Poesie  di Davide Riccio

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36 METRI QUADRATI

Ho 36 anni e un minialloggio.
Ingresso tinello e cucinino
una camera con divano letto
un bagno cieco e due balconi,
36 metri quadrati calpestabili in tutto
insopportabili ormai, un metro quadro
per ogni anno di mia vita.

Non è nemmeno detto
che per la stessa misteriosa legge
100 metri quadrati
li avrò almeno a cent’anni.
A cent’anni poi mi basteranno
due metri di lunghezza
per novanta centimetri di larghezza.


SIAMO POETI SU INTERNET

Siamo poeti su Internet
pubblicati in giornata e mai a nostre spese.
Siamo poeti internauti
Argonauti per le vie ultraterrene
del Web nondimeno ineffabile.


Onde minori frante
e biancheggianti ai fianchi dei grandi marosi
(e cosiddette “montoni”),
noi cerchiamo il vello d’oro
delle velleità di poeta riconosciuto.

Tutto iniziò
con la solita nuvola in forma di donna…
Cherchez la femme…
Era…
Ed ora…

Siamo poeti su Internet
sempre in cerca di un nuovo sito
come bosco sacro a Marte,
assillati dalla quantità prima della fine,
teneramente peccando di presenzialismo.

Ogni giorno insorgere e riprodursi
e diffondersi come un tumore metastatizza,
a cercarci nome e cognome tra gli apici
e dispiacersi dei motori di ricerca
alle pagine trovate dei risultati

di circa… “mai abbastanza”.
Di più, di più!
C’è chi ha superato le mille.
Siamo poeti su Internet,
il leggibile liberato

dal pregiudizio editoriale
e divergente,
dalla poesia che non vende
e non vi si investe.
Minimalisti.

Inseriamo nel form
mandiamo una e-mail,
ci scriviamo un profilo importante,
clicchiamo qui ed ora, votiamo noi stessi
camminando sul velluto

verso la Colchide esotica
di un qualche successo,
del nome noto e imperituro
dove la grande simbolica forza
del drago avremo domato.

Noi non moriremo
senza lasciar tracce…
fino alla prossima
precoce pagina rimossa:
File not found!

LA BARBA          (A Domenico Di Giovanni, detto “Il Burchiello”)

Di nuovo la barba mi si è fatta incolta
a conferirmi l’aspetto trascurato
(pars pro toto)
di un avulso intellettuale di sinistra.

Io mi rado circa ogni tre giorni,
in modo che sia
un omologarsi mai del tutto
al bello e buono
di faccia così com’è
e così com’è si mostri
e viceversa.
Mantengo il dubbio e la pluralità.

Mi rado le guance e il mento
e la gola e il baffo,
senza più compiuta virilità antica
degli eroi, degli dei e dei re,
in decadenza vanitosa di Creta minoica
Roma e Bisanzio.

Levigo la ruvidezza
per un bacio ben dato
se capiti al bendato Cupìdo
di coglierci entrambi.

Radersi
costringe allo specchio
di un camerino
dove mi spalmo schiuma da barba
come il bianco cerone del clown
prima della clownerie,
la pubblica performance,
in tristezza riflessiva ormai vuota.

Sarà una rasatura accurata,
da glabro manager vincente,
il radi e getta
muoverò con mani d’artista,
e per ultimi ritocchi
la matita emostatica,
la muschiata frescante
lozione del dopobarba.

Ugualmente però non raderò
i peli neri delle parole
da pagine che bianche non so lasciare,
anzi coltivandovi barbe
sempre più lunghe, fitte e nasconditrici.

A ULISSE

Delle mille e più volte ogni anno
che ho messo al collo il guinzaglio
e sceso i due piani precipitando,
per passeggiare con ogni tempo,
paletta e una mano in tasca
anche stanco e svogliato dopo il lavoro,
in giardinetti, viali e controviali,
o al parco la domenica mattina…

Del buon mangime in scatoletta,
gli integratori e le crocchette,
dei bocconi golosi dal mio desco
e l’acqua sempre fresca e minerale,
le vaccinazioni puntuali e la detartrasi,
la profilassi della filariosi in tavolette,
delle ossa dentifricie e quelle in pelle di bufalo
(non ce ne vogliano quel giorno
 i bufali come i manzi i polli e i tacchini
 e tutto il bestiario finito per te in bocconi e paté)…

Dei giochi giocati e la tua pallina da tennis,
dei bagnetti e il deodorante per cani,
la bella ampia cuccia nell’entrata,
il cappottino impermeabile
rosso chiaro in caso di pioggia,
delle vacanze compartecipi
e delle tante carezze pancia all’aria…
poiché quasi certamente
prima di me ahimè vi andrai,
di questo e tutto il resto ricordati Ulisse
nella mia ora postrema.

