Ipotesi teoriche: la consapevolezza

 

 

Tart [1975], all’interno del suo approccio per sistemi agli stati di coscienza, descrive il sogno lucido come uno stato di coscienza discreto, secondo la sua dicitura un d-SoC ("discrete State of Consciousness").

Secondo l’autore ogni d-SoC sarebbe caratterizzato da uno specifico spazio esperienziale entro il quale i diversi sottosistemi fondamentali della coscienza (esterocezione, enterocezione, elaborazione dell’input, memoria, subconscio, valutazione e decisione, emozioni, senso di spazio/tempo, senso di identità, output motore) sarebbero presenti secondo modalità e intensità specifiche. La diversità tra stati di coscienza sarebbe di tipo discreto, non esistendo, quindi, gradazioni intermedie tra di essi. Il passaggio da uno d-SoC all’altro avverrebbe per "salti quantici".

Al fine di semplificare la descrizione dei d-SoC, Tart stabilisce di considerare solo due dimensioni psicologiche tra le molteplici possibili: la capacità di immaginazione o di allucinazione e la razionalità. La capacità di allucinazione varierebbe da un "minimo di immaginazione di qualcosa al di fuori di voi stessi ma con niente che corrisponda in intensità a una percezione sensoriale, fino a un massimo di immaginazione di qualcosa che possiede tutte le qualità della realtà, della reale percezione sensoriale" [Tart, 1975, p.65]. La razionalità sarebbe, invece, la capacità di pensare secondo una qualsiasi logica, ossia un insieme di regole, a prescindere dal contesto culturale, variando da " un minimo in cui si fanno molti errori nell’applicazione di questa logica, come ad esempio nei giorni in cui vi sentite un po’ stupidi e avete difficoltà nell’esprimervi, fino a un massimo in cui si seguono le regole della logica alla perfezione, quando vi sentite in forma e la vostra mente funziona come un computer di precisione" [ibidem, p.65]. Incrociando le due dimensioni Tart disegna il seguente quadro sinottico:

 

Fig.2 [Tratta da: Tart, 1975; Trad. it. 1977, p.65]

 

Si consideri ora il concetto di "cosapevolezza". Introduco il concetto di "consapevolezza" senza affrontare il problema della distinzione tra coscienza e consapevolezza. Considero la "consapevolezza" una esperienza fenomenica soggettiva e inaccessibile all’osservatore esterno, intendendola come la capacità di avvertire se stessi, i propri contenuti e processi mentali e le proprie percezioni. Tale capacità varierebbe inter- e intra-individualmente. A mio parere la dimensione psicologica della "consapevolezza" getterebbe un poco più di luce sulla fenomenologia considerata, permettendo di distinguere in modo più preciso tra sogno "ordinario" e sogno lucido. Modificherei, dunque, il grafico nel seguente modo (Fig.3):

 

Fig. 3

 

Entrambi i concetti: "razionalità" e "consapevolezza" sono di difficile definizione e comprensione, tuttavia si può dire che la "consapevolezza" venga prima della razionalità, ne sia la condizione necessaria. Non si può applicare una regola logica, ad esempio il principio di identità e non contraddizione della logica aristotelica ( che ad oggi fonda il cosiddetto modo di pensare razionale occidentale), se non si è prima "consapevoli" della violazione e quindi dell’esistenza di detta regola logica. Ad esempio poiché durante lo stato di sogno "ordinario" non si è "consapevoli" di se stessi come dormienti, né del contenuto mentale "principio di identità e non contraddizione", un personaggio onirico può in un dato momento rappresentare la zia X e nel momento successivo lo zio Z senza che colui che sta sognando colga la violazione del suddetto principio e ragioni in modo razionale. Allorché si rende conto della violazione della regola logica (si ricorda dunque dell’esistenza di una regola logica) il soggetto diviene consapevole della stranezza della esperienza. Tale constatazione può a sua volta renderlo consapevole di trovarsi nel d-SoC di sogno lucido. E’ proprio tale incremento di "consapevolezza" che distingue il sogno "ordinario" dal sogno lucido.

