Cenni storici e culturali

 

Il primo ad aver tramandato la nozione di sogno lucido entro la cultura occidentale sembra essere stato Aristotele, secondo il quale colui che sogna cade nell’illusione di interpretare le immagini di sogno come fatti reali. Il sognatore avrebbe, però, la possibilità di rendersi conto, attraverso le sensazioni fisiche esterne, di essere addormentato e da ciò inferire di star sognando [Aristotele, 1952, pp.702-706]. LaBerge sostiene che questo sia vero solo in parte: in realtà prima si diviene consci di star sognando, poi se ne deduce di essere addormentati [LaBerge, 1988a, p.11]. Ciò che interessa notare è come il fenomeno fosse noto sin dagli albori della cultura cosiddetta occidentale, in particolare al filosofo, passato alla storia come l’emblema di quel metodo di conoscenza chiamato scientifico. Come vedremo, però, per lungo tempo il mondo della scienza ha disertato questo campo di ricerca, che ha avuto uno sviluppo, in termini di pubblicazioni e finanziamenti, solo a partire dagli anni ‘70.

Nel 415 sant’Agostino citò in una lettera il racconto di un sogno lucido sperimentato da Gennadius, un fisico cartaginese, e ne discusse le possibilità [Kelsey, 1974, pp.274-275].

Gli insegnamenti circa i sogni lucidi rappresentano uno dei sei argomenti (o leggi, o yoga), attribuiti a Naropa, il maestro indiano di Buddismo tantrico del decimo e undicesimo secolo dopo Cristo. Naropa trasmise i sei yoga, incluso quello riguardante il sogno lucido a Marpa, un tibetano che introdusse questa conoscenza in Tibet. Attraverso l’esercizio gli adepti divengono capaci di controllare i propri sogni a piacimento, decidendo quando cambiare sogno e cosa visualizzare in sogno. Tale pratica avrebbe lo scopo di far sperimentare l’illusorietà dei propri contenuti onirici al fine di portare tale sensazione di illusorietà anche nello stato di veglia. E’ dunque parte del sistema religioso-filosofico del Buddismo tibetano che sostiene l’illusorietà di ogni aspetto della vita terrena.

Nel dodicesimo secolo si trovano tracce della conoscenza dei sogni lucidi nella cultura islamica. Si ritiene che Ibn El-Arab, importante maestro sufi, affermasse che "una persona deve controllare i pensieri in un sogno. Lo sviluppo di questo stato di allerta porterà grandi benefici all’individuo. Tutti dovrebbero applicarsi per raggiungere questa capacità di così grande valore" [Shah, 1964, p.141].

Nel tredicesimo secolo san Tommaso d’Aquino menzionò i sogni lucidi citando Aristotele e aggiungendo che questi hanno luogo in special modo "verso la fine del periodo del sonno, negli uomini sobri e in quelli che sono dotati di grande immaginazione" [Aquinas, 1947, p.430].

Il filosofo del diciassettesimo secolo Gassendi aveva sogni lucidi e quindi poté parlare dell’esperienza come di un fatto sperimentato in prima persona. Le sue annotazioni in proposito sono, dunque, particolarmente interessanti. Ciò è vero in special modo allorché descrisse il passaggio dal sogno ordinario alla lucidità. Gassendi si imbatteva in un contenuto assurdo, una incongruenza che lo faceva dubitare di stare vivendo una esperienza reale. In seguito a questo ragionamento diveniva lucido: "Questo è precisamente ciò che mi accade allorché mi sembra di vedere degli uomini e allo stesso tempo mi ricordo del fatto che sono morti. All’improvviso mi sopraggiunge il pensiero che io possa star sognando poiché gli uomini morti non tornano indietro" [Brush, 1972, p.195, traduzione mia].