Oltre i nove fiumi,
non Xolotl, Oc, Itzcuintli o Anubi,
vieni tu sulla Gnossienne di Satie
a guidare la mia anima
nell’aldilà. Sapendovi così
ancora un posto per tutti e musica
(o non può esserci aldilà),
non esiterò a pensarlo un buon posto,
e da subito a procedervi abbozzando un sorriso
anche allora dietro la tua buffa andatura
sghemba e scodinzolante.


Nota: Xolotl (Messico), Oc (Maya), Itzcuintli (Azteco), Anubi (antico Egitto), antiche deità in forma di cane che avevano il ruolo di guida delle anime nell’aldilà. Nell’antichità, diversi popoli, specialmente nell’antico Messico, sacrificavano i cani per metterli nelle tombe degli uomini come animali sacrificali e guide nel’aldilà.

IL VOCABOLARIO

Senza più sovraccoperta
colorata, lucida e illustrata,
da tre lustri a questa parte
di scrittore poco illustre
un vecchio vocabolario mi accompagna
nel mare magno dei vocaboli.

Un signor dizionario era questo,
pagato una cifra al tempo,
ora colle pagine staccate
dal dorso-colla e dai piatti della rossa copertina
di cartone costellata di macchie
e patacche nerastre, di inchiostro e grasse.

Anche l’esatta progressione
delle pagine vissute e gialline
è col tempo venuta meno;
molti fogli svolazzano
stropicciati e smozzicati
dentro ricacciati alla rinfusa.
I fili della cucitura
vengon via  senza più il senso
originario di una legatura…
e come fin qui
tutto quanto mi assomiglia!

Malconcio, eppure non lo cambio
e ancora vi ricerco le più acconce
parole e tra tutte le parole
ogni opera scritta in fondo vi ritrovo
e nella mia lingua riscritta
- lo disse anche Anatole France -
qui in nuce contenuta
o in sintesi estrema
dalla Bibbia a John Fante
da Dante a Burroughs
e così via inclusa l’opera mia
almeno per questo motivo consolante
pari in fondo ad ogni altra.


Davide Riccio, note biografiche  (semiserie)


Davide Riccio, sedicente poeta al momento vivente (n. 8 maggio 1966 – m. 9 novembre 2003?). E domani: 8 maggio 1966 – 10 novembre 2003?)… e avanti.
E’ dunque nato lo stesso giorno della Coca Cola, di Robert Adams (fotografo), Andrea Alciato (giureconsulto del ‘500), Fernandel, Harvey William Cushing (neurochirurgo, quello del morbo di Cushing), Aleksander Aleksandrovic Aledejneka (pittore, lavorò ai mosaici della metropolitana di Mosca), Henry Dunant (filantropo, padre della Croce Rossa internazionalee premio Nobel per la pace), Romain Gary (scrittore), Mario Lavezzi, Ricky Nelson, Maurizio Nichetti, Roberto Rossellini, Vittorio Sgarbi, Jeremy Sheets (il condannato a morte il cui volto è stato reso noto da Oliviero Toscani per Benetton), Gary Snider (poeta beat), Henry Spencer Truman (presidente USA), Duca Vittorio Amedeo di Savoia I, Friedrich August Von Hayek (economista, premio Nobel)… eccetera.
Vi sono dunque almeno due premi Nobel nati l’8 maggio. Il che gli fa ben sperare.
Vive e lavora a Torino. La cosa più rara che possa capitare è che una sua collega di lavoro è nata lo stesso giorno dello stesso anno, nella stessa città e nello stesso ospedale, solo due ore dopo una dall’altro. Combinazione o mistero sincronico, dopo 37 anni si sono conosciuti nello stesso posto di lavoro, entrambi educatori prima in psichiatria senza ancora conoscersi, nell’ex ospedale psichiatrico di Collegno, e ora in una comunità per disabili.
Segni particolari: è di sinistra ma se continua così diventerà anarcoide; è da 25 anni fan di David Bowie (e ancora oggi non esser stato lui gli procura una profondissima tristezza); colleziona macchinine che non sa più dove mettere e se le sogna anche di notte (tipico suo sogno ricorrente quello di entrare in un negozio di modellismo, arraffare tutte le macchinine mancanti e uscire di corsa senza pagare). Ha inoltre un cagnolino di nome Ulisse trovato il 26 dicembre 1995 sotto la neve, legato a un cassonetto dell’immondizia, ha avuto soltanto un telefonino cellulare in regalo che tiene puntualmente spento nel casetto del buffet, continuando a odiare il business della telefonia che tanto appassiona gli italiani.
 

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