo…”

Severus fece un respiro profondo, fissando le fiamme. “L’Oscuro Signore non era compiaciuto affatto del mio tardivo ritorno. Ma so che poteva andare peggio di come è andata,” iniziò Severus, posando il tovagliolo sul tavolo da caffè al suo fianco e afflosciandosi nella seduta. Albussedette in una poltrona accanto alla sua e ascoltò attento mentre Severus chiudeva gli occhi.

 

Voldemort sollevò la sua bacchetta, guardando Severus in un modo strano. “Mi hai disobbedito, Severus.”

Severus era inginocchiato sul pavimento, la testa chinata. La maschera era caduta dalla sua faccia mentre si contorceva e si agitava indifeso per terra, lasciando la sua faccia già pallida diventare bianca come quella di un cadavere.

“Devo ammetterlo, Signore, non sono più giovane come ero.”

Voldemort ghignò, facendo ondeggiare piano il polso e spedendo Severus dritto contro una lapide. Occorse un momento a Severus per rendersi conto della presenza della superficie di granito, ma le parole di Tom Mariolo Ridde lo colpirono come un dito accusatorio. Chinò la testaBene, Potter, sembra che hai trovato più di quanto avresti voluto dell’Oscuro Signore.

“Un Professore?E che sta per uno dei miei nemici giurati? Tsk, tsk, Severus. Pensavo che guidare i ricercatori delle Pozioni al Ministero fosse troppo anche per te.” Alcuni Mangiamorte ghignarono decisi mentre altri semplicemente cambiarono posto. “Comunque, devo chiedermi, come può uno dei miei più alti rappresentanti togliersi dal Ministero per andare a lavorare per un uomo idiota, amico dei Babbani?”

Severus aveva lavorato su quella risposta dal momento in cui aveva lasciato i terreni di Hogwarts. Con un ghigno, sollevò la testa e guardò l’Oscuro Signore. “Sapevo che non eri morto, Mio Signore. La maggior parte di noi lo sapeva, o almeno lo sapevano i più brillanti. In ogni caso il Ministero era nella disperazione, con tutta quella commozione, e pensai fosse meglio andarmene prima che le cose potessero peggiorare.”      

Gli altri Mangiamorte si erano azzittiti, ascoltavano con attenzione quanto Severus stava dicendo. Un paio pure annuirono; Severus riconobbe Macnair e un altro paio che erano d’accordo. “Avevo parecchie scelte su cui poter lavorare; la mia fama e le mie conoscenze erano estese nel campo delle pozioni. Così notai che a Hogwarts stavano cercando un nuovo Maestro delle Pozioni.”Voldemort stava ridendo ora, la bacchetta abbassata in un modo che non era più una minaccia per Severus. “Continua, Severus…”

“Mi applicai parecchio, e fui sommerso di lavoro anche alla notte. Dopo tutto, fu solo un trimestre di scuola. Poco dopo un anno da allora, fui posto capo della Casa dei Serpeverde.”    

“Il più giovane Capo Casa in cento anni, vero ?” chiese calmo Voldemort, la faccia contorta in un ghigno malevolente. Severus poteva quasi sentire i meccanismi girare nella testa dell’Oscuro Signore. “Dimmi, Severus, il Preside si fida di te?”    

Prima che Severus potesse rispondere, fu colpito da un altro accecante lampo rosso e un centinaio di coltelli invisibili lo trafissero. Venne sollevato nello stesso istante in cui fu colpito, e lasciato a rantolare per avere un po’ d’aria.”Vuoi che mi ripeta?” chiese Voldemort, la sua faccia una maschera fredda e pallida. La bacchetta era sempre alzata, sebbene fosse sempre trattenuto stretto nella presa.

 

“Gli ho detto quello che hai fatto,” disse calmo Severus, prendendo una sorsata di the che il Preside gli offriva. “Che hai la più stretta confidenza con me. Mi ha creduto, mi ha rimesso sotto la Cruciatus e poi mi ha chiesto ancora sugli studenti.”                               

