da "Il libro dell'inquietudine" di Fernando Pessoa

contributo di RAFFAELLA ROMANO  27/9/2001
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Ringrazio Raffaella che mi ha invitato  a riflettere sui tragici avvenimenti di questi giorni (attentati in America e crisi internazionale, ndr) attraverso il  passo di un grande scrittore. Eccolo per voi.
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"Credo che nessuno ammetta davvero la reale esistenza di un'altra persona. Può ammettere che tale persona sia viva, che pensi e senta come lui: eppure ci sarà sempre un ineffabile elemento di differenza, uno scarto materializzato.
[...]Considero mie, con maggiore consanguineità e intimità, talune figure che sono scritte nei libri, certe immagini che ho conosciuto nelle illustrazioni, più di molte persone che sono considerate reali, che sono fatte di quell'inutilità metafisica chiamata carne ed ossa. E "carne ed ossa", infatti, è una perfetta descrizione: sembrano cose fatte a pezzi ed esposte sul banco di marmo di una macelleria, morti che sanguinano come la vita, gambe e cotolette del Destino.
Non ho vergogna di avere impressioni simili, perchè ho capito che tutti noi abbiamo impressioni simili. Il disprezzo che sembra esistere fra uomo e uomo, l'indifferenza che permette che si uccidano persone senza capire che si uccide, come fra gli assassini, o senza pensare che si sta uccidendo, come fra i soldati sono dovuti al fatto che nessuno presta la dovuta attenzione alla circostanza, che sembra astrusa, che anche gli altri sono anime.
[...]Quando ieri mi hanno detto che il garzone della tabaccheria si era suicidato ho avuto un'impressione di menzogna. Poveretto, anche lui esisteva! Ce ne eravamo dimenticati tutti, tutti noi che lo conoscevamo allo stesso modo di coloro che non l'hanno conosciuto. Domani lo dimenticheremo meglio. [...]
Sì, gli altri non esistono...E' per me che questo tramonto pesantemente alato trattiene i suoi colori nebbiosi e duri. Sotto il tramonto, senza che io lo veda scorrere, il grande fiume si increspa per me. Per me è stata fatta questa piazza aperta sul fiume che si sta gonfiando per la marea. Oggi nella fossa comune è stato sepolto il garzone della tabaccheria. Non è per lui il tramonto di oggi. Ma, poichè ho pensato questo, e senza che lo voglia, neppure per me è questo tramonto."

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Su Fernando Pessoa... di Raffaella Romano

“Tutta la letteratura consiste in uno sforzo per rendere la vita reale. I bambini sono molto letterari perché dicono in che modo sentono e non in che modo deve sentire colui che sente secondo un’altra persona. Un bambino che ho sentito una volta, volendo dire che era sul punto di piangere, non ha detto “Ho voglia di piangere”, come direbbe un adulto, ma <<Ho voglia di lacrime>>. E questa frase riferisce risolutamente la presenza calda delle lacrime che cadono dalle palpebre coscienti dell’amarezza liquida. Dire! Saper dire! Saper esistere attraverso la voce diretta e l’immagine intellettuale! Tutto questo è quanto vale la vita: il resto sono uomini e donne, amori immaginari e vanità fittizie, sotterfugi della digestione e dell’oblio, persone che si dimenano come animaletti quando si alza una pietra, sotto il grande pietrone astratto del cielo azzurro senza senso”.

Niente potrebbe descrivere meglio quella semplicità formale fatta arte che è l’arte di Pessoa. Il “Libro dell’inquietudine” è una raccolta di pensieri in libertà di Bernardo Soares, uno dei diversi eteronomi attraverso cui Pessoa sente e scrive. E’ come se questo astro della letteratura portoghese (universale, direi io) fosse ognuno dei suoi personaggi. Una personalità assai sensibile e soprattutto complessa che si compone di una molteplicità di tasselli: i suoi eteronomi. “Vivere è essere un altro”. Peraltro Bernardo Soares, contabile di Lisbona che da quella Rua dos Douradores scruta il nulla giornaliero e lo trasforma in inquietudine e metafisica, è definito dallo stesso Pessoa un semieteronimo, “una semplice mutilazione della mia personalità: sono io senza il raziocinio e l’affettività”. Leggere le inquietudini di Soares è leggere Pessoa che medita sulla vita, da quel “quarto piano sull’infinito, nella plausibile intimità della sera che sopraggiunge, a una  finestra che dà sull’inizio delle stelle”.  Leggere Bernardo Soares che analizza il dolore è leggere Pessoa che quel dolore lo scompone in frammenti di fisicità per poi ricomporli in una veste letteraria sensibile al cuore. “Piove tanto, tanto. Ho l’anima umida a forza di sentirlo. Una mano fredda mi stringe la gola e non mi permette di respirare la vita. Non riesco a trovare pace in nessuna posizione. Anche la cosa più morbida su cui mi adagio ha degli spigoli perla mia anima.”  Da quella stessa “finestra sull’ Universo” Soares e Pessoa raccontano a se stessi queste impressioni irregolari. E’ un “vedere in sogno la vita, fotografandola con la macchina della fantasticheria .” E farlo con l’irruenza di un delirio di parole vagabonde che, paradossalmente, passano attraverso una lucida, razionale evoluzione del pensiero…beh…quella è arte. Anzi, di più. E’ Pessoa.
 

"Il libro dell'inquietudine"  per saperne di più...
  contributo di Raffaella Romano
 

dall' introduzione di A.Tabucchi a "Il libro dell'inquietudine".

<<Su questi due paesaggi che si intersecano e si confondono [Tabucchi si riferisce alla vita ESTERNA -reale- e alla vita INTERNA -inventata- che Soares osserva], Soares va scrivendo minuzionsamente, con la maniacale puntigliosità del contabile, il suo diario: grandioso zibaldone fatto di journal intime, di riflessioni, di impressioni, di meditazioni, di vaneggiamenti e dislanci lirici che egli chiama Libro e che noi potremmo chiamare romanzo. [...]O meglio, romanzo doppio, perché Pessoa ha inventato un personaggio di nome Bernardo Soares e gli ha delegato il compito di scrivere un diario.>>
.......
"Il libro dell'inquietudine" è <<l'unica grande opera narrativa che Pessoa ci abbia lasciato. Un libro che è un libro-progetto, perchè in quanto progetto ha occupato per più di un ventennio la vita di Pessoa, e che allo stato di progetto abbiamo recentemente ricevuto -1982- dall'arca che per quasi trent'anni lo ha custodito inedito. un work in progress senza soluzione, dunque, una strana opera aperta e anche un libro più "nostro"degli altri libri, perchè è un libro che è stato fatto, cioé "costruito", dai posteri>>
 

Una poesia di Fernando Pessoa-inviata da R.Romano (18/10/2001)

LICANTROPIA

In qualche luogo i sogni diventeranno
[realtà.
C'è un lago solitario
illuminato dalla luna per me e per te
come nessuno per noi soli.

Lì la scura bianca vela spiegata
in un vago vento non sentito
guiderà la nostra vita-sonno
laddove le acque si fondono

in un lido di neri alberi,
dove boschi sconosciuti vanno incontro
al desiderio del lago di essere di più,
e rendono il sogno completo.

Lì ci nasconderemo e svaniremo,
tutti vanamente al confine della luna,
sentendo che ciò di cui siamo fatti
è stato qualche volta musicale.
 

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