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By SparkleStar, tradotto da Cuccussette e Shaiman Genere: Angst e Spionaggio
Lettori: generale, ci sta un po’ di tortura, ma se i cattivi non facessero cose cattive, che cattivi sarebbero ?
Nota: i diversi caratteri indicano se siamo nel presente o
se piuttosto sono pensieri. Questa aggiunta è stata apportata da Shaiman, per
facilitare la comprensione. Per questa fanfic vale la regola generale delle
fanfic… niente soldi guadagnati, qua abbiamo solo giocato con i nostri eroi,
non si vuole violare il copyright, soltanto divertirci e far divertire.
"Severus" disse Dumbledore, voltandosi verso
Snape. “Tu sai che cosa devo chiederti di fare. Se sei pronto… Se sei
preparato…”
Le parole, che erano state dette qualche
minuto prima, echeggiavano ancora nella mente di Snape, senza sosta. Sì,
sapeva cosa doveva fare… Ma era pronto? Aveva detto che lo era. Ma lo era
davvero? Ora era solo nell’entrata, e poteva ancora sentire voci attutite
di conversazioni che avvenivano nell’infermeria. Si mosse dalla luce che
pioveva dalla finestra all’altra estremità dell’ingresso e poi, dopo essersi
accertato che nessuno fosse in vista, aveva tirato su la manica per esaminare
di nuovo il Marchio Oscuro.
Snape chiuse gli occhi in agonia, ricordando
il dolore che aveva sentito solo un’ora prima. Le dita corsero sul Marchio
Oscuro, e cercarono di strofinare via alcuni dei dolorosi ricordi legati ad
esso. Se ci fossero state solo delle maledizioni, in qualche modo se ne
sarebbe liberato per sempre, pensò. Sentendo qualcuno scendere
nell’ingresso, tirò giù la manica e si ricompose. Prese a percorrere la strada
opposta. Se qualcuno lo avesse visto, avrebbe potuto notare che stava
respirando rapidamente e appariva molto più pallido del solito.
Le parole di Dumbledore risuonarono chiare
nella sua testa ancora una volta, mentre cercava di camminare più rapido.
Voleva uscirne. Uscire dalla realtà del ritorno del suo Padrone. Via da quello
che doveva fare. Voltò alla fine dell’ingresso, e iniziò a scendere le scale,
verso il suo ufficio. Ancora perso nei suoi pensieri, Snape scivolò sugli
ultimi due gradini e si trattenne al corrimano. Sapeva che stava lentamente
crollando al pensiero di dover tornare.
Appena ebbe raggiunto l’ufficio, Snape sbatté
la porta, si sedette sulla sedia e posò la testa tra le mani.
“Tredici anni… Tredici anni di libertà”
sussurrò dolorosamente mentre scuoteva la testa. “Perché adesso… Perché ora..?”
Guardò in basso, solo per vedere la sua
vecchia copia di “Maledizioni e Arti Oscure” posata sulla scrivania. Accarezzò
con delicatezza la copertina del libro, ricordando i giorni che aveva passato a
divorare il libro, memorizzando ogni incantesimo, incanto e maledizione che il
libro conteneva. Snape ricordò quando era solito far uso delle Arti Oscure,
abbracciando Voldemort e i suoi modi. Aveva pensato che il giorno in cui era
stato scelto come Mangiamorte fosse il giorno più fiero della sua vita. Aprendo
il libro, ondate di ricordi affiorarono: il suo gridare quando Voldemort incise
a fuoco il Marchio sul braccio; gli occhi rossi pieni di insulto del suo
padrone; e più di ogni altro, le cose atroci che aveva dovuto fare. Tredici
anni dopo, si era reso conto che la peggior cosa che potesse accadere, era
successa a lui.
Snape si alzò e chiuse il libro.
“Se sei pronto… Se sei preparato…” le parole gli si ripetevano da sole, di nuovo.
Snape desiderava riuscirci o morire provandoci, e sapeva che
il suo padrone non era incline al perdono. Aprì la porta dell’ufficio con nuova
decisione, si precipitò fuori dall’ingresso e da Hogwarts. Una volta raggiunto
il cortile, si fermò, fermandosi per controllare che non ci fossero studenti a
giro, prima di iniziare i preparativi. Snape prese un respiro profondo e chiuse
gli occhi.
“Se
sei pronto…”
Con quelle parole che echeggiavano nelle sua mente, Snae si
teletrasportò. Lo scenario del pacifico cortile turbinò via davanti a sé e si
sentì girare. Snape conosceva il suo piano; sapeva cosa doveva fare.