Albus aveva unito le dita mentre pensava, guardando Fawkes la Fenice lisciarsi le piume. “Suppongo che ha chiesto di Harry, allora.” Non era una domanda.     

“S’, ha chiesto. Gli ho detto che il pargolo Grifondoro era esattamente come erano stati i suoi genitori alla sua stessa età, andava a zonzo a cacciarsi nei guai. Ha chiesto della Granger e di Weasley, anche, e di come erano sistemati per le vacanze.”

“E…” chiese Albus, gravemente, allungandosi verso la tazza di the e prendendone una piccola sorsata.

“Gli ho risposto che molto probabilmente sarebbe finito a casa degli Weasley, come gli anni prima.” Severus tremò. I suoi muscoli ancora dolevano e poteva sentire un distinto pulsare nelle tempie. Sembrava che quella sera la Pozione per il mal di testa andasse insieme alla Sleeping Draught.

“Molto bene, allora. Sapevo già che Harry quest’anno non sarebbe andato dagli Weasley.”     

Severus si prese la testa. Otto volte. Otto dannate volte. Il suo corpo non smetteva di tremare e poteva sentire la bile in fondo alla gola.

 

Ma l’Oscuro Signore non si era fermato con le sue domande.In effetti, pareva come se volesse continuare per tutta la notte.

“Sono sorpreso dalla tua perseveranza, Severus. In effetti, mi aspettavo che mendicassi pietà.”

I Mangiamorte ridevano senza ritegno, alcuni si tenevano la pancia. Voldemort comunque proseguì.

“ Avrei un grande valore, adesso, Severus. Infatti non c’è un altro distillatore di pozioni che io credo abbia la tua stessa competenza o esattezza tua. Inoltre la tua posizione a Hogwarts può cambiare del tutto il tuo status.”

Questo azzittì il cerchio di spettatori. Lucius Malfoy avanzò, una smorfia chiaramente visibile sotto la maschera bianca. “Mio Signore, posso chiedere quale, esattamente, è il suo status?”

La bacchetta di Voldemort si volse minacciosa a Lucius e lui arretrò nella folla. “Questa non è informazione per voi ma solo affar mio.” L’Oscuro Signore si avvicinò alla lapide, scrutando ciascuno dei suoi Mangiamorte, a turno. “Solo io so quale è il vostro status.”      

Annusò di nuovo l’aria, poi si mosse verso la pietra; il suo serpente strisciava ai suoi piedi. “Sento che questo raduno è finito per ora, ma adesso, un’ultima lezione.”

“Impendius!”

Appena la parola lasciò la bocca dell’Oscuro Signore, Severus poté sentire sollevarsi la peluria sulle braccia. No… Conosceva bene quella maledizione. L’aveva lanciata su tante vittime dell’Oscuro Signore. Lavorava come suonava, rendeva illogica ogni cosa della vita della vittima. Portava fuori le sua paure, moltiplicandole per mille. L’unica volta che Severus l’aveva subita, era regredito all’istante prendendo il carattere dello Zio Avilis. La maledizione gli stava torcendo i muscoli, si faceva strada nella circolazione sanguigna da dove sarebbe arrivata al cervello. Non c’era altro da fare se non attendere.

Il tempo si fermò. La vista iniziò a scurirsi agli angoli, roteando in un vortice e prima che potesse trattenersi.

“No…No..No..”

Poteva sentire la risata crudele di Voldemort, sentire lo strusciare di dozzine di mantelli che lo circondavano. E poi iniziò.

 

Severus sedette, fissando le fiamme. Poteva sentirsi bruciare gli occhi, per il caldo e per il fatto che non aveva abbassato le palpebre. Albus sedette, lo guardò pensieroso, gli occhi tristi e dolci. I suoi occhi avevano preso il loro ammiccare quando Potter era andato nel Labirinto; aveva trovato quello che voleva, a quel punto aveva molte ragioni per non ammiccare. Non ne aveva motivo. Il nobile Preside abbassò gli occhi prima di parlare. “Me lo immagino.”