Anche il filosofo Thomas Reid raccontava in una lettera del 1779 di essere riuscito dopo numerosi tentativi a rendersi conto di star sognando. Reid racconta di aver sofferto di incubi di una tale intensità da lasciarlo terrorizzato anche il giorno seguente. Prese, quindi, l’abitudine di andare a letto ripetendosi pensieri rassicuranti del tipo: "L’incubo è, in realtà, solo un sogno; non ho niente da temere nella vita reale". Per lungo tempo questo trattamento non ebbe effetto, poi cominciò a rendersi conto di trovarsi a vivere un incubo in una condizione di sogno e quindi di sicurezza. Con questa consapevolezza incominciò ad affrontare l’incubo ricorrente di scivolare in un abisso lanciandosi volontariamente nel vuoto. Poi "...immediatamente mi svegliavo. Tuttavia mi svegliavo calmo, il che pensavo fosse un risultato migliore" [Seafield, 1865, p.194]. In seguito Reid smise di avere sogni spiacevoli e, poco tempo dopo, cessò completamente di ricordare i propri sogni.

Di fondamentale importanza nello studio dei sogni lucidi è stato il Marquis d’Hervey de Saint-Denys che nel 1867 pubblicò anonimamente: "I sogni e i mezzi per dirigerli", documentando venti anni di ricerche ed esperimenti su di sé sul tema dei sogni lucidi. Tra l’altro nel libro veniva descritta la tecnica elaborata da Marquis per aumentare la capacità di controllarli. Le indicazioni dell’autore si compongono di una serie di capacità da acquisire in progressione: innanzi tutto bisogna aumentare la propria capacità di ricordare i sogni; in secondo luogo bisogna imparare a divenirne consapevoli; poi bisogna imparare a svegliarsi durante un sogno lucido; infine si sviluppa la capacità di dirigerne la trama. Tuttavia pochi riuscirono a sviluppare tale capacità alla stregua di Marquis. Frederich W. Myers, uno dei fondatori della inglese Society for Psychical Research, si lamentava del fatto che, nonostante i suoi sforzi, fosse riuscito ad avere sogni lucidi solamente tre volte rispetto alle tremila in cui aveva tentato [Myers, 1887, pp.241-242].

Anche uno dei più importanti filosofi del diciannovesimo secolo, Friedrich Nietzsche, affermava di avere sogni lucidi [deBecker, 1965, p.139].Va notato che in quel secolo la nozione di sogno lucido non era ancora entrata nel campo della ricerca scientifica. Il dibattito in proposito consisteva di testimonianze a favore o di opinioni che ne negavano la possibilità di esistenza. Tra queste ultime troviamo quella dello psicologo francese del diciannovesimo secolo Alfred Maury, un pioniere nello studio scientifico dei sogni. Dello stesso parere era anche il famoso psicologo inglese Havelock Ellis. Tra i sostenitori c’era, invece, Ernest Mach dell’Università di Vienna, che riporta le sue personali esperienze in un testo del fine Ottocento [Mach, 1900, pp.114-115]. Sempre a Vienna, nel 1900, viene pubblicata la celeberrima opera di Freud sui sogni: "L’interpretazione dei sogni". In questa prima edizione non si fa nota dei sogni lucidi, che compaiono, appena accennati, nella seconda e nella quarta edizione.

Nel ventesimo secolo i contributi aumentano esponenzialmente via via che si avvicinano ai nostri giorni. Allo psichiatra olandese Frederik Willems van Eeden si deve il termine "sogno lucido". Questi tenne un diario della sua attività onirica dal 1898 al 1912, con un particolare interesse per i sogni lucidi. "In questi sogni lucidi", afferma "la reintegrazione delle funzioni psichiche è così completa che il sognatore raggiunge uno stato di consapevolezza perfetta ed è capace di dirigere la propria attenzione, e di compiere diverse azioni in piena libertà. Tuttavia il sonno, per quanto ho potuto in buona fede rilevare, è indisturbato, profondo e riposante" [van Eeden, 1913, p.438, traduzione mia]. Contemporaneamente a van Eeden, Yves Delage portava avanti studi simili in Francia, non divenendo tuttavia un sognatore lucido abituale, ma descrivendo le sue poche esperienza nel 1919 [Delage, 1919]. Sempre nello stesso periodo in Inghilterra Hugh Calloway, che si fece però pubblicare con lo pseudonimo di Oliver Fox, conduceva esperimenti contemporaneamente sui sogni lucidi e su fenomeni occulti. Calloway chiamava i primi: "sogni di conoscenza ("dreams of knowledge"), poiché in tale stato si aveva la conoscenza di star sognando [Fox, 1962].