Appena si fu teletrasportato,prese forma una nuova scena. Un
cimitero era lo sfondo, con gente conosciuta che stava in piedi tra le tombe in
lontananza. La vista davanti a sé, comunque, fu la più terrificante avesse mai
visto. Prima d’aver l’opportunità di dire qualcosa, Snape colpì il terreno e
iniziò a strisciare.
“Padrone! Padrone!” gemette Snape, implorando steso sul
terreno, “Ti prego, Padrone! Non potevo! Io –“
“Silenzio!” scattò Voldemort
Snape guardò in alto al suo vecchio padrone, per la prima
volta dopo tredici anni. La familiare faccia bianca, la sagoma alta e magra, e
peggio, gli occhi rossi spietati. Un sibilo dietro di sé allontanò lo sguardo
da Voldemort. Nagini, il serpente di Voldemort, ondeggiava ai piedi del suo
padrone, come se stesse aspettando per colpire. Dietro al serpente e al suo
padrone, i Mangiamorte stavano in piedi silenziosi, sorvegliando la scena.
Snape iniziò a riconoscerne alcuni. Malfoy,
Avery, Macnair, Crabbe, Goyle, Nott, Wormtail. I nomi formavano una lista
nella sua testa. Una volte erano stati suoi vecchi amici, ora suoi segreti
nemici. Ma nessuno lo sapeva, nessuno poteva sapere le sue vere intenzioni.
Dovevano pensare che fosse davvero uno di loro.
“Severus…” Voldemort parlò di nuovo,”Cosa ti porta qui
questa sera, così in ritardo?” Scosse la testa in piena confusione. “Sei in
anticipo per la tua morte? Avrei pensato che uno stregone così acuto come tu
sei avesse saputo bene dove nascondersi!”
Voldemort rise con il suo terribile tono acuto. Snape rimase
ancora a terra, aspettando qualsiasi cosa il suo vecchio padrone avesse
progettato per lui. Poi, come se il gelo fosse caduto addosso, la faccia di
Voldemort si impietrì.
“Tu eri mio,” iniziò calmo Voldemort. “Fino quando iniziasti
a chiedere dove erano rimasti i seguaci. In tredici anni. Tredici anni.” La
voce divenne più forte, “Non hai mai pensato a me. Hai lasciato fare agli altri
tutto il lavoro. Hai mentito e te ne sei svicolato via da Azkaban, senza minima
colpa, e te ne sei andato a lavorare per Dumbledore. Per Dumbledore!” Voldemort
stava gridando adesso e i suoi occhi parevano accesi dal fuoco.”Davvero pensi
che io sia così pietoso?!” Sorrise di nuovo con le labbra sottili, e quasi distrattamente,
posò la sua bacchetta su Snape.
“Crucio!”
Prima di avere la minima possibilità di reagire, stava
gridando dal dolore. Si contorse sul pavimento per diversi minuti di agonia,
prima che Voldemort decidesse che ne aveva avuto abbastanza.
“Lord Voldemort non perdona l’imperdonabile..” disse calmo
il padrone di Snape, mentre guardava l’uomo che giaceva a terra. “Lord
Voldemort non è pietoso… non è amichevole…”
Snape chiuse gli occhi stretti, dandosi coraggio per quanto
sarebbe seguito.
“Crucio.” Disse ancora Voldemort, pigramente. Sorrise alla
vista davanti a sé.
Snape avrebbe voluto morire. Aveva visto sia Maghi che
Babbani torturati per ore, anche giorni, con la sola Cruciatus. Il dolore
divenne peggiore e mentre si contorceva con violenza sul terreno. Snape gridò
per la sofferenza che lo trapassava in modi che non provava da tredici anni.
Poi, all’improvviso, si fermò.
Snape rimase sdraiato sul terreno morbido, rantolando per
respirare, sperando che Voldemort avesse avuto la sua buona dose di dolore e
torture per quel giorno.
Prima
Potter, pensò Snape, e ora me. Ma non si stanca di guardare gente che
soffre?
Voldemort sollevò di nuovo la bacchetta.
Ti prego… supplicò Severus, in silenzio… ti prego, abbi
pietà…
“Ti prego!” gemette, “Posso valere qualcosa per te! Se mi
uccidi… non saprai mai cosa posso fare…”
“Mi hai tradito, Severus. Tu, menti…” infierì Voldemort. “La
tua morte sarà dolorosa, Severus… perché tu mi hai procurato molto dolore.”
“Crucio!”
Snape si raggomitolò, cercando di sfuggire alla sofferenza.