Nello stato di veglia la dimensione psicologica della "consapevolezza" permette di distinguere due spazi esperenziali diversi: la "coscienza ordinaria" e lo stato di coscienza definito da Ouspensky "ricordarsi di sé" [Ouspensky, 1949, p.134] in cui la consapevolezza di se stessi, dei propri contenuti e processi mentali e dei fenomeni percepiti è massima. I due "spazi esperenziali" richiamano la distinzione che Tart stesso introduce tra i due concetti di consapevolezza e di autoconsapevolezza [Tart, 1975, pp.25-26]. Tra i due "vi è un continuum esperenziale a un estremo del quale l’attenzione/consapevolezza e il contenuto particolare della consapevolezza si fondono essenzialmente, mentre all’altro estremo la consapevolezza di essere consapevoli esiste in aggiunta al contenuto particolare della consapevolezza. Tra di essi vi sono delle mescolanze". Concordo sull’esistenza di un continuum di "mescolanze" tra i due modi di funzionamento mentale. Per ragioni di chiarezza espositiva nel grafico sono invece riportati solamente la "coscienza ordinaria" e il "ricordarsi di sé", come se fossero due fenomeni di tipo discreto.

Nel grafico la "coscienza ordinaria" è posta a sinistra, essendo caratterizzata, a mio parere, da un minore livello di "consapevolezza" o, come dice Tart, da "un assorbimento relativamente totale nel contenuto particolare della consapevolezza".

Si potrebbe obiettare di essere in ogni momento di veglia pienamente consapevoli di se stessi, dei propri contenuti mentali e delle proprie percezioni. In realtà raramente ciò avviene, come hanno messo in evidenza, da oltre un secolo, le scoperte della psicoanalisi, tra le quali il concetto di rimozione e la distinzione tra conscio ed inconscio. Non si può più ignorare che modelli di comportamento e di pensiero automatico (i cosiddetti "meccanismi di difesa", ad esempio: la rimozione, la proiezione, la negazione, la scissione, la razionalizzazione, l’idealizzazione e la svalutazione, la formazione reattiva, l’annullamento retroattivo, ecc.) facciano parte del funzionamento mentale abituale, automatico e poco "consapevole" di soggetti "malati" e "non malati". Tali meccanismi, proteggendo dall’angoscia, nel senso che permettono di avere un basso livello di "consapevolezza" di essa, distorcono sistematicamente la visione di sé, dei contenuti del proprio mondo interiore e dei contenuti delle percezioni. Se tali meccanismi sono abituali della "normalità nevrotica", si può a buon diritto sostenere che la "coscienza ordinaria" sia denotata da un basso livello di "consapevolezza". Non sviluppo ulteriormente la discussione circa i fenomeni relativi alla veglia.

Nel tentativo di comprendere la differenza tra sogno ordinario e sogno lucido mi sembra importante sottolineare il ruolo della aumentata "consapevolezza" circa il proprio stato di coscienza nel determinare la comparsa della lucidità durante il sogno. A questo proposito mi sembra utile citare la ricerca di McLeod e Hunt circa la relazione tra meditazione e sogno lucido [McLeod, Hunt, 1983]. Gli autori hanno evidenziato una correlazione positiva tra anni di pratica meditativa e frequenza dei sogni lucidi. Questo, a mio parere, è dovuto proprio allo sviluppo della "consapevolezza", sviluppo che è l’obiettivo principale della pratica della meditazione. Tuttavia, nella stessa ricerca, è stato anche notato come una frequenza parimenti elevata fosse presente anche nel gruppo dei soggetti aventi un’alta capacità di ricordare i sogni ordinari. Se ne può dedurre che meditatori e soggetti con un’alta capacità di ricordare i sogni abbiano una caratteristica in comune, e che tale caratteristica, in un caso, sia stata sviluppata attraverso la meditazione, nell’altro, sia presente in modo spontaneo. Io identifico tale caratteristica nell’alto livello di questi soggetti nella dimensione della "consapevolezza".

La dimensione della "consapevolezza" varia in modo continuo anche per i fenomeni relativi al sonno, dando luogo ad una varietà di esperienze che non sono illustrate nel grafico e che esulano l’argomento di questo scritto. I "sogni ordinari" presentano notevoli differenze quanto a "consapevolezza" del sognatore. Alcuni sogni sono addirittura dimenticati, altri sono ricordati solo confusamente, altri colpiscono per la loro intensità, altri ancora presentano un così alto livello di "consapevolezza" da dar luogo alla fenomenologia del sogno lucido.

Anche all’interno del fenomeno sogno lucido vi sono notevoli differenze quanto a livello di "consapevolezza". In alcuni la lucidità, ossia la consapevolezza di star sognando, va e viene. In altri, pur rimanendo il sognatore sempre consapevole di star sognando, incorre in contraddizioni logiche (non essendo consapevole delle regole logiche che infrange). Ad esempio il soggetto può meravigliarsi che nel sogno non siano presenti degli elementi del mondo reale, non essendo quindi pienamente "consapevole" che l’esperienza che sta vivendo appartiene interamente al proprio mondo mentale. Malamud [1988] sostiene che essere pienamente lucidi, ossia consapevoli, mentre si sta sognando significhi essere consapevoli che il sogno che si sta vivendo sia interamente una propria creazione mentale, controllabile a piacimento.