Negli anni Venti, Ram Narayana, un indiano formatosi in Inghilterra, somministrò un questionario sull’argomento dei sogni a individui sia occidentali che orientali di varie classi, ceti, caste e religioni. Una delle domande chiedeva se, secondo l’intervistato, fosse possibile mantenersi coscienti durante i sogni e, se così, attraverso quali mezzi fosse possibile aumentare tale capacità. I risultati mostrarono che la conoscenza, diretta o indiretta, del fenomeno era più diffusa tra gli individui orientali che tra quelli occidentali [Narayana, 1922].

Nel 1924 Thomas Mann nel romanzo "La montagna incantata" [Mann, 1969] fece vivere al protagonista un sogno lucido, che, nell’ambito della trama, era estremamente rivelatorio fino al punto di permettergli di risolvere il filosofico conflitto della vita e della morte.

Nel 1931 il filosofo russo Ouspensky, fuoriuscito in Inghilterra, descrisse quelli che chiamava "stati di sogno a metà" ("half-dream states"), come sogni in cui è possibile essere coscienti e pensare coscientemente [Ouspensky, 1960]. Diversamente dalla maggioranza dei ricercatori, Ouspensky era unicamente interessato a sviluppare una maggiore capacità di osservazione dei fenomeni onirici al fine di comprenderne meglio la formazione, mentre non si curò mai di imparare a controllarne gli eventi.

Sempre nel periodo tra le due guerre, comparvero su riviste scientifiche due articoli sull’argomento: il primo nel 1936 di A. E. Brown [Brown, 1936], il quale affermava di aver avuto circa cento esperienze; il secondo nel 1938 in Germania di Harold von Moers-Messmer [Moers-Messmer, 1938].

Nel dopoguerra, nel 1948, Nathan Rapport, uno psichiatra americano, decantò la piacevolezza di questo tipo di esperienza in un articolo intitolato: Sogni piacevoli ("Pleasant dreams") [Rapport, 1948]. I sogni lucidi colpivano, e colpiscono, il sognatore per la loro intensità e davano l’impressione di essere estremamente significativi. Questa qualità di esperienza forte portò H. M. Whiteman, un matematico della University of Capetown a esclamare nel 1961: "Non sono mai stato sveglio prima!" [Whiteman, 1961, p.186]. Nello stesso periodo lo psicologo Kilton Riggs Stewart [1962, 1972], che negli anni Trenta aveva viaggiato tra la popolazione Senoi della Malesia, nei suoi scritti attribuiva a tale popolazione una diffusa capacità di controllare la propria attività onirica ed una serie di pratiche per svilupparla. Inoltre Stewart faceva derivare da tale abilità lo stile di vita pacifico dei Senoi. Gli scritti Di Stewart hanno avuto grande risonanza specialmente tra gli studiosi di sogni americani. Tuttavia ricerche etnografiche successive [Dentan, 1988] evidenziano come, nonostante i Senoi pongano molta attenzione alla vita onirica in genere, in realtà tra di essi la capacità di avere sogni lucidi è molto meno diffusa di quanto fosse stato riferito da Stewart.

Il primo testo di riferimento dei nostri giorni è apparso nel 1968 ad opera di Celia Green. Questo libro rappresenta una elaborazione attenta e sistematica delle conoscenze sviluppate dai precedenti autori che si sono occupati del fenomeno. Questo paragrafo si fonda ampiamente sui dati storico-culturali presenti in questo testo, nonché sull’articolo di LaBerge: "Lucid dreaming in western literature" [Laberge, 1988a].

Negli ultimi venti anni l’argomento è divenuto sempre più presente all’attenzione sia scientifica che popolare. Le pubblicazioni scientifiche sono divenute numerose in seguito all’ingresso del sogno lucido all’interno del laboratorio del sonno.