Perché mai aveva detto che era pronto? Perché aveva detto che era preparato a
sopportare tanto? Che cosa ci guadagnava? Avrebbe funzionato davvero il piano
di Dumbledore? O sarebbe morto qui,cercando di fare la cosa giusta?
Le domande rotearono nella sua testa mentre tutto vorticava
attorno a lui. Snape sentì nausea. Non poteva più avvertire la tortura poiché
il suo intero corpo era inerte.
“Alzati, Severus,” ordinò una voce diretta a lui, qualche
minuto dopo. Snape nemmeno si era accorto che Voldemort aveva smesso. Non si
mosse… non poteva muoversi. Ogni osso nel corpo doleva in modi che mai avrebbe
pensato potesse far male. Sputò quasi, cercando di parlare… cercando di farsi
capire da Voldemort. Lentamente si distese, tremando, e cercò di mettersi in
ginocchio davanti all’Oscuro Signore.
Gli occhi rossi crudeli sembravano perforare l’aria quando
Voldemort guardò in basso, verso Snape. Subito le labbra sottili si piegarono
in un sorriso nauseato.
“Tu sai che Lord Voldemort non perdona, Severus,” la faccia
divenne fredda. “Tu sai che non è pietoso – e tu mi devi un grosso debito.”
Fece una pausa, considerando le scelte.”Puoi vivere per me, come spia. Dovrai
scoprire quanto più puoi su quel pazzo amico dei mezzosangue di Dumbledore.
Puoi anche riavere il tuo posto tra i Mangiamorte e come mio servo.”
“Grazie, Padrone…” gracchiò Snape e prese a baciargli l’orlo
della tunica. “Sei misericordioso oltre ogni immaginazione.
Grazie…Grazie…Grazie…” continuò a mormorare.
Snape era vivo. Ce l’aveva fatta: l’impossibile,
l’inimmaginabile. Era stato pronto, era stato preparato. Il passo che aveva
fatto questa notte poteva essere un grande vantaggio per portare alla caduta
finale di Voldemort.
Con Snape che gli baciava ancora la tunica, Voldemort di
voltò rivolgendosi ai Mangiamorte.
“Così, un altro è tornato alla lealtà… mia colpa, se pensai
che fosse dalla parte sbagliata…” iniziò. “Anche altri sciocchi sono stati in
disparte…Lord Voldemort sa cosa vogliono fare.. il nostro tempo stanotte è
finito… Non dite ad alcuno della mia esistenza, non ancora… facciamo che la
voce si sparga improvvisa, come un incendio. La paura li coglierà
all’improvviso, e quando sarà il momento giusto, ci riveleremo…”
Voldemort proiettò nel cielo il Marchio Oscuro verde
smeraldo come ultimo simbolo trionfante mentre i Mangiamorte gli sciamavano
attorno baciandogli gli abiti e scandendo le sue lodi.
Tutti insieme, al segnale del loro Padrone, i Mangiamorte –
Snape incluso – sparirono teletrasportandosi.
Il cimitero, i Mangiamorte, e più di tutto, Lord Voldemort,
turbinarono sparendo mentre Snape si trasportava. L’attimo in cui colpì il
terreno del cortile, di nuovo davanti Hogwarts, sospirò di sollievo. Era vivo,
e tutto in un pezzo.
“Come è andata, Severus?” chiese con preoccupazione una voce
familiare.
Il Mangiamorte traditore si voltò e vide la faccia molto
seria di Albus Dumbledore che stava in piedi ad attenderlo.
“Crede che sia così leale da tornare e sopportare il dolore
provocato da lui…”Snape fece una pausa. “Sono di nuovo suo servitore.” Chiuse
gli occhi per la sofferenza, ricordando cosa aveva dovuto sopportare.
Dumbledore lo raggiunse e gli strinse piano una spalla. “Hai
bisogno di riposare” iniziò dolcemente, “Ti ringrazio per aver fatto la cosa
giusta, anche se non era quella facile. Ti ringrazio per aver rischiato la vita
un’altra volta, per la causa.”
Snape annuì, incapace di trovare qualcosa di buono da dire.
Dumbledore gli diede una pacca sulla spalla e si allontanò.
Severus Snape con calma arrancò nel castello e scese nella
sua camera da letto. Si cambiò rapido la tunica, e si infilò nel letto.
Che notte che era stata, pensò sospirando. La conversazione
con Dumbledore, tenuta solo qualche ora prima continuava a riecheggiare nella
testa mentre iniziava a addormentarsi…
"Severus" disse Dumbledore, voltandosi verso
Snape. “Tu sai che cosa devo chiederti di fare. Se sei pronto… Se sei
preparato…”
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