La dimensione della consapevolezza non sembra raggiungere il massimo grado, per quanto riguarda le esperienze del sonno considerate nel loro insieme, nel sogno pienamente lucido. Alexander e colleghi hanno descritto [Alexander, 1987; Alexander, Boyer, Orme-Johnson, 1985] un fenomeno che comparirebbe successivamente al sogno lucido, con il procedere della pratica della meditazione trascendentale. Gli autori chiamano tale fenomeno "testimoniare" ("witnessing"), e lo distinguono dal sogno lucido, denotato da azione, in quanto caratterizzato da quiete e osservazione rilassata. L’esperienza si verificherebbe, in alcuni soggetti, anche durante il sonno non-REM. Quest’ultima affermazione risulta convalidata da quanto affermato da LaBerge, Nagel, Dement e Zarcone [1981]. Gli autori hanno verificato, mediante la metodologia della comunicazione attraverso movimenti oculari e le contrazioni della muscolatura degli avambracci, la presenza dei sogni lucidi al di fuori della fase REM. Osservazioni simili sono riportate da Gackenbach, Moorecroft, Alexander, Laberge [1987].

La dicotomica distinzione tra "sogno ordinario" e "sogno lucido", pur utile ai fini descrittivi, sembra essere approssimativa e semplicistica. I fenomeni relativi al sonno sembrano essere di più e più complessamente interrelati di quanto una prima osservazione lascerebbe credere. A mio parere la dimensione della "consapevolezza" potrebbe rivelarsi molto utile in una futura descrizione di tali eventi che tenga conto di tale complessità.

La dimensione psicologica della "consapevolezza" sembra essere foriera di interessanti sviluppi pratici e teorici sia per gli stati di veglia che per gli stati di sogno. Per quanto riguarda il sogno lucido la mia ipotesi è che la frequenza della lucidità sia correlata positivamente con la dimensione della "consapevolezza" durante la veglia.

Secondo il pensiero epistemologico di Karl Popper la suddetta ipotesi non è denotata da scientificità. L’autore sosteneva che una affermazione per essere scientifica deve poter essere smentita dai fatti osservabili. A tal fine i concetti contenuti nella affermazione scientifica devono, innanzi tutto, poter essere osservati secondo una modalità ripetibile dai diversi ricercatori.

Nella affermazione ipotetica: la frequenza della lucidità è correlata positivamente con la dimensione della "consapevolezza" durante la veglia, vi sono due concetti che occorre poter osservare affinché l’affermazione stessa possa essere considerata scientifica. I due concetti sono: la frequenza dei sogni lucidi dell’individuo e la dimensione della "consapevolezza" durante la veglia. In conclusione, in una lettura epistemologica popperiana, la scientificità di una affermazione è garantita dalla possibilità che i concetti su cui essa è costruita siano osservabili in modo consensuale e ripetibile dai diversi ricercatori. Questa esigenza viene talvolta denominata come il problema della "operazionalizzazione".

La frequenza dei sogni lucidi è un concetto che è stato operazionalizzato, è stato reso operativo, allorché si è introdotta in ricerca la §metodologia della verifica in laboratorio del sogno lucido§ attraverso i movimenti oculari del dormiente. Tale procedura permette, infatti, a qualsiasi ricercatore di osservare il verificarsi del sogno lucido con un soggetto a tal fine addestrato. Attraverso l’uso del polisonnografo il ricercatore può smentire o accertare che il fenomeno si presenti e, in tal modo, può misurarne la frequenza. La frequenza dei sogni lucidi è falsificabile.

Il termine consapevolezza è stato raramente definito, dando per scontato il suo significato. Ho precedentemente definito la consapevolezza come la capacità di avvertire se stessi, i propri contenuti e processi mentali e le proprie percezioni. Per il momento la dimensione viene utilizzata, con sfumature e accezioni diverse, in clinica in modo giocoforza arbitrario. La dimensione della "consapevolezza", intesa in questo senso, quindi come un’esperienza fenomenica soggettiva inaccessibile all’osservatore esterno, non è stata operazionalizzata, ossia non esiste un modo che permetta di osservarla in modo consensuale e ripetibile. Non si può escludere tale esperienza fenomenica soggettiva possa essere in futuro, in un modo che ad oggi sfugge, osservata nei suoi correlati fisici.

La mancata operazionalizzazione della dimensione della consapevolezza inficia il carattere di scientificità della suddetta ipotesi. Rimane il valore euristico della stessa.