“Il momento più tremendo della mia intera esistenza. Era come se un Dissennatore stesse in piedi accanto a me – i miei genitori, il “nobile” retaggio dove ero introdotto, lei.” Balbettò piuttosto sull’ultima parola, tenendosi la testa tra le mani. Non c’era niente che volesse ricordare, specialmente quella notte, quella notte atroce…

Albus si limitò ad annuire, rilassandosi di nuovo nella sedia. “Mi rendo conto che è una supposizione molto prematura, o piuttosto è un suggerimento. Credi che Voldemort abbia dato un benvenuto al tuo ritorno nella schiera?”   

Severus ripensò rapido alla tortura che aveva sopportato. Ho i diritti di ogni Mangiamorte? Di certo aveva pagato, e caro, aggiunse, per il suo tardivo ritorno. Già. “Non posso esserne certo, e comunque, non ora. Dovrò tornarci quando mi chiama,” rispose breve Severus, sollevando di nuovo la tazza e sorbendone il rimanente contenuto in una sorsata. I suoi tremiti stavano iniziando a diminuire, e così il dolore che si era infilato tra i muscoli. Ma la visione non se ne andava. Il Marchio Oscuro ancora pulsava parecchio, facendogli contorcere il braccio sinistro con le convulsioni. “Ho visto Pettigrew.”

Gli si torsero le viscere mentre diceva quelle parole: Black e Lupin e il bistrattato Potter e il suo piccolo avevano ragione. Aveva ammesso di rado che Black e Lupin potessero aver ragione, ed era raro che fosse convinto. Ma ancora più strano, si era trovato a non essere sorpreso che Pettigrew si fosse rivolto all’Oscuro Signore.

Albus annuì grave prima di alzarsi. Si mosse verso la scrivania, girandosi per far segno a Severus di seguirlo. “Siediti, per favore.”

Albus andò dietro e trovato un cassetto, ne estrasse una pergamena. Severus sedette facendo attenzione, accomodando le articolazioni nella sedia prima di allungarsi verso la pergamena che Albus gli stava porgendo. “Questa pergamena contiene ogni singolo membro dell’Ordine della Fenice. I nomi che sono sbarrati sono persone che sono morte o  non possono agire, i nomi in verde sono quelli dei membri attivi adesso, i nomi in giallo sono di persone che devono essere messe alla prova sul campo e quelli in rosso sono le persone che sono state bandite dall’Ordine.”

Severus annuì, srotolò la pergamena e se la lesse. I nomi che ricordava immediatamente risaltarono a capo pagina.

Joseph Alapalos, Meina Alapalos, Sirius Black, Arabella Figg, Marcemius Figg, Mundungus Fletcher, Filius Flitwick, Julia Glideron - Alapalos, Evan Longbottom, Medina Longbottom, Remus Lupin, Argil Vertinemian, Minerva McGonagall, Jolene McMurphy - Peter Pettigrew, James Potter, Lily Potter, Laguina Sprout, Severus Snape, Arthur Weasley, Bill Weasley, Molly Weasley, Adam Gabriel Welsch. La lista era riempita on i loro nomi, includendo parecchi dei suoi compagni di scuola come pure la maggior parte del personale di Hogwarts. Comunque, notò il suo nome vergato in porpora. Il Preside notò la sua attenzione. “Al momento la lista può venire intercettata e non è depennata da informazioni di prima mano, il tuo nome apparirà solo per due persone, io e te.”

"Argil Vertinemian, il bastardo,” sibilò, quasi strappando la carta. Vartinemian era un purosangue nato in Romania, allevato a Durmstrang, ce era stato molto vicino ad essere braccio destro di Voldemort se non fosse stato per la caduta dell’Oscuro Signore. Argil era stato condannato all’ergastolo ad Azkaban, ed era morto tre anni dopo la sua condanna. “Nono potrei mai scordare cosa vidi uscire da lui…”      

“Adesso è andato, Severus,” disse Albus leggero. “Ma sono certo che puoi guardare tutti i nomi segnati…”

Quando il Preside indugiò, Severus notò un nome che era stato scritto in verde sotto i suoi occhi. Così, Black era capace di entrare nella casa di lei vivo, nonostante che in tutti quegli anni lei… Lui era capace di raccogliere la frase di Albus.

“Ho bisogno che tu mi trovi ancora più notizie trapelate in quella cerchia di gente, Severus. Così come un paio di alleati ben sistemati a Knockturn Alley. Inoltre, un paio di persone in più nell’Ufficio di Ricerca sulle Pozioni non staranno male. Eri piuttosto influente, là.”

Severus annuì, riposizionando la pergamena sulla scrivania del Preside. Albus lo guardò placido da sopra le lenti a mezzaluna, prima di dire, “Tieni in mente, Fawkes è quella che sceglie chi entra. Ma io mi fido del tuo giudizio, Severus."

Il Preside parve come sul punto di dire qualcosa d’altro, e Severus non si rese conto di cosa potesse essere fino a quando non ebbe notato che la sua concentrazione era calata. La maschera si era sollevata e, per il breve lampo di un istante, Severus seppe che il Preside avrebbe potuto dire con esattezza cosa stesse pensando. Lo stregone più anziano preferì comunque non dire altro, e rimase immobile un altro poco. “Credo che è tardi,” gli disse, guardando amabile un vecchio orologio sul muro e indicandolo, “non sei sfinito? Parleremo di nuovo di tutto questo domattina. Ti prego di andare da Madam Pomfrey e chiederle un distillato per dormire, siccome non penso che tu sia in condizione di mescerne uno da te.!

Posso distillarlo anche se sono in questa sonnolenza esausta e indolenzita, Albus, pensò rivalutandosi. Ma si limitò a annuire, mormorando un sollevato, “Buonanotte”


***

Le mura di Hogwarts echeggiarono in anticipo, e non era mai un buon segno. La lunga camminata attraverso i corridoi deserti aveva fatto chiudere l’oscurità della notte attorno a sé. Gli occorsero solo un paio di secondi per capire che lì non c’era nessuno. Non quella notte. Giù per le scale, passato il Salone, attraverso la porta che conduce ai profondi, freddi sotterranei , alla sua casa. Qualche altro passo e arrivò proprio davanti alla porta dell’aula. La vecchia porta di quercia, con rinforzi di rame, era chiusa e sbarrata. Torse il polso, mormorando tra i denti “Alohomora” prima di entrare e chiudersi la porta dietro. Qualche altro passo e fu nell’ufficio. Nell’angolo più lontano c’era uno stipo di quercia, pieno di niente altro che fiale di pozioni – Elisir di Resistenza, Pozione  Pepper-Up, Dizzying draught, piuttosto volatile ed esplosivo. Ah, sollievo… Era il sonnifero e la pozione contro il dolore più forte che avesse. Era in una piccola fiala di cristallo e un’elegante scritta – da anni di allenamento di calligrafia di babbo, quel bastardo aveva etichettato la fiala Verdimillious. Poca mistura rosso chiara riempiva la fiala per metà. Una singola goccia e si veniva stesi per dodici ore, come minimo. Prima di bere, Severus si cambiò; rimase in camicia da notte e si sdraiò nel letto. Versò una goccia nel tappo, sollevandola verso la luce.

“Ecco un’altra guerra, e un’altra ragione per vivere.”

Riposizionò il tappo, lo riavvitò alla fiala e fece una smorfia inghiottendo. Deliziose increspature di sonno iniziarono a sommergerlo immediatamente. Le palpebre divennero pesanti come le altre membra. Con uno scatto posò la fiala sul comodino accanto a lui, appena in tempo, prima di scivolare nel sonno profondo.

 

FINE

 

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